Pubblicato su TS il 29 novembre 2011
I sogni dei tifosi della Juventus si stanno trasformando in realtà. I supporter delle altre squadre che aspirano al titolo, di conseguenza, cominciano a preoccuparsi per davvero. Perché un fatto ormai è chiaro: i bianconeri fanno davvero sul serio. Superato abbondantemente il quarto di campionato, la Juventus è ancora imbattuta e non mostra alcun cenno di cedimento. Fa risultato indifferentemente con le piccole e le grandi squadre. Sa che per vincere occorre dare fondo a tutte le energie disponibili in ogni match e lo fa. All’Olimpico contro la Lazio ha vinto una partita di quelle che solo le grandi squadre riescono a portare a casa. Impegnata in un confronto molto equilibrato, ha saputo mettere a frutto le situazioni capitategli e ha portato a casa un risultato assai prezioso. A questo punto, potrebbe anche permettersi di perdere il recupero col Napoli e la sua situazione di classifica resterebbe eccellente. Dovesse vincerlo, poi, ci troveremmo di fronte ad una vera e propria fuga. Pur considerandolo un bravo tecnico, non ho mai pensato che Antonio Conte fosse un fenomeno della panchina. Di fronte ai risultati e al modo con cui li sta ottenendo, però, gli faccio tanto di cappello. Molti colleghi hanno sprecato pagine e pagine, la scorsa estate, per documentare come il nuovo allenatore si preparasse a lanciare una squadra a trazione offensiva, all’insegna dello spregiudicato 4-2-4. Magari Conte avrà anche sperato nel suo intimo di proporre davvero questa rivoluzione tattica, anche perché alle brutte quel modulo avrebbe potuto trasformarsi facilmente nel più canonico 4-4-2. Dopo le prime indicazioni estive e le prime di campionato, però, Conte ha capito che non era aria e, da persona intelligente quale ha dimostrato di essere, ha adattato le sue esigenze tattiche alle caratteristiche dei giocatori a disposizione. Ogni allenatore degno di questo dovrebbe farlo. La società gli ha preso Pirlo e attorno a lui ha costruito il centrocampo e tutto il processo creativo che porta alla produzione del gioco. Di conseguenza, li davanti ha dimostrato di poter giocare indifferentemente con una, due o addirittura tre punte, senza per questo mettere a rischio l’equilibrio tattico della squadra. Al di là di questo, una cosa ha sempre preteso dai suoi giocatori e l’ha ottenuta: l’impegno dal primo all’ultimo minuto. La Juventus è una squadra che gioca con la grinta e la determinazione di una provinciale. A volte sembra proprio cattiva. Complimenti davvero. Nessuno può dire se la Juventus vincerà lo scudetto, ma certamente al momento è la squadra più credibile come anti-Milan. Se poi alla fine il titolo dovesse arrivare, se a maggio la Juventus sarà stata per tutta la stagione quella che abbiamo visto sinora, sarebbe un successo ampiamente meritato.
Che sia il Milan, comunque, la squadra favorita non c’è alcun dubbio. All’inizio della stagione i rossoneri hanno avuto un passaggio a vuoto, determinato soprattutto da una scarsa tenuta atletica. Adesso la squadra marcia con regolarità e sicurezza. Di solito vince e lo fa non molti gol. Non inganni la sconfitta di Champions contro il Barcellona. La squadra più forte del mondo a S.Siro per vincere ha dovuto faticare e comunque il Milan le ha inflitto quattro reti in due partite. Una cosa non da tutti. Non ho dubbi che da un momento all’altro i rossoneri si riprenderanno la vetta della classifica. Sono la squadra tecnicamente più forte, quella più collaudata e abituata a vincere.
Tutte le altre sembrano lontane, indipendentemente dalla posizione in classifica, dalla prospettiva scudetto. Il Napoli ha perso moltissimi punti per inseguire il sogno della Champions. L’impressione è che quando deciderà finalmente di concentrarsi sul campionato il distacco dalla vetta sarà troppo grande per rientrare nel giro che conta. Lazio e Udinese, dal canto loro, anche se sembrano attrezzate per fare un campionato di vertice non hanno sufficiente qualità, a mio avviso, per vincere. La Lazio contro la Juventus avrebbe meritato il pareggio ma sta di fatto che quando gioca in casa ed è obbligata a fare la partita manifesta qualche problema di troppo. Una pecca grave per chi vuole vincere lo scudetto. Anche se non è detto che debba compromettere obiettivi comunque di primo piano come la Champions. L’Udinese ha vinto contro la Roma e credo resisterà in alto fino alla fine, ma credo che col tempo i suoi reali valori la porteranno dove deve stare: tra il terzo e il sesto posto. Chi, invece, è risultata bocciata, forse definitivamente, è la Roma. Dopo le due vittorie consecutive contro Novara e Lecce, era chiamata a dare continuità ai risultati, approfittando anche di un’Udinese un po’ in calo sul piano atletico. In una gara equilibrata, alla lunga una squadra di rango avrebbe dato quel qualcosa in più e vinto. A farlo, invece, è stata l’Udinese e la Roma ne è uscita con le ossa rotte. In tutti i sensi, visto che ora, dopo Burdisso, dovrà fare a meno anche di Kjaer. Assenze che la sua rosa non può permettersi. Qualcosa ha recuperato l’Inter vincendo a Siena ma è ormai troppo lontana dal vertice. La sensazione è che possa lottare al massimo per il terzo posto. Ma anche per questo servirà l’impresa.
martedì 29 novembre 2011
PER LO SCUDETTO È MILAN-JUVENTUS
Antonio Felici Del Blog Felici&Scontenti A Colloquio Con Superscommesse
Lunedì 28 Novembre 2011,
Roma – Come ogni lunedì torna la nostra rubrica “Dietro le Quinte con…” lo spazio di Superscommesse.it dedicato a chi lavora, vive nel mondo delle scommesse e dello sport in generale.
A parlarci del calcio e delle sue mille sfaccettature quest’oggi è un ospite prestigioso, celebre e di indubbia competenza: Antonio Felici, corrispondente dall’Italia del periodico francese France Football (il giornale che ha inventato il Pallone d’Oro), vicedirettore di Betpress e autore di alcuni libri come ‘Le pagine nere del calcio – Tutti gli scandali minuto per minuto’ e ‘Lo sport e l'Europa. Dal conflitto al dialogo’ per il quale proprio questa mattina riceverà il premio Menzione speciale, nell'ambito della cerimonia di premiazione del XLV Concorso Letterario.
Ma Antonio Felici racconta lo sport anche dal suo cliccatissimo blog ‘Felici e Scontenti’ che andremo a conoscere meglio.
Buongiorno Antonio, prima di tutto può spiegarci come nasce il suo seguitissimo blog Felici e Scontenti?
L’idea originaria nasce dalla mia collaborazione con France Football. In qualità di corrispondente dall’Italia seguo, ormai da oltre diciassette anni, tutti gli avvenimenti calcistici del nostro paese. I miei articoli, però, sono pubblicati in lingua francese, quindi soltanto un ristretto numero di lettori e addetti ai lavori ha la possibilità di leggerli. Così è nata l’idea di fare un blog che, tra le altre cose, raccogliesse questo materiale e lo mettesse a disposizione di tutti. Inoltre, mi è servito anche per stabilire un filo diretto con tutti i lettori dei numerosi organi di informazione con cui collaboro.
Il blog è un luogo molto utile per catalizzare contenuti e discussioni. Infine, attraverso il blog ho la possibilità di sviluppare discussioni e chiarimenti sui miei libri che trattano sempre temi di largo interesse tra gli sportivi. Devo dire che la cosa è nata un po’ in sordina, ma nel corso dei mesi il blog è diventato uno strumento di contatto molto utile, soprattutto per chi come me è molto attivo anche nei social network.
Quali sono gli argomenti che gli utenti preferiscono e quali le notizie che lei preferisce trattare?
La mia preferenza va da sempre al giornalismo di inchiesta e di approfondimento, oltre che di analisi e commento. Mi diverto molto anche a realizzare interviste a personaggi notevoli del nostro calcio e devo ringraziare France Football per questa possibilità, anche perché è un giornale che garantisce un’elevatissima visibilità a livello internazionale.
Per quanto riguarda i lettori, ho notato che anche loro apprezzano molto le interviste, anche se si scatenano soprattutto sull’attualità. E’ bello, quando esce un mio commento su una squadra, un giocatore o un tecnico, avere un confronto serrato e dialettico con loro.
Nel suo ultimo libro ‘Le pagine nere del calcio – Tutti gli scandali minuto per minuto’ si parla appunto degli scandali che spesso hanno investito questo sport: quale secondo lei quello che ha rischiato di compromettere seriamente la credibilità del Calcio Italiano...?
La tesi che sta dietro al mio libro è che non c’è uno scandalo più scandalo degli altri. Magari fosse così. Sarebbe più facile risolvere il problema, basterebbe mettersi alle spalle il momento più brutto e guardare avanti. Chi leggerà il libro si accorgerà che dal lontano 1928, anno del caso Allemandi, non è cambiato molto. Il calcio italiano ha vissuto ciclicamente il suo scandalo, in media ogni 4/5 anni.
Quando si parla di violenza negli stadi, ad esempio, si dimentica che il primo morto c’è stato a Salerno negli anni ’60 e che i tifosi hanno cominciato a picchiarsi, ad intimidire i giocatori o addirittura ad andare armati allo stadio dall’inizio del ‘900, come raccontano le cronache del tempo. Per questo sostengo che è necessario tenere sempre altissima la soglia di attenzione, proprio perché il nostro calcio è strutturalmente soggetto agli scandali. Se facciamo finta di niente rischiamo di vedere andare tutto a rotoli.
Detto questo, non voglio eludere la domanda. E’ indubbio che Calciopoli sia, sul piano dell’illecito sportivo, lo scandalo più grave che si ricordi, persino superiore a quello dell’80 che sembrava dover rimanere un unicum per gravità. Tuttavia, io continuo a credere che gli scandali più dolorosi siano quelli che riguardano i morti. In questo senso, la strage dell’Heysel in tema di violenza e le strane morti dei giocatori degli anni ’70 (vedi Fiorentina) in tema di doping siano tragedie insuperabili.
Qual è invece lo scandalo che il mondo dei tifosi o appassionati ricorda con più dolore?
I tifosi tendono a dimenticare, soprattutto se gli scandali coinvolgono la loro squadra del cuore. Lo scandalo del calcio scommesse del 1980, ad esempio, lo ricordiamo noi giornalisti ma è raro sentire dei tifosi parlarne. C’è tanta voglia di oblio anche su Calciopoli. Gli avvenimenti che i tifosi ricordano di più sono proprio le morti negli stadi: da Paparelli a Roma alla decine di vittime juventine dell’Heysel, dall’omicidio Raciti a quello di Gabriele Sandri.
Per libro "Lo sport e l'Europa. Dal conflitto al dialogo" riceverà ha ricevuto il premio Menzione speciale, nell'ambito della cerimonia di premiazione del XLV Concorso Letterario: per chi ancora non l’avesse letto, di che cosa parla e a quale genere di pubblico lo consiglierebbe?
Devo dire che questo libro non è stato scritto per il grande pubblico. Quando si parla di temi quali la legge Bosman, il fair play finanziario, la specificità dello sport è difficile che un tifoso si appassioni. Direi anche giustamente. Il volume, dunque, è maggiormente rivolto agli addetti ai lavori o a coloro i quali studiano il fenomeno calcio sul piano giuridico ed economico, anche e soprattutto a livello accademico.
Tuttavia, i temi che tratta sono di fondamentale importanza. In due parole, ricostruisce trenta anni di lotte, anche molto dure, tra le organizzazioni sportive e l’Unione Europea sul tema della specificità dello sport. Da Bosman in poi è emerso questo problema cardine: allo sport va riconosciuta integralmente la sua specificità oppure va ricondotto all’interno del diritto comunitario. Sembra un argomento per accademici ma è attualissimo.
Prendete il recente sfogo del presidente del CONI Petrucci che ha accusato i club di ricorrere troppo spesso ai tribunali ordinari per sovvertire le decisioni della giustizia sportiva. Se la specificità fosse riconosciuta tout court il recente ricorso al TAR della Juventus che chiede centinaia di milioni di risarcimento danni non sarebbe possibile. Ecco, di questi temi tratta il libro.
Il Campionato italiano può ancora essere considerato uno dei più affascinanti?
Sempre meno. Per carità, ci sono ottimi tecnici, le squadre sono preparatissime ma ormai latitano i fuoriclasse. A parte Ibrahimovic, a voi quanti altri nomi vengono in mente? Forse Pato, forse Snejder, poco altro. Oltre tutto la scuola italiana resta ancora aggrappata a Buffon, Pirlo, del Piero e Totti. L’unico giovane nostrano di talento, Balotelli, non gioca più qua.
Qual è stato il colpo di mercato maggiormente riuscito?
E’ presto per dirlo. Però al momento Klose della Lazio e Osvaldo della Roma mi sembrano gli ultimi arrivi che hanno fatto la differenza.
Quale quello riuscito peggio?
Eviterei bocciature premature. Però Alvarez all’Inter rischia di essere bollato come un bluff. Lo stesso Cissé nella Lazio sta facendo molto meno di quanto ci si aspettasse.
Qual è la squadra favorita a vincere il campionato 2011-2012? E perché?
Il Milan senza discussioni. E’ la squadra che ha cambiato meno, anzi ha puntellato adeguatamente la rosa, ed ha una struttura di gioco collaudata. Poi è proprio più forte sul piano tecnico. Napoli e Juventus arrivano dopo.
La sua posizione di esperto, pensa possa favorirla nelle scommesse?
Si e no. Indubbiamente quando si conoscono a fondo le squadre e i meccanismi delle scommesse è più facile vincere. Però a me accade una cosa strana: quando consiglio delle giocate indovino spesso, quando gioco in prima persona ci prendo molto meno. Comunque sia i risultati a sorpresa o quelli determinati da fattori imprevedibili (tipo espulsioni, errori arbitrali etc.) nemmeno il più grande esperto di scommesse può prevederli e deve affidarsi anche lui alla fortuna.
Quali sono le tre cose che un buon scommettitore dovrebbe sempre tenere in considerazione?
Giocare cifre corrette, distribuendole possibilmente su più eventi, meglio se con qualche correzione. Puntare ad accoppiare più eventi probabili invece di giocare tutto su risultati improbabili. Soprattutto scommettere per divertirsi, senza inseguire il mito dell’arricchimento facile. Per me la scommessa è innanzitutto un modo per godere ulteriormente dell’evento sportivo. Grazie alle giocate che facciamo siamo portati a seguire anche squadre che normalmente ignoriamo. Questo dà molto più sapore ad ogni evento sportivo.
Roma – Come ogni lunedì torna la nostra rubrica “Dietro le Quinte con…” lo spazio di Superscommesse.it dedicato a chi lavora, vive nel mondo delle scommesse e dello sport in generale.
A parlarci del calcio e delle sue mille sfaccettature quest’oggi è un ospite prestigioso, celebre e di indubbia competenza: Antonio Felici, corrispondente dall’Italia del periodico francese France Football (il giornale che ha inventato il Pallone d’Oro), vicedirettore di Betpress e autore di alcuni libri come ‘Le pagine nere del calcio – Tutti gli scandali minuto per minuto’ e ‘Lo sport e l'Europa. Dal conflitto al dialogo’ per il quale proprio questa mattina riceverà il premio Menzione speciale, nell'ambito della cerimonia di premiazione del XLV Concorso Letterario.
Ma Antonio Felici racconta lo sport anche dal suo cliccatissimo blog ‘Felici e Scontenti’ che andremo a conoscere meglio.
Buongiorno Antonio, prima di tutto può spiegarci come nasce il suo seguitissimo blog Felici e Scontenti?
L’idea originaria nasce dalla mia collaborazione con France Football. In qualità di corrispondente dall’Italia seguo, ormai da oltre diciassette anni, tutti gli avvenimenti calcistici del nostro paese. I miei articoli, però, sono pubblicati in lingua francese, quindi soltanto un ristretto numero di lettori e addetti ai lavori ha la possibilità di leggerli. Così è nata l’idea di fare un blog che, tra le altre cose, raccogliesse questo materiale e lo mettesse a disposizione di tutti. Inoltre, mi è servito anche per stabilire un filo diretto con tutti i lettori dei numerosi organi di informazione con cui collaboro.
Il blog è un luogo molto utile per catalizzare contenuti e discussioni. Infine, attraverso il blog ho la possibilità di sviluppare discussioni e chiarimenti sui miei libri che trattano sempre temi di largo interesse tra gli sportivi. Devo dire che la cosa è nata un po’ in sordina, ma nel corso dei mesi il blog è diventato uno strumento di contatto molto utile, soprattutto per chi come me è molto attivo anche nei social network.
Quali sono gli argomenti che gli utenti preferiscono e quali le notizie che lei preferisce trattare?
La mia preferenza va da sempre al giornalismo di inchiesta e di approfondimento, oltre che di analisi e commento. Mi diverto molto anche a realizzare interviste a personaggi notevoli del nostro calcio e devo ringraziare France Football per questa possibilità, anche perché è un giornale che garantisce un’elevatissima visibilità a livello internazionale.
Per quanto riguarda i lettori, ho notato che anche loro apprezzano molto le interviste, anche se si scatenano soprattutto sull’attualità. E’ bello, quando esce un mio commento su una squadra, un giocatore o un tecnico, avere un confronto serrato e dialettico con loro.
Nel suo ultimo libro ‘Le pagine nere del calcio – Tutti gli scandali minuto per minuto’ si parla appunto degli scandali che spesso hanno investito questo sport: quale secondo lei quello che ha rischiato di compromettere seriamente la credibilità del Calcio Italiano...?
La tesi che sta dietro al mio libro è che non c’è uno scandalo più scandalo degli altri. Magari fosse così. Sarebbe più facile risolvere il problema, basterebbe mettersi alle spalle il momento più brutto e guardare avanti. Chi leggerà il libro si accorgerà che dal lontano 1928, anno del caso Allemandi, non è cambiato molto. Il calcio italiano ha vissuto ciclicamente il suo scandalo, in media ogni 4/5 anni.
Quando si parla di violenza negli stadi, ad esempio, si dimentica che il primo morto c’è stato a Salerno negli anni ’60 e che i tifosi hanno cominciato a picchiarsi, ad intimidire i giocatori o addirittura ad andare armati allo stadio dall’inizio del ‘900, come raccontano le cronache del tempo. Per questo sostengo che è necessario tenere sempre altissima la soglia di attenzione, proprio perché il nostro calcio è strutturalmente soggetto agli scandali. Se facciamo finta di niente rischiamo di vedere andare tutto a rotoli.
Detto questo, non voglio eludere la domanda. E’ indubbio che Calciopoli sia, sul piano dell’illecito sportivo, lo scandalo più grave che si ricordi, persino superiore a quello dell’80 che sembrava dover rimanere un unicum per gravità. Tuttavia, io continuo a credere che gli scandali più dolorosi siano quelli che riguardano i morti. In questo senso, la strage dell’Heysel in tema di violenza e le strane morti dei giocatori degli anni ’70 (vedi Fiorentina) in tema di doping siano tragedie insuperabili.
Qual è invece lo scandalo che il mondo dei tifosi o appassionati ricorda con più dolore?
I tifosi tendono a dimenticare, soprattutto se gli scandali coinvolgono la loro squadra del cuore. Lo scandalo del calcio scommesse del 1980, ad esempio, lo ricordiamo noi giornalisti ma è raro sentire dei tifosi parlarne. C’è tanta voglia di oblio anche su Calciopoli. Gli avvenimenti che i tifosi ricordano di più sono proprio le morti negli stadi: da Paparelli a Roma alla decine di vittime juventine dell’Heysel, dall’omicidio Raciti a quello di Gabriele Sandri.
Per libro "Lo sport e l'Europa. Dal conflitto al dialogo" riceverà ha ricevuto il premio Menzione speciale, nell'ambito della cerimonia di premiazione del XLV Concorso Letterario: per chi ancora non l’avesse letto, di che cosa parla e a quale genere di pubblico lo consiglierebbe?
Devo dire che questo libro non è stato scritto per il grande pubblico. Quando si parla di temi quali la legge Bosman, il fair play finanziario, la specificità dello sport è difficile che un tifoso si appassioni. Direi anche giustamente. Il volume, dunque, è maggiormente rivolto agli addetti ai lavori o a coloro i quali studiano il fenomeno calcio sul piano giuridico ed economico, anche e soprattutto a livello accademico.
Tuttavia, i temi che tratta sono di fondamentale importanza. In due parole, ricostruisce trenta anni di lotte, anche molto dure, tra le organizzazioni sportive e l’Unione Europea sul tema della specificità dello sport. Da Bosman in poi è emerso questo problema cardine: allo sport va riconosciuta integralmente la sua specificità oppure va ricondotto all’interno del diritto comunitario. Sembra un argomento per accademici ma è attualissimo.
Prendete il recente sfogo del presidente del CONI Petrucci che ha accusato i club di ricorrere troppo spesso ai tribunali ordinari per sovvertire le decisioni della giustizia sportiva. Se la specificità fosse riconosciuta tout court il recente ricorso al TAR della Juventus che chiede centinaia di milioni di risarcimento danni non sarebbe possibile. Ecco, di questi temi tratta il libro.
Il Campionato italiano può ancora essere considerato uno dei più affascinanti?
Sempre meno. Per carità, ci sono ottimi tecnici, le squadre sono preparatissime ma ormai latitano i fuoriclasse. A parte Ibrahimovic, a voi quanti altri nomi vengono in mente? Forse Pato, forse Snejder, poco altro. Oltre tutto la scuola italiana resta ancora aggrappata a Buffon, Pirlo, del Piero e Totti. L’unico giovane nostrano di talento, Balotelli, non gioca più qua.
Qual è stato il colpo di mercato maggiormente riuscito?
E’ presto per dirlo. Però al momento Klose della Lazio e Osvaldo della Roma mi sembrano gli ultimi arrivi che hanno fatto la differenza.
Quale quello riuscito peggio?
Eviterei bocciature premature. Però Alvarez all’Inter rischia di essere bollato come un bluff. Lo stesso Cissé nella Lazio sta facendo molto meno di quanto ci si aspettasse.
Qual è la squadra favorita a vincere il campionato 2011-2012? E perché?
Il Milan senza discussioni. E’ la squadra che ha cambiato meno, anzi ha puntellato adeguatamente la rosa, ed ha una struttura di gioco collaudata. Poi è proprio più forte sul piano tecnico. Napoli e Juventus arrivano dopo.
La sua posizione di esperto, pensa possa favorirla nelle scommesse?
Si e no. Indubbiamente quando si conoscono a fondo le squadre e i meccanismi delle scommesse è più facile vincere. Però a me accade una cosa strana: quando consiglio delle giocate indovino spesso, quando gioco in prima persona ci prendo molto meno. Comunque sia i risultati a sorpresa o quelli determinati da fattori imprevedibili (tipo espulsioni, errori arbitrali etc.) nemmeno il più grande esperto di scommesse può prevederli e deve affidarsi anche lui alla fortuna.
Quali sono le tre cose che un buon scommettitore dovrebbe sempre tenere in considerazione?
Giocare cifre corrette, distribuendole possibilmente su più eventi, meglio se con qualche correzione. Puntare ad accoppiare più eventi probabili invece di giocare tutto su risultati improbabili. Soprattutto scommettere per divertirsi, senza inseguire il mito dell’arricchimento facile. Per me la scommessa è innanzitutto un modo per godere ulteriormente dell’evento sportivo. Grazie alle giocate che facciamo siamo portati a seguire anche squadre che normalmente ignoriamo. Questo dà molto più sapore ad ogni evento sportivo.
"LO SPORT E L'EUROPA" di ANTONIO FELICI AI PREMI CONI 2011
Alcune immagini della premiazione de "Lo Sport e l'Europa" di Antonio Felici in occasione del concorso letterario indetto dal CONI. Nella stessa occasione sono stati assegnati anche i premi USSI-CONI che hanno visto, tra i vincitori prestigiosi colleghi quali Alessandro Vocalelli (direttore del Corriere dello Sport) e Gianni Mura (La Repubblica). Nella foto, assieme all'autore, il presidente del CONI Gianni Petrucci e Paola Pigni.
