giovedì 23 dicembre 2010

ADDIO A BEARZOT

Pubblicato su France Football il 24 dicembre 2010

Enzo Bearzot n’est plus. « Au revoir, Vieil Homme,
votre sagesse nous manquera. » C’est ainsi que la Serie A a
sobrement rendu hommage à l’un des entraîneurs italiens les
plus célèbres du XXe siècle. Âgé de quatre-vingt-trois ans, le
sélectionneur de la Squadra Azzurra vainqueur de la Coupe du
monde 1982 en Espagne est décédé des suites d’une longue
maladie. Patron de l’Italie de 1977 à 1986, celui qui avait pour
devise « le football est avant tout un jeu » avait accompli une
grande partie de sa carrière de joueur à l’Inter Milan et au
Torino, et avait endossé le maillot de la sélection une fois. Il
consacra sa carrière de technicien dans le giron des équipes
nationales italiennes, après avoir goûté au métier d’entraîneur
à Prato (alors en Serie C). L’élimination de l’Italie par l’équipe
de France en huitièmes de finale de la Coupe du monde au
Mexique (3-1) entraîna sa démission et la fin de sa riche carrière
sur le banc. A. FE.

mercoledì 22 dicembre 2010

SINDACO ALEMANNO A ROMA ANCH'IO

BENITEZ: LA RABBIA DI UN UOMO TRANQUILLO

Pubblicato su TS (Totoguida Scommesse) il 21 dicembre 2010


Siamo da sempre grandi estimatori di Rafa Benitez. Non sarà il più bravo allenatore di tutti i tempi ma è comunque serio, preparato, professionale. Ha passato anni a studiare i suoi colleghi, soprattutto quelli italiani, maturando nel tempo una grande capacità tattica che spesso si è anche tradotta in un’ottima organizzazione di gioco. Nonostante la recente nomea che l’ha accompagnato, è anche un tecnico vincente. Provateci voi a vincere lo scudetto in Spagna guidando il Valencia, interrompendo lo stucchevole monologo di Barcellona e Real. Soprattutto è specializzato nelle competizioni ad eliminazione diretta. Resta storica quella Champions League vinta ad Istambul alla guida del Liverpool, al termine di un’incredibile rimonta ai danni del Milan. Al di là delle capacità professionali, che nessun critico sensato può mettere in discussione, è anche una persona per bene. Da questo punto di vista è davvero l’anti-Mourinho. Pacato nei toni, rispettoso degli avversari, mai arrogante né spocchioso. Sempre pronto ad assumersi le proprie responsabilità, talvolta anche a costo di coprire quelle altrui. Solo una persona così poteva sopportare tanto a lungo il discutibile atteggiamento di Moratti e del suo entourage. Fino a poche ore dalla partenza per Abu Dhabi lo hanno tenuto sulla graticola minacciando di licenziarlo senza nemmeno concedergli la soddisfazione di giocarsi il Mondiale per club. Segno che avevano deciso di scaricare su di lui tutte le colpe per la deludente prima parte di stagione dell’Inter. Lui ha abbozzato. Era visibilmente arrabbiato, ma ha deciso di tirare avanti, caricandosi la croce sopra le spalle. Eppure nell’individuare nel tecnico il capro espiatorio della difficile situazione Moratti ha commesso un grave errore. E’ sufficiente conoscere un po’ di calcio per sapere che quando una squadra ha vinto tutto, soprattutto un trofeo che mancava da oltre quaranta anni, come è successo all’Inter, per ridare motivazioni al gruppo è necessario mescolare un po’ le carte. Molti giocatori, infatti, soprattutto se in là con gli anni rischiano di sentirsi appagati. Moratti avrebbe mostrato di avere saggezza se avesse deciso di rinunciare a tre o quattro elementi di spicco della rosa, sostituendoli con giocatori di pari livello ma più giovani e affamati. Inoltre c’era la questione dell’allenatore. Mourinho è un tecnico sicuramente bravo, per certi versi fuori del comune. Ti fa vincere ma ti costringe anche a tirare fuori tutto quello che hai e anche di più. Non tanto sul piano fisico ma su quello nervoso. Non è un caso se i giocatori della sua Inter in campo sembravano morsi dalla tarantola. Due anni con un tecnico così ti prosciugano mentalmente. Per caricare un gruppo spossato dal suo tecnico e dalle vittorie sarebbe stato necessario ingaggiare un grande motivatore. Benitez non ha queste caratteristiche. E’ essenzialmente allenatore di campo, non uno specialista della gestione della psiche dei calciatori. Sarebbe stato il tecnico ideale se Moratti avesse rinnovato la rosa. Al contrario, il presidente per la prima volta nella sua gestione non solo non ha comprato ma ha pure venduto. Rispetto alla passata stagione l’Inter attuale ha un Balotelli in meno. A tutto ciò si sono aggiunti gli infortuni che hanno decimato la rosa al punto da costringere Benitez a cavarsela spesso e volentieri con i ragazzini. Colpa sua gli infortuni? Siamo seri. Sono molti i campioni che hanno fatto faville nella passata stagione, magari hanno anche disputato un grande Mondiale, e poi sono scoppiati. E’ accaduto con Milito, Snejder, Maicon. Ma anche a Robben del Bayern. Per questo la rosa andava rinforzata e rinnovata. Tutti questi sono errori da addebitare interamente a Moratti e ai suoi collaboratori. Benitez, semmai, ha avuto il torto di non mettere subito le cose in chiaro, dimettendosi già in agosto quando si era reso conto che le sue richieste sarebbero state ignorate. Per mesi è stato in silenzio. Dopo la brillante conquista del Mondiale per club, ennesimo titolo della sua carriera, è sbottato. Sinora, ha detto, mi sono preso colpe non mie. Adesso basta. O il club rispetta le promesse estive e compra tre o quattro giocatori a gennaio oppure parli col mio procuratore e contratti la mia uscita di scena. Un pugno nello stomaco per squadra, tifosi e dirigenza, ancora impegnati nei festeggiamenti ad Abu Dhabi. Noi siamo dalla parte di Benitez. Forse avrebbe potuto arrabbiarsi prima ma ha voluto essere professionista fino in fondo. Condividiamo la sua uscita perché finalmente costringerà Moratti a prendere di petto la situazione e a decidere cosa vuole davvero. Se crede sinceramente nelle qualità dell’attuale tecnico deve metterlo nelle condizioni di lavorare in maniera ottimale, esattamente come fece a suo tempo con Mourinho. Se non ha fiducia in lui e ancora si considera una “vedova” dello Special One, allora meglio farla finita subito. Benitez non è più disposto a fare la vittima sacrificale, assumendo su di se colpe non sue. Adesso tocca solo a Moratti decidere.

UN ANNO TARGATO INTER

Pubblicato su France Football il 21 dicembre 2010

L’air d’Abu Dhabi fait des miracles. Voilà un slogan que pourraient utiliser les autorités locales pour la promotion dans le monde de l’Émirat. Pour cela, elles disposent d’un exemple spectaculaire : l’Inter Milan. Un Inter presque moribond arrivé dans cette perle du Golfe le moral au plus bas, avec cinq défaites au cours de ses onze derniers matches officiels et un entraîneur, « Rafa » Benitez, sur un siège éjectable. Ehbien, en l’espace de quelques jours, les Nerazzurri se sont totalement métamorphosés, enlevant deux succès qui leur permettent de finir l’année en beauté. Après avoir soumis (3-0) les Coréens de Seongnam Ilhwa Chunma en demi-finales du Mondial des clubs, ils ont battu sur un score identique
les Congolais du TP Mazembe, invité surprise de la finale de l’épreuve, avec
notamment un troisième but du Français Jonathan Biabiany. Un beau
cadeau de Noël des Milanais à leurs tifosi puisqu’il s’agit du cinquième et
dernier titre de l’année, après la Coupe d’Italie, le Scudetto, laLigue
des champions au printemps et la Supercoupe d’Italie en plein coeur de
l’été. Un cadeau, surtout, au président Massimo Moratti, qui imite ainsi son père, Angelo, capable quarante-cinq ans plus tôt de conduire l’Inter au sommet du monde, du temps de la Coupe intercontinentale.

POUR BENITEZ, CE MONDIAL DES CLUBSVICTORIEUX est surtout une incroyable bouffée d’oxygène. Avant même que les Nerazzurri débarquentàAbu Dhabi, cette compétition avait été décrite comme la dernière chance du technicien espagnol de sauver sa peau. « Il y a quelques années, je l’aurais déjà probablement limogé », soufflait d’ailleurs Moratti, comme pour montrer combien la position de Benitez était précaire
et à quel point il était déçu de son apport à l’équipe milanaise. Quand bien même l’ancien manager de Liverpool avait trouvé un groupe complètement vidé psychologiquement par la frénétique saison 2009-10 sous l’égide de Mourinho, sans parler de l’avalanche de blessures–dernière endate, celle de Wesley Sneijder,
face à Seongnam –, l’obligeant à faire régulièrement appel aux gamins de la primavera, la réserve, pour compléter le banc de touche.

