domenica 28 agosto 2011

LUIS ENRIQUE ATTENTO A FARE IL FENOMENO

Pubblicato su www.paesesera.it il 23 agosto 2011


Ormai da anni ho l’abitudine di seguire una precisa regola. Non giudico mai il lavoro di un allenatore prima che siano trascorsi due o tre mesi dall’inizio del campionato, soprattutto se gli viene affidato un nuovo progetto tecnico. A mio avviso, infatti, non ha senso criticare la qualità del gioco, i meccanismi di squadra e i risultati prima che questi abbia avuto tempo sufficiente per mettere in pratica ciò che ha in mente. Dunque mi guarderò bene dal giudicare Luis Enrique per il deludente precampionato della Roma o il risultato negativo della prima uscita stagionale a Bratislava. L’iniziale esclusione di Totti e Borriello contro lo Slovan, però, hanno poco a che fare col progetto tecnico. Su questo perciò qualcosa da dire ce l’ho.
La gestione di Borriello è stata a dir poco demenziale. Nessuno mette in dubbio il diritto del tecnico spagnolo di giudicare l’attaccante napoletano inidoneo per i suoi schemi d’attacco. In questo caso, però, avrebbe dovuto chiedere subito alla società di cederlo, stando attento a non schierarlo in Europa. Dopo l’inutile quarto d’ora di Bratislava, invece, Borriello non potrà più disputare la prima fase della Champions, dunque diventa assai meno appetibile per il mercato. Anche perché uno stipendio come il suo (quattro milioni di euro netti a stagione) può permettersi di pagarlo solo una squadra che partecipa alla competizione più importante. Ora comunque andrà sarà un problema. Se Borriello sarà ceduto, molto difficilmente la Roma riuscirà a ricavare i dieci milioni pagati per il riscatto dal Milan. Se, al contrario, sarà costretto a rimanere per mancanza di acquirenti farà pesare nello spogliatoio il proprio malcontento.
L’altra grana provocata dalle scelte di Luis Enrique riguarda Totti. Già il Capitano era incupito dalle accuse di pigrizia pronunciate da Baldini e dalla sensazione di essere messo un po’ da parte, nonostante le reiterate, pompose e spesso vuote affermazioni sulla sua centralità per il progetto Roma. Essere relegato in panchina per lasciare spazio a Stefano Okaka deve essergli apparso troppo. Anche in questa occasione sono dalla parte di Totti. Se l’allenatore lo vede leggermente svogliato durante gli allenamenti fa bene a redarguirlo. Ma poi non può toglierlo dal campo come fosse uno qualsiasi. Intendiamoci, qui non si tratta tanto di difendere un calciatore che rappresenta la storia della Roma. Si tratta di fare il bene della squadra. Anche i sassi sanno che un Totti a mezzo servizio è in grado di cambiare la gara in ogni momento. Qualità che manca non solo ad Okaka, ma forse a tutta l’attuale rosa giallorossa. Mi sbaglierò, ma ho la sensazione che escludendo Totti Luis Enrique abbia voluto dimostrare di avere abbastanza polso. Ha voluto dire che nella Roma comanda lui e si fa come dice lui. Per lanciare questo messaggio ha usato il Capitano. Sarà un caso, ma sovente quando un allenatore arriva a Trigoria sente il bisogno di dimostrare che non guarda in faccia nessuno e come prima cosa mette fuori Totti. L’ha fatto anche Ranieri nella passata stagione. I risultati li abbiamo visti.
Francesco, come sempre, si difenderà bene da solo. Tra qualche tempo ci si accorgerà che dei suoi gol e delle sue invenzioni non si può fare a meno e tornerà ad essere il sole attorno al quale ruota l’universo giallorosso. Il problema è un altro. Luis Enrique non può gestire una grande del calcio italiano come se fosse una formazione primavera. Quando lavorava nella cantera del Barcellona gli si chiedeva semplicemente di formare i giovani calciatori, tecnicamente e mentalmente. Ora il suo compito è diverso. Deve costruire una squadra che faccia bel calcio e conquisti qualche trofeo. Risultato che non si ottiene umiliando i campioni ma sfruttandone le caratteristiche migliori. Preservandone, al tempo stesso, il valore economico che rappresentano per la società. Impari presto la lezione Luis Enrique. La Roma lo paga per vincere non per fargli fare esperienza.

