Benvenuto Rudi
(in italiano nel titolo)
L’ex tecnico del Lille sbarca su un campo minato da conflitti per rilanciare una Roma piena di dubbi.
Tutto a prima vista. Il sorriso e i propositi entusiasmanti del presidente che l’ha definito “un vincente”, la bella foto con i due ritratti col nuovo simbolo della Roma alle spalle. Ma per Rudi Garcia questo ultimo mercoledì aveva un sapore particolare. Il suo primo giorno ufficiale da allenatore della Roma somigliava a quelle partenze fittizie delle corse ciclistiche: ci si mette in posa per i flash dei fotografi ma tutti sanno che la vera partenza ha luogo altrove, più lontano. Situazione un po’ simile a quella vissuta da colui che ha appena lasciato Lille. La bandiera giallorosa? E’ solo un’immagine proiettata da uno schermo televisivo nella sala conferenze della Raptor, una società finanziaria americana, sulla 9th Avenue a New York.
UN FUNERALE COME ACCOGLIENZA. Per Trigoria o per le foto al Colosseo, Rudi Garcia dovrà aspettare alcuni giorni. Per firmare il suo contratto è dovuto andare a New York per incontrare James Pallotta, uomo d’affari italo-americano e presidente della Roma da dieci mesi. Il tecnico nato a Nemours, si è adattato alla perfezione. Il discorso da lui pronunciato è classico: “Sono fiero di venire alla Roma. Lavoreremo per fare felici i nostri tifosi e tentare di vincere dei titoli”.
Ad alcune migliaia di chilometri di distanza, i tifosi romanisti non erano animati dallo stesso spirito. Il morale delle truppe oscilla tra abbattimento, rassegnazione e collera. Una collera decuplicata alla vista delle immagini “pittoresche” dei tifosi della Lazio che mettono in scena un funerale, il loro o piuttosto quello della Roma. In effetti 3 mila laziali si erano radunati a Ponte Milvio per celebrare le esequie della Roma, con un falso prete e una bara vuota con i colori giallorossi!
Il peggio è che i fan della Roma non hanno avuto la forza di rispondere. Davvero eccessiva l’umiliazione determinata dagli ultimi risultati della Roma, giunta sesta in campionato a 25 punti dalla Juve, ma soprattutto battuta 1-0 dalla Lazio all’Olimpico nel primo derby nella finale di Coppa Italia.
Rudi Garcia, dunque, prende in carico una squadra che non disputerà alcuna coppa europea nel 2013-14. Il cinquantaseiesimo allenatore della storia della Roma e primo francese in serie A (Didier Deschamps ha lavorato solo in serie B con la Juve, così come Lucien Leduc a Venezia negli anni ’50) arriva in un club in preda ai dubbi. Soggetta a continui alti e bassi dai tempi della separazione da Luciano Spalletti nel settembre 2009, la Roma ha moltiplicato i cambi di allenatore e di metodi di lavoro: Claudio Ranieri, Vincenzo Montella, Luis Enrique, Zdenek Zeman, Aurelio Andreazzoli si sono avvicendati in panchina. La stagione appena conclusa è stata sicuramente la più penosa, tra fallimenti sul campo, problemi di indisciplina (Osvaldo), problemi di ego (De Rossi), divergenze tra dirigenti (Walter Sabatini, direttore sportivo, e Franco Baldini, direttore generale), senza dimenticare la lontananza dei padroni “yankees” (Pallotta e associati). E dopo il licenziamento di Zeman, idolo dei tifosi, la contestazione è diventata generalizzata. Talvolta molto violenta, come al ritorno dei giocatori a Trigoria sotto una pioggia di pietre dopo la finale perduta.
NON E’ UNA PRIMA SCELTA. Garcia dovrà farsene una ragione: se i romani sembrano apprezzare il personaggio, sappia che non beneficerà di un credito illimitato. In caso di prestazioni poco soddisfacenti, l’ambiente rischia di diventare rapidamente bollente in una città come Roma che rappresenta la piazza più complicata d’Italia in termini di stress, passione e pressione. Soprattutto se si considera che tutti sanno che Garcia è stata l’ultima carta a disposizione dei dirigenti. Stefano Pioli, Roberto Donadoni, Marcelo Biella, Gerardo Martino, Vincenzo Montella e Roberto Mancini hanno declinato, prima di lui, le proposte romaniste. Questo dopo che la pista Water Mazzarri era sfumata per inseguire Max Allegri che prima si era promesso alla Roma ma poi ha deciso di restare al Milan. E Laurent Blanc? Corteggiato da Baldini, si è allontanato una volta per tutte dalla città eterna dopo le dimissioni del direttore generale della Roma. Al contrario di un Mancini, Rudi Garcia ha accettato di venire a Roma senza particolari pretese in fatto di campagna acquisti. Scelto dal boss James Pallotta, su suggerimento di Sabatini, dovrà fare in fretta le sue prove e far vedere la sua mano, a cominciare dal ruolo che dovrà avere Francesco Totti nel suo gioco. Questo sarà il primo banco di prova. Fondamentale.