LE COUP DE GUEULE DE BENITEZ. Abu Dhabi, tournant de la saison?C’est possible. En tout cas, le séjour au Moyen-Orient a permisàBenitez de récupérer une
partie de ses cadres:Milito, Julio César,Maicon, tous de nouveau opérationnels. Il a surtout permis à l’Inter de reconstituer son capital confiance. Requinqués par une bonne semaine sans match, les Nerazzurri ont enfin affiché fraîcheur et envie de
vaincre. Surtout, on les a sentis habités par le « killer instinct » si
caractéristique de l’Inter de«Mou», même si c’est encore et toujours l’inépuisable Samuel Eto’o, désigné joueur de cette compétition, qui a fait la différence, avec unbut (son 19een 23 matches officiels) et une passe décisive à Pandev enfinale. Désormais, Benitez ne veut plus jouer avec le feu.Àpeine la cérémonie de remise de la coupe achevée, il a remis les pendules à l’heure.«En août, on m’a promis trois joueurs, mais aucun n’est arrivé. Les choses n’ont pas évolué favorablement et j’ai
servi d’exutoire à toutes les critiques. Aujourd’hui, le club a trois options : soit il opère sur le mercato et engage quatre joueurs en janvier, soit je continue à
servir de paratonnerre, soit il rencontre rapidement mon agent et nous trouverons bien une solution…»Le message est clair : l’ancien entraîneur de Liverpool veut
avoir les moyens de ses ambitions, sans quoi il préfère arrêter l’expérience. La balle est désormais dans le camp de Moratti.

ANTONIO FELICI

PELLISSIER L'AMMAZZAGRANDI

Pubblicato su France Football il 21 dicembre 2010

C’est un garçon simple, discret, courageux. Un attaquant combatif et volontaire qui a toujours su garder les pieds sur terre. Voilà pourquoi Sergio Pellissier n’ira pas perdre son temps à fanfaronner sur les plateaux télé pour expliquer en long et en large son but égalisateur contre la Juve, à la 93e minute. «Je ne fais que mon
métier, se contente-t-il de souligner. Et je serais heureux de pouvoir contribuer au maintien du Chievo.» En tout cas, le joueur originaire du Vald’Aoste, région du nord-ouest de l’Italie, frontalière de la France, fait tout pour, comme il l’a encore démontré dimanche en rattrapant la Vieille Dame par le col (1-1), faisant mouche là où, en première période, son coéquipier Marcolini avait manqué un penalty. Et qu’importe si les Turinois, réduits à dix pendant presque toute la seconde période, ont dominé, tirant sur le poteau par Sörensen et se procurant la plupart des occasions. Sergio Pellissier a inscrit son sixième but de la saison, confortant sa réputation de «tueur de géants ».
Avant la Juventus, il avait déjà marqué lors du succès (2-1) sur l’Inter et réalisé un doublé en déplacement à Naples (3-1). La gloire, pour lui, n’est qu’accessoire. À trente et un ans, il n’attend pas de transfert dans une grosse écurie, ni de contrat juteux. Tout au plus serait-il honoré par une nouvelle sélection en Nazionale,
lui qui avait marqué d’une volée splendide pour son unique cape, au début de juin en amical, face à l’Irlande du Nord (3-0).

A. F.

UNA ROMA A DUE FACCE

Pubblicato su France Football il 21 dicembre 2010

«C’est une équipe de fous !» se sont écriés des supporters de la Roma, samedi soir,
sur les bouillonnantes radios de la Ville éternelle. Un véritable cri du coeur, mélange d’admiration, de satisfaction et, aussi, quelque part, d’inquiétude. Pour ces fans, comme pour beaucoup d’observateurs, laRoma surprend, étonne, déconcerte,
tant elle semble frappée d’un comportement à la limite de la schizophrénie. Les joueurs de Claudio Ranieri sont capables des prestations les plus admirables,
comme cette victoire (1-0) de samedi à San Siro sur le Milan AC, grâce à unbut de l’ex-RossoneroBorriello, mais aussi des matches les plus insipides. Capables
aussi de faire preuve d’un admirable esprit de corps, puis de se chamailler en public, bref de souffler le chaud et le froid d’un instant à l’autre.

Est-ce bien la même équipe qui, cette saison, a battu l’Inter Milan (1-0) à l’Olimpico, dominé la Lazio dans un derby « à l’extérieur » (2-0), maîtrisé la Juventus àTurin (1-1) ou remonté deux buts au Bayern Munich en Ligue des champions (de 0-2 à 3-2), mais qui, à l’opposé, n’est pas parvenue à soumettreCesena à
domicile (0-0), s’est fait ridiculiser chez elle par Bâle (1-3) enC1, et fait
rosser (1-5) à Cagliari?Mystère. C’est pourtant bien cette Roma qui, à l’été,
avait été pensée pour remporter le Scudetto. Après l’exaltante campagne 2009-10, qui l’avait vu effectuer une remontée extraordinaire sur l’Inter, la doubler, avant de perdre le Championnat sur un coup de dés, les dirigeants giallorossi s’étaient activés pour constituer un groupe de «première force». Ils avaient recruté un milieu
complet (leBrésilien Simplicio), une star avide de revanche (son compatriote Adriano) et, surtout, l’avant-centre d’envergure qui manquait depuis l’époque Batistuta:Marco Borriello. Des espoirs vite balayés par une entame de Championnat désastreuse (deux points en quatre journées).

RANIERI : «CHASSER LES FANTÔMES.» Qu’est-ce qui n’allait pas?On a parlé de problèmes tactiques. Il est vrai que la saison dernière, Ranieri, arrivé après deux
journées, n’avait que peu modifié le dispositif de son prédécesseur, Spalletti, travaillant surtout sur le mental des joueurs. Là, l’ancien coach de Chelsea a repensé la mécanique. Fini le Totti «faux avant-centre», toujours en mouvement pour désorienter les défenses et favoriser les incursions de ses camarades ; Ranieri a
imposé une pointe de métier, Borriello, auquel il a adjoint trois «neuf et demi», Vucinic, Totti et Ménez, ce dernier souvent excellent cette saison. Si le
rendement de Borriello est satisfaisant (11 buts en 23 matches officiels), son entente avec Totti laisse à désirer.MirkoVucinic, lui, n’a que rarement trouvé son
compte, tombant dans une grosse crise de confiance. La vie n’a pas été non plus facile pour les milieux de terrains De Rossi–perturbé par des affaires
familiales – et Pizarro, indispensable la saison dernière mais souvent marginalisé cet automne. Endéfense, Juan, Mexès et Burdisso n’ont pas trop déçu au plan
individuel, mais ils ont manqué de cohésion, obligeant Ranieriàmodifier
régulièrement sa charnière centrale.
La Roma s’est vite transformée en poudrière. Un jour, on a vuTotti
apostropher son entraîneur : «En pratiquant le catenaccio, nous n’irons
pas loin», lança le capitaine après la défaite (0-2)àMunich contre le
Bayern en Ligue des champions. Une autre fois, c’est la moitié de l’équipe qui
se rebelle faceàBorriello, accusé d’être «trop expressif» dans ses reproches. EnCoupe d’Europe, onamême assisté à une empoignade entre Totti et Burdisso, le dernier reprochant au premier des ballons perdus bêtement!Malgré tout, Ranieri y croit encore dur comme fer. «Il faut juste que mes joueurs chassent les fantômes du passé.» En d’autres termes, qu’ils oublient cette incroyable course-poursuite de
2009-10, qui a laissé tant d’influx en chemin. Ce n’est qu’à ce prix qu’ils pourront repartir à la conquête du Scudetto. Après tout, la Roma ne compte «que» sept
points de retard sur le leader rossonero. C’estmoins que les onze longueurs qui les séparaient de l’Inter à Noël 2009

ANTONIO FELICI

venerdì 17 dicembre 2010

ROMA: CON LO SHAKHTAR OCCASIONE IRRIPETIBILE

L'urna di Nyon è stata benevola. La Roma agli ottavi di finale di Champions League se la vedrà con lo Shakhtar Donetsk di Mircea Lucescu. In queste ore naturalmente sentiremo ripetere la solita litania che da questa fase in poi tutte le squadre sono forti, che un avversario vale l'altro e così via. Resta il fatto che alla vigilia del sorteggio tutti si auguravano di pescare gli ucraini e così è stato. Nel complesso, infatti, lo Shakhtar può essere considerata la meno forte delle avversarie possibili. Non a caso si è qualificata agli ottavi per la prima volta nella sua storia. Anche il fatto di giocare la prima gara in casa potrebbe rivelarsi un vantaggio. Intanto perché più tardi si gioca in Ucraina meglio è, viste le condizioni metereologiche tra fine febbraio ed inizio marzo. Inoltre, quella di Lucescu è una squadra ucraina solo sulla carta. Lo è per lo più in difesa, ma dalla cintola in su è brasiliana. Quindi gente tecnica che ama giocare al calcio, senza eccessivi tatticismi. Una squadra, insomma, che se dovrà giocare in casa con la prospettiva di dover rimontare una sconfitta sarà portata ad aprirsi. In quegli spazi, gente come Menez, può fare sfracelli. Anche perché i quattro di difesa non brillano per la loro velocità. All'Olimpico, dunque, servirà vincere, anche solo con un gol di scarto. Se la Roma potrà andare a Donetsk potendo agire di rimessa il gioco è praticamente fatto.