martedì 23 agosto 2011

LAZIO ATTREZZATA PER UNA GRANDE STAGIONE

Pubblicato su www.paesesera.it il 16 agosto 2011


Tra poche ore avrà inizio la nuova stagione della Lazio con il primo impegno europeo stagionale. Per la verità il doppio impegno contro i modesti macedoni del Rabotnicki si annuncia come poco più di un allenamento. Tuttavia, sarà il primo serio banco di prova per le scelte fatte nei giorni scorsi da Edy Reja. Il tecnico si è trovato di fronte ad una situazione non facile, a causa soprattutto di una rosa eccessivamente ampia con una decina di tesserati in esubero. La composizione della lista UEFA che, com’è noto, può contenere solo venticinque elementi, gli ha dato una mano. Così sono finiti fuori, tra gli altri, Garrido, Floccari, Stendardo, Konko (infortunato), Stankevicius, Del Nero, Makinwa e Carrizo. Una bella sforbiciata che lo metterà in condizione di lavorare meglio, mentre toccherà a Lotito sistemare, entro fine mese, chi non rientra nei piani dell’allenatore.
Il ritiro estivo sembra aver chiarito definitivamente le idee di Reja che, almeno ad inizio stagione, sembra intenzionato a puntare sull’articolato modulo 4-2-3-1. Sia il 4-4-2 classico che quello a rombo sono stati provati ma non lo hanno convinto più di tanto. L’orientamento al momento sembra essere quello di affidarsi a due centrali di centrocampo in grado di fare da frangiflutti e far ripartire l’azione (Ledesma e Brocchi), davanti ai quali far agire la batteria dei trequartisti. Qui le cose si fanno un po’ complicate perché c’è da credere che ognuno avrà ruoli assai diversi. Ad Hernanes in posizione centrale toccherà fare il ragionatore e il suggeritore per la costruzione della manovra e per la rifinitura. Mauri potrà fare quello che gli riesce meglio, ossia navigare tra le linee in attesa di piazzare l’assist vincente o di andare personalmente alla conclusione. Naturalmente partendo dalla fascia sinistra. Cissé, il più attaccante tra i tre, sarà chiamato a coprire lo spazio sulla destra in fase di contenimento e a liberare tutta la sua potenzialità offensiva, sfruttando mobilità e fiuto del gol. A fare riferimento fisso in avanti ci sarà Klose che potrà sfruttare le sue qualità da cecchino, come suggerire l’azione dei compagni con i suoi movimenti intelligenti. Nel reparto arretrato pure le scelte sembrano fatte. La maglia da titolare in porta toccherà a Marchetti che avrà l’occasione per riscattarsi dopo un anno di stop a causa del suo conflitto col presidente del Cagliari Cellino. Riteniamo che questo portiere possa davvero essere una riscoperta. La linea dei difensori dovrebbe prevedere Scaloni (in attesa di Konko), Biava, Dias e Radu.
I problemi di abbondanza ai quali ha dovuto fare fronte Reja nascondono un vantaggio non trascurabile. Sono adeguata testimonianza del fatto che la Lazio possiede tanti buoni, se non ottimi giocatori. La sua è una rosa di tutto rispetto, come e più della scorsa stagione. A Formello c’è abbastanza qualità per puntare ad un campionato da protagonisti e magari sognare l’impresa del terzo posto. Se poi i capitolini, a differenza degli altri club italiani degli ultimi anni, decidessero di prendere l’Europa sul serio, anche la coppa potrebbe regalare ricche soddisfazioni.

UNA ROMA ATTENTA AGLI EQUILIBRI DI BILANCIO

Pubblicato su www.paesesera.it il 2 agosto 2011


Anche se alla fine del mercato mancano ancora tre settimane, una prima valutazione sul progetto della Roma si può cominciare ad abbozzare. Posto che l’obiettivo di medio e lungo termine è quello di costruire una squadra vincente, mi sembra chiaro che gli americani abbiano deciso di perseguirlo seguendo una strada diversa rispetto a quella di altri grandi club. In una fase in cui, in barba al fair play finanziario, società come Manchester City, Chelsea o Paris SG, per non parlare dei soliti Real Madrid e Barcellona, spendono e spandono, la Roma ha deciso di ridurre drasticamente il costo del lavoro. Al di là degli aspetti tecnici, le operazioni sin qui svolte sembrano finalizzate soprattutto alla riduzione del cosiddetto “monte ingaggi”. Al posto di calciatori piuttosto costosi come Vucinic, Menez e Mexès, sono arrivati giovani con emolumenti ancora relativamente bassi o calciatori esperti come Heinze che si accontentano di un piatto di lenticchie o poco più. Si calcola che, stando alle risultanze attuali, il totale degli stipendi lordi possa risultare inferiore di ben venti milioni di euro rispetto alla gestione precedente. La stessa offerta per il rinnovo del contratto di Daniele De Rossi, sembra essere impostata su una base fissa inferiore rispetto allo stipendio attuale più una serie di bonus che, com’è noto, seguono anche una diversa fiscalità. Questo mi sembra il punto che caratterizza la politica di mercato della società giallorossa.
Sul piano squisitamente tecnico Sabatini ha operato abbastanza bene ma molto resta ancora da fare. Salutiamo positivamente l’operazione che ha portato tra i pali Stekelenburg, portiere di grande esperienza internazionale ed affidabilità. In difesa qualcosa occorre fare ancora. Anche se oggi qualcuno fa finta di niente, la perdita di Mexès è stata grave. Il francese, con tutti i suoi limiti, rappresenta comunque un elemento di livello internazionale andato a rinforzare una concorrente. Non può bastare Heinze per completare il reparto, anche perché l’argentino spesso potrebbe essere dirottato sulla fascia sinistra. In questa zona occorrerà valutare bene lo spagnolo Angel che, comunque, ha lasciato subito una buona impressione. Sulla destra il solo Cassetti sembra un po’ poco. Il centrocampo è un bel rebus. Intanto bisognerà vedere se De Rossi rinnoverà. Le lusinghe del Manchester City di Mancini non sono da trascurare. Si parla della possibilità dell’arrivo di Fernando del Porto, elemento su cui scommetterei ad occhi chiusi. Però costa molto. In ogni caso, manca l’elemento di grande qualità tecnica in grado di produrre gioco. Ci sarebbe Pizarro ma l’impressione è che Luis Enrique non lo apprezzi più di tanto. In questo reparto mi aspetto le maggiori sorprese. In attacco la partenza di Vucinic e Menez viene pareggiata da Bojan Krkic e Lamela. Potrebbe anche bastare, a patto che il giovane argentino sia davvero il fenomeno che si dice. Io comunque mi cautelerei con un altro elemento di buon livello, non essendo Okaka, a mio avviso, attaccante in grado di fare la differenza.
Comunque vada a finire il mercato, la tendenza per il prossimo futuro della Roma mi sembra chiara. Tutto dipenderà dal fair play finanziario. Se nelle prossime stagioni Michel Platini riuscirà ad ottenere una sua rigida applicazione i club che, come la Roma, si muovono già oggi seguendo l’equilibrio finanziario risulteranno nettamente avvantaggiati. Se al contrario, passerà la linea che chi ha soldi da spendere continuerà a farla da padrone, il gap tra la Roma e le altre grandi sarà destinato ad aumentare.