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Rassegna stampa libri di Antonio Felici
sabato 26 novembre 2011
Lazio, molte luci e qualche ombra
Pubblicato su www.paesesera.it il 24 novembre 2011
STAGIONE DI ALTO LIVELLO MA... Dopo il buon pareggio conseguito a Napoli e in vista del match-clou contro la Juventus si dovrebbero tessere solo lodi per la Lazio di Reja. La squadra è prima in classifica e sta conducendo una stagione di altissimo livello, decisamente superiore alle alternative. E’ vero che molti avversari diretti stanno ancora dormicchiando o faticano a risolvere problemi tecnici. Tuttavia, la striscia di risultati dei biancocelesti è obiettivamente ragguardevole. Nel calcio, però, se i risultati contano moltissimo, anche le prestazioni valgono qualcosa. E quella di Napoli non è stata straordinaria.
POCHE ALTERNATIVE Nel ripensare alla gara del San Paolo ho visto dimostrata una mia convinzione maturata nella scorsa estate e riemergere un vecchio difetto. Cominciamo dalla prima. Al termine del mercato, nel valutare in maniera decisamente positiva l’arrivo di due attaccanti di classe internazionale come Klose e Cissé, avevo anche sottolineato come la partenza di Zarate, giusta o sbagliata che fosse, privava la rosa di una valida alternativa per l’attacco. Con tutto il rispetto per Rocchi (che fa parte della storia della Lazio) e per Kozak (buon giocatore), è venuto a mancare quel terzo attaccante di rango, capace di mettere pressione ai titolari e, all’occorrenza, di strappare loro la maglia. D’altronde, non era difficile immaginare che, vista l’età dei due, ci sarebbe stato molto spazio per un terzo campione. La trasferta di Napoli ha dato una dimostrazione plastica di questa realtà. Assente Klose, con un Cissé che sta faticando a dimostrare il suo valore, l’attacco è parso spuntato, impalpabile. Fosse solo questo. Privo della necessaria forza in avanti, Reja si è intimorito ed ha impostato una partita tutta difensiva. Una gara che non ti aspetti da una prima della classe.
POCA PERSONALITA' La seconda questione richiama il tema della personalità. L’arrivo di Klose e Cissé, gente abituata alle grandi platee (soprattutto il tedesco), la squadra è parsa più spavalda. Dirò di più. Lo stesso tecnico, tradizionalmente prudente e attento prima di tutto alla fase difensiva, con quei due in campo ha preso coraggio e in più di una occasione ha osato più del solito. In molti, io compreso, l’anno scorso avevamo sottolineato una certa mancanza di personalità della Lazio che contro avversari di rango mostrava eccessivi timori, al punto da raccogliere meno di quanto meritasse. Soprattutto dopo l’ottima gara di S.Siro contro il Milan, la tendenza sembrava completamente invertita. A Napoli, invece, c’è stato un ritorno al passato. E’ come se l’assenza di Klose avesse tolto sicurezza alla squadra ma anche impaurito Reja, tornato alle vecchie eccessive prudenze. Insomma, il nuovo coraggio di Reja sembrerebbe esclusivamente legato alla presenza in campo di Klose, non un’evoluzione stabile e strutturale della Lazio. Una constatazione che delude.
E ORA LA JUVENTUS I due elementi appena analizzati non devono assolutamente mettere in discussione quello che di buono la Lazio ha fatto sinora. Tuttavia, se dovessero ripresentarsi con continuità sarebbe un problema. Soprattutto in occasione delle grandi sfide – e quella di sabato sera contro la Juventus lo è – la Lazio rischierebbe di tornare quella incerta e timorosa dello scorso anno. Col rischio di sprecare, magari nel finale di stagione, tutto il buono fatto per larga parte del campionato. In questo senso, Lazio-Juve rappresenta un test di grande interesse.
STAGIONE DI ALTO LIVELLO MA... Dopo il buon pareggio conseguito a Napoli e in vista del match-clou contro la Juventus si dovrebbero tessere solo lodi per la Lazio di Reja. La squadra è prima in classifica e sta conducendo una stagione di altissimo livello, decisamente superiore alle alternative. E’ vero che molti avversari diretti stanno ancora dormicchiando o faticano a risolvere problemi tecnici. Tuttavia, la striscia di risultati dei biancocelesti è obiettivamente ragguardevole. Nel calcio, però, se i risultati contano moltissimo, anche le prestazioni valgono qualcosa. E quella di Napoli non è stata straordinaria.
POCHE ALTERNATIVE Nel ripensare alla gara del San Paolo ho visto dimostrata una mia convinzione maturata nella scorsa estate e riemergere un vecchio difetto. Cominciamo dalla prima. Al termine del mercato, nel valutare in maniera decisamente positiva l’arrivo di due attaccanti di classe internazionale come Klose e Cissé, avevo anche sottolineato come la partenza di Zarate, giusta o sbagliata che fosse, privava la rosa di una valida alternativa per l’attacco. Con tutto il rispetto per Rocchi (che fa parte della storia della Lazio) e per Kozak (buon giocatore), è venuto a mancare quel terzo attaccante di rango, capace di mettere pressione ai titolari e, all’occorrenza, di strappare loro la maglia. D’altronde, non era difficile immaginare che, vista l’età dei due, ci sarebbe stato molto spazio per un terzo campione. La trasferta di Napoli ha dato una dimostrazione plastica di questa realtà. Assente Klose, con un Cissé che sta faticando a dimostrare il suo valore, l’attacco è parso spuntato, impalpabile. Fosse solo questo. Privo della necessaria forza in avanti, Reja si è intimorito ed ha impostato una partita tutta difensiva. Una gara che non ti aspetti da una prima della classe.
POCA PERSONALITA' La seconda questione richiama il tema della personalità. L’arrivo di Klose e Cissé, gente abituata alle grandi platee (soprattutto il tedesco), la squadra è parsa più spavalda. Dirò di più. Lo stesso tecnico, tradizionalmente prudente e attento prima di tutto alla fase difensiva, con quei due in campo ha preso coraggio e in più di una occasione ha osato più del solito. In molti, io compreso, l’anno scorso avevamo sottolineato una certa mancanza di personalità della Lazio che contro avversari di rango mostrava eccessivi timori, al punto da raccogliere meno di quanto meritasse. Soprattutto dopo l’ottima gara di S.Siro contro il Milan, la tendenza sembrava completamente invertita. A Napoli, invece, c’è stato un ritorno al passato. E’ come se l’assenza di Klose avesse tolto sicurezza alla squadra ma anche impaurito Reja, tornato alle vecchie eccessive prudenze. Insomma, il nuovo coraggio di Reja sembrerebbe esclusivamente legato alla presenza in campo di Klose, non un’evoluzione stabile e strutturale della Lazio. Una constatazione che delude.
E ORA LA JUVENTUS I due elementi appena analizzati non devono assolutamente mettere in discussione quello che di buono la Lazio ha fatto sinora. Tuttavia, se dovessero ripresentarsi con continuità sarebbe un problema. Soprattutto in occasione delle grandi sfide – e quella di sabato sera contro la Juventus lo è – la Lazio rischierebbe di tornare quella incerta e timorosa dello scorso anno. Col rischio di sprecare, magari nel finale di stagione, tutto il buono fatto per larga parte del campionato. In questo senso, Lazio-Juve rappresenta un test di grande interesse.
venerdì 25 novembre 2011
LE PAGINE NERE DEL CALCIO - SERATA JUVE 18.11.11
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Rassegna stampa libri di Antonio Felici
Pronostici Serie A, i consigli di Antonio Felici per sbancare
Pubblicato su www.calciomercato.it il 25 novembre 2011
Pablo Daniel Osvaldo, bomber della Roma (Getty Images)
PRONOSTICI SERIE A FELICI – Dopo i buoni risultati ottenuti nella scorsa tornata del massimo campionato italiano tornano i pronostici di Antonio Felici, corrispondente per l’Italia di France Football e vicedirettore di Betpress.it, settimanale telematico dedicato al mondo delle scommesse edito da Eurobet. Felici inoltre è autore di diverse pubblicazioni di tema calcistico e ricopre il ruolo di opinionista all’interno di diverse realtà radiotelevisive.
Di seguito i suoi consigli per il turno di Serie A
La giornata di serie A è dominata dallo scontro diretto tra le due capolista Lazio e Juventus. Considerandoche i bianconeri sono ancora imbattuti in trasferta e che la Lazio ha qualche difficoltà quando deveimporre il suo gioco all’Olimpico, il segno a mio avviso più probabile è l’ “X”. Ma i numeri dicono anchealtro. Sia la Lazio in casa che la Juve fuori segnano poco: appena un gol a partita di media. Dunque ilrisultato statisticamente più probabile è l’1-1. Chi non volesse azzardare tanto può rifugiarsi sul “Goal”e, ancor meglio, sull’ “Under”. Altra gara di grande interesse è Atalanta-Napoli. Non dovesse scontare la penalizzazione, l’Atalanta sarebbe quinta con quattro punti più del Napoli.
Inoltre in casa è imbattuta. D’altra parte, i partenopei potrebbero scontare ancora le tossine accumulate dopo l’impresa in Championscontro il Manchester City. Tutto considerato, non credendo in una nuova sconfitta del Napoli, ancheper questa gara opto per il pareggio con gol. Detto del Milan che credo non avrà problemi col Chievo edell’Inter che a Siena potrebbe piazzare il colpo esterno, molto interessante è Palermo-Fiorentina. I siciliani in casa hanno vinto sempre, la Fiorentina non ha mai vinto ma ora è nelle mani di Delio Rossi, uno che aPalermo ha lasciato il segno. Penso che Rossi possa fare punti. Anche qua dico “X” ma anche “Goal”.
Chiudo con Udinese-Roma, l’anticipo di stasera. L’Udinese non vive un momento felicissimo. Sembra unpo’ stanca dopo l’ottimo inizio. La Roma, invece, contro il Lecce a tratti ha giocato un calcio spettacolare. Igiallorossi mi sembrano favoriti, a dispetto di quanto dicano i numeri.
Udinese-Roma 2
Lazio-Juventus Under
Atalanta-Napoli X e/o Goal
Milan-Chievo 1
Siena-Inter 2
Palermo-Fiorentina X e/o Goal
Antonio Felici
www.antoniofelici.it
www.betpress.it
Pablo Daniel Osvaldo, bomber della Roma (Getty Images)
PRONOSTICI SERIE A FELICI – Dopo i buoni risultati ottenuti nella scorsa tornata del massimo campionato italiano tornano i pronostici di Antonio Felici, corrispondente per l’Italia di France Football e vicedirettore di Betpress.it, settimanale telematico dedicato al mondo delle scommesse edito da Eurobet. Felici inoltre è autore di diverse pubblicazioni di tema calcistico e ricopre il ruolo di opinionista all’interno di diverse realtà radiotelevisive.
Di seguito i suoi consigli per il turno di Serie A
La giornata di serie A è dominata dallo scontro diretto tra le due capolista Lazio e Juventus. Considerandoche i bianconeri sono ancora imbattuti in trasferta e che la Lazio ha qualche difficoltà quando deveimporre il suo gioco all’Olimpico, il segno a mio avviso più probabile è l’ “X”. Ma i numeri dicono anchealtro. Sia la Lazio in casa che la Juve fuori segnano poco: appena un gol a partita di media. Dunque ilrisultato statisticamente più probabile è l’1-1. Chi non volesse azzardare tanto può rifugiarsi sul “Goal”e, ancor meglio, sull’ “Under”. Altra gara di grande interesse è Atalanta-Napoli. Non dovesse scontare la penalizzazione, l’Atalanta sarebbe quinta con quattro punti più del Napoli.
Inoltre in casa è imbattuta. D’altra parte, i partenopei potrebbero scontare ancora le tossine accumulate dopo l’impresa in Championscontro il Manchester City. Tutto considerato, non credendo in una nuova sconfitta del Napoli, ancheper questa gara opto per il pareggio con gol. Detto del Milan che credo non avrà problemi col Chievo edell’Inter che a Siena potrebbe piazzare il colpo esterno, molto interessante è Palermo-Fiorentina. I siciliani in casa hanno vinto sempre, la Fiorentina non ha mai vinto ma ora è nelle mani di Delio Rossi, uno che aPalermo ha lasciato il segno. Penso che Rossi possa fare punti. Anche qua dico “X” ma anche “Goal”.
Chiudo con Udinese-Roma, l’anticipo di stasera. L’Udinese non vive un momento felicissimo. Sembra unpo’ stanca dopo l’ottimo inizio. La Roma, invece, contro il Lecce a tratti ha giocato un calcio spettacolare. Igiallorossi mi sembrano favoriti, a dispetto di quanto dicano i numeri.
Udinese-Roma 2
Lazio-Juventus Under
Atalanta-Napoli X e/o Goal
Milan-Chievo 1
Siena-Inter 2
Palermo-Fiorentina X e/o Goal
Antonio Felici
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ANTONIO FELICI AL TG1 - PEZZO DI FEDELE LA SORSA CHE MI INTERVISTA SUL CASO ALLEMANDI
Ecco il link. Il servizio è alla fine.
http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/edizioni/ContentSet-c33de60a-a1bf-4300-ac15-b69858f98313-tg1.html
http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/edizioni/ContentSet-c33de60a-a1bf-4300-ac15-b69858f98313-tg1.html
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Rassegna stampa libri di Antonio Felici
mercoledì 23 novembre 2011
INTERVISTA IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DE "LE PAGINE NERE DEL CALCIO" TRASMESSA DA RADIO CITTA' DI MARCELLO MICCI
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Rassegna stampa libri di Antonio Felici
ANTONIO FELICI AL TG1
Cari amici, il TG1 domani, nell'edizione delle 13,30, ospiterà una mia breve intervista nella quale parlo del mio libro "Le pagine nere del calcio" e rievoco l'episodio di Allemandi che costò al Torino lo scudetto del '28.
LONDON CALLING: LA STORIA DELL'ARSENAL
Cari amici, vi segnalo il nuovo bellissimo libro di Max Troiani sulla storia dell'Arsenal "London Calling". E' scritto con Luca Manes ed è arricchito dalla prefazione di Massimo Marianella.
Per maggiori informazioni, ecco il link: http://londoncallingbook.blogspot.com/
Per maggiori informazioni, ecco il link: http://londoncallingbook.blogspot.com/
SPECIALE SUL CALCIO RUSSO USCITO SU FRANCE FOOTBALL 2
SPECIALE CALCIO RUSSO USCITO SU FRANCE FOOTBALL
PARMA: LA FORZA DEI GIOVANI
"LE PAGINE NERE DEL CALCIO" - RASSEGNA STAMPA 23 NOVEMBRE 2011 CURATA DA AGIPRO
Rassegna stampa
Conferenza stampa di presentazione del libro
“Le pagine nere del calcio”
Di Antonio Felici
Futbolclub 22 – 23 novembre 2011
a cura di: Agipro
AGENZIE
LIBRI:'LE PAGINE NERE DEL CALCIO', 85 ANNI DI SCANDALI
(ANSA) - ROMA, 22 NOV - Un viaggio lungo 85 anni che attraversa i grandi scandali che hanno macchiato il campo da gioco. ''Le pagine nere del calcio'' (Iacobelli Editore, 16 euro) scritto dal giornalista Antonio Felici, racconta il fitto intreccio tra pallone, potere e finanza, attraverso gli episodi oscuri che hanno funestato lo sport piu' amato dagli italiani. Dal ''caso Allemandi'' e la revoca dello scudetto vinto dal Torino nel 1926-27 sino al processo penale di Napoli e alle Calcioscommesse del 2011. Gare truccate, scommesse illecite, alterazione dei risultati, doping, le
''strane'' morti e gli episodi di violenza: Felici, senza la comodita' di nasconderli, riporta tutti gli scandali che hanno macchiato il calcio tradendo la fiducia di tanti tifosi e appassionati. ''Ho scritto questo libro perche' il nostro sport e' molto esposto a queste situazioni brutte e l'unico modo per
salvarlo e' vigilare che si mantenga sano. Se il calcio si sgonfia, se il pallone scoppia, non avremo piu' belle storie da raccontare, sara' finita per tutti'' ha spiegato l'autore nel corso della presentazione presso il Futbolclub di Roma. Un libro attuale, ma che andrebbe gia' aggiornato con le sentenze del processo di Napoli e dalle ormai famose sospensioni dei condannati al processo di Calciopoli adottate dalla Federcalcio. ''L'articolo 22 delle Noif, e' una norma che cozza con la
Costituzione e che non va a vedere tante situazioni. Se quella norma fosse esistita negli anni '80 Paolo Rossi sarebbe mai diventato cannoniere dei mondiali? Chi e' in grado di tutelare dal proprio interno quello che accade nella giustizia sportiva?'' chiede l'ex arbitro Massimo De Santis, condannato per Calciopoli e presente all'evento. (ANSA). Y92 22-NOV-11 20:10 NNNN
CALCIOPOLI: DE SANTIS, HA DISTRUTTO LA VITA DELLE PERSONE COINVOLTE
'SE L'ART. 22 BIS NOIF CI FOSSE STATO ANCHE PRIMA, ROSSI NON AVREBBE VINTO MONDIALE'
Roma, 22 nov. - (Adnkronos) - "Quello di calciopoli e' stato un processo che ha distrutto la vita delle persone coinvolte. Nessuno potra' restituirci quello che ci e' stato tolto. Non credo che sia giusto che la sentenza del tribunale ordinario combaci con quella della giustizia sportiva". Lo ha detto l'ex arbitro Massimo De Santis, condannato all'inibizione nel 2006 a 4 anni per il coinvolgimento della vicenda di Calciopoli e condannato in primo grado dal Tribunale di Napoli l'8
novembre scorso, nel corso della conferenza stampa di presentazione del libro "Le pagine nere del calcio - Tutti gli scandali minuto per minuto" di Antonio Felici, edito da Jacovelli. Secondo l'articolo 22 bis delle Noif (Norme Organizzative Interne Federali della Figc) che riguarda la sospensione dei dirigenti, l'ex arbitro, ora direttore generale del Palestrina, non puo' svolgere attivita' e non puo'
essere tesserato. "Se l'articolo 22 bis delle Noif ci fosse stato anche prima, Paolo Rossi (coinvolto nello scandalo scommesse del 1979, ndr) non avrebbe vinto un Mondiale, non sarebbe stato il campione che e' stato. Sembra che si faccia di tutto per isolare dal mondo del calcio le persone coinvolte nella vicenda di Calciopoli", ha concluso De Santis. (Cfa/Zn/Adnkronos) 22-NOV-11 15:05
NNN
CALCIO: 85 ANNI DI SCANDALI NEL MONDO DEL PALLONE NEL LIBRO DI FELICI
Roma, 22 nov. - (Adnkronos) - "Questo non e' un libro di condanna, ma un atto d'amore, un grido di dolore. Vorrei tornare a raccontare il bello del calcio. E credo che l'unico modo per farlo sia affrontare i problemi". Sono le parole del giornalista Antonio Felici, alla conferenza stampa di presentazione del suo libro "Le pagine nere del calcio - Tutti gli scandali minuto per minuto" edito da Jacovelli. Il libro ripercorre 85 anni di episodi oscuri, a partire dalla revoca dello scudetto vinto
dal Torino nel 1926-27, noto con il nome di "scandalo Allemandi", fino al Calcio scommesse 2011. "Ho scritto questo libro perche' mi sono accorto che il calcio e' molto spesso esposto a situazioni bruttissime, a scandali che non dovrebbero toccare questo sport meraviglioso. Ho tentennato, perche' essere giornalista sportivo per me significava raccontare il gioco, non certo le vicende negative legate ad esso. Ma ho capito che l'unico modo per mantenere sano questo sport e' vigilare. In caso contrario finiremmo per non avere piu' niente di bello da raccontare". "Questo e'
un libro che Antonio non avrebbe mai voluto scrivere -ha affermato il giornalista Paolo Franci, moderatore dell'incontro- il racconto degli eventi negativi del mondo del calcio, dal doping, alle gare truccate, alle scommesse illecite, fino ad arrivare alle troppe morti allo stadio, si e' fermato poco prima dell'ultima sentenza di Napoli per Calciopoli. Probabilmente Antonio dovra' scrivere una seconda parte, per completare l'opera. Sperando poi di poter tornare a raccontare gli aspetti
positivi del calcio". (segue) (Cfa/Opr/Adnkronos) 22-NOV-11 15:17 NNN
CALCIO: 85 ANNI DI SCANDALI NEL MONDO DEL PALLONE NEL LIBRO DI FELICI (2)
(Adnkronos) - "Le vicende di calcio-scommesse o i problemi di doping legati allo sport non sono irreversibili. La morte, invece, lo e'. E accettare che ci possano essere delle persone che perdono la vita allo stadio, o per problemi di doping, e' durissima. Io, per esempio, non mi sono mai ripreso dopo la tragedia dell'HeyseI. Penso anche a Paparelli, a Sandri, a Raciti, e a tutte le vittime del
morbo di Gehrig, come numerosi giocatori della Fiorentina degli anni 70. I morti sono un pugno nello stomaco. E se per i problemi legati alla violenza si puo' intervenire, come hanno fatto in altri paesi, il doping e' sfuggente ed e' molto piu' difficile da controllare", ha detto Felici. Presente alla conferenza stampa anche il presidente della Lega Serie B Andrea Abodi e il presidente della Federazione italiana golf Franco Chimenti. "C'e' molta preoccupazione per quello che succedera' da adesso in poi. Nel calcio ci sono pagine nere, ma anche tante pagine bianche. Bisogna cercare di cancellare tutto il nero", ha detto Abodi. (Cfa/Opr/Adnkronos) 22-NOV-11 15:18 NNN
CALCIOPOLI: CHIMENTI, FELICE DI NON ESSERE AL POSTO DI PETRUCCI
Roma, 22 nov. - (Adnkronos) - "Sono molto felice di essere attualmente alla guida della
federazione italiana golf. E viste le ultime vicende, sono contento di non aver preso il posto di
Gianni Petrucci come presidente del Coni". Sono le parole del presidente della Federazione italiana
golf, Franco Chimenti, su calciopoli, nel corso della conferenza stampa di presentazione del libro
"Le pagine nere del calcio - Tutti gli scandali minuto per minuto" di Antonio Felici, edito da
Jacovelli. Franco Chimenti nel 2009 perse le elezioni per la presidenza del Coni. "Sono stato
presidente della Lazio in un momento difficile. Credo che, come anche e' stato per De Santis, che
conosco molto bene, si tratti di sfortuna, sfortuna di trovarsi in certe situazioni. Non avrei mai
immaginato che De Santis potesse finire coinvolto in una vicenda come questa. Ma credo che le
persone per bene vengano sempre ricompensate. A me e' successo con il golf", ha concluso.
(Cfa/Opr/Adnkronos) 22-NOV-11 15:27 NNN
NOTIZIE FLASH: 2/A EDIZIONE - LO SPORT (6)
Roma. "Quello di calciopoli e' stato un processo che ha distrutto la vita delle persone coinvolte.
Nessuno potra' restituirci quello che ci e' stato tolto. Non credo che sia giusto che la sentenza del
tribunale ordinario combaci con quella della giustizia sportiva". Lo ha detto l'ex arbitro Massimo
De Santis, condannato all'inibizione nel 2006 a 4 anni per il coinvolgimento della vicenda di
Calciopoli e condannato in primo grado dal Tribunale di Napoli l'8 novembre scorso, nel corso della
conferenza stampa di presentazione del libro "Le pagine nere del calcio - Tutti gli scandali minuto
per minuto" di Antonio Felici, edito da Jacovelli. Secondo l'articolo 22 bis delle Noif (Norme
Organizzative Interne Federali della Figc) che riguarda la sospensione dei dirigenti, l'ex arbitro, ora
direttore generale del Palestrina, non puo' svolgere attivita' e non puo' essere tesserato. "Se
l'articolo 22 bis delle Noif ci fosse stato anche prima, Paolo Rossi (coinvolto nello scandalo
scommesse del 1979, ndr) non avrebbe vinto un Mondiale, non sarebbe stato il campione che e'
stato. Sembra che si faccia di tutto per isolare dal mondo del calcio le persone coinvolte nella
vicenda di Calciopoli", ha concluso De Santis. (segue) (Red-Spr/Zn/Adnkronos) 22-NOV-11 16:23
NNN
NOTIZIE FLASH: 2/A EDIZIONE - LO SPORT (7)
Roma. "Sono molto felice di essere attualmente alla guida della federazione italiana golf. E viste le
ultime vicende, sono contento di non aver preso il posto di Gianni Petrucci come presidente del
Coni". Sono le parole del presidente della Federazione italiana golf, Franco Chimenti, su calciopoli,
nel corso della conferenza stampa di presentazione del libro "Le pagine nere del calcio - Tutti gli
scandali minuto per minuto" di Antonio Felici, edito da Jacovelli.Franco Chimenti nel 2009 perse le
elezioni per la presidenza del Coni. "Sono stato presidente della Lazio in un momento difficile.