Certo, tutte queste considerazioni rimangono per ora su un piano teorico. E' bene essere chiari: la Roma vista sin qui può tranquillamente uscire dall'Europa anche per mano dello Shakhtar. Questo per dire che a fine febbraio servirà comunque una squadra molto più simile a quella della passata stagione che a quella scombinata ammirata (si fa per dire) sinora. D'altra parte questa è la condizione necessaria ma non sufficiente affinché la Roma possa rientrare anche nel discorso scudetto. In caso contrario, diventerebbe difficile immaginare una stagione ricca di soddisfazione.

E' andata benino, non benissimo alle altre due italiane. Il Milan è senz'altro favorito sul Tottenham, ma quella londinese è una formazione pericolosa, capace di giocare brutti scherzi. Quanto all'Inter, poi, troverà un Bayern un po' acciaccato come lei ma desideroso di vendicare la sconfitta nell'ultima finale di Champions. Il confronto si annuncia alla pari. Certo, se si pensa che in qualità di seconde classificate, sia Inter che Milan avrebbero potuto pescare avversari come Barcellona, Real Madrid o Manchester United, viene da dire che il sorteggio non è stato proprio malvagio.

mercoledì 15 dicembre 2010

IL BELLO E SOLIDO MILAN DI ALLEGRI

Pubblicato su TS il 14 dicembre 2010

Dopo Bologna anche i più refrattari hanno capito: il Milan è in prima fila per lo scudetto di quest’anno. Non tanto e non solo per la classifica. E’ proprio la forza dimostrata dai rossoneri ad indurre a ritenerli i maggiori candidati alla vittoria finale. Una forza probabilmente non sufficiente a farla da padrone in Europa. Quanto basta, però, per controllare le dirette avversarie in Italia, almeno per quello che s’è visto fino a questo momento. Il merito principale, a mio avviso, è da ascrivere al tecnico Allegri. E’ vero, non possiamo dimenticare che Silvio Berlusconi dopo un periodo di austerity ha riaperto i cordoni della borsa ed ha portato a Milanello un mostro di bravura che risponde al nome di Ibrahimovic. Uno che ha dimostrato di poter vincere i campionati quasi da solo. Ed uno che, ormai da anni, in qualsiasi squadra vada a giocare vince immancabilmente il titolo. Un fatto che ormai non può più essere derubricato a pura casualità. Tuttavia, Allegri oltre a fare bene grazie ai suoi soldi, sta avendo successo anche malgrado il Premier. Non è un mistero per nessuno, infatti, che ad inizio stagione dall’alto era arrivata un’indicazione piuttosto chiara. Il Milan avrebbe dovuto giocare per dare spettacolo, dando spazio ad almeno quattro calciatori offensivi. Berlusconi sognava di vedere il più possibile contemporaneamente Ibrahimovic, Pato, Ronaldinho e Robinho. Sembrava che il solo obiettivo tattico di Allegri fosse quello di trovare il modo di far coesistere quei quattro lì davanti. Per un po’ di tempo Allegri ha assecondato il suo presidente. Intanto rifletteva su quello che avrebbe dovuto essere l’assetto migliore per il suo Milan. Alla fine ha trovato un abile compromesso. Ha assecondato i desideri dell’ambiente rossonero lasciando davanti tre giocatori offensivi. Per conservare gli equilibri, però, ha ideato un centrocampo ricco di incontristi. In qualche occasione ha avuto persino il coraggio di rinunciare a Pirlo per presentare una mediana formata da soli elementi di sostanza. Inoltre, a conferma di un’impostazione per così dire “provinciale”, non si è vergognato di orientare gli schemi offensivi allo sfruttamento del potenziale di Ibrahimovic, uno che regge il peso dell’attacco da solo, soprattutto se adeguatamente affiancato e servito da un paio di trequartisti. Grazie a questa formula il Milan ha inanellato una serie di sette risultati consecutivi: sei vittorie e un pareggio. Uno strappo molto deciso che l’ha portato a condurre con una certa sicurezza la classifica. Questa impostazione, tra l’altro, sta consentendo ad Allegri di ovviare alla grande ad alcune assenze molto importanti. A suo tempo si sono dovuti fermare Inzaghi e Pato. Nei giorni scorsi anche Thiago Silva e Flamini. Non è cosa da poco. Eppure, nonostante questo, come s’è visto a Bologna, il Milan risulta compatto, determinato e, tutto sommato, gioca anche un buon calcio. L’impressione è che se la squadra dovesse mantenere una certa regolarità, lo scudetto arriverà senz’altro. Anche perché le avversarie dirette non sembrano all’altezza. Non l’Inter che ha mille problemi e per ora è completamente distratta dal Mondiale per club. Non la Juventus, alla quale manca qualcosa a livello tecnico per sperare in un successo finale.
Non parliamo della Roma che sta sfruttando poco e male il suo enorme potenziale. Nonostante Ranieri abbia a disposizione una rosa di livello europeo, i risultati sinora sono stati scadenti e la squadra non ha convinto. Lo striminzito successo sul Bari ha confermato i problemi. Mancano i più elementari schemi offensivi che sono surrogati esclusivamente dall’inventiva di Menez. Il centrocampo, la cui composizione cambia di partita in partita, non coadiuva adeguatamente l’attacco e non protegge a sufficienza la difesa. Quest’ultima lascia troppe occasioni da rete agli avversari, forti o modesti che siano. La squadra, inoltre, spesso è incapace di conservare il risultato e subisce troppe clamorose rimonte. Proprio questo avversario in cerca di identità si ritroverà il Milan sabato sera in uno scontro diretto che potrà dire molto in chiave scudetto. Fare i conti è facile. Se vinceranno i rossoneri la Roma si ritroverà a meno tredici dalla vetta. Se a vincere, invece, dovesse essere la Roma, i giallorossi salirebbero a meno sette. E’ sin troppo chiaro che nel primo caso per i ragazzi di Ranieri lo scudetto sarebbe un discorso definitivamente chiuso. Va bene che i miracoli sono sempre possibili, ma recuperare tredici punti è una missione davvero impossibile. Nel secondo caso i giochi sarebbero riaperti, anche perché Juventus, Lazio, Napoli e la stessa Inter tornerebbero prepotentemente alla ribalta. La nostra sensazione è che la Roma attuale difficilmente potrà creare troppi problemi al Milan. La solidità e la tranquillità che mostrano i rossoneri sembrano offrire le più ampie garanzie. La gara sarà sicuramente interessante, anche perché la Roma ha qualità tecnica per dare spettacolo. Ma a conti fatti c’è da ritenere che il Milan abbia un’enorme occasione per lasciare un segno indelebile su questo torneo.

martedì 7 dicembre 2010

INTERVISTA ALL'ON. ORAZIO LICANDRO SU MAFIA E POLITICA

http://www.youtube.com/watch?v=HffNiGAxxYs

INTERVISTA A GIOVANNI IMPASTATO SULLA FIGURA DEL FRATELLO PEPPINO

INTERVISTA AL PROCURATORE ANTONIO INGROIA SULLA SENTENZA DELL'UTRI E LE STRAGI

INTERVISTA A MARCO TRAVAGLIO SUI RAPPORTI MAFIA-STATO

SUAREZ SI AUGURA CHE A VINCERE SIA UNO SPAGNOLO

Pubblicato su France Football

«Luis Suarez, les champions du monde espagnols représentent presque un tiers des candidats au FIFA Ballon d'Or 2010 : la couronne peut-elle échapper à l'un de vos sept compatriotes ?
C'est tout à fait possible. Je pense à Wesley Sneijder, qui a joué la finale du Mondial face à l'Espagne et réalisé le triplé Championnat-Coupe d'Italie-Ligue des champions sous les couleurs de l'Inter Milan. Le tenant du titre Lionel Messi pourrait également battre les Espagnols au sprint grâce à ses buts en série. Mais les joueurs de la Roja ont remporté la Coupe du monde et cela devrait faire la différence.

Quel est votre favori ?
Pour moi, c'est Xavi qui le mérite. Je le considère depuis pas mal de temps déjà comme le joueur le plus complet au monde. Iniesta pourrait, lui aussi, s'imposer car il a marqué le but de la victoire en finale du Mondial. Mais, si l'on prend toute l'année 2010 en compte, ce dernier a connu des baisses de régime et a été blessé. Alors que Xavi a maintenu pendant douze mois un rendement très élevé. C'est vraiment un très grand joueur.

«La présence dans la liste des 23 de quatre joueurs de l'Inter est logique»

Que pensez-vous de la présence de quatre joueurs de l'Inter ?
Elle est logique et justifiée à la vue de ce qu'ont fait les Nerazzurri cette année. Même si l'on ne pouvait quand même pas mettre toute l'équipe, j'aurais quand même ajouté Diego Milito, qui, au terme d'une saison 2009-10 exceptionnelle, a su marquer les buts décisifs en finale de Coupe d'Italie, de Ligue des champions et lors de la dernière journée de Serie A.

L'absence d'Italiens ?
Rien à redire. Le football italien traverse une période difficile et l'élimination au premier tour du Mondial en est l'une des manifestations les plus visibles. Comme Paolo Rossi (ndlr : voir entretien sur francefootball.fr de ce vendredi matin), je considère encore Alessandro Del Piero et Francesco Totti comme les numéros 1 du foot italien. Mais ils ne font plus partie de la sélection depuis longtemps et n'ont pas crée l'exploit en Coupe d'Europe. Contrairement à l'Inter. Sauf que les rares italiens alignés ont souvent eu un rôle anecdotique.