TORTI E RAGIONI DEI CALCIATORI

Pubblicato su TS il 23 agosto 2011


Le settimane che hanno preceduto questa vigilia di inizio stagione hanno visto come protagonisti, tra gli altri, i calciatori. Purtroppo non sempre in termini positivi.
La prima questione cui corre l'obbligo fare cenno è quella relativa alla sentenza di appello pronunciata nei giorni scorsi dalla Corte di Giustizia Federale, in relazione all'ennesimo scandalo scommesse che ha colpito il calcio italiano. Per quanto su questa rubrica di commenti avessimo a suo tempo ridimensionato la portata dello scandalo, limitato ad alcuni nomi eccellenti e ai campionati di B e Lega Pro, Gli esiti sono comunque stati tali da suscitare un certo interesse. Naturalmente il caso più eclatante è quello di Giuseppe Signori che è stato riconosciuto colpevole ed è stato colpito dalla radiazione. E' andata male anche a Cristiano Doni che, ormai trentottenne, si vede gravato da una squalifica di tre anni e sei mesi che mette fine alla sua carriera. La radiazione è arrivata pure per il portiere Marco Paoloni, il grande protagonista dello scandalo, e per Massimo Erodiani, una delle altre pedine chiave. Si sono avuti effetti non trascurabili anche per quanto riguarda i club e i campionati. Nel prossimo torneo di serie A l'Atalanta partirà con una penalizzazione di sei punti che indubbiamente avvantaggerà le dirette concorrenti in zona retrocessione. Nel campionato di B Crotone e Juve Stabia partiranno con un punto in meno. Assai più pesante la situazione dell'Ascoli, gravato da sette punti di penalità. In Lega Pro se la Seconda divisione resta immune, in Prima sono parecchie le squadre penalizzate: Taranto (-1), Viareggio (-1), Reggiana (-2), Benevento (-6), Piacenza (-4), Cremonese (-6). Nel complesso si può dire che la sentenza è stata sufficientemente dura, dunque giusta. Ci auguriamo che questi provvedimenti facciano passare la voglia ai calciatori di fare stupidaggini.
La seconda questione è quella che ha riguardato la minaccia dell’associazione calciatori di far slittare l’inizio del campionato a causa del mancato rinnovo del contratto collettivo. Anche su questo argomento mi sono espresso in passato e non possi far altro che ribadire la mia posizione. Il metodo di protesta scelto (o minacciato) dai calciatori è semplicemente irritante. Non è facile far digerire alla gente comune, in primis agli appassionati di calcio, l’idea che una categoria che gode di mille privilegi e di retribuzioni astronomiche possa scioperare. Il metodo, dunque, è sbagliato. Tuttavia, nel merito secondo me i calciatori hanno ragione. Le loro non sono rivendicazioni di carattere economico. Chiedono semplicemente che le società non possano decidere in maniera unilaterale di mettere un calciatore fuori rosa perché non serve più, facendolo allenare a parte e privandolo delle stesse possibilità di lavoro garantite agli altri compagni. Se i presidenti gonfiano le rose fino a 35 elementi o sottoscrivono contratti faraonici a calciatori che poi non rispondono alle aspettative possono solo recriminare sulla propria incapacità manageriale. Sono altri i provvedimenti che devono adottare per garantire una sana gestione delle loro società. L’abbiamo ripetuto fino alla noia: equilibrio di bilancio, stadi nuovi e di proprietà, sviluppo di sponsorizzazioni e merchandising. Oltre tutto, a suo tempo, grazie anche alla difficile mediazione di Abete, calciatori e club avevano trovato già un accordo che ora i presidenti rifiutano di sottoscrivere. I calciatori devono stare attenti, però. Imparino ad evitare sparate mediatiche tipo la minaccia di sciopero. Strategie che rischiano di farli passare dalla ragione al torto.
Ne hanno avuto una riprova con la polemica strumentale sulla supertassa per i ricchi. L’associazione calciatori non aveva fatto nessuna polemica o dichiarazione a proposito dell’imposizione che, secondo i provvedimenti del governo, dovrebbe gravare su chi guadagna cifre elevate. Eppure in seguito ad una dichiarazione di Galliani s’è scatenato il caos, alimentato soprattutto dal ministro Calderoli. La questione è se le tasse supplementari debbano pagarle i giocatori o le società. Damiano Tommasi ha fatto bene a ricordare che da qualche anno i contratti dei calciatori vengono stabiliti sulla base della retribuzione netta. Prima non era così. Tant’è vero che quando il governo Prodi impose la famosa tassa per entrare nell’euro i calciatori pagarono senza fiatare perché i loro contratti si basavano sul lordo. Per evitare polemiche inutili faccio una proposta molto semplice. Torniamo al passato e calcoliamo i contratti sul lordo anziché sul netto. Esattamente come avviane in tanti altri paesi europei. A quel punto sarà compito dei calciatori e dei loro commercialisti preoccuparsi delle tasse da pagare. Perché una cosa è certa. Se il governo imporrà la supertassa non saranno le società a dover pagare ma i calciatori. Come avviene a tutti i comuni mortali.