Credo che, come anche e' stato per De Santis, che conosco molto bene, si tratti di sfortuna,
sfortuna di trovarsi in certe situazioni. Non avrei mai immaginato che De Santis potesse finire
coinvolto in una vicenda come questa. Ma credo che le persone per bene vengano sempre
ricompensate. A me e' successo con il golf", ha concluso. (segue) (Red-Spr/Zn/Adnkronos) 22-NOV-
11 16:23 NNN
Quotidiano Rornr.
CORRIERE DELLO SPORT
ROMA Dallo scandalo Allemandi, che portò allarevoca
dello scudetto del Torino nel 19.47,alèalcioscommesse
del 2011. Passando per tutti gli scari'dàli (ma anche.
1e violenze) che hanno segn;lto il mondo del calcio.
Le pagine nere del caldo - presentato ieri al Futbol
. club - scritto da Antonio Felici parla di tùtto questo e
molto di più: dai sospetti di Italia-Camerun al Mondiali
del 1982 a Càlciopolì.
TUTTOSPORT
23 novembre 2011
pag, 7
Il libro sulle pagine nere
ROMA, (a ,mo,) "Le pagine
nere del calcio" sono molte dì
più delle 317 presentate ieri
davanti a Massi.ìno De Santis
e al presidente della B,
Alrodi al club Futbol dì R0ma,
Antonio Felici ha pubblicato
per Iacobelli Editore
questo volume che sunteggia
, scandali del calcio italiano
dalla vlceIlda Alemanru (e
lo scudetto conteso del 1927),
passando per le varie Sco;mmessopoli,
fino alla vigilia
della sentenza dell'8 novembre,
"Con il pugno nellò stomaco
- dìce Felici - dei morti:
l'Heysel, la SIa». Ampio lo.
spazìo dedicato a Calciopoli,
mibimo quello di Calciopoli
bis, ~é un libro su «tutti
gli scandali minuto per minuw>,
necessiterà dì continui
aggiornamenti.
METRO
Calcio "nero"
LIBRI Il calcio che purtroppo
abbiamo conosciuto
e che mai avremmo
voluto fosse, nel libro
"Le pagine nere del
calcio, tutti gli scandali
minuto per minuto" (16
euro, lacobellì editore)
sCÌittò dal giornalista
Antonio Felici e presentato
ielial Futbolclub.
Uno spaccato dettagliato,
crudo e realistico del
lato oscuro del nostro
sport nazionale.
IL GIORNALE
Scommesse, scandali, doping, violenze. Ecco il libro nero del calcio italiano
Presentato a Roma «Le pagine nere del calcio», volume scritto dal giornalista Antonio Felici, che ha
raccolto quasi un secolo di lati oscuri del pallone. Il primo fu Allemandi, che nel 1927, da terzino
della Juve, si vendette il derby al Torino.
E poi Moggiopoli, i tanti calcioscommesse e la scia di morti provocati da farmaci e violenze
Calciopoli non è nata certo nel nuovo millennio. Sin da quando è nato il calcio nel nostro Paese ha
convissuto con scandali, sospetti, truffe, sospetti, violenze. Un secolo di lati oscuri del gioco più
bello del mondo che il giornalista Antonio Felici racconta nel libro «Le pagine nere del calcio. Tutti
gli scandali minuto per minuto» (edizioni Iacobelli, pagine 320, euro 16), presentato oggi a Roma. Il
volume ripercorre tutti i momenti in cui il pallone si è sporcato di fango, a partire dal primo
scandalo, quello che portò alla revoca dello scudetto 1926-27 vinto sul campo dal Torino.
Protagonista fu il terzino della Juventus Luigi Allemandi, accusato di avere intascato sostanziose
mazzette per favorire la vittoria granata nel derby della Mole. Ci sono poi il calcioscommesse del
1980, quello che costò tra l'altro la retrocessione in serie B a Milan e Lazio; i sospetti di corruzione
nella partita Italia-Camerun ai mondiali 1982, che consentì agli azzurri di passare il turno e iniziare
la cavalcata verso il titolo iridato; il Totonero-bis del 1986; i sospetti sullo scudetto 1988, perso in
modo rocambolesco dal Napoli si disse per scongiurare una superperdita di chi gestiva il Totonero;
infine il calcioscommesse 2011. E calciopoli, lo scandalo che fece tremare nel 2006 le fondamenta
del calcio italiano e che rappresenta una ferita non ancora rimarginata, come dimostrano le
polemiche attuali? Gli è dedicato il secondo capitolo, il più corposo del volume, intitolato
«Moggiopoli».
Ma non di sola corruzione si parla nel libro di Felici. Ci sono anche capitoli dedicati ad altre ombre,
come il doping, sia quello «selvaggio» praticato negli anni Settanta e Ottanta al quale si attribuisce
una scia di calciatori morti (tra gli altri Beatrice, Rognoni, Lombardi e Signorini), sia quello più
evoluto denunciato da Zdenek Zeman, allora allenatore della Roma, in un'intervista del 1998
all'Espresso. E poi c'è la pagina degli scandali amministrativi ed economici, e quella delle violenze
che hanno costellato di croci decenni di calcio.
«Questo - spiega Felici - non è un libro di condanna, ma un atto d'amore, un grido di dolore. Vorrei
tornare a raccontare il bello del calcio. E credo che l'unico modo per farlo sia affrontare i problemi.
Ho scritto questo libro perch´ mi sono accorto che il calcio è molto spesso esposto a situazioni
bruttissime, a scandali che non dovrebbero toccare questo sport meraviglioso. Ho tentennato,
perch´ essere giornalista sportivo per me significava raccontare il gioco, non certo le vicende
negative legate ad esso. Ma ho capito che l'unico modo per mantenere sano questo sport è
vigilare. In caso contrario finiremmo per non avere più niente di bello da raccontare».
«Questo è un libro che Antonio non avrebbe mai voluto scrivere - precisa Paolo Franci, giornalista
e moderatore dell'incontro - il racconto degli eventi negativi del mondo del calcio, dal doping, alle
gare truccate, alle scommesse illecite, fino ad arrivare alle troppe morti allo stadio, si è fermato
poco prima dell'ultima sentenza di Napoli per Calciopoli. Probabilmente Antonio dovrà scrivere
una seconda parte, per completare l'opera. Sperando poi di poter tornare a raccontare gli aspetti
positivi del calcio».
Alla conferenza stampa erano presenti tra gli altri il presidente della Lega Serie B Andrea Abodi e il
presidente della Federazione italiana golf Franco Chimenti. «C'è molta preoccupazione per quello
che succederà da adesso in poi. Nel calcio ci sono pagine nere, ma anche tante pagine bianche.
Bisogna cercare di cancellare tutto il nero», ha detto Abodi.
CALCIOMERCATO.IT
Calciopoli, esclusivo Felici: “Sentenza Napoli importanza fondamentale”
CALCIOPOLI FELICI / ROMA – Antonio Felici, corrispondente italiano del periodico transalpino
‘France Football’ e noto scrittore, ha voluto commentare per Calciomercato.it le sentenze di
Calciopoli, comunicate proprio qualche giorno dopo l’uscita del suo ultimo libro ‘Le pagine nere
del Calcio, tutti gli scandali minuto per minuto (Iacobelli editore)’.
“Premetto che non provo alcuna soddisfazione per la condanna penale di certi personaggi. Hanno
rappresentato e rappresentano pezzi importanti del calcio italiano e il fatto che un tribunale li
abbia considerati colpevoli rappresenta una ferita grave per il nostro movimento. Tuttavia, la
sentenza di Napoli ha un’importanza fondamentale perché in sostanza conferma, con tempi e
modi differenti, le decisioni prese a suo tempo dalla giustizia sportiva. Ad oggi, la verità
processuale dice che è esistito un gruppo di potere nel nostro calcio che ha pesantemente
condizionato i campionati di serie A, orientandone in maniera fraudolenta gli esiti sportivi.
Condivido le critiche di chi sostiene che, a conti fatti, non tutti i protagonisti della sporca vicenda
siano stati puniti (vedi l’Inter). Intanto, però, sappiamo che gran parte di loro sono stati individuati
e puniti. Questo dà sostegno a un mio vecchio desiderio: che chi si è reso protagonista di certi
comportamenti venga emarginato dal nostro calcio, che venga eretto un cordone sanitario che
faccia sì che certe truffe non si ripetano mai più. Un’ultima riflessione la dedico ad Andrea Agnelli.
Questa sentenza è un colpo mortale alla sua strategia. Sappiamo tutti che in caso di assoluzione di
Moggi lui e i suoi avvocati l’avrebbero cavalcata per sostenere la tesi che la Juventus non ha fatto
nulla per meritare la revoca dei titoli conquistati. Ora ci fa sapere che la Juve con Moggi non
c’entra niente. Così non va. Continui pure a pretendere, com’è giusto, pari trattamento e che
anche altri (vedi sempre l’Inter) vengano processati e puniti. Ma dimentichi per sempre quei due
titoli maledetti. Campionati che andrebbero buttati nella pattumiera e non cuciti sul petto come
ha fatto qualcuno.
BLITZ QUOTIDIANO
Libro Antonio Felici: "Le pagine nere del calcio, 85 anni di scandali"
ROMA – Un viaggio lungo 85 anni che attraversa i grandi scandali che hanno macchiato il campo
da gioco.
''Le pagine nere del calcio'' (Iacobelli Editore, 16 euro) scritto dal giornalista Antonio Felici,
racconta il fitto intreccio tra pallone, potere e finanza, attraverso gli episodi oscuri che hanno
funestato lo sport piu' amato dagli italiani.
Dal ''caso Allemandi'' e la revoca dello scudetto vinto dal Torino nel 1926-27 sino al processo
penale di Napoli e alle Calcioscommesse del 2011. Gare truccate, scommesse illecite, alterazione
dei risultati, doping, le ''strane'' morti e gli episodi di violenza: Felici, senza la comodita' di
nasconderli, riporta tutti gli scandali che hanno macchiato il calcio tradendo la fiducia di tanti tifosi
e appassionati.
''Ho scritto questo libro perche' il nostro sport e' molto esposto a queste situazioni brutte e l'unico
modo per salvarlo e' vigilare che si mantenga sano. Se il calcio si sgonfia, se il pallone scoppia, non
avremo piu' belle storie da raccontare, sara' finita per tutti'' ha spiegato l'autore nel corso della
presentazione presso il Futbolclub di Roma. Un libro attuale, ma che andrebbe gia' aggiornato con
le sentenze del processo di Napoli e dalle ormai famose sospensioni dei condannati al processo di
Calciopoli adottate dalla Federcalcio.
''L'articolo 22 delle Noif, e' una norma che cozza con la Costituzione e che non va a vedere tante
situazioni. Se quella norma fosse esistita negli anni '80 Paolo Rossi sarebbe mai diventato
cannoniere dei mondiali? Chi e' in grado di tutelare dal proprio interno quello che accade nella
giustizia sportiva?'' chiede l'ex arbitro Massimo De Santis, condannato per Calciopoli e presente
all'evento.
Conferenza stampa di presentazione del libro
“Le pagine nere del calcio”
Di Antonio Felici
Futbolclub 22 – 23 novembre 2011
a cura di: Agipro
AGENZIE
LIBRI:'LE PAGINE NERE DEL CALCIO', 85 ANNI DI SCANDALI
(ANSA) - ROMA, 22 NOV - Un viaggio lungo 85 anni che attraversa i grandi scandali che hanno macchiato il campo da gioco. ''Le pagine nere del calcio'' (Iacobelli Editore, 16 euro) scritto dal giornalista Antonio Felici, racconta il fitto intreccio tra pallone, potere e finanza, attraverso gli episodi oscuri che hanno funestato lo sport piu' amato dagli italiani. Dal ''caso Allemandi'' e la revoca dello scudetto vinto dal Torino nel 1926-27 sino al processo penale di Napoli e alle Calcioscommesse del 2011. Gare truccate, scommesse illecite, alterazione dei risultati, doping, le
''strane'' morti e gli episodi di violenza: Felici, senza la comodita' di nasconderli, riporta tutti gli scandali che hanno macchiato il calcio tradendo la fiducia di tanti tifosi e appassionati. ''Ho scritto questo libro perche' il nostro sport e' molto esposto a queste situazioni brutte e l'unico modo per
salvarlo e' vigilare che si mantenga sano. Se il calcio si sgonfia, se il pallone scoppia, non avremo piu' belle storie da raccontare, sara' finita per tutti'' ha spiegato l'autore nel corso della presentazione presso il Futbolclub di Roma. Un libro attuale, ma che andrebbe gia' aggiornato con le sentenze del processo di Napoli e dalle ormai famose sospensioni dei condannati al processo di Calciopoli adottate dalla Federcalcio. ''L'articolo 22 delle Noif, e' una norma che cozza con la
Costituzione e che non va a vedere tante situazioni. Se quella norma fosse esistita negli anni '80 Paolo Rossi sarebbe mai diventato cannoniere dei mondiali? Chi e' in grado di tutelare dal proprio interno quello che accade nella giustizia sportiva?'' chiede l'ex arbitro Massimo De Santis, condannato per Calciopoli e presente all'evento. (ANSA). Y92 22-NOV-11 20:10 NNNN
CALCIOPOLI: DE SANTIS, HA DISTRUTTO LA VITA DELLE PERSONE COINVOLTE
'SE L'ART. 22 BIS NOIF CI FOSSE STATO ANCHE PRIMA, ROSSI NON AVREBBE VINTO MONDIALE'
Roma, 22 nov. - (Adnkronos) - "Quello di calciopoli e' stato un processo che ha distrutto la vita delle persone coinvolte. Nessuno potra' restituirci quello che ci e' stato tolto. Non credo che sia giusto che la sentenza del tribunale ordinario combaci con quella della giustizia sportiva". Lo ha detto l'ex arbitro Massimo De Santis, condannato all'inibizione nel 2006 a 4 anni per il coinvolgimento della vicenda di Calciopoli e condannato in primo grado dal Tribunale di Napoli l'8
novembre scorso, nel corso della conferenza stampa di presentazione del libro "Le pagine nere del calcio - Tutti gli scandali minuto per minuto" di Antonio Felici, edito da Jacovelli. Secondo l'articolo 22 bis delle Noif (Norme Organizzative Interne Federali della Figc) che riguarda la sospensione dei dirigenti, l'ex arbitro, ora direttore generale del Palestrina, non puo' svolgere attivita' e non puo'
essere tesserato. "Se l'articolo 22 bis delle Noif ci fosse stato anche prima, Paolo Rossi (coinvolto nello scandalo scommesse del 1979, ndr) non avrebbe vinto un Mondiale, non sarebbe stato il campione che e' stato. Sembra che si faccia di tutto per isolare dal mondo del calcio le persone coinvolte nella vicenda di Calciopoli", ha concluso De Santis. (Cfa/Zn/Adnkronos) 22-NOV-11 15:05
NNN
CALCIO: 85 ANNI DI SCANDALI NEL MONDO DEL PALLONE NEL LIBRO DI FELICI
Roma, 22 nov. - (Adnkronos) - "Questo non e' un libro di condanna, ma un atto d'amore, un grido di dolore. Vorrei tornare a raccontare il bello del calcio. E credo che l'unico modo per farlo sia affrontare i problemi". Sono le parole del giornalista Antonio Felici, alla conferenza stampa di presentazione del suo libro "Le pagine nere del calcio - Tutti gli scandali minuto per minuto" edito da Jacovelli. Il libro ripercorre 85 anni di episodi oscuri, a partire dalla revoca dello scudetto vinto
dal Torino nel 1926-27, noto con il nome di "scandalo Allemandi", fino al Calcio scommesse 2011. "Ho scritto questo libro perche' mi sono accorto che il calcio e' molto spesso esposto a situazioni bruttissime, a scandali che non dovrebbero toccare questo sport meraviglioso. Ho tentennato, perche' essere giornalista sportivo per me significava raccontare il gioco, non certo le vicende negative legate ad esso. Ma ho capito che l'unico modo per mantenere sano questo sport e' vigilare. In caso contrario finiremmo per non avere piu' niente di bello da raccontare". "Questo e'
un libro che Antonio non avrebbe mai voluto scrivere -ha affermato il giornalista Paolo Franci, moderatore dell'incontro- il racconto degli eventi negativi del mondo del calcio, dal doping, alle gare truccate, alle scommesse illecite, fino ad arrivare alle troppe morti allo stadio, si e' fermato poco prima dell'ultima sentenza di Napoli per Calciopoli. Probabilmente Antonio dovra' scrivere una seconda parte, per completare l'opera. Sperando poi di poter tornare a raccontare gli aspetti
positivi del calcio". (segue) (Cfa/Opr/Adnkronos) 22-NOV-11 15:17 NNN
CALCIO: 85 ANNI DI SCANDALI NEL MONDO DEL PALLONE NEL LIBRO DI FELICI (2)
(Adnkronos) - "Le vicende di calcio-scommesse o i problemi di doping legati allo sport non sono irreversibili. La morte, invece, lo e'. E accettare che ci possano essere delle persone che perdono la vita allo stadio, o per problemi di doping, e' durissima. Io, per esempio, non mi sono mai ripreso dopo la tragedia dell'HeyseI. Penso anche a Paparelli, a Sandri, a Raciti, e a tutte le vittime del
morbo di Gehrig, come numerosi giocatori della Fiorentina degli anni 70. I morti sono un pugno nello stomaco. E se per i problemi legati alla violenza si puo' intervenire, come hanno fatto in altri paesi, il doping e' sfuggente ed e' molto piu' difficile da controllare", ha detto Felici. Presente alla conferenza stampa anche il presidente della Lega Serie B Andrea Abodi e il presidente della Federazione italiana golf Franco Chimenti. "C'e' molta preoccupazione per quello che succedera' da adesso in poi. Nel calcio ci sono pagine nere, ma anche tante pagine bianche. Bisogna cercare di cancellare tutto il nero", ha detto Abodi. (Cfa/Opr/Adnkronos) 22-NOV-11 15:18 NNN
CALCIOPOLI: CHIMENTI, FELICE DI NON ESSERE AL POSTO DI PETRUCCI
Roma, 22 nov. - (Adnkronos) - "Sono molto felice di essere attualmente alla guida della
federazione italiana golf. E viste le ultime vicende, sono contento di non aver preso il posto di
Gianni Petrucci come presidente del Coni". Sono le parole del presidente della Federazione italiana
golf, Franco Chimenti, su calciopoli, nel corso della conferenza stampa di presentazione del libro
"Le pagine nere del calcio - Tutti gli scandali minuto per minuto" di Antonio Felici, edito da
Jacovelli. Franco Chimenti nel 2009 perse le elezioni per la presidenza del Coni. "Sono stato
presidente della Lazio in un momento difficile. Credo che, come anche e' stato per De Santis, che
conosco molto bene, si tratti di sfortuna, sfortuna di trovarsi in certe situazioni. Non avrei mai
immaginato che De Santis potesse finire coinvolto in una vicenda come questa. Ma credo che le
persone per bene vengano sempre ricompensate. A me e' successo con il golf", ha concluso.
(Cfa/Opr/Adnkronos) 22-NOV-11 15:27 NNN
NOTIZIE FLASH: 2/A EDIZIONE - LO SPORT (6)
Roma. "Quello di calciopoli e' stato un processo che ha distrutto la vita delle persone coinvolte.
Nessuno potra' restituirci quello che ci e' stato tolto. Non credo che sia giusto che la sentenza del
tribunale ordinario combaci con quella della giustizia sportiva". Lo ha detto l'ex arbitro Massimo
De Santis, condannato all'inibizione nel 2006 a 4 anni per il coinvolgimento della vicenda di
Calciopoli e condannato in primo grado dal Tribunale di Napoli l'8 novembre scorso, nel corso della
conferenza stampa di presentazione del libro "Le pagine nere del calcio - Tutti gli scandali minuto
per minuto" di Antonio Felici, edito da Jacovelli. Secondo l'articolo 22 bis delle Noif (Norme
Organizzative Interne Federali della Figc) che riguarda la sospensione dei dirigenti, l'ex arbitro, ora
direttore generale del Palestrina, non puo' svolgere attivita' e non puo' essere tesserato. "Se
l'articolo 22 bis delle Noif ci fosse stato anche prima, Paolo Rossi (coinvolto nello scandalo
scommesse del 1979, ndr) non avrebbe vinto un Mondiale, non sarebbe stato il campione che e'
stato. Sembra che si faccia di tutto per isolare dal mondo del calcio le persone coinvolte nella
vicenda di Calciopoli", ha concluso De Santis. (segue) (Red-Spr/Zn/Adnkronos) 22-NOV-11 16:23
NNN
NOTIZIE FLASH: 2/A EDIZIONE - LO SPORT (7)
Roma. "Sono molto felice di essere attualmente alla guida della federazione italiana golf. E viste le
ultime vicende, sono contento di non aver preso il posto di Gianni Petrucci come presidente del
Coni". Sono le parole del presidente della Federazione italiana golf, Franco Chimenti, su calciopoli,
nel corso della conferenza stampa di presentazione del libro "Le pagine nere del calcio - Tutti gli
scandali minuto per minuto" di Antonio Felici, edito da Jacovelli.Franco Chimenti nel 2009 perse le
elezioni per la presidenza del Coni. "Sono stato presidente della Lazio in un momento difficile.
Credo che, come anche e' stato per De Santis, che conosco molto bene, si tratti di sfortuna,
sfortuna di trovarsi in certe situazioni. Non avrei mai immaginato che De Santis potesse finire
coinvolto in una vicenda come questa. Ma credo che le persone per bene vengano sempre
ricompensate. A me e' successo con il golf", ha concluso. (segue) (Red-Spr/Zn/Adnkronos) 22-NOV-
11 16:23 NNN
Quotidiano Rornr.
CORRIERE DELLO SPORT
ROMA Dallo scandalo Allemandi, che portò allarevoca
dello scudetto del Torino nel 19.47,alèalcioscommesse
del 2011. Passando per tutti gli scari'dàli (ma anche.
1e violenze) che hanno segn;lto il mondo del calcio.
Le pagine nere del caldo - presentato ieri al Futbol
. club - scritto da Antonio Felici parla di tùtto questo e
molto di più: dai sospetti di Italia-Camerun al Mondiali
del 1982 a Càlciopolì.
TUTTOSPORT
23 novembre 2011
pag, 7
Il libro sulle pagine nere
ROMA, (a ,mo,) "Le pagine
nere del calcio" sono molte dì
più delle 317 presentate ieri
davanti a Massi.ìno De Santis
e al presidente della B,
Alrodi al club Futbol dì R0ma,
Antonio Felici ha pubblicato
per Iacobelli Editore
questo volume che sunteggia
, scandali del calcio italiano
dalla vlceIlda Alemanru (e
lo scudetto conteso del 1927),
passando per le varie Sco;mmessopoli,
fino alla vigilia
della sentenza dell'8 novembre,
"Con il pugno nellò stomaco
- dìce Felici - dei morti:
l'Heysel, la SIa». Ampio lo.
spazìo dedicato a Calciopoli,
mibimo quello di Calciopoli
bis, ~é un libro su «tutti
gli scandali minuto per minuw>,
necessiterà dì continui
aggiornamenti.
METRO
Calcio "nero"
LIBRI Il calcio che purtroppo
abbiamo conosciuto
e che mai avremmo
voluto fosse, nel libro
"Le pagine nere del
calcio, tutti gli scandali
minuto per minuto" (16
euro, lacobellì editore)
sCÌittò dal giornalista
Antonio Felici e presentato
ielial Futbolclub.
