martedì 30 novembre 2010

BARCELLONA: IL CALCIO COME LO VOGLIAMO NOI

Ieri sera a Barcellona è andato in scena il Calcio. Si quello con la c maiuscola, l'unico che vorremmo sempre guardare noi appassionati. Perché questo è il Barça di Pepe Guardiola: non una squadra di calcio ma il calcio. Il 5-0 sul Real Madrid ha segnato la vittoria di tutto quello che ci piace di questo sport: tecnica, talento, organizzazione corsa, soprattutto stile. Si, perché a fronteggiarsi non erano soltanto due squadre incredibilmente forti, ma due tecnici con altrettanti antitetici modi di vedere il calcio. Da un lato l'arroganza di Mourinho, incapace di fare i complimenti all'avversario neppure quando subisce la più dura lezione della sua carriera. Un tecnico che nel suo palmarès può vantare due vittorie davvero importanti, le Champions conquistate con Porto ed Inter, titoli conquistati con squadre che non erano le più forti. Per il resto, ha vinto svariati campionati guidando sempre la squadra più forte. Eppure non smette mai di credersi il centro dell'intero universo. Dall'altra, Pepe Guardiola, un fuoriclasse generato dalla pancia del Barcellona, prima come giocatore e poi come allenatore. Consapevole del tributo da concedere a chi è venuto prima di lui, a chi ha costruito prima di lui. La cosa che mi è piaciuta di più è stato il ringraziamento a fine gara a Rexach e Cruijff, due maestri che negli anni hanno lavorato per costruire quella mentalità che rende oggi il Barça la squadra più forte del mondo. Un tecnico capace a suo tempo di dedicare a caldo la vittoria in Champions ad un campione come Paolo Maldini. Un uomo consapevole del fatto che il successo è sempre il frutto di un lavoro di squadra, che senza gli altri tutti noi siamo niente. Su questo piano Guardiola batte davvero Mourinho 5-0. E poi la poesi del calcio rappresentata da funanboli come Messi, Xavi, Iniesta, Villa. Giocatori che commuovono per quanto sono bravi e per come non fanno pesare mai la loro imbarazzante superiorità. Chi ne ha la possibilità registri questa partita. Nel tempo vedetela e rivedetela. E' la summa di cos'è davvero questo nostro amato sport e di come sa farsi amare chi sa veramente stare al mondo.

lunedì 29 novembre 2010

ROMA CHE HAI FATTO?

La Roma ha letteralmente gettato al vento un’occasione. A Palermo si giocava il terzo posto solitario. Una vittoria l’avrebbe proiettata a cinque punti dal Milan. La squadra, invece, s’è liquefatta. Dopo un’ottima mezzora iniziale, nella quale peraltro non è riuscita ad essere sufficientemente incisiva, ha regalato con Pizarro la palla che ha azionato il vantaggio palermitano. Da allora è praticamente svanita. Nella ripresa il Palermo l’ha letteralmente calpestata. A nulla è servito il primo gol stagionale su azione di Totti. Insomma, una serata da dimenticare. Eppure sembrava che la Roma volesse vincerla quella partita. Evidentemente ha pesato lo sforzo nervoso determinato dalla rimonta contro il Bayern o più semplicemente è stata una giornata storta. Le cose che non hanno funzionato sono state tante. La difesa è parsa messa malissimo in campo. Tutti i suoi componenti hanno vissuto una serata disastrosa. Il centrocampo è stato letteralmente imbarazzante. Pizarro non è ancora in condizione ed ha regalato palle fondamentali agli avversari, Simplicio è stato più impreciso del solito, De Rossi è da tempo che non brilla più. In queste condizioni, avversari molto abili nella rapida azione di rimessa come quelli rosanero hanno letteralmente sguazzato. C'è da chiedersi se un modulo con tre calciatori offensivi possa essere retto da un centrocampo con un solo mediano (De Rossi). Non è andato benissimo nemmeno l’attacco. Menez vivace ma inconcludente, Totti impreciso e spesso fuori posizione, Borriello poco e male servito. Intanto, la vetta della classifica si è allontanata a otto punti. Poiché è difficile credere che nelle prossime due partite il Milan possa perdere molti punti, i giallorossi potrebbero essere costretti a vincere a Milano nello scontro diretto per recuperare un po’ di terreno. Un'impresa che sembrerebbe impossibile.

venerdì 26 novembre 2010

INTERVISTA PROCURATORE ANTONIO INGROIA

INTERVISTA ON RITA BORSELLINO

INTERVISTA PROF RODOTA'

INTERVISTA ON DILIBERTO (PDCI)

INTERVISTA ON ACHILLE SERRA (UDC)

INTERVISTA ON DELLA VEDOVA (FLI)