DOPO PECHINO MILAN GIA’ IN RAMPA DI LANCIO

Pubblicato su TS il 9 agosto 2011


La nuova stagione del nostro calcio è iniziata più o meno com’era finita: all’insegna del Milan. La finale di Supercoppa, disputata nell’esotica cornice di Pechino, ha dimostrato ancora una volta che quella rossonera è la formazione da battere. Una vittoria meritata quella dei ragazzi di Allegri che anche nel primo tempo, quando hanno sofferto la superiore forza atletica dell’Inter e la sua più decisa iniziativa, sono comunque riusciti a confezionare due clamorose palle gol. Nella ripresa, poi, hanno cominciato a macinare gioco e, grazie all’ingresso di Pato e all’estro di Ibrahimovic, sono riusciti a ribaltare il punteggio. Ha voglia Gasperini a dire che ha notato alcuni aspetti positivi nella sua Inter. Sarà, ma intanto il primo titolo stagionale ha preso la strada di Milanello.
Qui non si tratta tanto di enfatizzare il terzo derby consecutivo vinto dal Milan o il record delle sei supercoppe italiane vinte (che peraltro determinano il ventottesimo trofeo dell’era Berlusconi). L’impressione che si è avuta vedendo la partita è che i campioni d’Italia siano già pronti ad affrontare una nuova stagione di successi, mentre l’Inter è ancora un cantiere aperto dal quale a breve qualcuno potrebbe anche andare via. Allegri ha costruito un meccanismo sufficientemente oliato che ha dimostrato di potere fare a meno di Andrea Pirlo, partito alla volta della Juventus. La squadra che ha vinto a Pechino era essenzialmente quella della passata stagione. Il cuore pulsante formato da Gattuso, Van Bommel e Seedorf col sempre più costruttivo Boateng ad agire da trequartista di peso e qualità. A nostro avviso ad Allegri servirebbe almeno un altro uomo di rango a centrocampo. Ma per quello che è il livello attuale del calcio italiano, anche così potrebbe bastare. In difesa, poi, il Milan è più che coperto. Nesta e Thiago Silva sono delle garanzie e Philippe Mexès rappresenta un’alternativa più che valida, di assoluto livello internazionale. In attacco non ne parliamo. L’Ibrahimovic cinese ha dimostrato di possedere qualità sufficienti per decidere le partite da solo, anche quelle decisive, solo che ne abbia voglia. Robinho è sempre positivo e poi c’è quel fuoriclasse di Pato che sulla partita incide sempre. Insomma, il gruppo plasmato da Allegri è ben assortito e collaudato. Mentre gli altri dovranno trovare la quadratura del cerchio, il Milan appare già pronto per riprendere la corsa in tutta scioltezza. Al punto da fare a meno anche di Antonio Cassano che appare sempre più un lusso superfluo.
L’Inter, invece, a noi convince poco. Tanto per cominciare, con tutto il rispetto e la stima per Gasperini, non riteniamo che quella di Moratti sul tecnico sia stata la scelta più appropriata. Dopo le scorie dell’era Mourinho, pagate soprattutto da Rafa Benitez, a nostro avviso serviva un nuovo uomo forte, magari meno isterico del portoghese. Un Fabio Capello, per intenderci. Gasperini è bravo, ma la sua carriera e il suo aplomb ci fa temere che non abbia il carattere giusto per poter mettere in riga uno spogliatoio sempre molto difficile come quello nerazzurro. Poi c’è la squadra. Le trattative di mercato lasciano ancora aperte le porte ad una mezza rivoluzione. La corte che il Manchester United sta facendo a Sneijder rischia di privare l’Inter del perno di tutto il gioco offensivo. Si parla poi di una cessione di Eto’o e dell’arrivo di Tevez. Francamente, a noi sembra una follia. Tevez è un ottimo attaccante, ma nulla di paragonabile al camerunense. A centrocampo, poi, ci sembra che manchi sufficiente qualità. Stankovic non è eterno, Thiago Motta è tutto sostanza senza eccessiva tecnica. Nella gara di Pechino, tutto sommato, ad impressionare di più è stato il neo acquisto Alvarez che sembra poter confermare le credenziali con cui s’è presentato. Quanto alla difesa, l’impostazione tattica a tre per il momento non funziona ed è stata messa in seria difficoltà dalle penetrazioni del Milan. Infine, crediamo che il modulo adottato da Gasperini nell’occasione, il 3-5-1-1, non sia proprio la soluzione migliore per proporre un gioco sufficientemente brillante. Insomma, all’Inter c’è ancora molto da lavorare e bisogna capire anche con quale materiale. Il rischio è che in attesa di trovare le giuste soluzioni, il Milan possa già scappare.
Nemmeno le altre grandi ci sembrano pronte a contrastare Ibrahimovic e compagni. La Juventus, come al solito, ha cambiato molto, ma bisognerà vedere se riuscirà a trovare un equilibrio che manca da troppe stagioni. A nostro avviso, gli arrivi di Pirlo e Vucinic possono essere un valore aggiunto ma molto dipenderà da come saprà lavorare Antonio Conte. Al quale, comunque, un po’ di tempo bisognerà darlo. Discorso simile per la Roma. Luis Enrique è un tecnico affascinante ma andrà valutato alla prova dei fatti. Partiti Vucinic e Menéz, poi, bisognerà vedere come si inserirà Krkic e soprattutto quale sarà la vera forza di Lamela. In difesa il giovane spagnolo Angel sembra molto buono ma la sua tenuta in un campionato come la serie A va valutata. L’unica vera garanzia appare Stekelenburg in porta. Comunque anche alla nuova Roma un paio di mesi per carburare bisognerà concederglieli. Ma a quel punto, dove sarà arrivato il Milan?