«Forlan a été extraordinaire»

Le Ballon d'Or pourrait-il aller à un joueur qui n'a pas disputé la finale du Mondial ?
Diego Forlan, par exemple. L'attaquant uruguayen a été extraordinaire en Europa Ligue avec l'Atletico Madrid puis à la Coupe du monde au service de l'Uruguay. Du coup, on a beaucoup parlé de lui. Un peu tard à mon goût : Forlan évolue à un haut niveau depuis quelques saisons déjà, mais a longtemps été sous médiatisé. Peut-être que l'Uruguayen a longtemps payé son échec à Manchester United. Sa palme de meilleur joueur du Mondial 2010 est une belle et juste récompense.

Vous pourriez le préférer à un Espagnol ?

Non ! Xavi et Iniesta le méritent. Et le titre Mondial de l'Espagne joue en leur faveur. Comme le fait que des stars telles que Messi et Cristiano Ronaldo n'ont pas brillé en Afrique du Sud. (sur un ton léger) J'espère vraiment le sacre d'un compatriote : je suis fatigué d'être encore l'unique joueur né en Espagne à avoir remporté le Ballon d'Or ! J'attends avec impatience un successeur...»

Propos recueillis par Antonio Felici

lunedì 6 dicembre 2010

STUDIO UEFA: IL CALCIO SPENDE PIU' DI QUANTO INCASSA

Speciale pubblicato su TS il 3 dicembre 2010

Uno dei capisaldi della politica di Michel Platini da quando è presidente dell’UEFA, com’è noto, è il cosiddetto fair-play finanziario. Il quale altro non è che una serie di regole di sana gestione economico-finanziaria dei club finalizzata alla ricerca dell’equilibrio dei conti dell’intero calcio europeo. Naturalmente, per avere la forza di imporre questo sistema di regole gli esperti di Platini a suo tempo hanno anche elaborato un preciso meccanismo di sanzioni da infliggere ai club che non vogliono o non riescono ad attenervisi. Lo strumento che renderà possibile l’applicazione del fair-play finanziario e le relative sanzioni è il cosiddetto sistema di licenze dei club. Molto semplicemente, si tratta di una modalità che, sulla base di specifici parametri, determina la concessione o meno, da parte dell’UEFA, dell’autorizzazione alla partecipazione alle competizioni europee. In altre parole, un club può anche essere padrone di gestirsi come gli pare e di contravvenire alle indicazioni del massimo organismo calcistico continentale. Se lo farà, però, dovrà rinunciare ai palcoscenici della Champions e dell’Europa League. Un deterrente tale da dissuadere anche i dirigenti più refrattari.

Il sistema di licenze per i club, oltre ad essere uno degli strumenti più efficaci di cui è riuscito a dotarsi Platini per attuare la propria politica, rappresenta anche un’occasione per fotografare lo stato di salute economica del calcio europeo. A questo proposito da un paio di anni l’UEFA pubblica un rapporto, The European Club Footballing Landscape (Lo scenario dei club europei di calcio), una vera e propria miniera di informazioni. Nell’ultima edizione, relativa all’anno 2009, si apprende come il sistema di licenze per club adottato dall’UEFA abbia fatto anche da progetto pilota per la sperimentazione di sistemi simili anche a livello nazionale. In altre parole, le leghe di molti paesi hanno deciso di introdurre le licenze anche per stabilire se un club può iscriversi al campionato. Sono ben 24 i paesi che adottano al tempo stesso il sistema di licenze UEFA e quello nazionale. Altri 14 adottano un sistema unico che vale per UEFA e per i campionati nazionali. Infine, 15 paesi non hanno ancora optato per un sistema nazionale di licenze e si limitano a sottoporsi a quello europeo. Non bisogna credere che la procedura elaborata a Nyon sia sono un freddo ed inutile strumento burocratico. Nella realtà ha manifestato la sua efficacia. Basta verificare il numero di licenze rilasciate nelle ultime cinque stagioni prese in esame, dal 2004-05 al 2008-09. All’inizio i club accreditati sono cresciuti progressivamente da 478 a 554. Poi nel 2008-09 sono calati drasticamente a 503. Contemporaneamente il numero di club ai quali è stata rifiutata la licenza e che di conseguenza non hanno potuto iscriversi alle coppe europee è passato da 106 a 126. Naturalmente non sono mancati i club che hanno deciso di non presentare la documentazione richiesta. In quel caso, però, si tratta di società che non avevano speranza di concorrere nelle competizioni europee ed appartenevano comunque a paesi che non prevedono ancora un sistema di licenze.

Un dato interessante esaminato dall’UEFA è quello relativo alla proprietà degli stadi. Si scopre che, a parte i grandi paesi europei, questa non è ancora un elemento fondante della struttura economica dei club. Sono solo 11, infatti, i paesi in cui la maggior parte delle società è proprietaria dell’impianto in cui gioca. In 10 casi solo alcuni club possiedono lo stadio e in altrettanti è solo una società a poterne vantare la proprietà. In una grande numero di paesi (22), dunque, nemmeno un club ha uno stadio proprio. Nella maggior parte dei casi il loro utilizzo è subordinato alla sottoscrizione di un contratto di utilizzo con le autorità locali.

Interessanti anche le informazioni relative al tifo e agli spettatori. Secondo dati del 2007, in quattro campionati sono oltre 20 mila gli spettatori medi, in nove casi la media oscilla tra 10 e 20 mila. A causa della presenza di molti paesi calcisticamente modesti, nella maggior parte dei casi (13) non si arriva a mille spettatori di media a partita. In compenso, in 27 campionati il trend è in crescita, in sei casi addirittura con percentuali superiori al 20%.

Lo studio commissionato da Platini, poi, affronta la composizione finanziaria dei club europei, suddividendoli in paesi con fatturati top, ampi, medi, piccoli e minimi. Nei maggiori campionati si raggiunge un fatturato medio superiore ai 50 milioni di euro per club. Il maggior numero di campionati (13) ricade nella categoria intermedia con fatturati che oscillano da 1,25 a 5 milioni di euro annui. Quello che impressiona è il dato globale. Se si sommano i fatturati di tutti i club militanti nei campionati europei esaminati si arriva alla cifra vertiginosa di 11 miliardi di euro! A tanto, dunque, ammonta il valore del fatturato del calcio europeo. Com’era facile prevedere, i dati relativi al 2007 confermano che l’Inghilterra è al vertice della piramide con un fatturato medio di 114 milioni di euro per club. A seguire Germania, Spagna e Italia che si collocano più o meno allo stesso livello, milione più milione meno. Poi, molto staccata, la Francia con 49 milioni. La prima delle out-sider è la Russia, i cui club fatturano in media 26 milioni. Poi, via via tutti gli altri paesi con in coda Macedonia, San Marino e Andorra i cui club mediamente fatturano appena centomila euro all’anno. Ancora più interessante la tabella relativa al divario tra club ricchi e poveri di ogni singolo paese. L’UEFA ha preso in esame il fatturato medio dei quattro club più ricchi di ciascun paese, mettendolo a confronto con quello di tutti gli altri ed ha calcolato di quante volte è superiore. Da questo esame si ricava che i tornei più squilibrati sono Serbia ed Ucraina. In quei campionati i club più ricchi fatturano addirittura dieci volte più degli altri. La presenza in cima a questa speciale graduatoria di paesi di seconda o terza fascia dimostra che proprio in quei campionati si sconta il maggior distacco tra i pochi club d’eccellenza e tutti gli altri. I grandi paesi in genere si collocano nella seconda parte della classifica, segno che bene o male qualche forma di redistribuzione della ricchezza, soprattutto grazie ai diritti televisivi, è stata trovata. Tuttavia, proprio in tema di diritti televisivi i grandi campionati pagano uno scotto: l’eccessiva dipendenza da questa voce dei loro fatturati. Un po’ a sorpresa è la Francia il paese che globalmente deve di più alle TV: addirittura il 57% del fatturato medio di un club. A seguire l’Italia col 51%. Il dato relativo alla nostra Serie A non ha nulla di sorprendente agli occhi nei nostri lettori, visto che è stato messo in evidenza in occasione di numerosi speciali pubblicati in passato. Più equilibrata la situazione di Inghilterra, Germania e Spagna con percentuali inferiori al 40%. Naturalmente, col calare del peso economico e dei bacini di utenza calano i valori assoluti dei diritti televisivi e, di conseguenza, la dipendenza dei campionati rispetto a questa voce. Ci sono addirittura dieci paesi in cui i diritti TV non generano alcun fatturato.