INTERVISTA ON STRACQUADANIO 3° PARTE

INTERVISTA ALL'ON STRACQUADANIO 2° PARTE

INTERVISTA ALL'ON.LE STRACQUADANIO (PDL) 1° parte

mercoledì 24 novembre 2010

ULTIMO APPELLO PER RAFA BENITEZ

Pubblicato su TS il 23 novembre 2010

Chissà dentro di se cosa starà pensando Rafa Benitez. Chissà se non si sia pentito già da tempo di aver accettato un incarico disperato come quello di ridare motivazioni all’Inter del post Mourinho. Già, perché diciamolo chiaramente, non ci voleva un veggente per capire che gestire i nerazzurri dopo la partenza dell’ingombrante portoghese sarebbe stata un’impresa. In tempi assolutamente non sospetti, quando la quasi totalità della critica pendeva dalle labbra dello Special One, ammaliata dalla sua capacità di produrre successi, l’avevamo predetto: Mourinho vincerà ma dietro di se lascerà solo macerie. Ci riferivamo ai due anni di polemiche, stress, conferenze stampa sopra le righe, giocatori caricati a pallettoni che in giro vedevano solo nemici da azzannare ed abbattere con qualsiasi mezzo. L’Inter della passata stagione era fortissima, ma anche arrogante, isterica, prepotente, eccitata, aggressiva. Tutto questo era possibile grazie alle raffinate capacità psicologiche e affabulatrici di Mourinho, unico in grado non solo di domare bestie feroci come i giocatori nerazzurri ma di scatenarle contro l’avversario. Partito lui, era naturale che l’intero ambiente si afflosciasse di botto. Senza la sua pressione quotidiana, i calciatori sono tornati esseri normali, gente che si allena e gioca a calcio, niente di più. Gente, poi, con la pancia pienissima, in attesa di digerire l’ennesimo scudetto ma soprattutto una Coppa dei Campioni attesa da oltre quaranta anni. Dopo Mourinho serviva una svolta radicale. Occorreva cedere pezzi pregiati ed acquistarne altri. Soprattutto affidarsi ad un tecnico in grado di dare il via ad una nuova epoca. Magari un giovane ambizioso e capace, un po’ come l’Allegri del Milan. Invece si è optato per Benitez, tecnico pacato e gentiluomo, grande cultore della tattica, animato da fair play con la sua voglia di vincere le partite solo attraverso il gioco, mai costi quel che costi. Insomma l’anti-Mourinho per eccellenza. Un allenatore, oltre tutto, reduce da qualche stagione discutibile, dopo anni di successi alla guida del Valencia e del primo Liverpool.

Così, sin dalla prima gara ufficiale, la Supercoppa nazionale, l’Inter è apparsa una squadra lenta, macchinosa, priva di nerbo, eccessivamente compassata. In una parola, moscia. Una formazione che subisce poco ma segna pochissimo. Lo spostamento di Eto’o in attacco sembrava dover rappresentare una rivoluzione ma l’unico risultato è stato che a fare i gol è rimasto solo il camerunense. Segno che il gioco non funziona. Difetti, questi che non possono che essere imputati all’allenatore. Più complicato, invece, stabilire a chi addebitare l’incredibile sequela di infortuni. Al di là della qualità del gioco, diventa difficile difendere adeguatamente il titolo di campioni d’Italia se a Verona contro il Chievo si è costretti ad inseguire la rimonta con gli esordienti Nwankwo e Alibec. Come mai l’Inter si ritrova in questa situazione? Colpa di un accanimento della malasorte o dello staff tecnico i cui metodi di lavoro hanno distrutto i muscoli dei calciatori? Sono domande che alimentano discussioni infinite che difficilmente approderanno a conclusioni certe. Gli esperti sostengono che quando le cose non vanno sul piano psicologico è molto più facile procurarsi infortuni. Questa può essere una delle spiegazioni. Il contraccolpo determinato dalla partenza di Mourinho e dall’ansia di dover ripetere, senza averne la forza, i risultati della passata stagione potrebbe aver reso gli interisti molto più fragili.

Comunque sia, già prima del clamoroso scivolone di Verona Moratti era in preda ai soliti mille dubbi. In settimana c’è stata anche una tesissima riunione con Benitez. Non è un mistero per nessuno che i vertici del club stiano febbrilmente studiando soluzioni alternative. Il nodo è il seguente. Dopo numerosi scudetti consecutivi, ci può anche stare di non vincere il campionato, né si può pretendere di conquistare una Champions all’anno. Ma l’Inter quest’anno ha servito su un piatto il Mondiale per club, l’ex Intercontinentale. Qualche stagione fa i rivali del Milan costruirono mediaticamente una stagione di successo basata sulla vittoria di quel trofeo, riuscendo abilmente a nascondere i fallimenti in Europa e in patria. In Giappone, dunque, non si può fallire. Ma la domanda è: meglio andarci con un tecnico nuovo, capace di dare la giusta scossa, oppure tenersi Benitez, che già conosce la squadra, sperando che riesca a rintuzzare la difficile situazione? Questa è la domanda principale che ronza nella testa di Massimo Moratti. Il quale sembra già deciso a privarsi del tecnico spagnolo a giugno. La soluzione a lui più gradita sarebbe Leonardo. Quella che richiama la figura del traghettatore, magari il vecchio Trapattoni, appare una mossa buona per le situazioni disperate. Domani sera la gara di Champions contro il Twente potrebbe togliere Moratti dagli imbarazzi. Un nuovo capitombolo probabilmente segnerebbe definitivamente le sorti di Benitez. Una brillante vittoria potrebbe rappresentare l’inizio di una svolta. Sapremo tutto nelle prossime ore.

sabato 20 novembre 2010

CHIAMATELO ZINEDINE MENEZ

La Roma ha battuto l'Udinese, ha rischiato più del lecito, ma in compenso ha trovato una stella. Jeremy Menez, a lungo oggetto misterioso, sta via via crescendo sempre più lasciando intravedere sempre più le caratteristiche del fuoriclasse. La serpentina con la quale ha sbloccato la gara contro i friulani è stata assolutamente irresistibile. Non solo. Per almeno un'ora di gioco ha deliziato il pubblico con le sue giocate e i suoi dribbling. A tratti sembrava voler superare in slalom l'intera difesa dell'Udinese. Più passa il tempo più ricorda Zinedine Zidane. Con meno visione di gioco complessiva ma con dei lampi addirittura accecanti. L'unico calciatore attualmente in Serie A in grado di superare l'avversario con irrisoria facilità. Quando si accorgerà che con quei piedi può tranquillamente permettersi di mettere a segno almeno una quindicina di gol a stagione diventerà una stella del calcio mondiale. Un consiglio a Ranieri? Dia la maglia a Menez e poi faccia pure la formazione.