domenica 7 agosto 2011

A FIUGGI LA LAZIO SI PREPARA PER L’EUROPA

Pubblicato il 26 luglio 2011 su www.paesesera.it

La nuova Lazio targata Lotito-Reja piace ai tifosi. Nelle prime due settimane, riservate agli abbonati con diritto di prelazione, sono state bruciate oltre diecimila tessere. Questa settimana, poi, è partita la vendita libera e non solo verrà superata la quota di 12.500 abbonamenti della passata stagione, ma si farà molto meglio. Segno che i risultati conseguiti nello scorso campionato e la campagna acquisti che si sta sviluppando in queste settimane, le cui punte di diamante sono stati gli arrivi di Klose e Cissé, stanno facendo tornare l’entusiasmo ad una tifoseria a dir poco glaciale negli ultimi anni.
Per la verità l’amichevole disputata contro lo Slavia Praga al termine del periodo di lavoro ad Auronzo di Cadore ha lasciato un po’ a desiderare. Non si tratta del risultato di 3-3 che conta meno di zero in queste gare di preparazione. Nel primo tempo la squadra praticamente non è esistita e il modulo su cui vuole puntare Reja, che prevede il rombo a centrocampo, non ha convinto. Ma soprattutto si è registrato uno Zarate completamente spento, addirittura un fantasma. Per l’argentino si è trattato dell’ennesima occasione mancata per dimostrare al proprio allenatore di poter essere utile a se stesso e ai compagni. Stranamente la Lazio si è scossa nella ripresa grazie soprattutto all’apporto di Del Nero (molto volitivo) e Floccari, autore questi di una doppietta. Sarà un caso, ma la squadra è migliorata con l’ingresso di quei giocatori che sono da tempo finiti sulla lista delle possibili cessioni. Inoltre, sul piano tattico alcuni hanno fatto notare, e noi siamo d’accordo, che alla squadra manca una mezzala sinistra. In questo senso, Sculli è apparso totalmente inadeguato, dotato com’è di tutt’altre caratteristiche.
In queste ore la Lazio si trova in quel di Fiuggi dove è prevista la seconda parte della preparazione, in vista del primo impegno ufficiale previsto per il 18 agosto in Europa League. Prima di quella data Reja ha chiesto a Lotito di sfoltire una rosa che è composta da oltre trenta giocatori, un’abbondanza non gradita dall’esperto tecnico. Quindi, nonostante l’intenzione di qualcuno di far cambiare idea alla società, ci saranno delle partenze. Sul piano tecnico-tattico Reja dovrà lavorare sul miglioramento nell’applicazione del 4-2-3-1, soprattutto nell’individuare una valida alternativa a Mauri. Inoltre bisognerà lavorare sull’intesa tra Klose e Cissè, due attaccanti che se ben integrati e serviti possono rappresentare davvero la sesta marcia per i biancocelesti.
Naturalmente in questi giorni sarebbe opportuno alleggerire anche i carichi di lavoro. In due settimane ad Auronzo è stata svolta un’attività piuttosto intensa e nell’amichevole contro lo Slavia quasi tutti i giocatori sono apparsi imballati, com’è normale che sia. Fermo restando che lavorare molto in estate consente di conservarsi in ottime condizioni atletiche fino alla fine della stagione, adesso l’attività dovrà essere alleggerita in modo da consentire alla squadra di presentarsi alla prima gara di Europa League in condizioni sufficientemente brillanti. Su questo, però, i tifosi laziali possono stare tranquilli. Reja e il suo staff hanno già dimostrato di sapere preparare bene la squadra.

TOTTI PIGRO? NON CI RISULTA!