Uno spaccato dettagliato,
crudo e realistico del
lato oscuro del nostro
sport nazionale.
IL GIORNALE
Scommesse, scandali, doping, violenze. Ecco il libro nero del calcio italiano
Presentato a Roma «Le pagine nere del calcio», volume scritto dal giornalista Antonio Felici, che ha
raccolto quasi un secolo di lati oscuri del pallone. Il primo fu Allemandi, che nel 1927, da terzino
della Juve, si vendette il derby al Torino.
E poi Moggiopoli, i tanti calcioscommesse e la scia di morti provocati da farmaci e violenze
Calciopoli non è nata certo nel nuovo millennio. Sin da quando è nato il calcio nel nostro Paese ha
convissuto con scandali, sospetti, truffe, sospetti, violenze. Un secolo di lati oscuri del gioco più
bello del mondo che il giornalista Antonio Felici racconta nel libro «Le pagine nere del calcio. Tutti
gli scandali minuto per minuto» (edizioni Iacobelli, pagine 320, euro 16), presentato oggi a Roma. Il
volume ripercorre tutti i momenti in cui il pallone si è sporcato di fango, a partire dal primo
scandalo, quello che portò alla revoca dello scudetto 1926-27 vinto sul campo dal Torino.
Protagonista fu il terzino della Juventus Luigi Allemandi, accusato di avere intascato sostanziose
mazzette per favorire la vittoria granata nel derby della Mole. Ci sono poi il calcioscommesse del
1980, quello che costò tra l'altro la retrocessione in serie B a Milan e Lazio; i sospetti di corruzione
nella partita Italia-Camerun ai mondiali 1982, che consentì agli azzurri di passare il turno e iniziare
la cavalcata verso il titolo iridato; il Totonero-bis del 1986; i sospetti sullo scudetto 1988, perso in
modo rocambolesco dal Napoli si disse per scongiurare una superperdita di chi gestiva il Totonero;
infine il calcioscommesse 2011. E calciopoli, lo scandalo che fece tremare nel 2006 le fondamenta
del calcio italiano e che rappresenta una ferita non ancora rimarginata, come dimostrano le
polemiche attuali? Gli è dedicato il secondo capitolo, il più corposo del volume, intitolato
«Moggiopoli».
Ma non di sola corruzione si parla nel libro di Felici. Ci sono anche capitoli dedicati ad altre ombre,
come il doping, sia quello «selvaggio» praticato negli anni Settanta e Ottanta al quale si attribuisce
una scia di calciatori morti (tra gli altri Beatrice, Rognoni, Lombardi e Signorini), sia quello più
evoluto denunciato da Zdenek Zeman, allora allenatore della Roma, in un'intervista del 1998
all'Espresso. E poi c'è la pagina degli scandali amministrativi ed economici, e quella delle violenze
che hanno costellato di croci decenni di calcio.
«Questo - spiega Felici - non è un libro di condanna, ma un atto d'amore, un grido di dolore. Vorrei
tornare a raccontare il bello del calcio. E credo che l'unico modo per farlo sia affrontare i problemi.
Ho scritto questo libro perch´ mi sono accorto che il calcio è molto spesso esposto a situazioni
bruttissime, a scandali che non dovrebbero toccare questo sport meraviglioso. Ho tentennato,
perch´ essere giornalista sportivo per me significava raccontare il gioco, non certo le vicende
negative legate ad esso. Ma ho capito che l'unico modo per mantenere sano questo sport è
vigilare. In caso contrario finiremmo per non avere più niente di bello da raccontare».
«Questo è un libro che Antonio non avrebbe mai voluto scrivere - precisa Paolo Franci, giornalista
e moderatore dell'incontro - il racconto degli eventi negativi del mondo del calcio, dal doping, alle
gare truccate, alle scommesse illecite, fino ad arrivare alle troppe morti allo stadio, si è fermato
poco prima dell'ultima sentenza di Napoli per Calciopoli. Probabilmente Antonio dovrà scrivere
una seconda parte, per completare l'opera. Sperando poi di poter tornare a raccontare gli aspetti
positivi del calcio».
Alla conferenza stampa erano presenti tra gli altri il presidente della Lega Serie B Andrea Abodi e il
presidente della Federazione italiana golf Franco Chimenti. «C'è molta preoccupazione per quello
che succederà da adesso in poi. Nel calcio ci sono pagine nere, ma anche tante pagine bianche.
Bisogna cercare di cancellare tutto il nero», ha detto Abodi.
CALCIOMERCATO.IT
Calciopoli, esclusivo Felici: “Sentenza Napoli importanza fondamentale”
CALCIOPOLI FELICI / ROMA – Antonio Felici, corrispondente italiano del periodico transalpino
‘France Football’ e noto scrittore, ha voluto commentare per Calciomercato.it le sentenze di
Calciopoli, comunicate proprio qualche giorno dopo l’uscita del suo ultimo libro ‘Le pagine nere
del Calcio, tutti gli scandali minuto per minuto (Iacobelli editore)’.
“Premetto che non provo alcuna soddisfazione per la condanna penale di certi personaggi. Hanno
rappresentato e rappresentano pezzi importanti del calcio italiano e il fatto che un tribunale li
abbia considerati colpevoli rappresenta una ferita grave per il nostro movimento. Tuttavia, la
sentenza di Napoli ha un’importanza fondamentale perché in sostanza conferma, con tempi e
modi differenti, le decisioni prese a suo tempo dalla giustizia sportiva. Ad oggi, la verità
processuale dice che è esistito un gruppo di potere nel nostro calcio che ha pesantemente
condizionato i campionati di serie A, orientandone in maniera fraudolenta gli esiti sportivi.
Condivido le critiche di chi sostiene che, a conti fatti, non tutti i protagonisti della sporca vicenda
siano stati puniti (vedi l’Inter). Intanto, però, sappiamo che gran parte di loro sono stati individuati
e puniti. Questo dà sostegno a un mio vecchio desiderio: che chi si è reso protagonista di certi
comportamenti venga emarginato dal nostro calcio, che venga eretto un cordone sanitario che
faccia sì che certe truffe non si ripetano mai più. Un’ultima riflessione la dedico ad Andrea Agnelli.
Questa sentenza è un colpo mortale alla sua strategia. Sappiamo tutti che in caso di assoluzione di
Moggi lui e i suoi avvocati l’avrebbero cavalcata per sostenere la tesi che la Juventus non ha fatto
nulla per meritare la revoca dei titoli conquistati. Ora ci fa sapere che la Juve con Moggi non
c’entra niente. Così non va. Continui pure a pretendere, com’è giusto, pari trattamento e che
anche altri (vedi sempre l’Inter) vengano processati e puniti. Ma dimentichi per sempre quei due
titoli maledetti. Campionati che andrebbero buttati nella pattumiera e non cuciti sul petto come
ha fatto qualcuno.
BLITZ QUOTIDIANO
Libro Antonio Felici: "Le pagine nere del calcio, 85 anni di scandali"
ROMA – Un viaggio lungo 85 anni che attraversa i grandi scandali che hanno macchiato il campo
da gioco.
''Le pagine nere del calcio'' (Iacobelli Editore, 16 euro) scritto dal giornalista Antonio Felici,
racconta il fitto intreccio tra pallone, potere e finanza, attraverso gli episodi oscuri che hanno
funestato lo sport piu' amato dagli italiani.
Dal ''caso Allemandi'' e la revoca dello scudetto vinto dal Torino nel 1926-27 sino al processo
penale di Napoli e alle Calcioscommesse del 2011. Gare truccate, scommesse illecite, alterazione
dei risultati, doping, le ''strane'' morti e gli episodi di violenza: Felici, senza la comodita' di
nasconderli, riporta tutti gli scandali che hanno macchiato il calcio tradendo la fiducia di tanti tifosi
e appassionati.
''Ho scritto questo libro perche' il nostro sport e' molto esposto a queste situazioni brutte e l'unico
modo per salvarlo e' vigilare che si mantenga sano. Se il calcio si sgonfia, se il pallone scoppia, non
avremo piu' belle storie da raccontare, sara' finita per tutti'' ha spiegato l'autore nel corso della
presentazione presso il Futbolclub di Roma. Un libro attuale, ma che andrebbe gia' aggiornato con
le sentenze del processo di Napoli e dalle ormai famose sospensioni dei condannati al processo di
Calciopoli adottate dalla Federcalcio.
''L'articolo 22 delle Noif, e' una norma che cozza con la Costituzione e che non va a vedere tante
situazioni. Se quella norma fosse esistita negli anni '80 Paolo Rossi sarebbe mai diventato
cannoniere dei mondiali? Chi e' in grado di tutelare dal proprio interno quello che accade nella
giustizia sportiva?'' chiede l'ex arbitro Massimo De Santis, condannato per Calciopoli e presente
all'evento.
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Rassegna stampa libri di Antonio Felici
sabato 19 novembre 2011
LEGGETE UNA SCHEDA DI ZAMPARINI SU FRANCE FOOTBALL
http://www.francefootball.fr/#!/news/2011/11/18/173731_zamparini-ce-provocateur.html
VERSIONE IN ITALIANO DELL'INTERVISTA A ZAMPARINI USCITA OGGI SU FRANCE FOOTBALL
Presidente, lei è nel calcio da tanti anni, quasi 25, è stato proprietario del Venezia ora del Palermo. Cosa l’ha spinta ad entrare nel mondo del calcio?
“Semplicemente la passione. Da piccolo nel mio paese [Sevegliano, nda] io ero l’unico a possedere un pallone. Me l’aveva regalato un mio zio inglese. Ero tutti i giorni nel cortile a giocare con gli altri ragazzini. Poi a venti anni mi trasferii a Milano dove iniziaii a fare l’imprenditore e lascia perdere il calcio. Ma la passione rimase immutata. Così cominciai ad occuparmi di squadre dilettanti, finché diventato ormai un imprenditore di successo decisi, circa 25 anni fa, di acquistare il Venezia. E li è cominciato tutto. Lei mi chiede cosa mi ha spinto. Le rispondo sinceramente: la vanità. Noi presidenti di squadre di calcio siamo vanitosi, amiamo apparire, la visibilità”.
Lei è un imprenditore di successo (ricordiamo la vendita del suo gruppo MZ ai francesi di Conforama). E’ possibile fare impresa nel calcio?
“No. Per me col calcio non si fa impresa. Si fa calcio esclusivamente per una ragione di immagine. Prendete il Paris SG. Guardate il ritorno di immagine che ha avuto lo sceicco del Qatar che ha rilevato il club parigino. Per pubblicizzare il proprio fondo di investimento quanto avrebbe dovuto spendere in investimenti pubblicitari o di marketing. Glielo dico io: una fortuna. Dopo aver rilevato il PSG, invece, cinque minuti dopo lo conoscevano tutti. Stesso movente ha avuto il proprietario del Manchester City o Abramovich col Chelsea anni fa. In Italia abbiamo l’esempio di Berlusconi. Anche lui ha preso il Milan per vanità. Fare il Premier poi, ma chi gliel’ha fatto fare? Avrebbe potuto starsene in pace a godersi tutti i suoi soldi. Invece fa una vita d’inferno. Perché secondo lei? Per vanità. D’altra parte un vecchio proverbio siciliano, un po’ volgare, dice: comandare è meglio che fottere!”
Si parla spesso della crisi del calcio italiano, dell’incapacità dei suoi manager di gestirlo al meglio come in Inghilterra o Germania. Qual è la sua posizione in merito?
“Sarò franco. Il problema siamo noi italiani. Le vuole sapere cos’hanno in più in Germania o Inghilterra. Ebbene, io dico in più hanno i tedeschi e gli inglesi. Voglio dire il problema principale siamo noi italiani, il popolo italiano. E’ nostra la colpa se le cose non vanno. Nel paese come nel calcio. Il nostro sport, in fondo, altro non è che lo specchio del paese. Anzi, se le devo dire la verità, il calcio italiano è anche meglio di tutto il resto del paese. Se ci pensa, un presidente quando compra un calciatore è costretto a dare garanzie, fidejussioni bancarie, non può fare scherzi. Nelle altre attività, invece, lasciamo perdere. Si parla tanto del problema degli stadi. Sa cosa le dico? Che i club italiani sono disposti ad investire globalmente circa due miliardi di euro per la costruzione di nuovi stadi. Cosa avevamo chiesto allo Stato? Non soldi, ma semplicemente di alleggerire la burocrazia. Neanche quello ha fatto. [Il presidente Zamparini si è offerto di costruire lui il nuovo stadio del Palermo].
Anche all’estero è arrivata la sua fama di “mangiallenatori”, una quarantina tra Venezia e Palermo. E’ davvero un mangiallenatori? E se no come spiega questi cambiamenti continui?
“E’ colpa del mio carattere. Il fatto è che io, dovendo seguire le altre mie attività, non vivo la squadra durante la settimana. La domenica non vado neanche allo stadio. Quindi conosco la situazione attraverso quello che mi riferiscono i miei collaboratori. Quindi capita che io prenda decisioni impulsive. Comunque il dato che dice lei non è esatto. Si arriva a quel numero se si considera tutte le volte che per sostituire un allenatore ho chiamato temporaneamente il tecnico della squadra giovanile. In realtà, in media caccio un allenatore all’anno. E comunque avrò sbagliato in non più di cinque occasioni in tanti anni. In tutti gli altri casi ho fatto bene”.
Certo, questo suo carattere le costa un bel po’ di soldi!
“[Ride divertito, nda] Si è vero! Pago a caro prezzo il mio carattere. Ogni stagione mi tocca retribuire almeno due tecnici”.
Ha mai rimpianto di aver licenziato un allenatore?
“Io non ho rimpianti. Piuttosto ho il vanto di avere scoperto tanti allenatori che sono diventati famosi: da Zaccheroni a Ventura, da Spalletti a Guidolin. Anche quando li ho licenziati siamo sempre rimasti in eccellenti rapporti sul piano personale”.
In Francia lei gode di particolare attenzione da quando al Paris SG sono arrivati Sirigu e Pastore. Ci spiega cosa l’ha spinta, quando non erano conosciuti, a credere in loro?
“Il Palermo possiede un’organizzazione che lavora dodici mesi l’anno, soprattutto quando i mercati sono chiusi. Noi non possiamo permetterci di ingaggiare calciatori già affermati. Dobbiamo puntare su giovani di belle speranze, valorizzarli e dopo qualche anno fare una plus-valenza. Il Palermo è una squadra che ha bisogno di fare almeno 10 milioni di plus-valenze all’anno, altrimenti i conti sarebbero in rosso. Pastore e Sirigu avevano caratteristiche importanti e abbiamo puntato su di loro”.
Cosa è stato che l’ha indotta a credere da subito che Pastore fosse un fuoriclasse?
“Uno dei miei collaboratori mi aveva mostrato dei filmati di Pastori. Ora, deve sapere che io sono realmente un grande intenditore di calcio. Appena l’ho visto sono rimasto folgorato: un fuoriclasse! Siccome sono io in prima persona a decidere, l’ho fatto prendere subito. Ho avuto subito la conferma che Pastore era un fuoriclasse al primo allenamento. Ero a bordo campo: mi sono commosso nel vederlo per la prima volta, mai visto uno così. Divino”.
Di quali scoperte va maggiormente orgoglioso?
“Beh di giocatori ne ho scoperti tanti. Comunque direi Kjaer, Cavani, Hernandez”.
E’ ancora in contatto con Leonardo? Medita di concludere qualche altro affare con lui?
“Certo. Con Leonardo ci sentiamo almeno una volta ogni dieci giorni. Credo che faremo senz’altro altri affari assieme. Per esempio, a lui piace Balzaretti al quale non dispiacerebbe un trasferimento a Parigi visto che ha sposato un’étoile dell’Opera. Però deve pagarmelo la cifra giusta [Ride, nda]. Altrimenti resta a Palermo, visto che è un nazionale al quale sono molto affezionato. Poi c’è l’ipotesi Hernandez. Con Pastore a Palermo erano come due fratelli e la coppia si ricongiungerebbe volentieri. Comunque vedremo al prossimo mercato”.
Vuole spiegare ai lettori francesi com’è andata la vicenda Pastore, il problema con il suo procuratore?
“Ecco, mi dispiace aver dovuto coinvolgere involontariamente Leonardo in questa diatriba. Semplicemente le cose stanno così. C’è una norma Fifa che stabilisce che i procuratori non possono ricevere compensi sui trasferimenti dei calciatori. In Sudamerica viene aggirata attraverso società che acquistano la proprietà di una parte del cartellino dei calciatori. Simonian, il procuratore di Pastore, mi aveva detto che il trasferimenti di Pastore sarebbe saltato se non avessi firmato un certo documento che riconosceva a lui, il procuratore, certi diritti sul trasferimento. In realtà Pastore aveva già firmato col PSG. Quindi mi ha ingannato e praticamente teso una trappola. Io ho firmato per paura che saltasse tutto. Ma subito dopo l’ho denunciato. Ora vedremo come andrà a finire. Ho denunciato l’accaduto anche alla Fifa ma quelli non hanno fatto nulla. E’ uno scandalo ma a Blatter interessa solo procacciarsi voti quando ci sono le elezioni”.
Farebbe ancora affari con procuratori che detengono una parte del cartellino dei giocatori?
“Bisogna farli per forza. In Sudamerica questi procuratori vanno dalle famiglie dei calciatori di 16/17 anni e le costringono a cedere loro i diritti sui loro figli. Di solito si tratta di persone con problemi economici che accettano subito. Quindi siamo costretti ad avere a che fare con questi tipi. Dovrebbe essere la Fifa ad intervenire, facendo rispettare i suoi regolamenti”.
Qual è il mercato mondiale che più l’affascina?
“Dico ancora Sudamerica. Del resto, lo vede anche lei. Dei giovani talenti che circolano per l’Europa, su dieci almeno otto sono Sudamericani. Il motivo è che nella favelas si gioca a calcio, tutti sognano di sfondare. Qui da noi ormai nessuno gioca più nei cortili. Lo facevo io da piccolo e magari lei, ma i ragazzi oggi vanno alle scuole calcio”.
Il calcio è chiaramente una sua passione. Quali sono i suoi modelli calcistici, sia sul piano tecnico che manageriale?
“Sul piano manageriale mi ispiro alla mia esperienza come imprenditore. Più in generale le posso dire che amo il calcio spagnolo per la tecnica e quello inglese per la cultura dello sport. Quello che amo meno è proprio il nostro, quello italiano. In campo si cercano troppi sotterfugi, inganni. Poi non mi piace il nostro pubblico. Ma anche qui siamo alle solite: è tutto figlio della nostra società che non va”.
Ci racconta il progetto Palermo? Quali sono le vostre ambizioni?
“Beh se il tecnico attuale, Mangia, non si stufa di me e io di lui [Ride ancora, nda] l’obiettivo sportivo è la qualificazione alla Champions League. Lo scudetto no. Per quello servirebbe lo sceicco [Ride ripetutamente, nda]. A parte gli scherzi, credo che l’arrivo di stranieri in Italia sia difficile. A Roma sono arrivato gli americani, ma quelli l’hanno fatto perché è stata la banca a cercarli e a finanziare loro l’investimento. Gli stranieri da noi non arrivano perché non c’è meritocrazia. Prenda i diritti TV. A suo tempo, si decise di ripartire le risorse in base, tra l’altro, ai risultati sportivi degli ultimi cinquanta anni! Ma così si favoriscono sempre i soliti club. Per dire, se per assurdo il Palermo vincesse lo scudetto, continuerebbe a ricevere dalle TV una cifra enormemente inferiore a Milan, Inter e Juventus. In queste condizioni perché uno stranieri dovrebbe investire qua?”
Ogni tanto lei entra in polemica con i tifosi siciliani. Ci spiega perché?
“No guardi io ho un eccellente rapporto con la città di Palermo.Mi vogliono bene. Solo che ci sono certi siti Internet che danno voce ai tifosi che vogliono contestare. Sono un’infima minoranza ma sembrano in tanti. Io ce l’ho solo con quelli. Ma io adoro questa città”.
Spesso la sentiamo esprimere pareri anche su temi non calcistici. Ultimamente sta conducendo una battaglia contro Equitalia/Gerit. Ci racconta questa sua iniziativa e più in generale come vede il futuro dell’Italia?
“In un momento in cui l’Italia vive un momento di grande difficoltà, Equitalia/Gerit è una tragedia. E’ una società che si occupa del recupero crediti per conto dello Stato. Quando uno non riesce a pagare una multa oppure delle tasse arretrate si vede caricare sanzioni che in capo a poco tempo riducono il cittadino sul lastrico. Tempo fa avevo iniziato a fare un programma su Telelombardia per denunciare questo fenomeno ma hanno chiuso il programma su pressione del vertice di Equitalia. Allora, grazia a Radio Radio, una radio romana, ho deciso di lanciare un movimento per la gente. Ci occupiamo dei problemi dei cittadini comuni e ci sforziamo di trovare soluzioni. Lei mi dirà, ma chi me lo fa fare? A settanta anni ho capito che dobbiamo essere noi cittadini a prendere l’iniziativa e darci da fare. Intendiamoci, non entrerò mai in politica. Io voglio creare un movimento orizzontale non verticale. Ma alla mia età ho capito una cosa: un uomo non è felice se è ricco, ma solo se riesce a stare bene assieme agli altri”.
Per finire, non posso non chiederle un commento sulla sentenza del Tribunale di Napoli che ha condannato Luciano Moggi e molti altri protagonisti di Calciopoli.
“Sarò diretto. Per me è tutta colpa delle istituzioni del calcio. Che avrebbero dovuto tenere gli occhi aperti, controllare. Gli organi del calcio italiano si configurano come un sistema mafioso. Moggi era solo uno degli ingranaggi. Certamente più abile e furbo di tutti gli altri. Ma la vera colpevole era l’istituzione che ha tollerato tutto ciò”.
“Semplicemente la passione. Da piccolo nel mio paese [Sevegliano, nda] io ero l’unico a possedere un pallone. Me l’aveva regalato un mio zio inglese. Ero tutti i giorni nel cortile a giocare con gli altri ragazzini. Poi a venti anni mi trasferii a Milano dove iniziaii a fare l’imprenditore e lascia perdere il calcio. Ma la passione rimase immutata. Così cominciai ad occuparmi di squadre dilettanti, finché diventato ormai un imprenditore di successo decisi, circa 25 anni fa, di acquistare il Venezia. E li è cominciato tutto. Lei mi chiede cosa mi ha spinto. Le rispondo sinceramente: la vanità. Noi presidenti di squadre di calcio siamo vanitosi, amiamo apparire, la visibilità”.
Lei è un imprenditore di successo (ricordiamo la vendita del suo gruppo MZ ai francesi di Conforama). E’ possibile fare impresa nel calcio?
“No. Per me col calcio non si fa impresa. Si fa calcio esclusivamente per una ragione di immagine. Prendete il Paris SG. Guardate il ritorno di immagine che ha avuto lo sceicco del Qatar che ha rilevato il club parigino. Per pubblicizzare il proprio fondo di investimento quanto avrebbe dovuto spendere in investimenti pubblicitari o di marketing. Glielo dico io: una fortuna. Dopo aver rilevato il PSG, invece, cinque minuti dopo lo conoscevano tutti. Stesso movente ha avuto il proprietario del Manchester City o Abramovich col Chelsea anni fa. In Italia abbiamo l’esempio di Berlusconi. Anche lui ha preso il Milan per vanità. Fare il Premier poi, ma chi gliel’ha fatto fare? Avrebbe potuto starsene in pace a godersi tutti i suoi soldi. Invece fa una vita d’inferno. Perché secondo lei? Per vanità. D’altra parte un vecchio proverbio siciliano, un po’ volgare, dice: comandare è meglio che fottere!”
Si parla spesso della crisi del calcio italiano, dell’incapacità dei suoi manager di gestirlo al meglio come in Inghilterra o Germania. Qual è la sua posizione in merito?