Roberto Notarianni
Antonio Felici
martedì 18 giugno 2013
mercoledì 12 giugno 2013
GARCIA: POCO TEMPO PER CONVINCERE
Ho manifestato in più occasioni forti perplessità sulla scelta di Rudi Garcia come nuovo tecnico della Roma. La mia non è una posizione preconcetta. I dubbi sono legati soprattutto al momento particolare vissuto dal club. Due anni di miseri fallimenti (tre se contiamo anche la stagione targata Unicredit), avrebbero richiesto da parte dei dirigenti idee chiare e velocità di decisione. Niente di tutto ciò. Di fronte alla necessità di dare una seria sterzata ad un progetto quasi morente, sarebbe servito un tecnico dal carattere e dall'immagine forti, uno pronto a vincere subito. Il nome giusto era quello di Mazzarri. Invece ci si è baloccati per mesi, nella certezza che Allegri sarebbe arrivato nella capitale. Poi, in fretta e furia si è provato a mettere una pezza contattando allenatori a destra e a manca: Bielsa, Blanc, Pioli, Donadoni e chissà quanti altri. Alla fine la scelta è caduta su un tecnico che rappresenta, nella migliore delle ipotesi, la quarta scelta. Si è commesso, dunque, lo stesso errore delle precedenti stagioni.
Alla totale incoerenza della società, che si muove con disinvoltura tra programmi tecnico-tattici completamente diversi tra loro, corrisponde la disperazione di una piazza, quella giallorossa, stanca di aspettare. Non sono più i tempi della pazienza infinita per i Luis Enrique di turno. La nuova Roma dovrà fare bene e subito. Pena la contestazione immediata. Siamo sicuri che Rudi Garcia sia in grado di affrontare questa situazione? Ha forse mai vissuto nella sua carriera momenti di tale difficoltà? La risposta è no. La sua esperienza si è sviluppata in tranquille e sonnacchiose cittadine della provincia francese: Digione, St.Etienne, Le Mans, Lille. Avesse lavorato almeno in piazze calde come Parigi o Marsiglia. Nemmeno quello. Solo club tranquilli e senza particolari esigenze, di quelli che ti lasciano tutto il tempo per lavorare senza assillarti. Pubblico scarso e distratto: se la squadra gioca male, al massimo si protesta andando al cinema. Come affronterà Garcia una piazza difficile come quella romana? Mistero.
Sul piano tecnico, direi che Garcia sarebbe stata una scelta comprensibile ai tempi di Luis Enrique. Col Lille, infatti, ha dimostrato, avendo molto tempo a disposizione, di lavorare bene con i giovani e di valorizzarli. E' forse questo che gli chiederà la dirigenza della Roma? In questo caso, a differenza del Lille, Garcia avrà pochissimo tempo per dimostrare le sue capacità. In Francia, prima di vincere il titolo, poté permettersi di fare un settimo, un quinto e un quarto posto. La Roma, a differenza del Lille, è un grande club: dopo anni di fallimenti non può aspettare tanto. Riuscirà il nuovo tecnico a bruciare le tappe? Ne dubito fortemente.
Garcia è un buon allenatore. Ma occorre anche chiedersi come mai il presidente del Lille fosse così ansioso di liberarsene. Va ricordato, infatti, che Seydoux ha dichiarato che con lui s'era esaurito un ciclo ben prima che cominciasse la trattativa con la Roma. In pratica, l'ha invitato a cercarsi una nuova sistemazione. Evidentemente il sesto posto nell'ultima Ligue 1 non deve essergli andato giù. In fondo il titolo conquistato due anni fa è rimasto un exploit isolato. La stessa partecipazione alla Champions è stata deludente. Insomma, prima di definire Garcia un "vincente" ci penserei due volte.
Molti altri sono i dubbi: la sua mancata conoscenza della lingua e del calcio italiano, la scarsa abitudine a lavorare con i campioni e, peggio ancora, con giocatori bizzosi e refrattari, come sono stati alcuni giallorossi quest'anno. Tuttavia, poiché Garcia è un professionista serio ritengo doveroso fargli un in bocca al lupo, augurandogli di fare un buon lavoro (mercato estivo permettendo). Ma stia attento: di tempo per convincere gli stanchi tifosi giallorossi ne ha davvero poco.
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