Pubblicato il 19 luglio 2011 su www.paesesera.it


Qualche tempo fa il mio giornale, France Football, mi incaricò di realizzare un’intervista con Francesco Totti. Vito Scala, suo preparatore atletico e factotum, mi fissò un appuntamento a Trigoria alle 9 del mattino, un’ora insolita per un’intervista, soprattutto di quella importanza. Scala mi spiegò che Francesco voleva realizzare l’incontro prima dell’allenamento. Nell’occasione scoprii che il Capitano era abituato ad arrivare prestissimo al centro sportivo, in genere prima di tutti gli altri, l’ultimo ad andarsene. Questo sarebbe un giocatore pigro?
Quando nel 2006 Totti stava faticosamente provando a recuperare dopo un gravissimo infortunio, Marcello Lippi si recò al suo capezzale invitandolo a fare di tutto per recuperare in tempo per il Mondiale tedesco. Francesco ripagò tanta attenzione affrettando i tempi, presentandosi al ritiro di Coverciano acciaccato ma a disposizione. Così poté dare un contributo decisivo per la vittoria azzurra. Questo sarebbe un giocatore pigro?
Nella passata stagione, dopo un inizio stentoreo, Totti, di comune accordo con Vito Scala, giunse alla conclusione che per ritrovare la brillantezza della sua prima gioventù era necessario perdere peso e potenziare il lavoro in allenamento. Il Capitano si sottopose ad una dieta ferrea e fu l’unico giocatore del campionato italiano a presentarsi, dopo le vacanze natalizie, addirittura più magro. Da gennaio in poi l’abbiamo visto correre ed impegnarsi come non era mai accaduto nemmeno quando aveva venti anni. Il risultato è stata la solita teoria di gol e record. Nell’attuale ritiro di Riscone Totti Sfoggia una forma fisica impressionante, segno che durante le vacanze è stato molto attento. Questo sarebbe un giocatore pigro?
Nella bella intervista rilasciata ad Emanuela Audisio di Repubblica, Franco Baldini ha speso molte belle parole su Francesco Totti, sottolineando, tra le altre cose, che ha davanti a se ancora tre o quattro anni di carriera. Si è lasciato scappare però un aggettivo, “pigro”, che a Francesco non ha fatto per niente piacere. Stimo infinitamente Franco Baldini, soprattutto per il ruolo che ebbe ai tempi di Franco Sensi come punta di diamante della battaglia romanista contro i poteri del nord. Ammiro anche la sua preparazione culturale, assolutamente insolita in un mondo come quello del calcio. Al posto suo, però, avrei evitato quel termine semplicemente perché, a mio avviso, non corrisponde al vero. Mi auguro che tra i due possa esserci un chiarimento. Per il bene della Roma. Gli spifferi che provengono dai bene informati, infatti, a più riprese parlano di una nuova dirigenza allergica alla presenza dei romani. Qualcuno sostiene, per esempio, che le difficoltà che stanno emergendo a proposito del rinnovo del contratto di Daniele De Rossi derivino dalla volontà di non ritrovarsi in futuro sul groppone un nuovo Totti. Il che sarebbe un grave errore. Perché in questi anni la Roma s’è retta soprattutto sul contributo dei romani, che hanno incarnato al meglio lo spirito della squadra. Senza contare le volte in cui Totti e De Rossi, con i loro gesti e le loro dichiarazioni, hanno surrogato l’assenza di una società non sempre “sul pezzo”. Per questo chiedo che venga fatta chiarezza. La nuova società dica, una volta per tutte, se Totti e De Rossi li vuole davvero o no.

LAZIO UNA ROSA DI OTTIMA QUALITA’

Pubblicato il 12 luglio su www.paesesera.it


Claudio Lotito è senza dubbio uno dei dirigenti calcistici più singolari e discutibili che si siano mai visti. Da quando è il numero uno della Lazio ci ha offerto numerose occasioni per essere critici nei suoi confronti. Tanto per fare un esempio, non ricordiamo un presidente capace come lui di distruggere il feeling tra un club e la propria tifoseria. In tempi recenti abbiamo trovato completamente fuori luogo il suo approccio alla questione stadio Olimpico, anche se nello specifico aveva le sue ragioni. Tuttavia, una cosa gli va riconosciuta: come pochi sa gestire economicamente la società e costruire tecnicamente la squadra. A parte la stagione in cui si ritrovò a sorpresa qualificato in Champions, quando si illuse di poter vincere anche in Europa senza investire, è sempre riuscito ad allestire delle formazioni di tutto rispetto. La Lazio della passata stagione aveva un’ottima qualità tecnica complessiva e i risultati non sono mancati. Anzi. Se Reja fosse riuscito a trasmettere ai suoi una mentalità un po’ più spregiudicata, soprattutto contro le grandi, la Lazio oggi giocherebbe nell’Europa che conta.
Partendo da un’ottima base, anche nel prossimo campionato Lotito promette di sfoderare una Lazio di tutto rispetto. Tanto per cominciare s’è districato bene sulla questione portiere. Salutato senza troppi rimpianti Muslera, ha deciso di scommettere su Marchetti. Quest’ultimo è reduce da un lunghissimo periodo in cui non ha giocato per problemi con Cellino ma, fino a poco tempo fa, nel ruolo era la più credibile promessa del calcio italiano. E’ un portiere che ha tutto per rilanciarsi ai grandi livelli. La difesa rimane piuttosto solida. Konko promette di non far rimpiangere più di tanto Lichtsteiner, mentre Lulic e Stankevicius possono rappresentare ulteriori valide alternative ai classici Biava, Dias e Radu. A centrocampo va verificata la consistenza di Cana. Gli altri titolari offrono sufficienti garanzie. Soprattutto Ledesma in fase di rottura e Hernanes che rappresenta l’uomo di qualità in grado di servire al meglio le punte e, all’occorrenza, di concludere personalmente.
In attacco Lotito, di comune accordo con Reja, sembra stia lavorando ad una sorta di instant team, in grado cioè di fare risultati immediatamente. In questo senso vanno interpretati gli arrivi di Cissé e Klose. Il primo, anche se è reduce da un’esperienza in un campionato secondario, non ha mai perso la confidenza col gol ed ha tutte le carte in regola per dire la sua nella classifica dei cannonieri della serie A. Quanto a Klose, è vero che da un po’ non riesce a recitare un ruolo da protagonista. Però è un attaccante di grandissima esperienza internazionale che può tornare davvero utile, anche partendo dalla panchina. Senza contare che, in attesa di capire cosa accadrà con Zarate, non mancano le alternative con Rocchi, Floccari e Kozak. Insomma, la rosa della Lazio a nostro avviso risulta addirittura migliorata rispetto agli standard già ottimi dello scorso campionato. Se, poi, avrà più coraggio potrà inseguire anche obiettivi più prestigiosi della semplice qualificazione in Europa League.