venerdì 19 novembre 2010

LE RAGIONI DELLA LEGA E QUELLE DEI CALCIATORI

Pubblicato su TS il 16 ottobre 2010

Da tempo il calcio italiano è alle prese con un conflitto che rischia di avere esiti imprevedibili. Ci riferiamo al braccio di ferro tra la Lega A e il sindacato dei calciatori sul nuovo contratto collettivo. Com’è noto, diversi sono i punti sui quali calciatori e club non riescono a trovare un accordo. Sono solo due, però, quelli che non lasciano intravedere margini di trattativa. Il primo è relativo al cosiddetto trasferimento coatto. I club, cioè, pretendono il diritto di costringere un calciatore a trasferirsi altrove, a parità di trattamento economico, nel caso in cui non lo ritenessero più idoneo ai propri programmi tecnico-sportivi. Il secondo punto riguarda la richiesta, sempre da parte dei club, del diritto di imporre ai calciatori ritenuti non funzionali al progetto di allenarsi separatamente rispetto al gruppo. A costoro sarebbero garantite tutte le strutture societarie e pari sostegno sul piano tecnico, ma dovrebbero costituire un contingente che lavora a parte. Sugli altri punti, quale ad esempio l’introduzione di una doppia componente, fissa e a rendimento, per quanto riguarda gli emolumenti, i calciatori sono disposti a trattare. Sui punti citati no. E per tutta risposta sembrano ormai decisi a proclamare lo sciopero dopo il 30 novembre. Noi abbiamo un’opinione molto netta rispetto a questo conflitto. I calciatori sbagliano la strategia ma hanno ragione nel merito. Sbagliano quando minacciano di utilizzare lo strumento dello sciopero per far valere i propri diritti. Lo sciopero deve essere usato da chi, lavoratore dipendente o altro, ha un potere contrattuale così modesto ma non avere altro modo per difendere i propri diritti. I calciatori, al contrario, sebbene tecnicamente siano dei dipendenti, sono assimilabili ai lavoratori dello spettacolo, professionisti che negoziano un ingaggio più che uno stipendio. Considerando anche l’entità dei loro emolumenti, hanno a disposizione ben altri strumenti per mettere alle strette i club, non ultimo quello mediatico, quasi totalmente precluso ai normali lavoratori. La scelta di scioperare, quindi, non va bene. Anche perché le conseguenze ricadrebbero soprattutto sulle spalle del pubblico che si vedrebbe privato di uno spettacolo al quale ha diritto perché ha già pagato, sotto forma di abbonamento alle pay-tv o allo stadio. Tuttavia, a prescindere dallo strumento utilizzato per mettere in atto la protesta, nel merito i calciatori hanno ragione. Nessuno costringe i club a siglare contratti pluriennali e milionari. E se sono costretti è soltanto perché c’è sempre un altro club pronto ad offrire ad un calciatore di successo quello che un altro gli nega. Dunque non è certo colpa dei calciatori se le società si ritrovano regolarmente prigioniere di contratti che le obbligano a farsi carico di stipendi onerosi, anche quando un tesserato non rientra più nei piani tecnici della squadra. A quel punto è davvero assurdo pretendere di trasferirlo forzatamente ad un altro club, in un altro paese, ancorché a parità di trattamento economico. Quando un calciatore valuta la possibilità di trasferirsi in una società e in un determinato paese, può farlo anche per una scelta di vita che non può essere frustrata dalle mutate esigenze del suo datore di lavoro. Sulla base dello stesso principio siamo contrari al diritto dei club di pretendere che i calciatori non più graditi si allenino a parte. Se proprio i club desiderano risolvere il problema, si diano da fare per aprire tra loro un tavolo di discussione internazionale, su base quanto meno europea, al fine di stabilire una durata più corta dei contratti ed un salary cap. Se, ad esempio, riuscissero a mettersi d’accordo per fare contratti annuali che prevedono ingaggi per metà fissi e per metà basati sul rendimento, avrebbero risolto tutti i loro problemi. La verità è che questa soluzione nessuno di loro l’auspica davvero, soprattutto i grandi club che sono sempre pronti a sfilare un campione ai rivali a colpi di ingaggi da capogiro. Non possono essere i calciatori a risolvere un problema che sono stati gli stessi club a creare.

Nei giorni scorsi abbiamo registrato un’iniziativa del presidente della FIGC Abete. Il quale ha tentato una mediazione, basata su una sorta di stralcio dei due punti “caldi”, al fine di favorire un primo accordo su tutto il resto. Il tentativo è fallito miseramente. Ciò è accaduto certamente perché si trattava della solita soluzione un po’ democristiana che non faceva altro che rimandare il problema. Ma c’è dell’altro. I rapporti tra Lega A e FIGC sono ormai ai minimi termini. Va ricordato che dal giugno scorso i rappresentanti della Lega non presenziano più ai consigli federali, in seguito alla decisione di Abete di varare la norma sulla limitazione degli extracomunitari. Soprattutto i club di A non sopportano l’idea di avere uno scarso peso all’interno del governo del calcio italiano. Il potere decisionale, infatti, è frammentato e componenti quali l’Associazione Calciatori, la Lega Pro o la Lega Dilettanti hanno lo stesso peso della Lega A, se non addirittura superiore. In un documento reso noto di recente si evince come Beretta si appresti a chiedere alla FIGC di pesare più dell’attuale 17%, di avere il diritto a presentare un proprio candidato alla presidenza federale e se questi non venisse eletto ad avere la poltrona di vicepresidente vicario, di pesare di più nel consiglio federale, di studiare un indennizzo a beneficio dei club che prestano i proprio calciatori alle nazionali e così via. La sensazione è che se queste richieste non verranno soddisfatte la Lega A si incamminerà verso un percorso che porterà il calcio professionistico a separarsi dal resto del movimento nazionale. Le conseguenze sarebbero notevoli.