Ricordate il dato relativo al fatturato globale del calcio europeo? Si tratta della cifra monstre di 11 miliardi di euro. Ebbene, l’UEFA ha analizzato anche la voce relativa ai costi facendo una scoperta sgradevole. L’ammontare complessivo delle uscite è pari a 11,2 miliardi! In altre parole, a fronte dell’enorme ricchezza generata, il calcio europeo la dilapida interamente, facendo registrare addirittura un piccolo passivo. A dimostrazione del fatto che il fair-play finanziario è una strada senza ritorno. Naturalmente la voce che grava maggiormente sui bilanci dei club di ogni angolo d’Europa è quella relativa al costo del lavoro, ossia gli ingaggi dei calciatori e le spese per i trasferimenti. I paesi meno virtuosi sono, un po’ a sorpresa, proprio quelli di secondo piano. Alla Serbia la maglia nera: i club balcanici spendono per i calciatori il 132% del fatturato. Sono messi male anche Israele e Irlanda, rispettivamente col 106 e il 100%. Tra i paesi più importanti, sono Inghilterra e Francia a spendere troppo per i calciatori: il 63%. Va meglio all’Italia col 59% e alla Spagna col 54%. La più virtuosa, come sempre, la Germania col 45%. A parte San Marino, i cui calciatori sono dilettanti e almeno ufficialmente non ricevono compensi, il paese che spende meno per i calciatori è l’Azerbaigian. Nonostante le ricchezze generate dal petrolio, il paese sul Caspio investe su di loro appena il 19% del fatturato.

venerdì 3 dicembre 2010

PALLONE D'ORO: PAOLO ROSSI PROPENDE PER INIESTA

Articolo pubblicato oggi su France Football
(http://www.francefootball.fr/FF/breves2010/20101203_105707_rossi-penche-pour-iniesta.html)

Chaque jour, du lundi au vendredi, jusqu'à lundi prochain 6 décembre, date à laquelle seront révélés les trois finalistes du FIFA Ballon d'Or 2010, des invités de francefootball.fr analysent cette course au trophée 2010. La parole est aujourd'hui donnée à un ancien lauréat, l'Italien Paolo Rossi, sacré en 1982. (Photo Presse-Sports)

«Paolo, quels sont vos favoris pour le FIFA Ballon d'Or 2010 ?
C'est une année de Coupe du monde. Et, comme toujours en pareille circonstance, ceux qui se sont bien comportés dans cette compétition occupent forcément une place de choix. A commencer par les Espagnols, notamment Iniesta et Xavi, qui ne devraient pas être loin du podium. Tous deux ont vécu une année vraiment exceptionnelle. Personnellement, je penche pour Iniesta. C'est lui qui a inscrit le but victorieux en finale. Et il a fait d'excellentes choses avec le FC Barcelone. Iniesta ou Xavi, il n'y aurait rien de plus juste que de primer le représentant d'un école footballistique qui, tant en sélection qu'en club, domine la scène internationale et assure le spectacle. Avant le Mondial 2010, l'Espagne n'a-t-elle pas remporté l'Euro ? Et comment oublier les exploits du Barça ?

Qui pourraient inquiéter les joueurs de la Roja ?
La présent année a également été marquée par l'extraordinaire triplé de l'Inter (Scudetto-Coupe d'Italie-Ligue des champions). Et quoi de plus logique que de voir l'un de ses représentants aux premières loges. Je pense avant tout à Wesley Sneijder. Ce dernier, outre les trois trophées de l'exercice 2009-10, ainsi que la Supercoupe d'Italie en août, a atteint la finale de la Coupe du monde en Afrique du Sud. Et le Néerlandais n'a jamais déçu, offrant toujours des prestations de haut niveau.

«Messi et Ronaldo sont les meilleurs du monde, mais...»

Les autres Nerazzurri ont-ils une réelle chance de faire leur trou au classement ?
Honnêtement, je pense que Sneijder va monopoliser l'attention. (une pause) Je regrette juste que Diego Milito n'ai pas été retenu dans la liste des 23 : ses buts à la pelle sur la route du triplé avaient forcé l'admiration de tous.

Voyez-vous d'autres outsiders ?
Je pense aux Allemands Özil, Schweinsteiger et Müller, trois éléments prépondérants d'une Nationalmannschaft séduisante. J'accorde, en revanche, peu de chances à Cristiano Ronaldo et Messi. Ces deux-là sont probablement les meilleurs au monde et font étalage de leur classe chaque semaine, mais ils n'ont pas brillé au Mondial 2010. Et par expérience, nous savons qu'il est difficile de bien figurer au Ballon d'Or après avoir réalisé une Coupe du monde moyenne. Mieux vaut le contraire : ne pas se singulariser pendant l'année, mais réussir sa Coupe du monde.

«En Italie, la relève n'est pas encore à la hauteur»

Vous parlez en connaissance de cause...
En effet, en 1982 je n'étais revenu de suspension que quelques semaines avant de participer au Mondial en Espagne. Mais là-bas, j'ai inscrit six buts, terminé meilleur buteur et je suis devenu le symbole du titre conquis par l'Italie.

Vingt-huit ans plus tard, les Italiens sont totalement absents du Ballon d'Or...
C'est la démonstration de la crise que traverse notre football. Je ne vois pas comment un Italien aurait pu intégrer la liste des 23 candidats : la Nazionale a réalisé un Mondial désastreux, l'Inter Milan a gagné la Ligue des champions sans pratiquement aligné d'Italiens. Nos joueurs les plus forts restent Totti et Del Piero, mais ils ne sont plus depuis longtemps dans le giron de la sélection et leurs clubs n'ont pas brillé en Coupe d'Europe cette année. Nous arrivons à la fin d'un cycle et le problème est que je ne vois pas dans l'immédiat une relève à la hauteur. Notre seul véritable espoir est Mario Balotelli, mais il a encore quelques échelons à gravir.»

Propos recueillis par Antonio Felici

giovedì 2 dicembre 2010

IL MILAN GUIDA UN CAMPIONATO MOVIOLA

Pubblicato su TS il 30 novembre 2010

Il campionato continua a mandare segnali particolarmente contraddittori. Delle squadre di testa ha vinto solo la sgangherata Inter degli ultimi tempi e si è assistito ad una frenata generale. L’unica tra le formazioni che non ha vinto ad avere la coscienza a posto è proprio il Milan capolista. A Marassi contro la Sampdoria è stato protagonista di un primo tempo sontuoso, disputato ad una sola porta. Nella ripresa ha subito il ritorno della Samp ma poi nel quarto d’ora finale ha nuovamente schiacciato l’avversario. Insomma, la gara l’ha pareggiata ma esclusivamente a causa di circostanze tutto sommato sfortunate. Resta il fatto che, ancora una volta, il risultato non pienamente soddisfacente ha coinciso con le polveri bagnate di Ibrahimovic. In questo scorcio di stagione, caratterizzato dalla geniale intuizione di Allegri di affidarsi ad un centrocampo di mediani ruvidi ma efficaci, questa è l’unica nota degna di qualche preoccupazione. Per il resto, in un campionato di lumache, monchi e zoppi, il rendimento moderato ma costante del Milan potrebbe risultare vincente.
Una buona occasione l’ha sprecata la Lazio.Va bene che nessuno chiede ai biancocelesti di vincere lo scudetto, però il Catania in casa avrebbe dovuto batterlo. L’avesse fatto, a quest’ora sarebbe ad un punto dalla vetta. Certo, la buona sorte non l’ha aiutata granché. Soprattutto nel primo tempo ad un certo punto si è trovata sotto dopo aver dominato la partita. Anche nel caso dei ragazzi di Reja, però, non mancano le ragioni per coltivare l’ottimismo. Dopo la sconfitta nel derby romano, molti avevano temuto che la squadra potesse crollare. Non è successo. A dimostrazione del fatto che la rosa resta di buona qualità e il tecnico mostra di poterci lavorare con risultati proficui. Tra le out-sider ha deluso il Napoli che a Udine è stato dominato da un fantastico Di Natale. Alla prova dei fatti la squadra di Mazzarri mostra di avere dei limiti con tutti i suoi passaggi a vuoto. La sensazione è che possa fare una buona stagione (come al solito) ma che il suo orizzonte non potrà andare oltre la zona Europa League.
Tutti si aspettavano che l’Inter crollasse portando con se nel pozzo anche Rafa Benitez. Invece, com’era del resto facilmente prevedibile, il difficoltoso successo in Champions ha ridato fiducia e morale all’ambiente. Contro il Parma è stata coprotagonista di una gara pazzesca, fatta di efficaci e fortunate folate offensive ma anche di enormi spazi lasciati agli avversari. Non va dimenticato che gli ospiti hanno realizzato due reti e colto qualche legno di troppo. Insomma, se la fortuna avesse guardato da un’altra parte avrebbe potuto scapparci anche il risultato a sorpresa. Invece ne è scaturita una mezza goleada. Tra l’altro, Benitez ha scoperto nuovi bomber. Ricordiamo che domenica in campo c’era un solo giocatore che aveva già segnato: Lucio. Tutti gli altri marcatori nerazzurri erano fuori, per infortunio o per squalifica (Eto’o). Allora si è risvegliato Stankovic che ha rispolverato vecchie abilità balistiche, nell’occasione accompagnate in due casi da generose deviazioni avversarie. Lo stesso Thiago Motta è rientrato dopo una lunga assenza lasciando un segno nel tabellino. L’Inter resta formazione convalescente. Ma l’impressione è che quando comincerà a recuperare qualche infortunato di lusso, rientrerà prepotentemente nel discorso scudetto.
Chi, invece, ha letteralmente gettato al vento un’occasione è stata la Roma. Considerati i risultati delle dirette concorrenti, a Palermo si giocava il terzo posto solitario. Una vittoria l’avrebbe proiettata a cinque punti dal Milan. La squadra, invece, s’è sfaldata. Dopo un’ottima mezzora iniziale, nella quale peraltro non è riuscita ad essere sufficientemente incisiva, ha regalato con Pizarro la palla che ha azionato il vantaggio palermitano. Da allora è praticamente uscita dal campo. Nella ripresa il Palermo l’ha letteralmente calpestata. A nulla è servito il primo gol stagionale su azione di Totti. Insomma, una serata da dimenticare. Eppure sembrava che la Roma volesse vincerla quella partita. Evidentemente ha pesato lo sforzo nervoso determinato dalla rimonta contro il Bayern o più semplicemente è stata una giornata storta. Le cose che non hanno funzionato sono state tante. La difesa è parsa messa malissimo in campo. Il centrocampo è stato letteralmente imbarazzante. Pizarro non è ancora in condizione ed ha regalato palle fondamentali agli avversari, Simplicio è stato più impreciso del solito, De Rossi è da tempo che non brilla più. In queste condizioni, avversari molto abili nella rapida azione di rimessa come quelli rosanero hanno letteralmente sguazzato. Non è andato benissimo nemmeno l’attacco. Menez vivace ma inconcludente, Totti impreciso e spesso fuori posizione, Borriello poco e male servito. Intanto, la vetta della classifica si è allontanata a otto punti. Poiché è difficile credere che nelle prossime due partite il Milan possa perdere molti punti, i giallorossi potrebbero essere costretti a vincere a Milano nello scontro diretto per recuperare un po’ di terreno. Un’impresa non alla portata di tutti.