LA BUNDESLIGA TORNA LEADER IN EUROPA

Pubblicato su TS il 2 agosto 2011


Il nuovo campionato che partirà il prossimo week-end celebrerà la risurrezione definitiva della Bundesliga. Dopo un periodo in cui altri grandi tornei come la Premier League, la Liga e la nostra Serie A l’hanno sovrastata per forza economica e tecnica, i tedeschi tornano a recitare un ruolo di assoluti protagonisti. Basti pensare che, a distanza di dieci anni, tornerà a rilasciare il pass per la Champions League a quattro squadre, tre qualificate direttamente ed una ai play-off. Purtroppo questo successo si è verificato a spese della Serie A che, al contrario di quello tedesco, è un campionato in chiaro declino. La ricetta vincente della Bundesliga è presto detta. Da anni i manager tedeschi hanno cominciato a lavorare seriamente sul proprio prodotto. Il primo obiettivo che si sono posti è stato quello di garantire ai club stadi moderni ed efficienti, nei quali fosse un piacere stare, indipendentemente dalla qualità del gioco espresso dalle squadre. Ci sono riusciti e il risultato è stata un’affluenza di pubblico eccellente. In secondo luogo hanno lavorato alla commercializzazione del prodotto calcio, attraverso una brillante attività di marketing, merchandising e sponsorizzazioni. Al tempo stesso, sono stati molto attenti a non esagerare con la politica degli stipendi dei calciatori, spesso accontentandosi di stelle di seconda grandezza, riuscendo però a tenere a posto i conti. Così, anche se lo spettacolo offerto dalle squadre tedesche non è sempre entusiasmante sul piano tecnico, la Bundesliga scoppia letteralmente di salute.
La quarantanovesima edizione di questo campionato ha avuto un interessante prologo con la consueta Supercoppa che quest’anno vedeva di fronte il Borussia Dortmund e lo Schalke 04. Ha avuto la meglio quest’ultimo, al termine di una gara piacevole ma senza reti. Decisivi i calci di rigore, in occasione dei quali si è distinto il neo acquisto dello Schalke Fahrmann, capace di parare due rigori agli avversari. Non è stata, dunque, felice la prima uscita stagionale dei campioni in carica del Borussia che, per forza di cose, vanno annoverati tra le favorite naturali per la vittoria del titolo. Per la verità per ora il suo mercato estivo ha fatto registrare solo una serie di movimenti di secondo piano, per lo più finalizzati alla sistemazione della rosa. Tuttavia, la presenza sulla panchina di uno dei tecnici emergenti europei, Jurgen Klopp, rappresenta la massima garanzia.
Naturalmente il ruolo di favorito appartiene anche al Bayern, il club di punta della Germania, quello che più di ogni altro tiene costantemente alta la bandiera tedesca a livello internazionale. In attesa di capire se dal mercato arriveranno colpi a sorpresa, sia in entrata che in uscita (occhio a Schweinsteiger), un ottimo acquisto è senza dubbio quello del portiere Neuer, il meglio dell’attuale scuola germanica. Buono anche l’arrivo del genoano Rafinha che va a completare il reparto difensivo. Al di là di chi scenderà in campo, però, quello che più conta è il desiderio di riscatto dei bavaresi. Abituati a giocarsi il titolo fino alla fine – e vincerlo spesso e volentieri – hanno mal digerito la passata difficoltosa stagione. I tifosi non tollererebbero ulteriori fallimenti.
Nel lotto delle pretendenti non possiamo non inserire il Leverkusen, reduce dall’ottimo secondo posto della passata stagione, anche se complessivamente ci sembra che le sue chance siano inferiori. Difficile pronosticare la prossima stagione dello Schalke. La perdita di Neuer sulla carta è pesante, ma abbiamo visto che alla prima uscita Fahrmann non l’ha fatto rimpiangere. Certo occorrerà fare meglio rispetto al quattordicesimo posto del campionato scorso.
Interessante il panorama della zona retrocessione dove agiranno, prevedibilmente, le due neopromosse. Si tratta dell’Hertha Berlino, vincitore della Zweite Bundesliga, e dell’Augsburg (la romana Augusta). Quest’ultima è al primo campionato di massima divisione della sua storia e risulta essere la cinquantunesima formazione ad aver partecipato alla Bundesliga.
Si comincerà il 5 agosto con Borussia Dortmund-Amburgo, subito un match di livello. Sabato, tra le altre gare, è previsto un interessante Stoccarda-Schalke. Al Bayern toccherà il posticipo domenicale pomeridiano contro il Borussia Moenchengladbach. Il campionato chiuderà il 5 maggio 2012, in tempo utile per consentire alla nazionale di preparare l’impegno agli Europei di Polinia e Ucraina.