martedì 16 novembre 2010

IL NUOVO CORSO DELLA JUVE

Le dichiarazioni rilasciate nel post partita da Marotta e Del Neri confermano un'impressione che avevamo da tempo. Con l'arrivo di Andrea Agnelli alla guida della Juventus la società ha imboccato un radicale cambio di direzione. In una parola, a differenza dell'immediata gestione post Calciopoli, adesso il club bianconero ha deciso di difendere con i denti la sua posizione. Sia per quanto riguarda il suo coinvolgimento nello storico scandalo, sia nelle vicende domenicali relative agli errori arbitrali. In questo senso, è assai significativa la decisione di Andrea Agnelli di ritirare le querele nei confronti della vecchia Triade, funzionale alla richiesta della resistituzione degli scudetti sottratti dalla giustizia sportiva. Non si può, infatti, pretendere la restituzione dei titoli conseguiti sul campo senza in qualche modo rivalutare l'operato dei dirigenti a suo tempo inquisiti. Questa strategia illustra bene anche il fatto che continuano a vivere all'interno della famiglia Agnelli due anime. Un tempo esse erano rappresentate da Gianni e Umberto. All'Avvocato poteva essere, ad esempio, ricondotta l'epoca di Gianpiero Boniperti e il cosiddetto "stile Juve". A Umberto si deve l'invenzione della Triade formata da Moggi, Giraudo e Bettega. Morti i due fratelli, oggi il dualismo si è trasferito sui nipoti. A John Elkann, emanazione diretta di suo nonno Gianni, è toccato gestire i momenti successivi alla scandalo di Calciopoli. Lo ha fatto con garbo e stile, quasi chiedendo scusa per il coinvolgimento nello scandalo. Sul piano sportivo l'ha fatto affidandosi a un dirigente come Blanc. I risultati non sono piaciuti ai tifosi. Così la palla è passata ad Andrea Agnelli, come un tempo toccò al padre Umberto. Andrea ha impostato una nuova politica aggressiva che risponde meglio alle esigenze dei tifosi che vogliono una dirigenza con gli attributi. Più discutibile è il tentativo di riabilitare i protagonisti di Calciopoli, ancorché con finalità funzionali agli interessi bianconeri. Ma forse, in questo caso c'è anche il desiderio di rivalutare anche la strategia paterna con la quale il nuovo presidente della Juventus sembra volersi porre in una posizione di continuità.

mercoledì 10 novembre 2010

ROMA: ADESSO A TORINO PER VINCERE

Avevo già detto che questo è un campionato tartaruga che sta aspettando tutti. Le partite di stasera hanno confermato questa tendenza, al pari del fatto che tutte le grandi restano perfettamente in corsa pèer il titolo. Battendo la Fiorentina, la classifica della Roma è migliorata ulteriormente. Adesso la zona Champions è a un tiro. Ma al di là della graduatoria, progredisce l'intesa collettiva della squadra, la convinzione nei propri mezzi, la solidità psicologica e persino la tenuta atletica. Nonostante contro i viola la squadra abbia subito altre due reti, nel complesso è piaciuta ed appare in chiara evoluzione. Oltre tutto, i due gol della Fiorentina sono stati entrambi belli, dunque difficilmente evitabili.

A questo punto, osservando le carte sul tavolo, la Roma deve andare a Torino per vincere. La Juventus è inferiore come qualità tecnica complessiva e come rosa. Può solo sognare il potenziale offensivo dei giallorossi. Servirà certamente una gara accorta, andranno coperti gli spazi in difesa, ma senza tarpare le ali agli uomini d'attacco che stanno dimostrando di poter far perdere la testa a qualsiasi avversario. Senza contare che, essendoci anche il derby di Milano, questa gara potrebbe rilanciare ulteriormente l'operazione rimonta.

CAMPIONATO TARTARUGA C’E’ ANCHE LA ROMA

Pubblicato su TS il 9 novembre 2010

Raramente abbiamo assistito ad un campionato che procede così al rallentatore. Non ci riferiamo tanto al fatto che, superato un quarto di cammino, il torneo non abbia ancora un padrone. Quanto piuttosto all’andatura lenta, balbettante, altalenante di cui si stanno rendendo protagoniste le grandi. In queste condizioni anche una squadra come la Roma, accreditata ad inizio stagione per la lotta scudetto ma protagonista di due mesi a tratti disastrosi, conserva praticamente intatte le sue possibilità. Il successo nel derby ha tutta l’aria di segnare una svolta nella stagione romanista. Intanto perché la squadra di Ranieri ha disputato la sua gara migliore proprio nella stracittadina. Ha attaccato più della Lazio, ha prodotto di più in termini di occasioni da gol, dimostrando più voglia di vincere. Per la prima volta, poi, non si sono visti clamorosi svarioni in fase difensiva, mentre l’attacco è risultato costantemente pericoloso. Inoltre, per una volta anche la buona sorte si è pronunciata a suo favore. Al di là dei legni, uno per parte, nel complesso le decisioni arbitrali non sono state sfavorevoli alla Roma. Posto che i due calci di rigore a favore erano netti, in occasione delle contestazioni laziali per la trattenuta su Mauri, al guardalinee era sfuggito un clamoroso fuorigioco di Dias. Un altro arbitro probabilmente avrebbe concesso il rigore ai biancocelesti, commettendo un clamoroso errore. Inoltre, nel finale c’era un fallo di mano in area di Simplicio che meritava senz’altro la massima punizione. Insomma, la Roma ha meritato la vittoria ma ha avuto dalla sua anche la buona sorte. Nell’occasione la dea bendata ha premiato la squadra che ha creduto di più alla possibilità di conquistare i tre punti. La Lazio, da parte sua, non ha brillato e forte di una posizione di classifica eccellente ha giocato praticamente per il pareggio. Alla fine è stata punita. Ora la Roma è a meno sette dalla vetta della classifica, meno cinque dal Milan e meno quattro dall’Inter, le due principali concorrenti per il titolo. E’ chiaro che il successo nel derby promette di restituire alla squadra quella convinzione nei propri mezzi, troppo spesso mancata finora. Lo stesso Ranieri ha avuto ottime risposte dalla nuova impostazione tattica che prevede tre centrali a centrocampo e un trequartista dietro due punte. Inoltre, al di là dell’ottima prestazione di Simplicio, l’infortunio di Menez ha consentito a Greco di mettersi ulteriormente in luce. Abile, preciso, puntuale, prezioso tatticamente, grande senso della posizione: la Roma potrebbe aver scoperto un nuovo importante elemento. Adesso, forte di una piccola serie di tre vittorie consecutive tra campionato e coppa, la Roma insegue continuità di risultati. Domani sera il turno infrasettimanale le offrirà l’occasione per allungare la striscia. La Fiorentina è un avversario non facile, anche perché sta tentando una difficile rimonta forte del rientro di Mutu. Ma i giallorossi giocano in casa e devono provare a vincere ancora.

