mercoledì 24 novembre 2010

ULTIMO APPELLO PER RAFA BENITEZ

Pubblicato su TS il 23 novembre 2010

Chissà dentro di se cosa starà pensando Rafa Benitez. Chissà se non si sia pentito già da tempo di aver accettato un incarico disperato come quello di ridare motivazioni all’Inter del post Mourinho. Già, perché diciamolo chiaramente, non ci voleva un veggente per capire che gestire i nerazzurri dopo la partenza dell’ingombrante portoghese sarebbe stata un’impresa. In tempi assolutamente non sospetti, quando la quasi totalità della critica pendeva dalle labbra dello Special One, ammaliata dalla sua capacità di produrre successi, l’avevamo predetto: Mourinho vincerà ma dietro di se lascerà solo macerie. Ci riferivamo ai due anni di polemiche, stress, conferenze stampa sopra le righe, giocatori caricati a pallettoni che in giro vedevano solo nemici da azzannare ed abbattere con qualsiasi mezzo. L’Inter della passata stagione era fortissima, ma anche arrogante, isterica, prepotente, eccitata, aggressiva. Tutto questo era possibile grazie alle raffinate capacità psicologiche e affabulatrici di Mourinho, unico in grado non solo di domare bestie feroci come i giocatori nerazzurri ma di scatenarle contro l’avversario. Partito lui, era naturale che l’intero ambiente si afflosciasse di botto. Senza la sua pressione quotidiana, i calciatori sono tornati esseri normali, gente che si allena e gioca a calcio, niente di più. Gente, poi, con la pancia pienissima, in attesa di digerire l’ennesimo scudetto ma soprattutto una Coppa dei Campioni attesa da oltre quaranta anni. Dopo Mourinho serviva una svolta radicale. Occorreva cedere pezzi pregiati ed acquistarne altri. Soprattutto affidarsi ad un tecnico in grado di dare il via ad una nuova epoca. Magari un giovane ambizioso e capace, un po’ come l’Allegri del Milan. Invece si è optato per Benitez, tecnico pacato e gentiluomo, grande cultore della tattica, animato da fair play con la sua voglia di vincere le partite solo attraverso il gioco, mai costi quel che costi. Insomma l’anti-Mourinho per eccellenza. Un allenatore, oltre tutto, reduce da qualche stagione discutibile, dopo anni di successi alla guida del Valencia e del primo Liverpool.

Così, sin dalla prima gara ufficiale, la Supercoppa nazionale, l’Inter è apparsa una squadra lenta, macchinosa, priva di nerbo, eccessivamente compassata. In una parola, moscia. Una formazione che subisce poco ma segna pochissimo. Lo spostamento di Eto’o in attacco sembrava dover rappresentare una rivoluzione ma l’unico risultato è stato che a fare i gol è rimasto solo il camerunense. Segno che il gioco non funziona. Difetti, questi che non possono che essere imputati all’allenatore. Più complicato, invece, stabilire a chi addebitare l’incredibile sequela di infortuni. Al di là della qualità del gioco, diventa difficile difendere adeguatamente il titolo di campioni d’Italia se a Verona contro il Chievo si è costretti ad inseguire la rimonta con gli esordienti Nwankwo e Alibec. Come mai l’Inter si ritrova in questa situazione? Colpa di un accanimento della malasorte o dello staff tecnico i cui metodi di lavoro hanno distrutto i muscoli dei calciatori? Sono domande che alimentano discussioni infinite che difficilmente approderanno a conclusioni certe. Gli esperti sostengono che quando le cose non vanno sul piano psicologico è molto più facile procurarsi infortuni. Questa può essere una delle spiegazioni. Il contraccolpo determinato dalla partenza di Mourinho e dall’ansia di dover ripetere, senza averne la forza, i risultati della passata stagione potrebbe aver reso gli interisti molto più fragili.

Comunque sia, già prima del clamoroso scivolone di Verona Moratti era in preda ai soliti mille dubbi. In settimana c’è stata anche una tesissima riunione con Benitez. Non è un mistero per nessuno che i vertici del club stiano febbrilmente studiando soluzioni alternative. Il nodo è il seguente. Dopo numerosi scudetti consecutivi, ci può anche stare di non vincere il campionato, né si può pretendere di conquistare una Champions all’anno. Ma l’Inter quest’anno ha servito su un piatto il Mondiale per club, l’ex Intercontinentale. Qualche stagione fa i rivali del Milan costruirono mediaticamente una stagione di successo basata sulla vittoria di quel trofeo, riuscendo abilmente a nascondere i fallimenti in Europa e in patria. In Giappone, dunque, non si può fallire. Ma la domanda è: meglio andarci con un tecnico nuovo, capace di dare la giusta scossa, oppure tenersi Benitez, che già conosce la squadra, sperando che riesca a rintuzzare la difficile situazione? Questa è la domanda principale che ronza nella testa di Massimo Moratti. Il quale sembra già deciso a privarsi del tecnico spagnolo a giugno. La soluzione a lui più gradita sarebbe Leonardo. Quella che richiama la figura del traghettatore, magari il vecchio Trapattoni, appare una mossa buona per le situazioni disperate. Domani sera la gara di Champions contro il Twente potrebbe togliere Moratti dagli imbarazzi. Un nuovo capitombolo probabilmente segnerebbe definitivamente le sorti di Benitez. Una brillante vittoria potrebbe rappresentare l’inizio di una svolta. Sapremo tutto nelle prossime ore.

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