L’URUGUAY ENTRA NELLA LEGGENDA

Pubblicato su TS il 26 luglio 2011



L’Uruguay è il più incredibile e splendido mistero del calcio di tutti i tempi. Come faccia un paese che ha più o meno gli stessi abitanti di Roma a far parte del gotha del calcio mondiale è difficile da spiegare. Come faccia a mettere in campo sempre squadre nazionali dignitose, a volte anche molto competitive, lo sa solo il cielo. Eppure grazie all’indiscutibile successo sul Paraguay ha portato a casa l’ennesima Copa America, la quindicesima. Nessuna nazionale sudamericana ha saputo fare meglio. Non il Brasile, nemmeno l’Argentina ferma a quattordici titoli. Senza contare due titoli mondiali, altrettante olimpiadi e un quarto posto al Mondiale sudafricano che abbiamo ancora tutti sotto gli occhi. In genere si parla troppo poco di una scuola calcistica in grado di dimostrarsi vincente praticamente da quando il calcio si è imposto a livello internazionale. Qualche cenno storico. Nel corso degli anni ’20 l’Uruguay non aveva rivali. Vinse le Olimpiadi nel 1924 e nel 1928 e si impose nella prima edizione del Mondiale, quello del 1930. Dopo un periodo di appannamento, nel 1950 la sua vittoria più prestigiosa: il Mondiale del 1950 strappato sul suo terreno al favoritissimo Brasile. Di quella squadra faceva parte un sublime Schiaffino che avrebbe poi calcato a lungo i palcoscenici calcistici italiani. Ma anche Ghiggia che nobilitò la maglia della Roma. Nel frattempo la “celeste” mieteva Copa America a ripetizione. Dopo un ventennio di declino, negli anni ’80 la ripresa con una storica vittoria della Copa ai danni del Brasile nel 1983. Era la generazione di Francescoli. Nel 2006 la nazionale venne affidata per la seconda volta a Oscar Tabarez dopo la mancata qualificazione al Mondiale tedesco. In quattro anni di lavoro proficuo il “professore” ha messo in piedi una squadra di tutto rispetto, basata soprattutto sulle qualità del reparto offensivo che ha potuto contare su due straordinari Suarez e Forlan e su un’ottima organizzazione tattica. Così in Sudafrica è arrivato un quarto posto ma l’Uruguay avrebbe meritato almeno la finale. Ora l’ennesimo successo nella Copa America, ancora una volta bagnato dalle prodezze dei due gioielli dell’attacco.
Per quello che s’è visto in questa scadente edizione della competizione sudamericana, l’esito finale è sacrosanto. Mancate clamorosamente Argentina e Brasile, ci sono state due rivelazioni, Peru e Venezuela che giustamente si sono giocate il terzo posto. Ma ad avere la qualità necessaria per arrivare in finale e vincere era solo l’Uruguay. Non crediamo che meriti particolari plausi, invece, il Paraguay che ha raggiunto la finale all’insegna dell’anticalcio. L’unica strategia di questa nazionale, peraltro bene organizzata sul piano difensivo, è stata quella di cercare costantemente di tenere lo 0-0 fino al termine dei tempi regolamentari, per poi giocarsi tutto ai rigori. Nella stessa fase a gironi non è riuscita mai a vincere, conseguendo tre pareggi. Non s’era mai vista una squadra capace di arrivare in finale senza vincere. Sarebbe stato ingiusto se i paraguayani fossero riusciti ad alzare la coppa applicando lo stesso metodo. Per una volta gli dei del calcio hanno fatto le cose per bene. Quando la gara si è indirizzata su binari più favorevoli alla tecnica per il malcapitato Paraguay non c’è stato niente da fare. Già nel primo tempo la faccenda era chiusa. Il 3-0 finale, poi, non ammette alcuna discussione.
E’ stata naturalmente la vittoria di Suarez, attaccante che nell’Ajax ha mostrato tutto il suo valore, prima di diventare uno dei pezzi forti del mercato internazionale. Ed è stata anche la vittoria del grande Forlan. Dopo avere disputato un grande Mondiale l’anno scorso (fu eletto miglior calciatore del torneo), era reduce da una stagione deludente con la maglia dell’Atletico Madrid e in questa edizione della Copa America non era mai riuscito ad andare in gol. S’è sbloccato proprio in finale come accade ai grandi. La sua doppietta resterà nella storia. Ma la vittoria chiaramente è anche dello stesso Tabarez che, diciamo la verità, negli altri reparti non si ritrova dei fenomeni eppure è riuscito a costruire una squadra in grado di giocarsela alla pari con tutti. Il suo Uruguay ha dato, indirettamente, una vera lezione alle presuntuose favorite della vigilia. Un’Argentina assolutamente incapace di valorizzare l’enorme potenziale tecnico a propria disposizione. E un Brasile i cui giovani talenti sono sempre troppo celebrati in rapporto alle prestazioni, non sempre all’altezza della situazione. Le due big del Sudamerica dovranno sudare per presentarsi degnamente al prossimo Mondiale. Soprattutto il Brasile che reciterà il ruolo di padrone di casa e non potrà permettersi una mesta figura come quella rimediata di fronte al modesto Paraguay.