“Sarò franco. Il problema siamo noi italiani. Le vuole sapere cos’hanno in più in Germania o Inghilterra. Ebbene, io dico in più hanno i tedeschi e gli inglesi. Voglio dire il problema principale siamo noi italiani, il popolo italiano. E’ nostra la colpa se le cose non vanno. Nel paese come nel calcio. Il nostro sport, in fondo, altro non è che lo specchio del paese. Anzi, se le devo dire la verità, il calcio italiano è anche meglio di tutto il resto del paese. Se ci pensa, un presidente quando compra un calciatore è costretto a dare garanzie, fidejussioni bancarie, non può fare scherzi. Nelle altre attività, invece, lasciamo perdere. Si parla tanto del problema degli stadi. Sa cosa le dico? Che i club italiani sono disposti ad investire globalmente circa due miliardi di euro per la costruzione di nuovi stadi. Cosa avevamo chiesto allo Stato? Non soldi, ma semplicemente di alleggerire la burocrazia. Neanche quello ha fatto. [Il presidente Zamparini si è offerto di costruire lui il nuovo stadio del Palermo].
Anche all’estero è arrivata la sua fama di “mangiallenatori”, una quarantina tra Venezia e Palermo. E’ davvero un mangiallenatori? E se no come spiega questi cambiamenti continui?
“E’ colpa del mio carattere. Il fatto è che io, dovendo seguire le altre mie attività, non vivo la squadra durante la settimana. La domenica non vado neanche allo stadio. Quindi conosco la situazione attraverso quello che mi riferiscono i miei collaboratori. Quindi capita che io prenda decisioni impulsive. Comunque il dato che dice lei non è esatto. Si arriva a quel numero se si considera tutte le volte che per sostituire un allenatore ho chiamato temporaneamente il tecnico della squadra giovanile. In realtà, in media caccio un allenatore all’anno. E comunque avrò sbagliato in non più di cinque occasioni in tanti anni. In tutti gli altri casi ho fatto bene”.
Certo, questo suo carattere le costa un bel po’ di soldi!
“[Ride divertito, nda] Si è vero! Pago a caro prezzo il mio carattere. Ogni stagione mi tocca retribuire almeno due tecnici”.
Ha mai rimpianto di aver licenziato un allenatore?
“Io non ho rimpianti. Piuttosto ho il vanto di avere scoperto tanti allenatori che sono diventati famosi: da Zaccheroni a Ventura, da Spalletti a Guidolin. Anche quando li ho licenziati siamo sempre rimasti in eccellenti rapporti sul piano personale”.
In Francia lei gode di particolare attenzione da quando al Paris SG sono arrivati Sirigu e Pastore. Ci spiega cosa l’ha spinta, quando non erano conosciuti, a credere in loro?
“Il Palermo possiede un’organizzazione che lavora dodici mesi l’anno, soprattutto quando i mercati sono chiusi. Noi non possiamo permetterci di ingaggiare calciatori già affermati. Dobbiamo puntare su giovani di belle speranze, valorizzarli e dopo qualche anno fare una plus-valenza. Il Palermo è una squadra che ha bisogno di fare almeno 10 milioni di plus-valenze all’anno, altrimenti i conti sarebbero in rosso. Pastore e Sirigu avevano caratteristiche importanti e abbiamo puntato su di loro”.
Cosa è stato che l’ha indotta a credere da subito che Pastore fosse un fuoriclasse?
“Uno dei miei collaboratori mi aveva mostrato dei filmati di Pastori. Ora, deve sapere che io sono realmente un grande intenditore di calcio. Appena l’ho visto sono rimasto folgorato: un fuoriclasse! Siccome sono io in prima persona a decidere, l’ho fatto prendere subito. Ho avuto subito la conferma che Pastore era un fuoriclasse al primo allenamento. Ero a bordo campo: mi sono commosso nel vederlo per la prima volta, mai visto uno così. Divino”.
Di quali scoperte va maggiormente orgoglioso?
“Beh di giocatori ne ho scoperti tanti. Comunque direi Kjaer, Cavani, Hernandez”.
E’ ancora in contatto con Leonardo? Medita di concludere qualche altro affare con lui?
“Certo. Con Leonardo ci sentiamo almeno una volta ogni dieci giorni. Credo che faremo senz’altro altri affari assieme. Per esempio, a lui piace Balzaretti al quale non dispiacerebbe un trasferimento a Parigi visto che ha sposato un’étoile dell’Opera. Però deve pagarmelo la cifra giusta [Ride, nda]. Altrimenti resta a Palermo, visto che è un nazionale al quale sono molto affezionato. Poi c’è l’ipotesi Hernandez. Con Pastore a Palermo erano come due fratelli e la coppia si ricongiungerebbe volentieri. Comunque vedremo al prossimo mercato”.
Vuole spiegare ai lettori francesi com’è andata la vicenda Pastore, il problema con il suo procuratore?
“Ecco, mi dispiace aver dovuto coinvolgere involontariamente Leonardo in questa diatriba. Semplicemente le cose stanno così. C’è una norma Fifa che stabilisce che i procuratori non possono ricevere compensi sui trasferimenti dei calciatori. In Sudamerica viene aggirata attraverso società che acquistano la proprietà di una parte del cartellino dei calciatori. Simonian, il procuratore di Pastore, mi aveva detto che il trasferimenti di Pastore sarebbe saltato se non avessi firmato un certo documento che riconosceva a lui, il procuratore, certi diritti sul trasferimento. In realtà Pastore aveva già firmato col PSG. Quindi mi ha ingannato e praticamente teso una trappola. Io ho firmato per paura che saltasse tutto. Ma subito dopo l’ho denunciato. Ora vedremo come andrà a finire. Ho denunciato l’accaduto anche alla Fifa ma quelli non hanno fatto nulla. E’ uno scandalo ma a Blatter interessa solo procacciarsi voti quando ci sono le elezioni”.
Farebbe ancora affari con procuratori che detengono una parte del cartellino dei giocatori?
“Bisogna farli per forza. In Sudamerica questi procuratori vanno dalle famiglie dei calciatori di 16/17 anni e le costringono a cedere loro i diritti sui loro figli. Di solito si tratta di persone con problemi economici che accettano subito. Quindi siamo costretti ad avere a che fare con questi tipi. Dovrebbe essere la Fifa ad intervenire, facendo rispettare i suoi regolamenti”.
Qual è il mercato mondiale che più l’affascina?
“Dico ancora Sudamerica. Del resto, lo vede anche lei. Dei giovani talenti che circolano per l’Europa, su dieci almeno otto sono Sudamericani. Il motivo è che nella favelas si gioca a calcio, tutti sognano di sfondare. Qui da noi ormai nessuno gioca più nei cortili. Lo facevo io da piccolo e magari lei, ma i ragazzi oggi vanno alle scuole calcio”.
Il calcio è chiaramente una sua passione. Quali sono i suoi modelli calcistici, sia sul piano tecnico che manageriale?
“Sul piano manageriale mi ispiro alla mia esperienza come imprenditore. Più in generale le posso dire che amo il calcio spagnolo per la tecnica e quello inglese per la cultura dello sport. Quello che amo meno è proprio il nostro, quello italiano. In campo si cercano troppi sotterfugi, inganni. Poi non mi piace il nostro pubblico. Ma anche qui siamo alle solite: è tutto figlio della nostra società che non va”.
Ci racconta il progetto Palermo? Quali sono le vostre ambizioni?
“Beh se il tecnico attuale, Mangia, non si stufa di me e io di lui [Ride ancora, nda] l’obiettivo sportivo è la qualificazione alla Champions League. Lo scudetto no. Per quello servirebbe lo sceicco [Ride ripetutamente, nda]. A parte gli scherzi, credo che l’arrivo di stranieri in Italia sia difficile. A Roma sono arrivato gli americani, ma quelli l’hanno fatto perché è stata la banca a cercarli e a finanziare loro l’investimento. Gli stranieri da noi non arrivano perché non c’è meritocrazia. Prenda i diritti TV. A suo tempo, si decise di ripartire le risorse in base, tra l’altro, ai risultati sportivi degli ultimi cinquanta anni! Ma così si favoriscono sempre i soliti club. Per dire, se per assurdo il Palermo vincesse lo scudetto, continuerebbe a ricevere dalle TV una cifra enormemente inferiore a Milan, Inter e Juventus. In queste condizioni perché uno stranieri dovrebbe investire qua?”
Ogni tanto lei entra in polemica con i tifosi siciliani. Ci spiega perché?
“No guardi io ho un eccellente rapporto con la città di Palermo.Mi vogliono bene. Solo che ci sono certi siti Internet che danno voce ai tifosi che vogliono contestare. Sono un’infima minoranza ma sembrano in tanti. Io ce l’ho solo con quelli. Ma io adoro questa città”.
Spesso la sentiamo esprimere pareri anche su temi non calcistici. Ultimamente sta conducendo una battaglia contro Equitalia/Gerit. Ci racconta questa sua iniziativa e più in generale come vede il futuro dell’Italia?
“In un momento in cui l’Italia vive un momento di grande difficoltà, Equitalia/Gerit è una tragedia. E’ una società che si occupa del recupero crediti per conto dello Stato. Quando uno non riesce a pagare una multa oppure delle tasse arretrate si vede caricare sanzioni che in capo a poco tempo riducono il cittadino sul lastrico. Tempo fa avevo iniziato a fare un programma su Telelombardia per denunciare questo fenomeno ma hanno chiuso il programma su pressione del vertice di Equitalia. Allora, grazia a Radio Radio, una radio romana, ho deciso di lanciare un movimento per la gente. Ci occupiamo dei problemi dei cittadini comuni e ci sforziamo di trovare soluzioni. Lei mi dirà, ma chi me lo fa fare? A settanta anni ho capito che dobbiamo essere noi cittadini a prendere l’iniziativa e darci da fare. Intendiamoci, non entrerò mai in politica. Io voglio creare un movimento orizzontale non verticale. Ma alla mia età ho capito una cosa: un uomo non è felice se è ricco, ma solo se riesce a stare bene assieme agli altri”.
Per finire, non posso non chiederle un commento sulla sentenza del Tribunale di Napoli che ha condannato Luciano Moggi e molti altri protagonisti di Calciopoli.
“Sarò diretto. Per me è tutta colpa delle istituzioni del calcio. Che avrebbero dovuto tenere gli occhi aperti, controllare. Gli organi del calcio italiano si configurano come un sistema mafioso. Moggi era solo uno degli ingranaggi. Certamente più abile e furbo di tutti gli altri. Ma la vera colpevole era l’istituzione che ha tollerato tutto ciò”.
venerdì 18 novembre 2011
PRESENTAZIONE "LE PAGINE NERE DEL CALCIO" A ROMA CITTA' DI MARCELLO MICCI (RADIO IES)
mercoledì 16 novembre 2011
Presentazione ufficiale "Le pagine nere del calcio" a Roma
l 22 novembre alle ore 11, presso il Futbol Club di Roma, si terrà la presentazione del libro di Antonio Felici "Le pagine nere del calcio" (Iacobelli). All'incontro interverranno i rappresentanti dei maggiori organi di informazione nazionali.
CON MOGGI CONDANNATA LA STRATEGIA DI ANDREA AGNELLI
Pubblicato su TS il 15 novembre 2011
Pur essendo un giornalista che crede profondamente nel legame tra etica e sport, non provo alcun tipo di soddisfazione per la condanna penale di Luciano Moggi e degli altri personaggi coinvolti in Calciopoli. Hanno rappresentato e molti rappresentano ancora pezzi importanti del nostro calcio e il fatto che un tribunale li abbia considerati colpevoli rappresenta una ferita molto grave per il nostro movimento. Ci vorrà tempo per rimarginarla. Quindi, non c’è niente da festeggiare.
Tuttavia, la sentenza di Napoli ha un’importanza fondamentale perché in sostanza conferma, con tempi, approcci e procedimenti differenti, le decisioni prese a suo tempo dalla giustizia sportiva. Quest’ultima è stata molto criticata, accusata di eccessiva rapidità, superficialità, scarsa equità. Alcune critiche erano anche giustificate, sebbene gli organi federali siano costretti a pronunciarsi in tempi ristretti. Tuttavia, ad oggi, la verità stabilità dalla giustizia sportiva è stata confermata dal processo napoletano. Ossia che è esistito un gruppo di potere che ha pesantemente condizionato alcuni campionati di serie A, orientandone in maniera fraudolenta gli esiti sportivi. Anche i giudici, dunque, hanno dato conforto alla sensazione che avevo avuto, a suo tempo, nel leggere l’intero corpo di intercettazioni su cui si basava l’inchiesta “Off-side”. Quella, cioè, di trovarmi di fronte ad una delle situazioni più vergognose ed intollerabili che il nostro calcio avesse mai vissuto. E’ vero, non tutti i protagonisti della sporca vicenda sono stati puniti. Nel corso del dibattimento gli avvocati di Moggi hanno dimostrato, intercettazioni alla mano, che esisteva anche un coinvolgimento dell’Inter. Di questo, all’ex direttore generale della Juventus dobbiamo essere grati. In questo senso, è vergognoso e intollerabile che la prescrizione sia intervenuta per salvare la posizione di Moratti e del club nerazzurro. Questo però non autorizza nessuno a sostenere la tesi “tutti colpevoli, nessun colpevole”. Intanto, perché è da dimostrare che, a parte l’Inter, siano stati coinvolti altri club. Poi, perché quand’anche si riuscisse a dimostrarlo, significherebbe solo che dovrebbe allargarsi la schiera di quelli che avrebbero dovuto essere puniti. Per adesso sappiamo che gran parte di loro sono stati individuati e sanzionati. Sia dalla giustizia sportiva (definitivamente), sia da quella penale (primo grado). Questo è sufficiente a dare sostegno a un mio vecchio desiderio: chi si è reso protagonista di certi comportamenti deve essere emarginato dal nostro calcio. Ancor più deve essere spazzato via un certo modo di gestire e di intendere il calcio, erigendo un cordone sanitario che faccia sì che certe intollerabili truffe non si ripetano mai più.
Di fronte alla sentenza di Napoli non si può non dare un giudizio sulle mosse di Andrea Agnelli. Questa sentenza, a mio avviso, rappresenta un colpo mortale alla sua strategia. Sappiamo tutti che in caso di assoluzione di Moggi lui e i suoi avvocati l’avrebbero cavalcata per sostenere la tesi che la Juventus non ha fatto nulla per meritare la revoca dei titoli conquistati. Questa intenzione era stata anticipata in ogni sede e circostanza. Ora la Juventus ci fa sapere che la sua posizione è assolutamente estranea a quella di Moggi. No, così non va. Quando Agnelli pretende per la Juventus pari trattamento rispetto alle altre ha ragione. Si adoperi, allora, per organizzare una campagna stampa per indurre Moratti e l’Inter a rinunciare alla prescrizione e a farsi processare come tutti gli altri. Ma insistere sulla restituzione dei titoli tolti alla Juve è un errore madornale. Ricordi che il creatore della Triade fu suo padre Umberto. Fu lui ad affidare la gestione manageriale a Giraudo e a volere Moggi. Ebbene Giraudo ha patteggiato la pena, dunque ha ammesso le proprie responsabilità. Moggi è stato condannato in primo grado. Chi li ha voluti non può pretendere ora di negare le proprie responsabilità. Qualcosa di illegale è stato compiuto. La giustizia sportiva e quella penale lo hanno stabilito. Se in giro c’è qualche impunito, Agnelli si lamenti, protesti, saremo con lui. Ma la Juventus ha sbagliato e giustamente e duramente ha pagato. La storia finisca qua. Si dedichi alla costruzione di una squadra vincente. I risultati di questo campionato dimostrano che forse è sulla strada giusta per tornare a vincere. In maniera pulita. E dimentichi per sempre quei due titoli maledetti. Scudetti che andrebbero buttati nella pattumiera per sempre e che nessuno dovrebbe andare orgoglioso di cucirsele sul petto.
Pur essendo un giornalista che crede profondamente nel legame tra etica e sport, non provo alcun tipo di soddisfazione per la condanna penale di Luciano Moggi e degli altri personaggi coinvolti in Calciopoli. Hanno rappresentato e molti rappresentano ancora pezzi importanti del nostro calcio e il fatto che un tribunale li abbia considerati colpevoli rappresenta una ferita molto grave per il nostro movimento. Ci vorrà tempo per rimarginarla. Quindi, non c’è niente da festeggiare.
Tuttavia, la sentenza di Napoli ha un’importanza fondamentale perché in sostanza conferma, con tempi, approcci e procedimenti differenti, le decisioni prese a suo tempo dalla giustizia sportiva. Quest’ultima è stata molto criticata, accusata di eccessiva rapidità, superficialità, scarsa equità. Alcune critiche erano anche giustificate, sebbene gli organi federali siano costretti a pronunciarsi in tempi ristretti. Tuttavia, ad oggi, la verità stabilità dalla giustizia sportiva è stata confermata dal processo napoletano. Ossia che è esistito un gruppo di potere che ha pesantemente condizionato alcuni campionati di serie A, orientandone in maniera fraudolenta gli esiti sportivi. Anche i giudici, dunque, hanno dato conforto alla sensazione che avevo avuto, a suo tempo, nel leggere l’intero corpo di intercettazioni su cui si basava l’inchiesta “Off-side”. Quella, cioè, di trovarmi di fronte ad una delle situazioni più vergognose ed intollerabili che il nostro calcio avesse mai vissuto. E’ vero, non tutti i protagonisti della sporca vicenda sono stati puniti. Nel corso del dibattimento gli avvocati di Moggi hanno dimostrato, intercettazioni alla mano, che esisteva anche un coinvolgimento dell’Inter. Di questo, all’ex direttore generale della Juventus dobbiamo essere grati. In questo senso, è vergognoso e intollerabile che la prescrizione sia intervenuta per salvare la posizione di Moratti e del club nerazzurro. Questo però non autorizza nessuno a sostenere la tesi “tutti colpevoli, nessun colpevole”. Intanto, perché è da dimostrare che, a parte l’Inter, siano stati coinvolti altri club. Poi, perché quand’anche si riuscisse a dimostrarlo, significherebbe solo che dovrebbe allargarsi la schiera di quelli che avrebbero dovuto essere puniti. Per adesso sappiamo che gran parte di loro sono stati individuati e sanzionati. Sia dalla giustizia sportiva (definitivamente), sia da quella penale (primo grado). Questo è sufficiente a dare sostegno a un mio vecchio desiderio: chi si è reso protagonista di certi comportamenti deve essere emarginato dal nostro calcio. Ancor più deve essere spazzato via un certo modo di gestire e di intendere il calcio, erigendo un cordone sanitario che faccia sì che certe intollerabili truffe non si ripetano mai più.
Di fronte alla sentenza di Napoli non si può non dare un giudizio sulle mosse di Andrea Agnelli. Questa sentenza, a mio avviso, rappresenta un colpo mortale alla sua strategia. Sappiamo tutti che in caso di assoluzione di Moggi lui e i suoi avvocati l’avrebbero cavalcata per sostenere la tesi che la Juventus non ha fatto nulla per meritare la revoca dei titoli conquistati. Questa intenzione era stata anticipata in ogni sede e circostanza. Ora la Juventus ci fa sapere che la sua posizione è assolutamente estranea a quella di Moggi. No, così non va. Quando Agnelli pretende per la Juventus pari trattamento rispetto alle altre ha ragione. Si adoperi, allora, per organizzare una campagna stampa per indurre Moratti e l’Inter a rinunciare alla prescrizione e a farsi processare come tutti gli altri. Ma insistere sulla restituzione dei titoli tolti alla Juve è un errore madornale. Ricordi che il creatore della Triade fu suo padre Umberto. Fu lui ad affidare la gestione manageriale a Giraudo e a volere Moggi. Ebbene Giraudo ha patteggiato la pena, dunque ha ammesso le proprie responsabilità. Moggi è stato condannato in primo grado. Chi li ha voluti non può pretendere ora di negare le proprie responsabilità. Qualcosa di illegale è stato compiuto. La giustizia sportiva e quella penale lo hanno stabilito. Se in giro c’è qualche impunito, Agnelli si lamenti, protesti, saremo con lui. Ma la Juventus ha sbagliato e giustamente e duramente ha pagato. La storia finisca qua. Si dedichi alla costruzione di una squadra vincente. I risultati di questo campionato dimostrano che forse è sulla strada giusta per tornare a vincere. In maniera pulita. E dimentichi per sempre quei due titoli maledetti. Scudetti che andrebbero buttati nella pattumiera per sempre e che nessuno dovrebbe andare orgoglioso di cucirsele sul petto.
La Bosnia medita di fare un brutto scherzo a CR7
Pubblicato su www.betpress.it
Questa settimana è ancora caratterizzata dagli impegni delle nazionali, in attesa di rituffarci nell’attività per club a partire dal prossimo week-end. Stasera sarà la volta delle gare di ritorno degli spareggi per Euro 2012. A parte un caso, i giochi sono praticamente fatti. Croazia ed EIRE hanno messo la qualificazione in ghiacciaia. La prima ha battuto seccamente in trasferta la Turchia. La nazionale di Trapattoni ha fatto ancora meglio in Estonia. Le gare di ritorno sono delle pure formalità. Metà passaporto in tasca anche per la Repubblica Ceca. Il 2-0 casalingo contro il Montenegro è un risultato assai rassicurante. Per la nazionale balcanica sarà molto difficile ribaltare la situazione, anche perché i cechi non subiscono reti così facilmente. A Vucinic e soci serve davvero l’impresa. L’unico confronto ancora aperto è Portogallo-Bosnia. All’andata è finita a reti bianche, un risultato che lascia i giochi ancora aperti. Inutile dire che Cristiano Ronaldo e compagni sono leggermente favoriti, ma occhio alla Bosnia. Ha tecnica ed organizzazione e nelle qualificazioni ha fatto tremare la Francia a Parigi. Un pareggio con gol la qualificherebbe.
Qualcosa di interessante s’è visto anche nelle qualificazioni ai Mondiali 2014 in Sudamerica. La nota positiva, ancora una volta, viene dall’Uruguay che ha surclassato il Cile con una quaterna dello scatenato Suarez. La nazionale di Tabarez continua a vivere un momento assai felice. Non si può dire lo stesso per l’Argentina. La squadra continua a deludere. Il pareggio casalingo contro la Bolivia ha destato moltissime perplessità. La squadra, evidentemente, non riesce a sfruttare al meglio le potenzialità dei tanti talenti a disposizione. In primis Lionel Messi che, quando gioca con la maglia del suo paese, appare sempre lontano dal fuoriclasse che noi tutti conosciamo e ammiriamo. Oggi la trasferta in Colombia si annuncia delicata. I tifosi non perdonerebbero un nuovo insuccesso.
Intanto bella prova della Nazionale azzurra nell’amichevole in Polonia. Finalmente positivo (in tutti i sensi) l’apporto di Mario Balotelli, condito da un gran bel gol. Stasera si replica all’Olimpico proprio contro l’Uruguay.
Questa settimana è ancora caratterizzata dagli impegni delle nazionali, in attesa di rituffarci nell’attività per club a partire dal prossimo week-end. Stasera sarà la volta delle gare di ritorno degli spareggi per Euro 2012. A parte un caso, i giochi sono praticamente fatti. Croazia ed EIRE hanno messo la qualificazione in ghiacciaia. La prima ha battuto seccamente in trasferta la Turchia. La nazionale di Trapattoni ha fatto ancora meglio in Estonia. Le gare di ritorno sono delle pure formalità. Metà passaporto in tasca anche per la Repubblica Ceca. Il 2-0 casalingo contro il Montenegro è un risultato assai rassicurante. Per la nazionale balcanica sarà molto difficile ribaltare la situazione, anche perché i cechi non subiscono reti così facilmente. A Vucinic e soci serve davvero l’impresa. L’unico confronto ancora aperto è Portogallo-Bosnia. All’andata è finita a reti bianche, un risultato che lascia i giochi ancora aperti. Inutile dire che Cristiano Ronaldo e compagni sono leggermente favoriti, ma occhio alla Bosnia. Ha tecnica ed organizzazione e nelle qualificazioni ha fatto tremare la Francia a Parigi. Un pareggio con gol la qualificherebbe.