Ha allungato il Milan dopo aver espugnato il terreno del Bari. Il successo rossonero era abbastanza prevedibile, soprattutto in considerazione del fatto che i baresi non sembrano in grado di ripetere le prestazioni della scorsa stagione. La vittoria è arrivata ma solo di misura. Lo stesso Allegri ha salutato con soddisfazione il 3-2 ma ha ammesso che la squadra deve ancora risolvere parecchi problemi. In particolare, a detta del tecnico, mancherebbe la sufficiente concentrazione. In realtà, a nostro avviso il nuovo progetto tecnico stenta a decollare e non s’è ancora creata la sufficiente collaborazione tra nuovi arrivati e vecchia guardia. Chi, invece, lascia molto a desiderare è l’Inter. Contro un modesto Brescia ha rischiato seriamente di perdere la prima partita casalinga dopo tempo immemorabile, salvata solo da un rigore assai generoso procuratosi da Eto’o. Apprezziamo molto Rafa Benitez ma dobbiamo ammettere che la sua Inter, paragonata a quella di Mourinho, appare moscia, poco grintosa, insomma vulnerabile. E poi pareggia troppo, soprattutto in casa. Una caratteristica che, dovesse perdurare, rischia di far calare le quotazioni dei nerazzurri dopo anni e anni di leadership indiscussa. Buone notizie, invece, per la Juventus. Nonostante l’assenza di Krasic continua a vincere, almeno in campionato. Contro il Cesena lo ha fatto per giunta in rimonta, segno che gli attributi e la determinazione non mancano. Come l’Inter, domani sera sarà impegnata in trasferta: a Lecce i nerazzurri, a Brescia i bianconeri. Da entrambe ci si aspetta solo una vittoria, anche se le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Anche il Milan appare favorito a S.Siro contro l’enigmatico Palermo. Occhio però perché i rosanero hanno qualità sufficiente per tentare anche un clamoroso colpaccio. Come si vede, la forza delle squadre candidate allo scudetto ancora non è emersa in maniera tanto chiara e netta da non lasciare dubbi. A dimostrazione del fatto che, come dicevamo, la nostra Serie A è ancora in attesa di vivere un primo decisivo strappo.

martedì 9 novembre 2010

ROMA: SFRUTTARE L'EFFETTO DERBY

La Roma ha meritato la vittoria nel derby contro la Lazio. Qualche decisione arbitrale ha causato accese discussioni ma nella sostanza i rigori assegnati e quelli negati non hanno influito in maniera determinante sul risultato finale. Semplicemente alla Roma i singoli episodi hanno girato per il verso giusto, alla Lazio no. Se la sorte avesse agito diversamente la gara avrebbe potuto concludersi col risultato di parità. Ma la differenza è tutta qua: la Roma ha fatto qualcosa per vincere la partita, la Lazio avrebbe potuto al massimo pareggiarla.

Ora la Roma deve sfruttare l'effetto derby. Domani sera all'Olimpico arriva la Fiorentina. Stando alla classifica, l'avversario non fa tremare i polsi. I viola, però, sono in ripresa e, pur tra mille contraddizioni, tra rientri ed infortuni, conserva una qualità complessiva ragguardevole. Insomma, i giallorossi possono vincere ma per farlo dovranno sfoderare un'altra buona prestazione. Dovesse arrivare un risultato pieno, la Roma andrebbe ad affrontare la trasferta contro la Juventus con bel altra consapevolezza rispetto al tribolato inizio stagione. E considerando che questo è un campionato tartaruga, ogni obiettivo resterebbe alla portata.

sabato 6 novembre 2010

10 MARZO 2002: IL BUON GIORNO DI MONTELLA

Pubblicato su France Football ilo 5 novembre 2010

De ce 10 mars 2002 date la plus grosse défaite de la Lazio (1-5) dans un derby à domicile, avec celle de 1960-61 (0-4). Une rencontre que Vincenzo Montella et AlessandroNesta ne sont
pas près d’oublier.Mais pas pour les mêmes raisons. Elles sont franchement négatives pour le défenseur de la Lazio : appelé par Alberto Zaccheroni à diriger une défense improvisée et
redessinée en 5-3-2-1, Nesta semontre d’une fragilité stupéfiante, perdant tout sens de l’anticipation, face notamment à unMontella (photo) déchaîné. À 0-3 à la pause, Zaccheroni lui évitera la seconde période. «L’Aeroplanino», lui, sortira à unquart d’heure de la fin, pour une standing ovation hyper méritée: ses quatre buts de la soirée, tous splendides, sont un record absolu dans le derby romain. Une prestation d’exception qui vaudra à Montella des notes d’exception dans les quotidiens italiens: 10 sur 10 pour le Corriere dello Sport, Tuttosport et Il Messaggero, 9,5 pour la Gazzetta dello Sport. Chapeau!

LA CHIAVE TATTICA: HERNANES CONTRO DE ROSSI

Pubblicato su France Football il 5 novembre 2010

Hernanes, c’est la très bonne pioche de l’intersaison pour la Lazio. 13,5M€ (versés au SaoPaulo FC) que Claudio Lotito, le patron biancocelesto, ne regrette en aucun cas d’avoir déboursés.
Un temps courtisé par le Milan AC et le Real, le Brésilien apporte un plus indéniable dans la manoeuvre laziale : excellente technique des deux pieds, vision de jeu limpide, mais aussi une
grande discipline tactique, font de ce joueur polyvalent de vingtcinq ans la grande sensation de ce premier quart de Championnat. Le derby pourrait signifier une sorte de consécration pour lui.
Si, toutefois, Daniele De Rossi ne lui gâche pas la vie. Capitaine de la Roma en l’absence de Totti, l’international italien est le poumon de l’équipe et son régulateur. S’il diminue le rayon
d’action de Hernanes, DeRossi couperaZarate,Mauri et Floccardi d’une bonne partie des ballons offensifs. Ce qui, dans un match qui s’annonce tendu et tactique, pourrait se révéler décisif. Comme les tirs à longue distance du champion du monde 2006 qu’est De Rossi. Contenir, puis frapper: un vaste programme !