martedì 30 novembre 2010

BARCELLONA: IL CALCIO COME LO VOGLIAMO NOI

Ieri sera a Barcellona è andato in scena il Calcio. Si quello con la c maiuscola, l'unico che vorremmo sempre guardare noi appassionati. Perché questo è il Barça di Pepe Guardiola: non una squadra di calcio ma il calcio. Il 5-0 sul Real Madrid ha segnato la vittoria di tutto quello che ci piace di questo sport: tecnica, talento, organizzazione corsa, soprattutto stile. Si, perché a fronteggiarsi non erano soltanto due squadre incredibilmente forti, ma due tecnici con altrettanti antitetici modi di vedere il calcio. Da un lato l'arroganza di Mourinho, incapace di fare i complimenti all'avversario neppure quando subisce la più dura lezione della sua carriera. Un tecnico che nel suo palmarès può vantare due vittorie davvero importanti, le Champions conquistate con Porto ed Inter, titoli conquistati con squadre che non erano le più forti. Per il resto, ha vinto svariati campionati guidando sempre la squadra più forte. Eppure non smette mai di credersi il centro dell'intero universo. Dall'altra, Pepe Guardiola, un fuoriclasse generato dalla pancia del Barcellona, prima come giocatore e poi come allenatore. Consapevole del tributo da concedere a chi è venuto prima di lui, a chi ha costruito prima di lui. La cosa che mi è piaciuta di più è stato il ringraziamento a fine gara a Rexach e Cruijff, due maestri che negli anni hanno lavorato per costruire quella mentalità che rende oggi il Barça la squadra più forte del mondo. Un tecnico capace a suo tempo di dedicare a caldo la vittoria in Champions ad un campione come Paolo Maldini. Un uomo consapevole del fatto che il successo è sempre il frutto di un lavoro di squadra, che senza gli altri tutti noi siamo niente. Su questo piano Guardiola batte davvero Mourinho 5-0. E poi la poesi del calcio rappresentata da funanboli come Messi, Xavi, Iniesta, Villa. Giocatori che commuovono per quanto sono bravi e per come non fanno pesare mai la loro imbarazzante superiorità. Chi ne ha la possibilità registri questa partita. Nel tempo vedetela e rivedetela. E' la summa di cos'è davvero questo nostro amato sport e di come sa farsi amare chi sa veramente stare al mondo.

lunedì 29 novembre 2010

ROMA CHE HAI FATTO?

La Roma ha letteralmente gettato al vento un’occasione. A Palermo si giocava il terzo posto solitario. Una vittoria l’avrebbe proiettata a cinque punti dal Milan. La squadra, invece, s’è liquefatta. Dopo un’ottima mezzora iniziale, nella quale peraltro non è riuscita ad essere sufficientemente incisiva, ha regalato con Pizarro la palla che ha azionato il vantaggio palermitano. Da allora è praticamente svanita. Nella ripresa il Palermo l’ha letteralmente calpestata. A nulla è servito il primo gol stagionale su azione di Totti. Insomma, una serata da dimenticare. Eppure sembrava che la Roma volesse vincerla quella partita. Evidentemente ha pesato lo sforzo nervoso determinato dalla rimonta contro il Bayern o più semplicemente è stata una giornata storta. Le cose che non hanno funzionato sono state tante. La difesa è parsa messa malissimo in campo. Tutti i suoi componenti hanno vissuto una serata disastrosa. Il centrocampo è stato letteralmente imbarazzante. Pizarro non è ancora in condizione ed ha regalato palle fondamentali agli avversari, Simplicio è stato più impreciso del solito, De Rossi è da tempo che non brilla più. In queste condizioni, avversari molto abili nella rapida azione di rimessa come quelli rosanero hanno letteralmente sguazzato. C'è da chiedersi se un modulo con tre calciatori offensivi possa essere retto da un centrocampo con un solo mediano (De Rossi). Non è andato benissimo nemmeno l’attacco. Menez vivace ma inconcludente, Totti impreciso e spesso fuori posizione, Borriello poco e male servito. Intanto, la vetta della classifica si è allontanata a otto punti. Poiché è difficile credere che nelle prossime due partite il Milan possa perdere molti punti, i giallorossi potrebbero essere costretti a vincere a Milano nello scontro diretto per recuperare un po’ di terreno. Un'impresa che sembrerebbe impossibile.

venerdì 26 novembre 2010

INTERVISTA PROCURATORE ANTONIO INGROIA

INTERVISTA ON RITA BORSELLINO

INTERVISTA PROF RODOTA'

INTERVISTA ON DILIBERTO (PDCI)

INTERVISTA ON ACHILLE SERRA (UDC)

INTERVISTA ON DELLA VEDOVA (FLI)

INTERVISTA ON STRACQUADANIO 3° PARTE

INTERVISTA ALL'ON STRACQUADANIO 2° PARTE

INTERVISTA ALL'ON.LE STRACQUADANIO (PDL) 1° parte

mercoledì 24 novembre 2010

ULTIMO APPELLO PER RAFA BENITEZ

Pubblicato su TS il 23 novembre 2010

Chissà dentro di se cosa starà pensando Rafa Benitez. Chissà se non si sia pentito già da tempo di aver accettato un incarico disperato come quello di ridare motivazioni all’Inter del post Mourinho. Già, perché diciamolo chiaramente, non ci voleva un veggente per capire che gestire i nerazzurri dopo la partenza dell’ingombrante portoghese sarebbe stata un’impresa. In tempi assolutamente non sospetti, quando la quasi totalità della critica pendeva dalle labbra dello Special One, ammaliata dalla sua capacità di produrre successi, l’avevamo predetto: Mourinho vincerà ma dietro di se lascerà solo macerie. Ci riferivamo ai due anni di polemiche, stress, conferenze stampa sopra le righe, giocatori caricati a pallettoni che in giro vedevano solo nemici da azzannare ed abbattere con qualsiasi mezzo. L’Inter della passata stagione era fortissima, ma anche arrogante, isterica, prepotente, eccitata, aggressiva. Tutto questo era possibile grazie alle raffinate capacità psicologiche e affabulatrici di Mourinho, unico in grado non solo di domare bestie feroci come i giocatori nerazzurri ma di scatenarle contro l’avversario. Partito lui, era naturale che l’intero ambiente si afflosciasse di botto. Senza la sua pressione quotidiana, i calciatori sono tornati esseri normali, gente che si allena e gioca a calcio, niente di più. Gente, poi, con la pancia pienissima, in attesa di digerire l’ennesimo scudetto ma soprattutto una Coppa dei Campioni attesa da oltre quaranta anni. Dopo Mourinho serviva una svolta radicale. Occorreva cedere pezzi pregiati ed acquistarne altri. Soprattutto affidarsi ad un tecnico in grado di dare il via ad una nuova epoca. Magari un giovane ambizioso e capace, un po’ come l’Allegri del Milan. Invece si è optato per Benitez, tecnico pacato e gentiluomo, grande cultore della tattica, animato da fair play con la sua voglia di vincere le partite solo attraverso il gioco, mai costi quel che costi. Insomma l’anti-Mourinho per eccellenza. Un allenatore, oltre tutto, reduce da qualche stagione discutibile, dopo anni di successi alla guida del Valencia e del primo Liverpool.