Qualcosa di interessante s’è visto anche nelle qualificazioni ai Mondiali 2014 in Sudamerica. La nota positiva, ancora una volta, viene dall’Uruguay che ha surclassato il Cile con una quaterna dello scatenato Suarez. La nazionale di Tabarez continua a vivere un momento assai felice. Non si può dire lo stesso per l’Argentina. La squadra continua a deludere. Il pareggio casalingo contro la Bolivia ha destato moltissime perplessità. La squadra, evidentemente, non riesce a sfruttare al meglio le potenzialità dei tanti talenti a disposizione. In primis Lionel Messi che, quando gioca con la maglia del suo paese, appare sempre lontano dal fuoriclasse che noi tutti conosciamo e ammiriamo. Oggi la trasferta in Colombia si annuncia delicata. I tifosi non perdonerebbero un nuovo insuccesso.
Intanto bella prova della Nazionale azzurra nell’amichevole in Polonia. Finalmente positivo (in tutti i sensi) l’apporto di Mario Balotelli, condito da un gran bel gol. Stasera si replica all’Olimpico proprio contro l’Uruguay.
sabato 12 novembre 2011
Antonio Felici su Calciopoli
Pubblicato su www.calciomercato.it il 10 novembre 2011
Il corrispondente di 'France Football' ha commentato le decisioni del processo di Napoli
CALCIOPOLI FELICI / ROMA - Antonio Felici, corrispondente italiano del periodico transalpino 'France Football' e noto scrittore, ha voluto commentare per Calciomercato.it le sentenze di Calciopoli, comunicate proprio qualche giorno dopo l'uscita del suo ultimo libro 'Le pagine nere del Calcio, tutti gli scandali minuto per minuto (Iacobelli editore)'.
"Premetto che non provo alcuna soddisfazione per la condanna penale di certi personaggi. Hanno rappresentato e rappresentano pezzi importanti del calcio italiano e il fatto che un tribunale li abbia considerati colpevoli rappresenta una ferita grave per il nostro movimento. Tuttavia, la sentenza di Napoli ha un’importanza fondamentale perché in sostanza conferma, con tempi e modi differenti, le decisioni prese a suo tempo dalla giustizia sportiva. Ad oggi, la verità processuale dice che è esistito un gruppo di potere nel nostro calcio che ha pesantemente condizionato i campionati di serie A, orientandone in maniera fraudolenta gli esiti sportivi. Condivido le critiche di chi sostiene che, a conti fatti, non tutti i protagonisti della sporca vicenda siano stati puniti (vedi l’Inter). Intanto, però, sappiamo che gran parte di loro sono stati individuati e puniti. Questo dà sostegno a un mio vecchio desiderio: che chi si è reso protagonista di certi comportamenti venga emarginato dal nostro calcio, che venga eretto un cordone sanitario che faccia sì che certe truffe non si ripetano mai più. Un’ultima riflessione la dedico ad Andrea Agnelli. Questa sentenza è un colpo mortale alla sua strategia. Sappiamo tutti che in caso di assoluzione di Moggi lui e i suoi avvocati l’avrebbero cavalcata per sostenere la tesi che la Juventus non ha fatto nulla per meritare la revoca dei titoli conquistati. Ora ci fa sapere che la Juve con Moggi non c’entra niente. Così non va. Continui pure a pretendere, com’è giusto, pari trattamento e che anche altri (vedi sempre l’Inter) vengano processati e puniti. Ma dimentichi per sempre quei due titoli maledetti. Campionati che andrebbero buttati nella pattumiera e non cuciti sul petto come ha fatto qualcuno.
Il corrispondente di 'France Football' ha commentato le decisioni del processo di Napoli
CALCIOPOLI FELICI / ROMA - Antonio Felici, corrispondente italiano del periodico transalpino 'France Football' e noto scrittore, ha voluto commentare per Calciomercato.it le sentenze di Calciopoli, comunicate proprio qualche giorno dopo l'uscita del suo ultimo libro 'Le pagine nere del Calcio, tutti gli scandali minuto per minuto (Iacobelli editore)'.
"Premetto che non provo alcuna soddisfazione per la condanna penale di certi personaggi. Hanno rappresentato e rappresentano pezzi importanti del calcio italiano e il fatto che un tribunale li abbia considerati colpevoli rappresenta una ferita grave per il nostro movimento. Tuttavia, la sentenza di Napoli ha un’importanza fondamentale perché in sostanza conferma, con tempi e modi differenti, le decisioni prese a suo tempo dalla giustizia sportiva. Ad oggi, la verità processuale dice che è esistito un gruppo di potere nel nostro calcio che ha pesantemente condizionato i campionati di serie A, orientandone in maniera fraudolenta gli esiti sportivi. Condivido le critiche di chi sostiene che, a conti fatti, non tutti i protagonisti della sporca vicenda siano stati puniti (vedi l’Inter). Intanto, però, sappiamo che gran parte di loro sono stati individuati e puniti. Questo dà sostegno a un mio vecchio desiderio: che chi si è reso protagonista di certi comportamenti venga emarginato dal nostro calcio, che venga eretto un cordone sanitario che faccia sì che certe truffe non si ripetano mai più. Un’ultima riflessione la dedico ad Andrea Agnelli. Questa sentenza è un colpo mortale alla sua strategia. Sappiamo tutti che in caso di assoluzione di Moggi lui e i suoi avvocati l’avrebbero cavalcata per sostenere la tesi che la Juventus non ha fatto nulla per meritare la revoca dei titoli conquistati. Ora ci fa sapere che la Juve con Moggi non c’entra niente. Così non va. Continui pure a pretendere, com’è giusto, pari trattamento e che anche altri (vedi sempre l’Inter) vengano processati e puniti. Ma dimentichi per sempre quei due titoli maledetti. Campionati che andrebbero buttati nella pattumiera e non cuciti sul petto come ha fatto qualcuno.
mercoledì 9 novembre 2011
MOGGI CONDANNATO. ANDREA AGNELLI, ADESSO COME LA METTIAMO?
Premetto che non provo alcun tipo di soddisfazione per la condanna penale di Luciano Moggi e degli altri personaggi coinvolti in Calciopoli. Hanno rappresentato e rappresentano pezzi importanti del calcio italiano e il fatto che un tribunale li abbia considerati colpevoli rappresenta una ferita molto grave per il nostro movimento. Quindi, non c’è niente da festeggiare.
Tuttavia, la sentenza di Napoli ha un’importanza fondamentale perché in sostanza conferma, con tempi e modi differenti, le decisioni prese a suo tempo dalla giustizia sportiva. Ad oggi, la verità processuale dice che è esistito un gruppo di potere nel nostro calcio che ha pesantemente condizionato alcuni campionati di serie A, orientandone in maniera fraudolenta gli esiti sportivi. Anche i giudici, dunque, hanno dato conforto alla sensazione che avevo avuto, a suo tempo, nel leggere l’intero corpo di intercettazioni su cui si basava l’inchiesta “Off-side”. Quella, cioè, di trovarmi di fronte ad una delle situazioni più vergognose ed intollerabili che il nostro calcio avesse mai vissuto. E’ vero, non tutti i protagonisti della sporca vicenda sono stati puniti. Nel corso del dibattimento gli avvocati di Moggi hanno dimostrato, intercettazioni alla mano, che esisteva anche un coinvolgimento dell’Inter. In questo senso, è vergognoso e intollerabile che la prescrizione sia intervenuta per salvare la posizione di Moratti e del club nerazzurro. Questo però non autorizza nessuno a sostenere la tesi “tutti colpevoli, nessun colpevole”. Intanto, perché è da dimostrare che, a parte l’Inter, siano stati coinvolti altri club. Poi, perché quand’anche si riuscisse a dimostrarlo, significherebbe solo che dovrebbe allargarsi la schiera di quelli che avrebbero dovuto essere puniti. Per adesso sappiamo che gran parte di loro sono stati individuati e sanzionati. Sia dalla giustizia sportiva (definitivamente), sia da quella penale (primo grado). Questo è sufficiente a dare sostegno a un mio vecchio desiderio: chi si è reso protagonista di certi comportamenti deve essere emarginato dal nostro calcio. Ancor più deve essere spazzato via un certo modo di gestire e di intendere il calcio, erigendo un cordone sanitario che faccia sì che certe intollerabili truffe non si ripetano mai più.
Una cosa va detta ad Andrea Agnelli. Questa sentenza, a mio avviso, rappresenta un colpo mortale alla sua strategia. Sappiamo tutti che in caso di assoluzione di Moggi lui e i suoi avvocati l’avrebbero cavalcata per sostenere la tesi che la Juventus non ha fatto nulla per meritare la revoca dei titoli conquistati. Questa intenzione era stata anticipata in ogni sede e circostanza. Ora la Juventus ci fa sapere che la sua posizione è assolutamente estranea a quella di Moggi. No, così non va. Quando Agnelli pretende per la Juventus pari trattamento rispetto alle altre ha ragione. Si adoperi, allora, per organizzare una campagna stampa per indurre Moratti e l’Inter a rinunciare alla prescrizione e a farsi processare come tutti gli altri. Ma insistere sulla restituzione dei titoli tolti alla Juve è un errore madornale. Ricordi che il creatore della Triade fu suo padre Umberto. Fu lui ad affidare la gestione manageriale a Giraudo e a volere Moggi. Ebbene Giraudo ha patteggiato la pena, dunque ha ammesso le proprie responsabilità. Moggi è stato condannato in primo grado. Chi li ha voluti non può pretendere ora di negare le proprie responsabilità. Qualcosa di illegale è stato compiuto. La giustizia sportiva e quella penale lo hanno stabilito. Se in giro c’è qualche impunito, Agnelli si lamenti, protesti, saremo con lui. Ma la Juventus ha sbagliato e giustamente e duramente ha pagato. La storia finisca qua. Si dedichi alla costruzione di una squadra vincente. I risultati di questo campionato dimostrano che forse è sulla strada giusta per tornare a vincere. In maniera pulita. E dimentichi per sempre quei due titoli maledetti. Scudetti che andrebbero buttati nella pattumiera per sempre e non cuciti sul petto come improvvidamente ha fatto qualche presunto cultore dell’onestà.
Tuttavia, la sentenza di Napoli ha un’importanza fondamentale perché in sostanza conferma, con tempi e modi differenti, le decisioni prese a suo tempo dalla giustizia sportiva. Ad oggi, la verità processuale dice che è esistito un gruppo di potere nel nostro calcio che ha pesantemente condizionato alcuni campionati di serie A, orientandone in maniera fraudolenta gli esiti sportivi. Anche i giudici, dunque, hanno dato conforto alla sensazione che avevo avuto, a suo tempo, nel leggere l’intero corpo di intercettazioni su cui si basava l’inchiesta “Off-side”. Quella, cioè, di trovarmi di fronte ad una delle situazioni più vergognose ed intollerabili che il nostro calcio avesse mai vissuto. E’ vero, non tutti i protagonisti della sporca vicenda sono stati puniti. Nel corso del dibattimento gli avvocati di Moggi hanno dimostrato, intercettazioni alla mano, che esisteva anche un coinvolgimento dell’Inter. In questo senso, è vergognoso e intollerabile che la prescrizione sia intervenuta per salvare la posizione di Moratti e del club nerazzurro. Questo però non autorizza nessuno a sostenere la tesi “tutti colpevoli, nessun colpevole”. Intanto, perché è da dimostrare che, a parte l’Inter, siano stati coinvolti altri club. Poi, perché quand’anche si riuscisse a dimostrarlo, significherebbe solo che dovrebbe allargarsi la schiera di quelli che avrebbero dovuto essere puniti. Per adesso sappiamo che gran parte di loro sono stati individuati e sanzionati. Sia dalla giustizia sportiva (definitivamente), sia da quella penale (primo grado). Questo è sufficiente a dare sostegno a un mio vecchio desiderio: chi si è reso protagonista di certi comportamenti deve essere emarginato dal nostro calcio. Ancor più deve essere spazzato via un certo modo di gestire e di intendere il calcio, erigendo un cordone sanitario che faccia sì che certe intollerabili truffe non si ripetano mai più.
Una cosa va detta ad Andrea Agnelli. Questa sentenza, a mio avviso, rappresenta un colpo mortale alla sua strategia. Sappiamo tutti che in caso di assoluzione di Moggi lui e i suoi avvocati l’avrebbero cavalcata per sostenere la tesi che la Juventus non ha fatto nulla per meritare la revoca dei titoli conquistati. Questa intenzione era stata anticipata in ogni sede e circostanza. Ora la Juventus ci fa sapere che la sua posizione è assolutamente estranea a quella di Moggi. No, così non va. Quando Agnelli pretende per la Juventus pari trattamento rispetto alle altre ha ragione. Si adoperi, allora, per organizzare una campagna stampa per indurre Moratti e l’Inter a rinunciare alla prescrizione e a farsi processare come tutti gli altri. Ma insistere sulla restituzione dei titoli tolti alla Juve è un errore madornale. Ricordi che il creatore della Triade fu suo padre Umberto. Fu lui ad affidare la gestione manageriale a Giraudo e a volere Moggi. Ebbene Giraudo ha patteggiato la pena, dunque ha ammesso le proprie responsabilità. Moggi è stato condannato in primo grado. Chi li ha voluti non può pretendere ora di negare le proprie responsabilità. Qualcosa di illegale è stato compiuto. La giustizia sportiva e quella penale lo hanno stabilito. Se in giro c’è qualche impunito, Agnelli si lamenti, protesti, saremo con lui. Ma la Juventus ha sbagliato e giustamente e duramente ha pagato. La storia finisca qua. Si dedichi alla costruzione di una squadra vincente. I risultati di questo campionato dimostrano che forse è sulla strada giusta per tornare a vincere. In maniera pulita. E dimentichi per sempre quei due titoli maledetti. Scudetti che andrebbero buttati nella pattumiera per sempre e non cuciti sul petto come improvvidamente ha fatto qualche presunto cultore dell’onestà.
IL CAMPIONATO SALUTA IL RITORNO DEL MILAN
Pubblicato su TS l'8 novembre 2011
La giornata di campionato alla fine è risultata monca a causa dei rinvii di Genoa-Inter e Napoli-Juventus. Naturalmente in questi momenti il calcio è l’ultima delle nostre preoccupazioni e da queste colonne voglio manifestare anch’io la totale vicinanza alle popolazioni colpite dai recenti alluvioni, in particolare Genova e la Liguria intera. Il nostro mestiere, però, è quello di analizzare quello che accade nel nostro sport più amato e va detto che la mancata disputa delle due gare in oggetto ha obiettivamente ridimensionato l’interesse di una giornata che si annunciava, invece, particolarmente interessante.
Sugli scudi continuano a rimanere Udinese e Lazio. Avevamo previsto che queste due eccellenti formazioni non rappresentavano un fuoco di paglia. I fatti stanno confermando questo punto di vista. I friulani, quando possono usufruire della vena realizzativa di Totò Di Natale, non sbagliano un colpo. Hanno steccato solo a Napoli e, guarda caso, mancava proprio il loro uomo più rappresentativo. Non inganni il fatto che il Siena sia stato piegato solo di misura. Quella toscana è una delle piccole realtà più interessanti di questo scorcio di campionato e batterla non è stato per niente banale. I complimenti vanno estesi anche alla Lazio. Magari contro il Parma ci si poteva aspettare anche un successo più agevole. Però i ragazzi di Reja all’Olimpico avevano evidenziato qualche difficoltà di troppo e già essersi assicurati i tre punti è stato un bel traguardo. La squadra sembra ormai maturata ed ha la straordinaria capacità di ottimizzare gli sforzi. La Lazio, per dire, ha segnato solo sedici reti in dieci partite eppure s’è portata a casa ventuno punti. Io non credo che l’Udinese o la Lazio possano vincere il titolo. Tuttavia, hanno tutte le carte in regola per lottare fino alla fine per un posto nell’Europa che conta.
Intanto, senza particolari clamori, il Milan sta progressivamente tornando al suo posto. Il Catania di Montella gioca un buon calcio ed ha raccolto un numero di punti tutt’altro che disprezzabile. Eppure a S.Siro è stato travolto. Anche questo risultato non era per niente scontato, almeno per l’entità. Era lecito aspettarsi che, dopo il caso Gattuso, la scoperta che Antonio Cassano ha subito un leggero ictus a causa di una malformazione al cuore, scuotesse notevolmente l’ambiente rossonero. Così, infatti, è avvenuto. Tuttavia, la squadra ha reagito nella maniera giusta, come solo le squadre di grande personalità riescono a fare. Certo, per l’immediato futuro la dirigenza dovrà trovare un’alternativa a Cassano. Per il momento, l’attuale potenziale sembra essere ampiamente sufficiente per consentire al Milan di difendere il titolo con concrete possibilità di bissare il successo della passata stagione.
Nel rinviare l’analisi relativa ad altre squadre di vertice come Juventus, Napoli e Inter, un discorso a parte merita la Roma. Dopo il tonfo casalingo contro il Milan, tutto l’ambiente romanista attendeva con viva preoccupazione la trasferta di Novara. Sul sintetico del “Piola” per circa un’ora, soprattutto nel primo tempo, s’è vista una squadra brutta, noiosa, senza idee e priva di qualsiasi schema offensivo degno di questo nome. A tutto questo si sono aggiunte anche le solite difficoltà difensive, aggravate dalla decisione di Luis Enrique di stupire ancora una volta inserendo Cassetti centrale e Taddei terzino sinistro. Poi, finalmente il tecnico asturiano ha azzeccato una mossa: inserire Bojan in avanti, arretrando Lamela sulla linea della trequarti. Da quel momento la squadra s’è sbloccata, realizzando due gol e producendo un certo gioco offensivo. Alla fine è arrivata la vittoria, ma non va dimenticata una parata determinante di Stekelenburg e un palo colpito dal Novara. La sensazione è che la bravura dei singoli sia riuscita ad ovviare a certe scelte cervellotiche del tecnico che a lungo hanno frenato la squadra. Questo successo è di fondamentale importanza. Adesso a Trigoria potranno lavorare tranquilli per due settimane, in attesa di un altro incontro potenzialmente favorevole, come quello col Lecce all’Olimpico. In questo periodo anche Luis Enrique farà bene a riflettere su certe sue scelte. Non sono solo i giocatori a dover dare di più. Anche al tecnico si chiede di fare meglio. Molto meglio.
La giornata di campionato alla fine è risultata monca a causa dei rinvii di Genoa-Inter e Napoli-Juventus. Naturalmente in questi momenti il calcio è l’ultima delle nostre preoccupazioni e da queste colonne voglio manifestare anch’io la totale vicinanza alle popolazioni colpite dai recenti alluvioni, in particolare Genova e la Liguria intera. Il nostro mestiere, però, è quello di analizzare quello che accade nel nostro sport più amato e va detto che la mancata disputa delle due gare in oggetto ha obiettivamente ridimensionato l’interesse di una giornata che si annunciava, invece, particolarmente interessante.
Sugli scudi continuano a rimanere Udinese e Lazio. Avevamo previsto che queste due eccellenti formazioni non rappresentavano un fuoco di paglia. I fatti stanno confermando questo punto di vista. I friulani, quando possono usufruire della vena realizzativa di Totò Di Natale, non sbagliano un colpo. Hanno steccato solo a Napoli e, guarda caso, mancava proprio il loro uomo più rappresentativo. Non inganni il fatto che il Siena sia stato piegato solo di misura. Quella toscana è una delle piccole realtà più interessanti di questo scorcio di campionato e batterla non è stato per niente banale. I complimenti vanno estesi anche alla Lazio. Magari contro il Parma ci si poteva aspettare anche un successo più agevole. Però i ragazzi di Reja all’Olimpico avevano evidenziato qualche difficoltà di troppo e già essersi assicurati i tre punti è stato un bel traguardo. La squadra sembra ormai maturata ed ha la straordinaria capacità di ottimizzare gli sforzi. La Lazio, per dire, ha segnato solo sedici reti in dieci partite eppure s’è portata a casa ventuno punti. Io non credo che l’Udinese o la Lazio possano vincere il titolo. Tuttavia, hanno tutte le carte in regola per lottare fino alla fine per un posto nell’Europa che conta.
Intanto, senza particolari clamori, il Milan sta progressivamente tornando al suo posto. Il Catania di Montella gioca un buon calcio ed ha raccolto un numero di punti tutt’altro che disprezzabile. Eppure a S.Siro è stato travolto. Anche questo risultato non era per niente scontato, almeno per l’entità. Era lecito aspettarsi che, dopo il caso Gattuso, la scoperta che Antonio Cassano ha subito un leggero ictus a causa di una malformazione al cuore, scuotesse notevolmente l’ambiente rossonero. Così, infatti, è avvenuto. Tuttavia, la squadra ha reagito nella maniera giusta, come solo le squadre di grande personalità riescono a fare. Certo, per l’immediato futuro la dirigenza dovrà trovare un’alternativa a Cassano. Per il momento, l’attuale potenziale sembra essere ampiamente sufficiente per consentire al Milan di difendere il titolo con concrete possibilità di bissare il successo della passata stagione.
Nel rinviare l’analisi relativa ad altre squadre di vertice come Juventus, Napoli e Inter, un discorso a parte merita la Roma. Dopo il tonfo casalingo contro il Milan, tutto l’ambiente romanista attendeva con viva preoccupazione la trasferta di Novara. Sul sintetico del “Piola” per circa un’ora, soprattutto nel primo tempo, s’è vista una squadra brutta, noiosa, senza idee e priva di qualsiasi schema offensivo degno di questo nome. A tutto questo si sono aggiunte anche le solite difficoltà difensive, aggravate dalla decisione di Luis Enrique di stupire ancora una volta inserendo Cassetti centrale e Taddei terzino sinistro. Poi, finalmente il tecnico asturiano ha azzeccato una mossa: inserire Bojan in avanti, arretrando Lamela sulla linea della trequarti. Da quel momento la squadra s’è sbloccata, realizzando due gol e producendo un certo gioco offensivo. Alla fine è arrivata la vittoria, ma non va dimenticata una parata determinante di Stekelenburg e un palo colpito dal Novara. La sensazione è che la bravura dei singoli sia riuscita ad ovviare a certe scelte cervellotiche del tecnico che a lungo hanno frenato la squadra. Questo successo è di fondamentale importanza. Adesso a Trigoria potranno lavorare tranquilli per due settimane, in attesa di un altro incontro potenzialmente favorevole, come quello col Lecce all’Olimpico. In questo periodo anche Luis Enrique farà bene a riflettere su certe sue scelte. Non sono solo i giocatori a dover dare di più. Anche al tecnico si chiede di fare meglio. Molto meglio.
Portogallo: occhio alla Bosnia di Dzeko e Pjanic
Pubblicato su www.betpress.it l'8 novembre 2011
La prima fase di Euro 2012 è giunta al suo momento finale. L’ultimo atto della campagna di qualificazioni è rappresentato dagli spareggi che decreteranno i nomi delle ultime quattro nazionali ammesse alla fase finale. A differenza di altre occasioni, va detto che stavolta forse mancano partite di particolare livello, anche se, a parte l’eccezione di Estonia-EIRE, c’è molto equilibrio.
Per certi versi la gara più interessante può essere considerata Bosnia-Portogallo. I lusitani, come spesso gli accade, nel corso delle qualificazioni hanno perso più volte l’occasione di chiudere anzitempo il conto. Adesso, pur essendo dotati di un potenziale ragguardevole, rappresentato soprattutto dalla classe straordinaria di Cristiano Ronaldo, sono costretti a questo sforzo supplementare. Certo, il blasone dice Portogallo. Ma la Bosnia è un avversario molto pericoloso. Nel suo girone ha messo paura alla Francia e possiede una qualità tecnica complessiva molto buona. E’ sufficiente fare due nomi. Pjanic, il centrocampista talentuoso su cui sta puntando la Roma, e Dzeko, bomber prolifico e implacabile del Manchester City di Roberto Mancini. La nostra sensazione è che al Portogallo non basterà fare risultato in Bosnia. Dovrà comunque giocarsi la qualificazione in casa, stando attento anche.
Un certo interesse ce l’ha anche Turchia-Croazia. I turchi sono un po’ in calo rispetto ai loro standard storicamente migliori. Quanto alla Croazia, ha sperato fino all’ultimo di poter finire prima nel suo girone, poi ha dovuto cedere il passo alla Grecia. I croati in passato avevano maggiore talento in nazionale, ma restano una squadra di livello. A nostro avviso sono favoriti. Potrebbero pareggiare in Turchia e poi risolvere tutto a Zagabria.