L'INVERNO DELLA ROMA

Pubblicato su France Football il 5 novembre 2010

ÀTrigoria, QG de la Roma, on doit maudire les ordinateurs de la Ligue. Ce derby programmé au bout de la semaine de To ussaint ne se présente pas sous les meilleurs auspices :dix points de retardsur la Lazio –énorme àcestade de la compétition –etFrancesco Totti absent pour cause de suspension, autant de raisons pour les Giallorossi de redouter cette 155e confrontation officielle entreles deux clubs.Lederbyromain arrive-t-il trop tôt ou trop tard?Il yaunmois et demi, la Roma semblait disposer de la niaque nécessaire: n’avait-elle pas battu l’Inter (1-0) au terme
d’un match plein ?Sauf que,cejour-là, les Romains s’étaient imposés dans le temps additionnel et qu’en neuf journées ils ont été incapables de remporter deux rencontres de ra ng.Enclair,les joueurs de Claudio Ranieri se seraient bien passés de ce derby! Un état d’esprit maussade qui tranche avec l’ambiance euphorique de la fin août. Au bouclage du mercato d’été, alors que Marco Borriello venait de débarquer, ils étaient nombreux à parler ouvertement de
Scudetto: cette Roma, qui avait inquiété l’Inter jusqu’au dernier souffle pour le titre
2009-10, venait de récupérer définitivement Burdisso et d’enrôler l’un des meilleurs
attaquants italiens…
Pour certains, les joueurs souffrent aujourd’hui des incertitudes sur l’avenir du
club: la famille Sensi doit vendre la Roma et aucun acquéreur sérieux ne s’estmanifesté.
Mais l’essentiel est ailleurs. Au-delà de la baisse de rendement de plusieurs cadres
(Totti in primis), la Roma est en fait victime de sa propre... campagne de recrutement.
Ranieri souhaitait le transfert définitif de Nicolas Burdisso (le défenseur argentin avait
été prêté par l’Inter) et prendre un attaquant disposé à jouer les jokers de luxe.
Une double requête exaucée puisque la Roma déboursait, d’une part,8M€pour
Burdisso et, de l’autre, recrutait le Brésilien Adriano. Sauf que ce dernier, arrivé en
mauvaise condition physique, a souvent fréquenté l’infirmerie. Du coup, les Romains
n’ont pas laissé passer l’occasion de prendre Borriello. Petit hic : Borriello n’est pas venu
pour débuter les matches du banc de touche.
Ranieri a dûpasser au 4-4-2, ce qui a ébranlé les équilibres d’une équipe habituée au
4-2-3-1. Paradoxalement, l’absence de Totti va peut-être aider le coach de la Roma. Sans
son capitaine, Ranieri pourra revenir à son vieux schéma, relancer Ménez et Vucinic
en «trequartisti» (neuf et demi) latéraux, là où leurs démarrages peuvent faire très
mal. Pourvu que ça marche, prient les tifosi de la Roma : en cas de défaite dans le derby,
les Giallorossi se retrouveraient à treize points de la Lazio. Une honte!

LA LAZIO RIBALTA I RUOLI

Pubblicato su France Football il 5 novembre 2010

Par superstition ou par prudence, ne vous attendez pas à des propos triomphalistes du côté de la Lazio. Edy Reja, l’entraîneur biancoceleste, continue même de répéter que «l’objectif premier reste lemaintien et que, dans cette optique, laLazio a encore besoin d’une petite vingtaine de points». Et de rappeler que ses joueurs doivent encore affronter deux des quatre premiers
au classement, l’Inter à l’Olimpico, le 3 décembre, et la JuveàTurin, le 12 décembre. Pourtant, la Lazio s’est rarement présentée à un derby de Rome dans une telle position de force. Leader
surprise, elle avance à un rythme record (22points en9matches), supérieur même à celui des formations laziales championnes dans le passé, tant en 1973-74 (13 points, mais 18 en comptant la victoire à trois points) qu’en 1999-2000 (21 points).
Dimanche après-midi, les Biancocelesti vont affronter la Roma après cinq victoires d’affilée. Ce qui impressionne le plus dans cette équipe, c’est son une défaite sur le terrain de la Sampdoria
(0-2) lors de la 1re journée, laLazio a réalisé un sans-faute : sept victoires pour un nul, à la
maison face au Milan (1-1). Loin de ses bases, l’excellentMuslera, le gardien uruguayen,
ne prend plus de buts depuis 341 minutes.
Il y a de quoi rester admiratif, surtout si l’on se remémore que la défense était, voici quelques mois, présentée comme un point faible…Pour être honnête, c’est toute la Lazio qui était décrite comme faiblarde.
Début février 2010, le club romain était carrément relégable au terme de la 23e journée. Le coach de l’époque, Davide Ballardini, fut alors débarqué et remplacé par Edy Reja. Une excellente décision du président Lotito: en 15matches, l’extechnicien de Naples et de
l’Hajduk Split a engrangé 24 points et assuré tranquillement le maintien en SerieA. L’équipe qui brille aujourd’hui n’est pas foncièrement différente de celle de la dernièrepartie de l’exercice 2009-10. Un seul départ de poids à signaler, celui de Kolarov. L’arrivée du Brésilien Hernanes ainsi que le retour en grâce de Ledesma ont fait un bien énorme aux Biancocelesti. Qualité de jeu,
contrôle du ballon, mobilité et rigueur défensive sont les armes de cette équipe.
Sans oublier une exemplaire solidarité et un vrai sens du groupe. Il est très significatif que
la star Zarate (joueur le plus cher acheté par Lotito: 22M€) se sacrifie comme latéral
offensif dans le 4-2-3-1 deReja. Tout le monde défend et tout le monde attaque à laLazio: huit buteurs différents ont trouvé le chemin des filets depuis le début de la saison! Vucomme ça, la Roma fait moins peur…