Così, sin dalla prima gara ufficiale, la Supercoppa nazionale, l’Inter è apparsa una squadra lenta, macchinosa, priva di nerbo, eccessivamente compassata. In una parola, moscia. Una formazione che subisce poco ma segna pochissimo. Lo spostamento di Eto’o in attacco sembrava dover rappresentare una rivoluzione ma l’unico risultato è stato che a fare i gol è rimasto solo il camerunense. Segno che il gioco non funziona. Difetti, questi che non possono che essere imputati all’allenatore. Più complicato, invece, stabilire a chi addebitare l’incredibile sequela di infortuni. Al di là della qualità del gioco, diventa difficile difendere adeguatamente il titolo di campioni d’Italia se a Verona contro il Chievo si è costretti ad inseguire la rimonta con gli esordienti Nwankwo e Alibec. Come mai l’Inter si ritrova in questa situazione? Colpa di un accanimento della malasorte o dello staff tecnico i cui metodi di lavoro hanno distrutto i muscoli dei calciatori? Sono domande che alimentano discussioni infinite che difficilmente approderanno a conclusioni certe. Gli esperti sostengono che quando le cose non vanno sul piano psicologico è molto più facile procurarsi infortuni. Questa può essere una delle spiegazioni. Il contraccolpo determinato dalla partenza di Mourinho e dall’ansia di dover ripetere, senza averne la forza, i risultati della passata stagione potrebbe aver reso gli interisti molto più fragili.

Comunque sia, già prima del clamoroso scivolone di Verona Moratti era in preda ai soliti mille dubbi. In settimana c’è stata anche una tesissima riunione con Benitez. Non è un mistero per nessuno che i vertici del club stiano febbrilmente studiando soluzioni alternative. Il nodo è il seguente. Dopo numerosi scudetti consecutivi, ci può anche stare di non vincere il campionato, né si può pretendere di conquistare una Champions all’anno. Ma l’Inter quest’anno ha servito su un piatto il Mondiale per club, l’ex Intercontinentale. Qualche stagione fa i rivali del Milan costruirono mediaticamente una stagione di successo basata sulla vittoria di quel trofeo, riuscendo abilmente a nascondere i fallimenti in Europa e in patria. In Giappone, dunque, non si può fallire. Ma la domanda è: meglio andarci con un tecnico nuovo, capace di dare la giusta scossa, oppure tenersi Benitez, che già conosce la squadra, sperando che riesca a rintuzzare la difficile situazione? Questa è la domanda principale che ronza nella testa di Massimo Moratti. Il quale sembra già deciso a privarsi del tecnico spagnolo a giugno. La soluzione a lui più gradita sarebbe Leonardo. Quella che richiama la figura del traghettatore, magari il vecchio Trapattoni, appare una mossa buona per le situazioni disperate. Domani sera la gara di Champions contro il Twente potrebbe togliere Moratti dagli imbarazzi. Un nuovo capitombolo probabilmente segnerebbe definitivamente le sorti di Benitez. Una brillante vittoria potrebbe rappresentare l’inizio di una svolta. Sapremo tutto nelle prossime ore.

sabato 20 novembre 2010

CHIAMATELO ZINEDINE MENEZ

La Roma ha battuto l'Udinese, ha rischiato più del lecito, ma in compenso ha trovato una stella. Jeremy Menez, a lungo oggetto misterioso, sta via via crescendo sempre più lasciando intravedere sempre più le caratteristiche del fuoriclasse. La serpentina con la quale ha sbloccato la gara contro i friulani è stata assolutamente irresistibile. Non solo. Per almeno un'ora di gioco ha deliziato il pubblico con le sue giocate e i suoi dribbling. A tratti sembrava voler superare in slalom l'intera difesa dell'Udinese. Più passa il tempo più ricorda Zinedine Zidane. Con meno visione di gioco complessiva ma con dei lampi addirittura accecanti. L'unico calciatore attualmente in Serie A in grado di superare l'avversario con irrisoria facilità. Quando si accorgerà che con quei piedi può tranquillamente permettersi di mettere a segno almeno una quindicina di gol a stagione diventerà una stella del calcio mondiale. Un consiglio a Ranieri? Dia la maglia a Menez e poi faccia pure la formazione.

venerdì 19 novembre 2010

LE RAGIONI DELLA LEGA E QUELLE DEI CALCIATORI

Pubblicato su TS il 16 ottobre 2010

Da tempo il calcio italiano è alle prese con un conflitto che rischia di avere esiti imprevedibili. Ci riferiamo al braccio di ferro tra la Lega A e il sindacato dei calciatori sul nuovo contratto collettivo. Com’è noto, diversi sono i punti sui quali calciatori e club non riescono a trovare un accordo. Sono solo due, però, quelli che non lasciano intravedere margini di trattativa. Il primo è relativo al cosiddetto trasferimento coatto. I club, cioè, pretendono il diritto di costringere un calciatore a trasferirsi altrove, a parità di trattamento economico, nel caso in cui non lo ritenessero più idoneo ai propri programmi tecnico-sportivi. Il secondo punto riguarda la richiesta, sempre da parte dei club, del diritto di imporre ai calciatori ritenuti non funzionali al progetto di allenarsi separatamente rispetto al gruppo. A costoro sarebbero garantite tutte le strutture societarie e pari sostegno sul piano tecnico, ma dovrebbero costituire un contingente che lavora a parte. Sugli altri punti, quale ad esempio l’introduzione di una doppia componente, fissa e a rendimento, per quanto riguarda gli emolumenti, i calciatori sono disposti a trattare. Sui punti citati no. E per tutta risposta sembrano ormai decisi a proclamare lo sciopero dopo il 30 novembre. Noi abbiamo un’opinione molto netta rispetto a questo conflitto. I calciatori sbagliano la strategia ma hanno ragione nel merito. Sbagliano quando minacciano di utilizzare lo strumento dello sciopero per far valere i propri diritti. Lo sciopero deve essere usato da chi, lavoratore dipendente o altro, ha un potere contrattuale così modesto ma non avere altro modo per difendere i propri diritti. I calciatori, al contrario, sebbene tecnicamente siano dei dipendenti, sono assimilabili ai lavoratori dello spettacolo, professionisti che negoziano un ingaggio più che uno stipendio. Considerando anche l’entità dei loro emolumenti, hanno a disposizione ben altri strumenti per mettere alle strette i club, non ultimo quello mediatico, quasi totalmente precluso ai normali lavoratori. La scelta di scioperare, quindi, non va bene. Anche perché le conseguenze ricadrebbero soprattutto sulle spalle del pubblico che si vedrebbe privato di uno spettacolo al quale ha diritto perché ha già pagato, sotto forma di abbonamento alle pay-tv o allo stadio. Tuttavia, a prescindere dallo strumento utilizzato per mettere in atto la protesta, nel merito i calciatori hanno ragione. Nessuno costringe i club a siglare contratti pluriennali e milionari. E se sono costretti è soltanto perché c’è sempre un altro club pronto ad offrire ad un calciatore di successo quello che un altro gli nega. Dunque non è certo colpa dei calciatori se le società si ritrovano regolarmente prigioniere di contratti che le obbligano a farsi carico di stipendi onerosi, anche quando un tesserato non rientra più nei piani tecnici della squadra. A quel punto è davvero assurdo pretendere di trasferirlo forzatamente ad un altro club, in un altro paese, ancorché a parità di trattamento economico. Quando un calciatore valuta la possibilità di trasferirsi in una società e in un determinato paese, può farlo anche per una scelta di vita che non può essere frustrata dalle mutate esigenze del suo datore di lavoro. Sulla base dello stesso principio siamo contrari al diritto dei club di pretendere che i calciatori non più graditi si allenino a parte. Se proprio i club desiderano risolvere il problema, si diano da fare per aprire tra loro un tavolo di discussione internazionale, su base quanto meno europea, al fine di stabilire una durata più corta dei contratti ed un salary cap. Se, ad esempio, riuscissero a mettersi d’accordo per fare contratti annuali che prevedono ingaggi per metà fissi e per metà basati sul rendimento, avrebbero risolto tutti i loro problemi. La verità è che questa soluzione nessuno di loro l’auspica davvero, soprattutto i grandi club che sono sempre pronti a sfilare un campione ai rivali a colpi di ingaggi da capogiro. Non possono essere i calciatori a risolvere un problema che sono stati gli stessi club a creare.

Nei giorni scorsi abbiamo registrato un’iniziativa del presidente della FIGC Abete. Il quale ha tentato una mediazione, basata su una sorta di stralcio dei due punti “caldi”, al fine di favorire un primo accordo su tutto il resto. Il tentativo è fallito miseramente. Ciò è accaduto certamente perché si trattava della solita soluzione un po’ democristiana che non faceva altro che rimandare il problema. Ma c’è dell’altro. I rapporti tra Lega A e FIGC sono ormai ai minimi termini. Va ricordato che dal giugno scorso i rappresentanti della Lega non presenziano più ai consigli federali, in seguito alla decisione di Abete di varare la norma sulla limitazione degli extracomunitari. Soprattutto i club di A non sopportano l’idea di avere uno scarso peso all’interno del governo del calcio italiano. Il potere decisionale, infatti, è frammentato e componenti quali l’Associazione Calciatori, la Lega Pro o la Lega Dilettanti hanno lo stesso peso della Lega A, se non addirittura superiore. In un documento reso noto di recente si evince come Beretta si appresti a chiedere alla FIGC di pesare più dell’attuale 17%, di avere il diritto a presentare un proprio candidato alla presidenza federale e se questi non venisse eletto ad avere la poltrona di vicepresidente vicario, di pesare di più nel consiglio federale, di studiare un indennizzo a beneficio dei club che prestano i proprio calciatori alle nazionali e così via. La sensazione è che se queste richieste non verranno soddisfatte la Lega A si incamminerà verso un percorso che porterà il calcio professionistico a separarsi dal resto del movimento nazionale. Le conseguenze sarebbero notevoli.