Decisamente favorita la Repubblica Ceca sul Montenegro, nazionale che comunque ha impegnato a fondo l’Inghilterra nei gironi. Quanto alla sorpresa Estonia, il pronostico per lei contro l’Irlanda di Trapattoni è sostanzialmente chiuso. Il fatto di giocare la prima in casa non aiuta.
La prima fase di Euro 2012 è giunta al suo momento finale. L’ultimo atto della campagna di qualificazioni è rappresentato dagli spareggi che decreteranno i nomi delle ultime quattro nazionali ammesse alla fase finale. A differenza di altre occasioni, va detto che stavolta forse mancano partite di particolare livello, anche se, a parte l’eccezione di Estonia-EIRE, c’è molto equilibrio.
Per certi versi la gara più interessante può essere considerata Bosnia-Portogallo. I lusitani, come spesso gli accade, nel corso delle qualificazioni hanno perso più volte l’occasione di chiudere anzitempo il conto. Adesso, pur essendo dotati di un potenziale ragguardevole, rappresentato soprattutto dalla classe straordinaria di Cristiano Ronaldo, sono costretti a questo sforzo supplementare. Certo, il blasone dice Portogallo. Ma la Bosnia è un avversario molto pericoloso. Nel suo girone ha messo paura alla Francia e possiede una qualità tecnica complessiva molto buona. E’ sufficiente fare due nomi. Pjanic, il centrocampista talentuoso su cui sta puntando la Roma, e Dzeko, bomber prolifico e implacabile del Manchester City di Roberto Mancini. La nostra sensazione è che al Portogallo non basterà fare risultato in Bosnia. Dovrà comunque giocarsi la qualificazione in casa, stando attento anche.
Un certo interesse ce l’ha anche Turchia-Croazia. I turchi sono un po’ in calo rispetto ai loro standard storicamente migliori. Quanto alla Croazia, ha sperato fino all’ultimo di poter finire prima nel suo girone, poi ha dovuto cedere il passo alla Grecia. I croati in passato avevano maggiore talento in nazionale, ma restano una squadra di livello. A nostro avviso sono favoriti. Potrebbero pareggiare in Turchia e poi risolvere tutto a Zagabria.
Decisamente favorita la Repubblica Ceca sul Montenegro, nazionale che comunque ha impegnato a fondo l’Inghilterra nei gironi. Quanto alla sorpresa Estonia, il pronostico per lei contro l’Irlanda di Trapattoni è sostanzialmente chiuso. Il fatto di giocare la prima in casa non aiuta.
martedì 1 novembre 2011
ZOFF: ANCHE DOPO LO SCANDALO MOGGI HANNO CONTINUATO AD IGNORARMI (VERSIONE INTEGRALE IN ITALIANO)
Versione integrale dell'intervista uscita oggi su France Football
Dino Zoff è il mito del calcio italiano, una delle leggende del calcio internazionale di tutti i tempi. E’ stato eletto il miglior giocatore della Nazionale italiana degli ultimi 50 anni e considerato tra i cinquanta calciatori più forti di tutti i tempi. Nella sua lunghissima carriera, conclusa all’età di 41 anni, ha vinto un Europeo (1968), un Mondiale (1982) ed è stato vicecampione del mondo (1970). Detiene tuttora il record mondiale di imbattibilità per nazionali con 1142 minuti senza reti subite (dal 20 settembre 1972 al 15 giugno 1974). Con la maglia azzurra ha collezionato 112 presenze. Alla Juventus vinse 6 scudetti, 2 Coppe Italia e una Coppa UEFA. Da allenatore della Nazionale è stato vicecampione d’Europa (2000). Ha allenato la Juventus con la quale ha vinto una Coppa UEFA. Ha guidato anche la Fiorentina e soprattutto la Lazio, di cui è stato anche presidente. Lo scorso 24 settembre ha festeggiato il cinquantesimo anniversario dall’esordio in serie A.
Dino di recente ha festeggiato i 50 anni dall’esordio in serie A con la maglia dell’Udinese a Firenze il 24 settembre 1961. Ci racconta come avvenne?
“Ah ah ah [ride di gusto, nda] quell’esordio non fu proprio felice. Giocavamo a Firenze e presi addirittura cinque gol. Sa avevo 19 anni, non ebbi particolari responsabilità sui gol ma fu una partita terribile. Per un certo periodo ne pagai anche le conseguenze perché non giocai più. Però io anche da giovane ho sempre avuto le idee chiare ed ero consapevole delle mie capacità, quindi non mi abbattei per niente. Così a fine stagione tornai in porta e giocai tre ottime partite. Tra l’altro andammo a vincere a Torino contro la Juventus. Grazie a quelle belle prestazioni mi guadagnai la maglia da titolare per la stagione successiva, anche se giocammo in B”.
Come arrivò alla decisione di fare il portiere? Ha sempre avuto la vocazione per il ruolo o la cosa avvenne per caso?
“Io ho fatto il portiere per vocazione. Non per caso, come accade a tanti. Già quando avevo cinque o sei anni giocavo in porta ed ero pure bravo. Tanto è vero che i ragazzi più grandi lottavano per avermi con loro. Sono sempre stato affascinato da questo ruolo, sin da bambino. Perché il portiere è un ruolo un po’ solitario, in fondo se ci pensa il portiere è tra i giocatori quello che svolge una funzione più individuale, un po’ a parte rispetto agli altri compagni. In fondo credo che questa specielità si avvicini molto al mio tipo di carattere”.
Aveva un modello?
“Da ragazzino i grandi portieri italiani dell’epoca, ad esempio Sentimenti. Ma quando già giocavo ad alti livelli, il punto di riferimento fu senza dubbio Jashin. Del resto era un portiere leggendario, formidabile, l’unico ad aver vinto il Pallone d’Oro. L’obiettivo era di diventare un portiere di quel livello. Credo di esserci riuscito, anche se il Pallone d’Oro non l’ho vinto, pur andandoci molto vicino”.
Quali erano, rispetto al calcio di allora, le sue caratteristiche principali, i suoi punti di forza?
“Le dirò che quando andavo a scuola ero piuttosto bravo in tutte le discipline sportive. Mi esprimevo su ottimi livelli più o meno in tutte le attività agonistiche. Da portiere credo che sia stata questa la mia specialità: esprimermi a buoni livelli su tutti gli aspetti fondamentali del ruolo. Io ho sempre pensato che il portiere ideale non sia quello che fa i miracoli una volta e poi magari fa qualche papera qua e là. Ecco, io ero uno che magari non faceva la parata miracolosa, incredibile ma si esprimeva sempre ai massimi livelli con costanza. Credo di essere stato un portiere ugualmente affidabile nelle uscite basse, tra i pali, come padronanza dell’area, come senso della posizione. In tutta la mia carriera ho sempre cercato di migliorare la tecnica di base del mio ruolo. Io, ad esempio, non è che sia contrario alle parate spettacolari ma devono essere finalizzate ad evitare il gol avversario, non a solleticare la platea. Il portiere deve essere una garanzia per la sua squadra non dare spettacolo. Ho sempre cercato di attenermi a questo principio”.
Appena sette anni dopo il debutto, ebbe modo di vincere gli europei del 1968, cosa ricorda di quell’avventura?
“Il successo all’Europeo lo ricordo bene e con un certo piacere. Riuscii a conquistare il posto per la fase finale. Fu un cammino difficile. In semifinale contro l’URSS soffrimmo molto in dieci contro undici. Poi nella prima finale contro la Jugoslavia meritavamo di perdere ma poi riuscimmo a pareggiare e a guadagnare la ripetizione. Nel secondo match, però, non ci fu discussione: vincemmo nettamente e meritatamente. E’ un ricordo molto bello. Tra l’altro fu la prima volta in cui lo stadio partecipò con una certa passione all’avvenimento. Ricordo tutto il pubblico che fece luce con gli accendini, come se fosse un concerto. Fu una grande coreografia. Uno dei ricordi più belli della mia carriera”.
Due anni dopo in Messico le fu preferito Albertosi. Come prese quella decisione?
“Beh se devo dire la verità mi aspettavo di giocare titolare quel Mondiale. Del resto molte delle partite di qualificazione le giocai io. Però non ho rimpianti. Albertosi era un grande portiere, rappresentava il Cagliari che aveva vinto lo scudetto e meritava anche lui”.
Nei Mondiali del ’78, quelli in cui forse si vide la migliore Italia di Bearzot, lei fu accusato di essere ormai vecchio e da rottamare per via dei due gol presi con l’Olanda. Come giudica quelle sue prestazioni e cosa ricorda di quel bel mondiale?
“Devo essere onesto: in quel Mondiale non ebbi un grande rendimento. Poi si parla sempre dei due gol incassati. In realtà è sul gol di Haan che avrei potuto fare di più, ma la palla prese una traiettoria strana e la valutai male. Capita. Quello che mi fa ridere è che oggi gol come quello vengono definiti “eurogol”, a me invece dissero che ero diventato cieco, ormai vecchio e da buttare. Però devo ammettere se se avessi fatto meglio l’Italia avrebbe potuto disputare la finale. Vincere no perché quell’Argentina, al di là del fattore politico, era una squadra fortissima”.
Poi nel 1982, finalmente, la più grande soddisfazione: la vittoria in Spagna.
“Quel Mondiale lo vincemmo praticamente battendo il Brasile: da lì in avanti fu un crescendo, eravamo convinti di vincere. Contro il Brasile feci una delle parate più difficili della mia carriera. Eravamo sul 3-2 per noi e bloccai un pallone di Oscar. La palla finì schiacciata sulla riga e dovetti fare uno sforzo enorme per limitare al minimo il gesto tecnico per non dare l’impressione all’arbitro che la palla fosse entrata. Abbiamo corso un grande rischio perché i brasiliani gridavano tutti al gol e se avessi fatto un movimento di troppo il direttore di gara avrebbe potuto credere che avevo respinto un pallone già entrato dentro. Invece tenendolo bloccato sulla linea fu tutto chiaro. Penso che il nostro Mondiale sia stato vinto in quell’istante”.
Ricorda quella partita a carte tra lei, Bearzot, Causio e il Presidente Pertini in aereo al ritorno?
“Sa com’è, finire un Mondiale con la coppa in mano, giocare a carte col Presidente in aereo durante il viaggio di ritorno. Ricordi indimenticabili. Pertini era un uomo molto aperto, comunicativo, mi ha sempre dato l’impressione di considerarmi suo amico. E forse lo è stato davvero. Però le ricordo che quella partita a carte io e Pertini la perdemmo, contro Bearzot e Causio. Il Presidente bonariamente mi rimproverò per questo. Che personaggio Pertini! Oggi voi giornalisti dedicate molta attenzione alla comunicazione, vi piacciono i personaggi che sanno comunicare. Mi dica lei, ma che esempio indimenticabile di comunicazione fu quella partita a carte? Su questo Pertini era inimitabile. Quelle immagini restano ancora oggi un’icona della comunicazione”.
Dopo quel successo lei diventò un mito assoluto del calcio italiano, forse il calciatore italiano più rappresentativo nel mondo. Finì addirittura su un francobollo.
“Sa com’è, ho vinto che avevo quaranta anni, da capitano, era inevitabile che diventassi un simbolo. Del resto io ero molto appagato da tutto quello che era successo. In effetti sono diventato un mito ma io ho continuato a vivere come sempre. Ancora oggi molte persone mi fermano e ancora mi ringraziano per quella impresa, soprattutto chi ha un’età che gli permette di averla vissuta. A me fa molto piacere ma, come le ho detto, continuo a vivere normalmente come sempre”.
Oltre ai tanti successi, il record di imbattibilità in azzurro.
“Si una delle cose più belle della mia carriera è stato quel record di imbattibilità. Durò due anni. Purtroppo di interruppe nel corso di un Mondiale disgraziato, quello del 1974 [gol di Sanon]. Grazie anche a quel record arrivai ad un passo dal vincere il Pallone d’Oro”.
Tra tanti successi in Nazionale, gli anni della Juventus. Tanti titoli vinti. Qual è stata la più grande soddisfazione?
“Certo quella fu una Juventus che vinse moltissimo. Solo che in Italia vincevamo scudetti a ripetizione, mentre in Europa avevamo delle difficoltà. Vincemmo una Coppa UEFA, ma fu l’unico trofeo internazionale. Io di quegli anni vado orgoglioso soprattutto del fatto di essere stato presente ininterrottamente per undici anni. Non saltai una partita. Ecco, questo per me è il portiere: l’affidabilità”.
E la più grande amarezza?
“Non c’è bisogno di pensarci: la sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni di Atene. Eravamo una squadra fortissima. Avevamo l’ossatura della Nazionale campione del mondo più due fenomeni come Platini e Boniek. Quella partita contro l’Amburgo noi non la giocammo proprio. Però nel calcio capita”.
Lei è stato uno dei calciatori più longevi del calcio italiano. Oggi è più o meno difficile giocare fino a tarda età, visti i ritmi attuali e i calendari fitti?
“Io non credo che oggi ci siano maggiori difficoltà rispetto al passato. Di esempi di longevità ne abbiamo molti. Anche calciatori che hanno ricoperto ruoli più “usuranti” di quello del portiere sono riusciti a giocare a lungo. Prenda Maldini oppure oggi Zanetti dell’Inter. Il segreto è stare alla larga dagli infortuni gravi e curare il proprio fisico. Soprattutto fare la vita da atleta”.
Lei ha attraversato molti decenni del calcio italiano, com’è cambiato negli anni il ruolo del portiere?
“Io dico che non è cambiato molto. A parte la regola sul passaggio all’indietro, tutto è rimasto immutato. Questa stessa innovazione non ha avuto un impatto determinante sul lavoro del portiere. Certo, adesso bisogna essere più bravi con i piedi ma ricorda l’epoca in cui tutti, per copiare il modello olandese, praticavano il fuorigioco esasperato? Anche allora i portieri dovevano cavarsela bene con i piedi. Insomma non vedo grandi differenze. Il portiere deve sempre essere bravo tra i pali, dominare l’area di rigore, fare bene le uscite, essere capace di prendere il pallone. Insomma la tecnica di base che le dicevo prima”.
Spesso si dice che un tempo il gioco era molto più lento e il compito dei portieri più facile. Che ne pensi?
“In generale le dico che mediamente mi sembra che oggi le squadre siano tecnicamente più valide. Tutti i giocatori, più o meno, hanno dei buoni fondamentali tecnici. Forse corrono di più. Nel passato, però, i talenti spiccavano di più. Insomma tutto mi sembra maggiormente livellato. Però tutto questo non ha, secondo me, un impatto sul lavoro del portiere. Insomma, se un portiere era bravo un tempo lo sarebbe anche oggi”.
Negli anni ’80 la scuola italiana produceva grandi portieri a ripetizione. Prima lei e Albertosi, poi la generazione dei Giovanni Galli e dei Tancredi, poi Zenga, Tacconi e Peruzzi, in seguito Peruzzi e Buffon. Non crede che da un po’ di tempo si producano pochi talenti nel ruolo? Quale può essere il motivo?
“Intanto mi faccia dire che il livello qualitativo toccato dalla mia generazione i Zoff, gli Albertosi, i Sarti non è stato raggiunto negli anni ’80, anche se quelli che lei ha nominato sono stati ottimi portieri. Buffon sì che è un grande. Comunque sia io in giro vedo ottimi portieri italiani. A parte Zoff, c’è De Sanctis, Abbiati, Sirigu, vediamo come riparte Marchetti che è stato fermo a lungo. Il problema è che sono pochi, questo si. Un tempo se ne producevano di più. Certamente il fatto che i club ingaggino molti portieri stranieri un peso ce l’ha. Io credo però che la spiegazione vera di questa difficoltà sia un’altra. Il portiere è un ruolo di enorme responsabilità. Oggi c’è talmente tanta fretta di fare risultato che non viene perdonato nulla. Se un portiere giovane commette degli errori è finito, bruciato. Se non possiede una fortissima personalità si perde. Che ciò accada in serie A ci può stare. Il fatto è che questi meccanismi ormai si registrano anche a livello giovanile. Questo spaventa i ragazzi, che magari preferiscono stare alla larga da questo ruolo”.
Tra i più interessanti prodotti della scuola italiana c’è Sirigu che, però, per affermarsi è dovuto andare in Francia. Cosa pensi di questo fatto e, in particolare, di Sirigu?
“Ma io credo che Sirigu si sia imposto già in Italia. In fondo era un nazionale già prima, era considerato di buon livello, affidabile. Magari a Parigi ha semplicemente trovato un ambiente a lui favorevole. Ripeto, il problema non è che gli italiani non sappiano più fare i portieri è che quelli bravi sono pochi. Ma sa, nel calcio ci sono anche i cicli. Un tempo i portieri brasiliani erano molto scarsi ora sono tra i più forti al mondo”.
Come definiresti la specificità della scuola italiana dei portieri? In cosa sono diversi dagli altri.
“La caratteristica storica della scuola italiana è la tecnica. Questa caratteristica ti permette di sbagliare il meno possibile. Quando un portiere riesce a fare bene le cose di base, bloccare il pallone, uscire dalla porta e così via ha i numeri per essere affidabile, dunque per essere bravo. Il resto lo fa la personalità. In sintesi, la caratteristica fondamentale della nostra scuola è sbagliare il meno possibile affidandosi alla tecnica”.
A questo proposito, per la prima volta oltre la metà dei calciatori della serie A è straniera. Qual è l’impatto sul calcio italiano?
“Guardi parlavo di questo argomento con Fabio Capello proprio alcuni giorni fa. Mi diceva che in Inghilterra molti tra quelli che lo criticano sono convinti che un CT inglese possa convocare chissà quanti giocatori e non sanno che appena il 30% dei tesserati della Premier League è convocabile. Quello che accade a Capello sta a testimoniare che il problema non è italiano ma europeo. D’altra parte, in un mondo globalizzato come il nostro come si fa a negare a calciatori sudamericani o africani, se sono bravi, di sfruttare il loro talento giocando in Europa? E’ impossibile. Chiaramente questo fenomeno penalizza le nazionali, dunque anche quella italiana. Poi c’è questa nuova tendenza, emersa di recente da noi, di aprire le porte della Nazionale anche a quelli che un tempo chiamavamo oriundi, ossia calciatori di origine italiana. A me questo fenomeno non convince, la trovo un’esagerazione. Finché si tratta di calciatori di origine straniera ma nati e cresciuti in Italia, dunque italiani a tutti gli effetti, come Balotelli, niente da dire. Ma giocatori come Camoranesi in passato o Amauri e Motta di recente perché convocarli in Nazionale? Adesso ho visto che Prandelli ha convocato anche Osvaldo. Non so, questa tendenza non mi convince. Anche perché non vorrei che prevalesse la corsa a cercare un parente lontano o un nonno pur di portare un calciatore in Nazionale”.
Lei ha vissuto da protagonista, come calciatore e poi come allenatore, l’ascesa del calcio italiano fino al top mondiale negli anni ’80 e ’90. Ora l’Italia vive un momento di difficoltà. Come mai?
“Effettivamente non siamo più la nazione leader, lo siamo stati a lungo. Però io non credo che l’Italia sia così indietro. La Nazionale, a parte l’ultimo mondiale, sta lavorando bene. Ultimamente in Champions League le nostre squadre sono migliorate. Io non sono pessimista, torneremo a primeggiare”.
Che peso hanno le migliori capacità manageriali di campionati come la Premier League o la Bundesliga?
“Questo è un altro discorso. Li si tratta dell’azione governativa e dei vertici del nostro calcio che evidentemente non ha fatto molto in quel senso”.
Lei ha avuto un’importante esperienza come CT della Nazionale. Che ricorda di quel famoso Europeo sfumato per colpa del golden gol contro la Francia nel 2000?
“Facemmo un grande Europeo. A parte la gara contro l’Olanda dove giocammo in inferiorità numerica e in effetti passammo solo grazie a Toldo e a una buona dose di fortuna, controllammo con sicurezza tutte le partite. Compresa la finale con la Francia. Eravamo 1-0, avevamo anche fallito due ottime occasioni per il raddoppio, poi un rilancio del portiere avversario e fu la fine. Perdemmo la coppa. La delusione fu grande. Ho ripensato spesso a quella finale. Mi sono chiesto mille volte cosa avrei potuto fare di diverso. Ma alla fine sono arrivato alla conclusione che noi abbiamo fatto tutto quello che c’era da fare. Andò male e basta. Fu tutto frutto del caso. Oggi ripenso con serenità a quella partita”.
Alla fine lei si dimise per una frase di Berlusconi.
“Si. Utilizzò parole estremamente spiacevoli nei miei confronti. Io sono uno aperto che accetta le critiche. Se uno dice che ho sbagliato un cambio o a schierare un uomo, sono critiche che accetto. La lui parlò di indegnità riferendosi alla mia persona. Un’offesa del genere non potevo sopportarla perché non era rivolta al CT ma all’uomo. Poi il giorno dopo i suoi cercarono di sviare, di dire che si riferiva a come avevo fatto marcare Zidane. Ma era solo un modo per riparare. Ma io sono uno che non torna sulle sue decisioni”.
Lei ha avuto importanti esperienze come allenatore, soprattutto alla Juventus e alla Lazio. Ha mai pensato o avuto l’opportunità di allenare all’estero? Come mai non l’ha realizzata?
“Le dico la verità: no. E’ un’ipotesi che non ha mai seriamente preso in considerazione. Avrei avuto problemi di lingua, di adattamento. Non faceva per me. Non che non abbia avuto proposte interessanti. Una volta, ad esempio, mi cercò la federazione russa per guidare la loro nazionale, ma risposi di no. Comunque ora sono troppo vecchio per farlo. Oddio, a pensarci bene c’è Trapattoni che lo fa e non è più giovane di me!”.
E da giocatore, invece?
“Da giocatore si. All’epoca mi piaceva molto il calcio inglese, come anche adesso del resto. Se ci fosse stata l’opportunità sarei andato. Ma non capitò mai l’occasione giusta”.
Oggi i tecnici italiani più bravi e più pagati (Ancelotti, Mancini, Capello) allenano o hanno allenato in Inghilterra. Come mai lavorano tutti in quel campionato, così diverso per impostazione e mentalità rispetto a quello italiano?
“Si tratta di squadre di grande levatura e con grosse disponibilità economiche e loro sono molto bravi. Lo vedo come un importante riconoscimento per il nostro calcio”.
Ormai da diverse stagioni non allena più. Come mai? Mancanza di opportunità interessanti?
“Si, direi di si. Non ho avuto offerte stimolanti. Però diciamo la verità: il problema è anche un altro. Mi considerano e mi considero io stesso un allenatore d’altri tempi. Non sono un uomo di comunicazione. Non sono uno che va nei giornali e in televisione a parlare di rivoluzioni tattiche, di progetto, di calcio del futuro. Anche perché credo che, a ben analizzare, puoi modificare qualche piccolo particolare ma il calcio è sempre lo stesso. Il calcio e le vittorie lo fanno le qualità dei giocatori. L’allenatore deve solo usare il buon senso. Deve solo cercare di trovare la posizione in campo che esalti al massimo le qualità dei giocatori. Prenda il Barcellona. Guardiola è bravo. Ma se non avesse Messi, se quando Xavi fa i suoi passaggi divini fosse circondato da compagni che invece di smistare alla perfezione il pallone lo mandassero in tribuna perché tecnicamente scarsi, dove andrebbe il gioco del Barcellona? Le faccio un altro esempio. Io ho conosciuto bene il fenomeno Olanda degli anni ’70, il calcio totale ricorda? Dopo aver visto all’opera quella squadra tutti a riempirsi la bocca col gioco olandese. Eppure, tramontata la generazione di Cruijff l’Olanda per anni non combinò più nulla. Come mai? Gli olandesi conoscevano a memoria questo nuovo gioco, che gli costava replicarlo continuando a fare ottimi risultati? Semplice, mancavano i fuoriclasse. Con questo voglio dire che se non hai i giocatori non vai da nessuna parte. Ma oggi si preferisce dare credito a chi racconta di aver inventato il calcio. A me non va di raccontare certe storie, anche perché non ci credo”.
Non ha mai pensato di avere e meritare un posto in FIGC, lei che rimane un simbolo inattaccabile del calcio italiano?