mercoledì 3 novembre 2010

RISCHIO IN CHAMPIONS PER ROMA E MILAN

Pubblicato da TS il 2 novembre 2010

Le nostre squadre non arrivano all’appuntamento di Champions nel migliore dei modi. Prendete il Milan. Dopo la netta sconfitta patita al Santiago Bernabeu stranamente non era squillato nessun campanello d’allarme. Molti pensavano che a Madrid, contro una squadra di campioni come quella di Mourinho, si poteva perdere senza che questo costituisse scandalo. In realtà qualcosa di particolare in quella circostanza doveva essere accaduto se persino Adriano Galliani, amministratore delegato del Milan, ha dichiarato a fine partita di avere temuto una sconfitta per 0-5. Nell’occasione, infatti, il Milan è stato letteralmente sopraffatto dall’avversario. Circostanza singolare per un club tradizionalmente abituato ad imporre agli altri il proprio gioco, non a subirlo. Tuttavia, la successiva convincente vittoria in campionato contro il Napoli in trasferta aveva fatto rientrare le preoccupazioni. Così, la battuta d’arresto patita sabato sera a S.Siro contro una Juventus ben organizzata ha lasciato tutti di sorpresa.

Nell’occasione il tecnico Allegri, impegnato nella difficile impresa di trovare un’impostazione tattica che consenta a tutte le stelle rossonere di giocare, ha rispolverato il vecchio modulo utilizzato da Carlo Ancelotti. Quattro difensori, due attaccanti e quattro centrocampisti disposti secondo la figura geometrica del rombo: Pirlo vertice basso a fare il play-maker, Gattuso e Boateng centrali a contenere e Robinho vertice alto a sostenere le punte. Per almeno venti minuti l’antico schema, disegnato da Ancelotti su Pirlo e Kakà, ha funzionato. Il Milan ha sciorinato un gioco divertente ed ha comandato la partita. Dopo il gol della Juventus, però, tutto è svanito di colpo. La squadra ha perso sicurezza, il gioco non si è più sviluppato con regolarità e disinvoltura, tutti gli uomini di qualità della squadra hanno cominciato a soffrire il pressing e il gioco energico degli avversari.

Quanto accaduto sabato sera sta ad indicare che il Milan ha un vizio antico ed uno nuovo di zecca. Quello antico: quando la squadra viene aggredita con velocità e determinazione, soprattutto a centrocampo, fatica a trovare il bandolo della matassa. Questo è un difetto tipico delle formazioni ricche di talento. Anche ai tempi di Ancelotti talvolta accadeva. Il vizio recente, invece, è la mancanza di fiducia nelle proprie possibilità che affiora talvolta. Tecnico e giocatori sono consapevoli di lavorare ad un nuovo ed ambizioso progetto tattico ma hanno bisogno di tempo per rodarlo e per convincersi che può portare al successo. Accade così che quando il Milan concede all’avversario il predominio non riesca poi a riprendere in mano le redini della partita e perde il filo. Non si spiega altrimenti, ad esempio, la prestazione di un talento indiscutibile come Pato, irresistibile nella prima mezzora di gioco, impreciso e balbettante nel resto del match. Non è un caso se l’altra sconfitta stagionale dei rossoneri in campionato sia arrivata a Cesena, contro una squadra che nell’occasione li ha ubriacati con corsa e pressing ininterrotti per tutti i novanta minuti. Con queste difficoltà l’appuntamento di S.Siro contro il Real Madrid si annuncia assai insidioso. Il Real di Mourinho, infatti, non solo è ben messo in campo e corre, ma dispone anche di talenti purissimi come quello di Cristiano Ronaldo in grado di distruggere le difese di qualunque avversario. Il Milan è avvisato.

La Roma, da parte sua, a Basilea è attesa da una gara da dentro o fuori. Dovesse uscire sconfitta la qualificazione agli ottavi si allontanerebbe terribilmente. Serve una vittoria, c’è poco da fare. Indubbiamente il 2-0 sul Lecce dovrebbe aver rinfrancato l’ambiente. Sabato pomeriggio s’è vista una squadra finalmente in grado di creare, come in passato, occasioni a grappoli. Peccato che un po’ la sfortuna (troppi legni) un po’ la bulimia di Vucinic, che s’è divorato una mezza dozzina di gol, abbiano impedito la goleada. Tuttavia, non bisogna dimenticare che al modesto Lecce in formato trasferta sono state concesse diverse nitide palle-gol. Insomma, i tre punti sono arrivati ma Ranieri deve lavorare ancora molto. Poi c’è il caso Totti. Il capitano ha avuto una comprensibile, anche se eccessiva, reazione nervosa ad una espulsione demenziale. Salterà il derby. Non è detto che sia un male. Potrà sfogare tutta la sua rabbia in Champions, lasciando spazio in campionato a chi sente meno di lui l’impegno stracittadino. Un problema in meno per Ranieri. Comunque sia, a Basilea occorre sfoderare una prestazione con i fiocchi. Sarà soprattutto la fase difensiva sotto osservazione. In campo internazionale se si lasciano così tante occasioni agli avversari si paga sempre dazio.

Stando ai risultati è l’Inter l’italiana che affronta l’impegno di Champions con maggiore serenità. Oltre tutto, la gara di andata contro il Tottenham ha dimostrato che se i ragazzi di Benitez sapranno rimanere concentrati la vittoria non è certo un miraggio. Occhio però. A Genova i campioni d’Europa hanno vinto soprattutto grazie ad una papera del portiere e si sono limitati a difendere quel gol regalato e poco più. A Londra servirà ben altro. Ma Benitez è tecnico accorto ed esperto e ne è perfettamente consapevole.

martedì 2 novembre 2010

TOTTI: HA VINTO IL BUON SENSO

Una giornata di squalifica e 20 mila euro di multa. Questa la decisione del giudice sportivo nei confronti di Francesco Totti in seguito agli avvenimenti di Roma-Lecce. Una decisione che salutiamo positivamente e che dimostra come, nell'occasione, la giustizia sportiva si sia fatta ispirare dal buon senso. Nessuno può negare che l'espulsione patita sabato pomeriggio, infatti, sia stata totalmente ingiusta, una vera e proprio invenzione di Gervasoni. Il fatto di saltare il derby, come conseguenza automatica del rosso, appare punizione già eccessiva per chi non aveva commesso nulla. Resta la multa di 20 mila euro che si giustifica con la reazione isterica avuta dal capitano al rientro negli spogliatoi.