“Eh eh eh [un sorriso un po’ amaro, nda]. Le dirò, quando nel 2006 è scoppiata Calciopoli ho creduto che in Italia potesse cambiare davvero qualcosa. Ho creduto che qualcuno si ricordasse di me, di quello che rappresento, anche all’estero, per il calcio italiano. Poi ho constatato che dopo lo scandalo non era cambiato proprio niente. Non è cambiato niente anche nei miei confronti, quindi non ci penso più”.
Concludiamo con la Nazionale di Cesare Prandelli. Come la giudica?
“Prandelli sta facendo un ottimo lavoro. Ci siamo qualificati per l’Europeo in anticipo, abbiamo giocatori interessanti. Restiamo una delle nazionali più forti”.
Quali sono le prospettive degli azzurri in vista di Euro 2012?
“All’Europeo l’Italia la vedo bene, credo sarà protagonista. Nel senso che può entrare tra le prime quattro”.
Quali a suo avviso le nazionali più attrezzate per fare bene in Polonia e Ucraina?
“Non so se la Germania si ripeterà. Vedremo. L’Inghilterra è una bella squadra ma loro hanno un campionato molto stressante e i giocatori arrivano alle manifestazioni per nazionali scarichi. Come al solito può fare bene la Spagna che può anche bissare il successo. Gli spagnoli hanno una generazione di calciatori troppo forte. Tra le outsider dico la Francia. Mi pare che sia in ripresa dopo un periodo di crisi”.
Dino Zoff è il mito del calcio italiano, una delle leggende del calcio internazionale di tutti i tempi. E’ stato eletto il miglior giocatore della Nazionale italiana degli ultimi 50 anni e considerato tra i cinquanta calciatori più forti di tutti i tempi. Nella sua lunghissima carriera, conclusa all’età di 41 anni, ha vinto un Europeo (1968), un Mondiale (1982) ed è stato vicecampione del mondo (1970). Detiene tuttora il record mondiale di imbattibilità per nazionali con 1142 minuti senza reti subite (dal 20 settembre 1972 al 15 giugno 1974). Con la maglia azzurra ha collezionato 112 presenze. Alla Juventus vinse 6 scudetti, 2 Coppe Italia e una Coppa UEFA. Da allenatore della Nazionale è stato vicecampione d’Europa (2000). Ha allenato la Juventus con la quale ha vinto una Coppa UEFA. Ha guidato anche la Fiorentina e soprattutto la Lazio, di cui è stato anche presidente. Lo scorso 24 settembre ha festeggiato il cinquantesimo anniversario dall’esordio in serie A.
Dino di recente ha festeggiato i 50 anni dall’esordio in serie A con la maglia dell’Udinese a Firenze il 24 settembre 1961. Ci racconta come avvenne?
“Ah ah ah [ride di gusto, nda] quell’esordio non fu proprio felice. Giocavamo a Firenze e presi addirittura cinque gol. Sa avevo 19 anni, non ebbi particolari responsabilità sui gol ma fu una partita terribile. Per un certo periodo ne pagai anche le conseguenze perché non giocai più. Però io anche da giovane ho sempre avuto le idee chiare ed ero consapevole delle mie capacità, quindi non mi abbattei per niente. Così a fine stagione tornai in porta e giocai tre ottime partite. Tra l’altro andammo a vincere a Torino contro la Juventus. Grazie a quelle belle prestazioni mi guadagnai la maglia da titolare per la stagione successiva, anche se giocammo in B”.
Come arrivò alla decisione di fare il portiere? Ha sempre avuto la vocazione per il ruolo o la cosa avvenne per caso?
“Io ho fatto il portiere per vocazione. Non per caso, come accade a tanti. Già quando avevo cinque o sei anni giocavo in porta ed ero pure bravo. Tanto è vero che i ragazzi più grandi lottavano per avermi con loro. Sono sempre stato affascinato da questo ruolo, sin da bambino. Perché il portiere è un ruolo un po’ solitario, in fondo se ci pensa il portiere è tra i giocatori quello che svolge una funzione più individuale, un po’ a parte rispetto agli altri compagni. In fondo credo che questa specielità si avvicini molto al mio tipo di carattere”.
Aveva un modello?
“Da ragazzino i grandi portieri italiani dell’epoca, ad esempio Sentimenti. Ma quando già giocavo ad alti livelli, il punto di riferimento fu senza dubbio Jashin. Del resto era un portiere leggendario, formidabile, l’unico ad aver vinto il Pallone d’Oro. L’obiettivo era di diventare un portiere di quel livello. Credo di esserci riuscito, anche se il Pallone d’Oro non l’ho vinto, pur andandoci molto vicino”.
Quali erano, rispetto al calcio di allora, le sue caratteristiche principali, i suoi punti di forza?
“Le dirò che quando andavo a scuola ero piuttosto bravo in tutte le discipline sportive. Mi esprimevo su ottimi livelli più o meno in tutte le attività agonistiche. Da portiere credo che sia stata questa la mia specialità: esprimermi a buoni livelli su tutti gli aspetti fondamentali del ruolo. Io ho sempre pensato che il portiere ideale non sia quello che fa i miracoli una volta e poi magari fa qualche papera qua e là. Ecco, io ero uno che magari non faceva la parata miracolosa, incredibile ma si esprimeva sempre ai massimi livelli con costanza. Credo di essere stato un portiere ugualmente affidabile nelle uscite basse, tra i pali, come padronanza dell’area, come senso della posizione. In tutta la mia carriera ho sempre cercato di migliorare la tecnica di base del mio ruolo. Io, ad esempio, non è che sia contrario alle parate spettacolari ma devono essere finalizzate ad evitare il gol avversario, non a solleticare la platea. Il portiere deve essere una garanzia per la sua squadra non dare spettacolo. Ho sempre cercato di attenermi a questo principio”.
Appena sette anni dopo il debutto, ebbe modo di vincere gli europei del 1968, cosa ricorda di quell’avventura?
“Il successo all’Europeo lo ricordo bene e con un certo piacere. Riuscii a conquistare il posto per la fase finale. Fu un cammino difficile. In semifinale contro l’URSS soffrimmo molto in dieci contro undici. Poi nella prima finale contro la Jugoslavia meritavamo di perdere ma poi riuscimmo a pareggiare e a guadagnare la ripetizione. Nel secondo match, però, non ci fu discussione: vincemmo nettamente e meritatamente. E’ un ricordo molto bello. Tra l’altro fu la prima volta in cui lo stadio partecipò con una certa passione all’avvenimento. Ricordo tutto il pubblico che fece luce con gli accendini, come se fosse un concerto. Fu una grande coreografia. Uno dei ricordi più belli della mia carriera”.
Due anni dopo in Messico le fu preferito Albertosi. Come prese quella decisione?
“Beh se devo dire la verità mi aspettavo di giocare titolare quel Mondiale. Del resto molte delle partite di qualificazione le giocai io. Però non ho rimpianti. Albertosi era un grande portiere, rappresentava il Cagliari che aveva vinto lo scudetto e meritava anche lui”.
Nei Mondiali del ’78, quelli in cui forse si vide la migliore Italia di Bearzot, lei fu accusato di essere ormai vecchio e da rottamare per via dei due gol presi con l’Olanda. Come giudica quelle sue prestazioni e cosa ricorda di quel bel mondiale?
“Devo essere onesto: in quel Mondiale non ebbi un grande rendimento. Poi si parla sempre dei due gol incassati. In realtà è sul gol di Haan che avrei potuto fare di più, ma la palla prese una traiettoria strana e la valutai male. Capita. Quello che mi fa ridere è che oggi gol come quello vengono definiti “eurogol”, a me invece dissero che ero diventato cieco, ormai vecchio e da buttare. Però devo ammettere se se avessi fatto meglio l’Italia avrebbe potuto disputare la finale. Vincere no perché quell’Argentina, al di là del fattore politico, era una squadra fortissima”.
Poi nel 1982, finalmente, la più grande soddisfazione: la vittoria in Spagna.
“Quel Mondiale lo vincemmo praticamente battendo il Brasile: da lì in avanti fu un crescendo, eravamo convinti di vincere. Contro il Brasile feci una delle parate più difficili della mia carriera. Eravamo sul 3-2 per noi e bloccai un pallone di Oscar. La palla finì schiacciata sulla riga e dovetti fare uno sforzo enorme per limitare al minimo il gesto tecnico per non dare l’impressione all’arbitro che la palla fosse entrata. Abbiamo corso un grande rischio perché i brasiliani gridavano tutti al gol e se avessi fatto un movimento di troppo il direttore di gara avrebbe potuto credere che avevo respinto un pallone già entrato dentro. Invece tenendolo bloccato sulla linea fu tutto chiaro. Penso che il nostro Mondiale sia stato vinto in quell’istante”.
Ricorda quella partita a carte tra lei, Bearzot, Causio e il Presidente Pertini in aereo al ritorno?
“Sa com’è, finire un Mondiale con la coppa in mano, giocare a carte col Presidente in aereo durante il viaggio di ritorno. Ricordi indimenticabili. Pertini era un uomo molto aperto, comunicativo, mi ha sempre dato l’impressione di considerarmi suo amico. E forse lo è stato davvero. Però le ricordo che quella partita a carte io e Pertini la perdemmo, contro Bearzot e Causio. Il Presidente bonariamente mi rimproverò per questo. Che personaggio Pertini! Oggi voi giornalisti dedicate molta attenzione alla comunicazione, vi piacciono i personaggi che sanno comunicare. Mi dica lei, ma che esempio indimenticabile di comunicazione fu quella partita a carte? Su questo Pertini era inimitabile. Quelle immagini restano ancora oggi un’icona della comunicazione”.
Dopo quel successo lei diventò un mito assoluto del calcio italiano, forse il calciatore italiano più rappresentativo nel mondo. Finì addirittura su un francobollo.
“Sa com’è, ho vinto che avevo quaranta anni, da capitano, era inevitabile che diventassi un simbolo. Del resto io ero molto appagato da tutto quello che era successo. In effetti sono diventato un mito ma io ho continuato a vivere come sempre. Ancora oggi molte persone mi fermano e ancora mi ringraziano per quella impresa, soprattutto chi ha un’età che gli permette di averla vissuta. A me fa molto piacere ma, come le ho detto, continuo a vivere normalmente come sempre”.
Oltre ai tanti successi, il record di imbattibilità in azzurro.
“Si una delle cose più belle della mia carriera è stato quel record di imbattibilità. Durò due anni. Purtroppo di interruppe nel corso di un Mondiale disgraziato, quello del 1974 [gol di Sanon]. Grazie anche a quel record arrivai ad un passo dal vincere il Pallone d’Oro”.
Tra tanti successi in Nazionale, gli anni della Juventus. Tanti titoli vinti. Qual è stata la più grande soddisfazione?
“Certo quella fu una Juventus che vinse moltissimo. Solo che in Italia vincevamo scudetti a ripetizione, mentre in Europa avevamo delle difficoltà. Vincemmo una Coppa UEFA, ma fu l’unico trofeo internazionale. Io di quegli anni vado orgoglioso soprattutto del fatto di essere stato presente ininterrottamente per undici anni. Non saltai una partita. Ecco, questo per me è il portiere: l’affidabilità”.
E la più grande amarezza?
“Non c’è bisogno di pensarci: la sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni di Atene. Eravamo una squadra fortissima. Avevamo l’ossatura della Nazionale campione del mondo più due fenomeni come Platini e Boniek. Quella partita contro l’Amburgo noi non la giocammo proprio. Però nel calcio capita”.
Lei è stato uno dei calciatori più longevi del calcio italiano. Oggi è più o meno difficile giocare fino a tarda età, visti i ritmi attuali e i calendari fitti?
“Io non credo che oggi ci siano maggiori difficoltà rispetto al passato. Di esempi di longevità ne abbiamo molti. Anche calciatori che hanno ricoperto ruoli più “usuranti” di quello del portiere sono riusciti a giocare a lungo. Prenda Maldini oppure oggi Zanetti dell’Inter. Il segreto è stare alla larga dagli infortuni gravi e curare il proprio fisico. Soprattutto fare la vita da atleta”.
Lei ha attraversato molti decenni del calcio italiano, com’è cambiato negli anni il ruolo del portiere?
“Io dico che non è cambiato molto. A parte la regola sul passaggio all’indietro, tutto è rimasto immutato. Questa stessa innovazione non ha avuto un impatto determinante sul lavoro del portiere. Certo, adesso bisogna essere più bravi con i piedi ma ricorda l’epoca in cui tutti, per copiare il modello olandese, praticavano il fuorigioco esasperato? Anche allora i portieri dovevano cavarsela bene con i piedi. Insomma non vedo grandi differenze. Il portiere deve sempre essere bravo tra i pali, dominare l’area di rigore, fare bene le uscite, essere capace di prendere il pallone. Insomma la tecnica di base che le dicevo prima”.
Spesso si dice che un tempo il gioco era molto più lento e il compito dei portieri più facile. Che ne pensi?
“In generale le dico che mediamente mi sembra che oggi le squadre siano tecnicamente più valide. Tutti i giocatori, più o meno, hanno dei buoni fondamentali tecnici. Forse corrono di più. Nel passato, però, i talenti spiccavano di più. Insomma tutto mi sembra maggiormente livellato. Però tutto questo non ha, secondo me, un impatto sul lavoro del portiere. Insomma, se un portiere era bravo un tempo lo sarebbe anche oggi”.
Negli anni ’80 la scuola italiana produceva grandi portieri a ripetizione. Prima lei e Albertosi, poi la generazione dei Giovanni Galli e dei Tancredi, poi Zenga, Tacconi e Peruzzi, in seguito Peruzzi e Buffon. Non crede che da un po’ di tempo si producano pochi talenti nel ruolo? Quale può essere il motivo?
“Intanto mi faccia dire che il livello qualitativo toccato dalla mia generazione i Zoff, gli Albertosi, i Sarti non è stato raggiunto negli anni ’80, anche se quelli che lei ha nominato sono stati ottimi portieri. Buffon sì che è un grande. Comunque sia io in giro vedo ottimi portieri italiani. A parte Zoff, c’è De Sanctis, Abbiati, Sirigu, vediamo come riparte Marchetti che è stato fermo a lungo. Il problema è che sono pochi, questo si. Un tempo se ne producevano di più. Certamente il fatto che i club ingaggino molti portieri stranieri un peso ce l’ha. Io credo però che la spiegazione vera di questa difficoltà sia un’altra. Il portiere è un ruolo di enorme responsabilità. Oggi c’è talmente tanta fretta di fare risultato che non viene perdonato nulla. Se un portiere giovane commette degli errori è finito, bruciato. Se non possiede una fortissima personalità si perde. Che ciò accada in serie A ci può stare. Il fatto è che questi meccanismi ormai si registrano anche a livello giovanile. Questo spaventa i ragazzi, che magari preferiscono stare alla larga da questo ruolo”.
Tra i più interessanti prodotti della scuola italiana c’è Sirigu che, però, per affermarsi è dovuto andare in Francia. Cosa pensi di questo fatto e, in particolare, di Sirigu?
“Ma io credo che Sirigu si sia imposto già in Italia. In fondo era un nazionale già prima, era considerato di buon livello, affidabile. Magari a Parigi ha semplicemente trovato un ambiente a lui favorevole. Ripeto, il problema non è che gli italiani non sappiano più fare i portieri è che quelli bravi sono pochi. Ma sa, nel calcio ci sono anche i cicli. Un tempo i portieri brasiliani erano molto scarsi ora sono tra i più forti al mondo”.
Come definiresti la specificità della scuola italiana dei portieri? In cosa sono diversi dagli altri.
“La caratteristica storica della scuola italiana è la tecnica. Questa caratteristica ti permette di sbagliare il meno possibile. Quando un portiere riesce a fare bene le cose di base, bloccare il pallone, uscire dalla porta e così via ha i numeri per essere affidabile, dunque per essere bravo. Il resto lo fa la personalità. In sintesi, la caratteristica fondamentale della nostra scuola è sbagliare il meno possibile affidandosi alla tecnica”.
A questo proposito, per la prima volta oltre la metà dei calciatori della serie A è straniera. Qual è l’impatto sul calcio italiano?
“Guardi parlavo di questo argomento con Fabio Capello proprio alcuni giorni fa. Mi diceva che in Inghilterra molti tra quelli che lo criticano sono convinti che un CT inglese possa convocare chissà quanti giocatori e non sanno che appena il 30% dei tesserati della Premier League è convocabile. Quello che accade a Capello sta a testimoniare che il problema non è italiano ma europeo. D’altra parte, in un mondo globalizzato come il nostro come si fa a negare a calciatori sudamericani o africani, se sono bravi, di sfruttare il loro talento giocando in Europa? E’ impossibile. Chiaramente questo fenomeno penalizza le nazionali, dunque anche quella italiana. Poi c’è questa nuova tendenza, emersa di recente da noi, di aprire le porte della Nazionale anche a quelli che un tempo chiamavamo oriundi, ossia calciatori di origine italiana. A me questo fenomeno non convince, la trovo un’esagerazione. Finché si tratta di calciatori di origine straniera ma nati e cresciuti in Italia, dunque italiani a tutti gli effetti, come Balotelli, niente da dire. Ma giocatori come Camoranesi in passato o Amauri e Motta di recente perché convocarli in Nazionale? Adesso ho visto che Prandelli ha convocato anche Osvaldo. Non so, questa tendenza non mi convince. Anche perché non vorrei che prevalesse la corsa a cercare un parente lontano o un nonno pur di portare un calciatore in Nazionale”.
Lei ha vissuto da protagonista, come calciatore e poi come allenatore, l’ascesa del calcio italiano fino al top mondiale negli anni ’80 e ’90. Ora l’Italia vive un momento di difficoltà. Come mai?
“Effettivamente non siamo più la nazione leader, lo siamo stati a lungo. Però io non credo che l’Italia sia così indietro. La Nazionale, a parte l’ultimo mondiale, sta lavorando bene. Ultimamente in Champions League le nostre squadre sono migliorate. Io non sono pessimista, torneremo a primeggiare”.
Che peso hanno le migliori capacità manageriali di campionati come la Premier League o la Bundesliga?
“Questo è un altro discorso. Li si tratta dell’azione governativa e dei vertici del nostro calcio che evidentemente non ha fatto molto in quel senso”.
Lei ha avuto un’importante esperienza come CT della Nazionale. Che ricorda di quel famoso Europeo sfumato per colpa del golden gol contro la Francia nel 2000?
“Facemmo un grande Europeo. A parte la gara contro l’Olanda dove giocammo in inferiorità numerica e in effetti passammo solo grazie a Toldo e a una buona dose di fortuna, controllammo con sicurezza tutte le partite. Compresa la finale con la Francia. Eravamo 1-0, avevamo anche fallito due ottime occasioni per il raddoppio, poi un rilancio del portiere avversario e fu la fine. Perdemmo la coppa. La delusione fu grande. Ho ripensato spesso a quella finale. Mi sono chiesto mille volte cosa avrei potuto fare di diverso. Ma alla fine sono arrivato alla conclusione che noi abbiamo fatto tutto quello che c’era da fare. Andò male e basta. Fu tutto frutto del caso. Oggi ripenso con serenità a quella partita”.
Alla fine lei si dimise per una frase di Berlusconi.
“Si. Utilizzò parole estremamente spiacevoli nei miei confronti. Io sono uno aperto che accetta le critiche. Se uno dice che ho sbagliato un cambio o a schierare un uomo, sono critiche che accetto. La lui parlò di indegnità riferendosi alla mia persona. Un’offesa del genere non potevo sopportarla perché non era rivolta al CT ma all’uomo. Poi il giorno dopo i suoi cercarono di sviare, di dire che si riferiva a come avevo fatto marcare Zidane. Ma era solo un modo per riparare. Ma io sono uno che non torna sulle sue decisioni”.
Lei ha avuto importanti esperienze come allenatore, soprattutto alla Juventus e alla Lazio. Ha mai pensato o avuto l’opportunità di allenare all’estero? Come mai non l’ha realizzata?
“Le dico la verità: no. E’ un’ipotesi che non ha mai seriamente preso in considerazione. Avrei avuto problemi di lingua, di adattamento. Non faceva per me. Non che non abbia avuto proposte interessanti. Una volta, ad esempio, mi cercò la federazione russa per guidare la loro nazionale, ma risposi di no. Comunque ora sono troppo vecchio per farlo. Oddio, a pensarci bene c’è Trapattoni che lo fa e non è più giovane di me!”.
E da giocatore, invece?
“Da giocatore si. All’epoca mi piaceva molto il calcio inglese, come anche adesso del resto. Se ci fosse stata l’opportunità sarei andato. Ma non capitò mai l’occasione giusta”.
Oggi i tecnici italiani più bravi e più pagati (Ancelotti, Mancini, Capello) allenano o hanno allenato in Inghilterra. Come mai lavorano tutti in quel campionato, così diverso per impostazione e mentalità rispetto a quello italiano?
“Si tratta di squadre di grande levatura e con grosse disponibilità economiche e loro sono molto bravi. Lo vedo come un importante riconoscimento per il nostro calcio”.
Ormai da diverse stagioni non allena più. Come mai? Mancanza di opportunità interessanti?
“Si, direi di si. Non ho avuto offerte stimolanti. Però diciamo la verità: il problema è anche un altro. Mi considerano e mi considero io stesso un allenatore d’altri tempi. Non sono un uomo di comunicazione. Non sono uno che va nei giornali e in televisione a parlare di rivoluzioni tattiche, di progetto, di calcio del futuro. Anche perché credo che, a ben analizzare, puoi modificare qualche piccolo particolare ma il calcio è sempre lo stesso. Il calcio e le vittorie lo fanno le qualità dei giocatori. L’allenatore deve solo usare il buon senso. Deve solo cercare di trovare la posizione in campo che esalti al massimo le qualità dei giocatori. Prenda il Barcellona. Guardiola è bravo. Ma se non avesse Messi, se quando Xavi fa i suoi passaggi divini fosse circondato da compagni che invece di smistare alla perfezione il pallone lo mandassero in tribuna perché tecnicamente scarsi, dove andrebbe il gioco del Barcellona? Le faccio un altro esempio. Io ho conosciuto bene il fenomeno Olanda degli anni ’70, il calcio totale ricorda? Dopo aver visto all’opera quella squadra tutti a riempirsi la bocca col gioco olandese. Eppure, tramontata la generazione di Cruijff l’Olanda per anni non combinò più nulla. Come mai? Gli olandesi conoscevano a memoria questo nuovo gioco, che gli costava replicarlo continuando a fare ottimi risultati? Semplice, mancavano i fuoriclasse. Con questo voglio dire che se non hai i giocatori non vai da nessuna parte. Ma oggi si preferisce dare credito a chi racconta di aver inventato il calcio. A me non va di raccontare certe storie, anche perché non ci credo”.
Non ha mai pensato di avere e meritare un posto in FIGC, lei che rimane un simbolo inattaccabile del calcio italiano?
“Eh eh eh [un sorriso un po’ amaro, nda]. Le dirò, quando nel 2006 è scoppiata Calciopoli ho creduto che in Italia potesse cambiare davvero qualcosa. Ho creduto che qualcuno si ricordasse di me, di quello che rappresento, anche all’estero, per il calcio italiano. Poi ho constatato che dopo lo scandalo non era cambiato proprio niente. Non è cambiato niente anche nei miei confronti, quindi non ci penso più”.
Concludiamo con la Nazionale di Cesare Prandelli. Come la giudica?
“Prandelli sta facendo un ottimo lavoro. Ci siamo qualificati per l’Europeo in anticipo, abbiamo giocatori interessanti. Restiamo una delle nazionali più forti”.
Quali sono le prospettive degli azzurri in vista di Euro 2012?
“All’Europeo l’Italia la vedo bene, credo sarà protagonista. Nel senso che può entrare tra le prime quattro”.
Quali a suo avviso le nazionali più attrezzate per fare bene in Polonia e Ucraina?
“Non so se la Germania si ripeterà. Vedremo. L’Inghilterra è una bella squadra ma loro hanno un campionato molto stressante e i giocatori arrivano alle manifestazioni per nazionali scarichi. Come al solito può fare bene la Spagna che può anche bissare il successo. Gli spagnoli hanno una generazione di calciatori troppo forte. Tra le outsider dico la Francia. Mi pare che sia in ripresa dopo un periodo di crisi”.
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