La blanda punizione inflitta a Totti può essere letta anche in un altro modo. Il giudice sportivo ha ammesso implicitamente che contro il capitano era stato commesso un errore e si è voluto evitare di commetterne un secondo. In questi casi, infatti, lasciando un momento da parte la giustezza o meno del cartellino rosso, le giornate di squalifica, considerando anche il ruolo di capitano, avrebbero dovuto essere tre, come minimo due. Si è voluto, insomma, evitare al giocatore, oltre al danno, anche la beffa.

CASSANO: UN PASSO FALSO DI TROPPO

Pubblicato su France Football il 2 novembre 2010

Tous les Génois étaient prêts à le jurer : responsabilisé par la Sampdoria, muri par son mariage (et une paternité imminente), Antonio Cassano avait définitivement tiré un trait sur ses erreurs de jeunesse, ses excès en tout genre, son indiscipline lui ayant valu tant de problèmes à la Roma puis au Real Madrid. Mais depuis mardi, ce ne sont plus que des paroles vides de sens. En effet, la Samp a exclu l’attaquant italien du groupe avant le déplacement de Cesena et demandé à la Ligue de résilier son contrat. La raison ? Alors, que Riccardo Garrone, le président blucerchiato, lui avait demandé de l’accompagner à une soirée d’un club de supporters, Cassano l’a couvert d’insultes avec une rare violence. Le faux-pas de trop pour un Garrone qui lui assurait un salaire royal (2,9 ME net par saison, jusqu’en juin 2013) et avait toujours eu un œil bienveillant sur lui, même lorsqu’Antonio, en 2009-10, avait été exclu de l’équipe par Del Neri pendant cinq journées de championnat. Que va-t-il se passer ? Cassano partira-t-il en janvier ? Difficile d’imaginer un gros club prendre une telle « tête brûlée », même gratis. Et Prandelli va-t-il continuer à le convoquer en sélection ? On n’en mettrait pas la main à couper…

MILAN: PROGETTO PIU' COMPLICATO DEL PREVISTO

Pubblicato su France Football del 2 novembre 2010

« Quand on perd, on se tait et on rentre à la maison. » Silvio Berlusconi n’avait manifestement pas beaucoup envie de parler, samedi soir à San Siro. D’ordinaire si friand de boutade quand ça va bien, ou de critiques acides à son entraîneur, voire à l’arbitre lorsque les choses tournent mal, « Il Cavaliere » n’était vraiment pas locace au terme de Milan AC-Juve (1-2). Et les quelques paroles à distiller, le patron du Milan les a réservé aux Bianconeri, qu’il est allé sportivement féliciter dans le vestiaire de la Vieille Dame.
Mais les joueurs et le coach du Milan doivent-il s’estimer heureux de ne pas avoir reçu de savon ? L’apparant fatalisme du numéro 1 du club n’est-il pas plus génant encore que quelques pics ? Il y a deux semaines, certains observateurs avaient été surpris par l’attitude très mollassone d’Adriano Galliani, l’administrateur du Milan, au retour de Madrid (0-2 face au Real) : « Nous avons éviter une correction et c’est déjà ça. A un moment, j’ai craint qu’ils allaient nous en mettre cinq ou six, et nous rendre la monnaie de la pièce de 1989 (NDLR : 5-0 pour le Milan en demi-finale retour de C1) !»
Etonnant de la part de dirigeants habitués à voir les leurs imposer leur jeu. Au Bernabeu, les Merengue n’avaient laissé que les miettes à leurs adversaires italiens, dominant outrageusement dans tous les compartiments. Ne fallait-il pas s’inquiéter d’un Milan incapable de hisser le rythme face à une très grosse cylindrée ? Du côté de Milanello, beaucoup ont préféré se dire que se n’était qu’un accident de parcours. Et le succès à Naples (2-1), lundi 25 octobre, avait fini de les persuader que Massimiliano Allegri et ses hommes étaient sur la bonne route, quand bien même le Napoli avait joué à dix toute une période...
UN PATO MEDIOCRE. Le match face à la Juve a placé tout ce beau devant la réalité : l’attaque « des merveilles » du Milan semble un luxe presque inaccessible pour une équipe encore à la recherche d’une philosophie de jeu. Et là, on n’en est pas à parler de faire jouer les « Quatre Fantastiques » ensemble, mais de voir Allegri trouver les équilibres pour qu’un module avec deux attaquants et un « neuf et demi » puisse rendre au mieux. Un module, en 4-3-1-2, que Carlo Ancelotti utilisait déjà il y a quelques années, pas une révolution…
Samedi, les Rossoneri ont mis en avant l’absence de Thiago Silva et Oddo derrière, ainsi que la blessure en cours de match de Bonera. Insignifiant lorsque l’on sait que la Juve a dû jouer sans Chiellini, Grygera Amauri, Iaquinta, et qu’elle a perdu en chemin Martinez et De Ceglie ! Sauf que tous les Bianconeri présents se sont battus comme des lions du début à la fin. Au Milan, seul Ibrahimovic (malchanceux en début de rencontre, entre une transversale et des occasions repoussées par Storari) et Gattuso ont été la hauteur. Robinho –pourtant en forme ces dernières semaines- et Pato ont été médiocres, au point qu’Allegri se demande s’il ne va pas les écarter face au Real.
Car le problème est là : ce Milan audacieux et gourmand aurait besoin de temps pour se perfectionner, gagner en confiance. Mais ce lui manque, c’est précisemment le temps. Si en championnat, sa défaite contre la Juve a mis fin à une série de quatre succès consécutifs, le Milan reste dans les premières positions. En Ligue des Champions, en revanche, il n’a pu trop de marge d’erreur : un nouveau faux-pas face au Real, ce mercredi à San Siro, le mettrait dans une position délicate pour la qualification en huitième, vue la pression qu’exerce l’Ajax. Allegri doit, vite, trouver la bonne formule !