martedì 16 novembre 2010

IL NUOVO CORSO DELLA JUVE

Le dichiarazioni rilasciate nel post partita da Marotta e Del Neri confermano un'impressione che avevamo da tempo. Con l'arrivo di Andrea Agnelli alla guida della Juventus la società ha imboccato un radicale cambio di direzione. In una parola, a differenza dell'immediata gestione post Calciopoli, adesso il club bianconero ha deciso di difendere con i denti la sua posizione. Sia per quanto riguarda il suo coinvolgimento nello storico scandalo, sia nelle vicende domenicali relative agli errori arbitrali. In questo senso, è assai significativa la decisione di Andrea Agnelli di ritirare le querele nei confronti della vecchia Triade, funzionale alla richiesta della resistituzione degli scudetti sottratti dalla giustizia sportiva. Non si può, infatti, pretendere la restituzione dei titoli conseguiti sul campo senza in qualche modo rivalutare l'operato dei dirigenti a suo tempo inquisiti. Questa strategia illustra bene anche il fatto che continuano a vivere all'interno della famiglia Agnelli due anime. Un tempo esse erano rappresentate da Gianni e Umberto. All'Avvocato poteva essere, ad esempio, ricondotta l'epoca di Gianpiero Boniperti e il cosiddetto "stile Juve". A Umberto si deve l'invenzione della Triade formata da Moggi, Giraudo e Bettega. Morti i due fratelli, oggi il dualismo si è trasferito sui nipoti. A John Elkann, emanazione diretta di suo nonno Gianni, è toccato gestire i momenti successivi alla scandalo di Calciopoli. Lo ha fatto con garbo e stile, quasi chiedendo scusa per il coinvolgimento nello scandalo. Sul piano sportivo l'ha fatto affidandosi a un dirigente come Blanc. I risultati non sono piaciuti ai tifosi. Così la palla è passata ad Andrea Agnelli, come un tempo toccò al padre Umberto. Andrea ha impostato una nuova politica aggressiva che risponde meglio alle esigenze dei tifosi che vogliono una dirigenza con gli attributi. Più discutibile è il tentativo di riabilitare i protagonisti di Calciopoli, ancorché con finalità funzionali agli interessi bianconeri. Ma forse, in questo caso c'è anche il desiderio di rivalutare anche la strategia paterna con la quale il nuovo presidente della Juventus sembra volersi porre in una posizione di continuità.

mercoledì 10 novembre 2010

ROMA: ADESSO A TORINO PER VINCERE

Avevo già detto che questo è un campionato tartaruga che sta aspettando tutti. Le partite di stasera hanno confermato questa tendenza, al pari del fatto che tutte le grandi restano perfettamente in corsa pèer il titolo. Battendo la Fiorentina, la classifica della Roma è migliorata ulteriormente. Adesso la zona Champions è a un tiro. Ma al di là della graduatoria, progredisce l'intesa collettiva della squadra, la convinzione nei propri mezzi, la solidità psicologica e persino la tenuta atletica. Nonostante contro i viola la squadra abbia subito altre due reti, nel complesso è piaciuta ed appare in chiara evoluzione. Oltre tutto, i due gol della Fiorentina sono stati entrambi belli, dunque difficilmente evitabili.

A questo punto, osservando le carte sul tavolo, la Roma deve andare a Torino per vincere. La Juventus è inferiore come qualità tecnica complessiva e come rosa. Può solo sognare il potenziale offensivo dei giallorossi. Servirà certamente una gara accorta, andranno coperti gli spazi in difesa, ma senza tarpare le ali agli uomini d'attacco che stanno dimostrando di poter far perdere la testa a qualsiasi avversario. Senza contare che, essendoci anche il derby di Milano, questa gara potrebbe rilanciare ulteriormente l'operazione rimonta.

CAMPIONATO TARTARUGA C’E’ ANCHE LA ROMA

Pubblicato su TS il 9 novembre 2010

Raramente abbiamo assistito ad un campionato che procede così al rallentatore. Non ci riferiamo tanto al fatto che, superato un quarto di cammino, il torneo non abbia ancora un padrone. Quanto piuttosto all’andatura lenta, balbettante, altalenante di cui si stanno rendendo protagoniste le grandi. In queste condizioni anche una squadra come la Roma, accreditata ad inizio stagione per la lotta scudetto ma protagonista di due mesi a tratti disastrosi, conserva praticamente intatte le sue possibilità. Il successo nel derby ha tutta l’aria di segnare una svolta nella stagione romanista. Intanto perché la squadra di Ranieri ha disputato la sua gara migliore proprio nella stracittadina. Ha attaccato più della Lazio, ha prodotto di più in termini di occasioni da gol, dimostrando più voglia di vincere. Per la prima volta, poi, non si sono visti clamorosi svarioni in fase difensiva, mentre l’attacco è risultato costantemente pericoloso. Inoltre, per una volta anche la buona sorte si è pronunciata a suo favore. Al di là dei legni, uno per parte, nel complesso le decisioni arbitrali non sono state sfavorevoli alla Roma. Posto che i due calci di rigore a favore erano netti, in occasione delle contestazioni laziali per la trattenuta su Mauri, al guardalinee era sfuggito un clamoroso fuorigioco di Dias. Un altro arbitro probabilmente avrebbe concesso il rigore ai biancocelesti, commettendo un clamoroso errore. Inoltre, nel finale c’era un fallo di mano in area di Simplicio che meritava senz’altro la massima punizione. Insomma, la Roma ha meritato la vittoria ma ha avuto dalla sua anche la buona sorte. Nell’occasione la dea bendata ha premiato la squadra che ha creduto di più alla possibilità di conquistare i tre punti. La Lazio, da parte sua, non ha brillato e forte di una posizione di classifica eccellente ha giocato praticamente per il pareggio. Alla fine è stata punita. Ora la Roma è a meno sette dalla vetta della classifica, meno cinque dal Milan e meno quattro dall’Inter, le due principali concorrenti per il titolo. E’ chiaro che il successo nel derby promette di restituire alla squadra quella convinzione nei propri mezzi, troppo spesso mancata finora. Lo stesso Ranieri ha avuto ottime risposte dalla nuova impostazione tattica che prevede tre centrali a centrocampo e un trequartista dietro due punte. Inoltre, al di là dell’ottima prestazione di Simplicio, l’infortunio di Menez ha consentito a Greco di mettersi ulteriormente in luce. Abile, preciso, puntuale, prezioso tatticamente, grande senso della posizione: la Roma potrebbe aver scoperto un nuovo importante elemento. Adesso, forte di una piccola serie di tre vittorie consecutive tra campionato e coppa, la Roma insegue continuità di risultati. Domani sera il turno infrasettimanale le offrirà l’occasione per allungare la striscia. La Fiorentina è un avversario non facile, anche perché sta tentando una difficile rimonta forte del rientro di Mutu. Ma i giallorossi giocano in casa e devono provare a vincere ancora.

Ha allungato il Milan dopo aver espugnato il terreno del Bari. Il successo rossonero era abbastanza prevedibile, soprattutto in considerazione del fatto che i baresi non sembrano in grado di ripetere le prestazioni della scorsa stagione. La vittoria è arrivata ma solo di misura. Lo stesso Allegri ha salutato con soddisfazione il 3-2 ma ha ammesso che la squadra deve ancora risolvere parecchi problemi. In particolare, a detta del tecnico, mancherebbe la sufficiente concentrazione. In realtà, a nostro avviso il nuovo progetto tecnico stenta a decollare e non s’è ancora creata la sufficiente collaborazione tra nuovi arrivati e vecchia guardia. Chi, invece, lascia molto a desiderare è l’Inter. Contro un modesto Brescia ha rischiato seriamente di perdere la prima partita casalinga dopo tempo immemorabile, salvata solo da un rigore assai generoso procuratosi da Eto’o. Apprezziamo molto Rafa Benitez ma dobbiamo ammettere che la sua Inter, paragonata a quella di Mourinho, appare moscia, poco grintosa, insomma vulnerabile. E poi pareggia troppo, soprattutto in casa. Una caratteristica che, dovesse perdurare, rischia di far calare le quotazioni dei nerazzurri dopo anni e anni di leadership indiscussa. Buone notizie, invece, per la Juventus. Nonostante l’assenza di Krasic continua a vincere, almeno in campionato. Contro il Cesena lo ha fatto per giunta in rimonta, segno che gli attributi e la determinazione non mancano. Come l’Inter, domani sera sarà impegnata in trasferta: a Lecce i nerazzurri, a Brescia i bianconeri. Da entrambe ci si aspetta solo una vittoria, anche se le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Anche il Milan appare favorito a S.Siro contro l’enigmatico Palermo. Occhio però perché i rosanero hanno qualità sufficiente per tentare anche un clamoroso colpaccio. Come si vede, la forza delle squadre candidate allo scudetto ancora non è emersa in maniera tanto chiara e netta da non lasciare dubbi. A dimostrazione del fatto che, come dicevamo, la nostra Serie A è ancora in attesa di vivere un primo decisivo strappo.

martedì 9 novembre 2010

ROMA: SFRUTTARE L'EFFETTO DERBY

La Roma ha meritato la vittoria nel derby contro la Lazio. Qualche decisione arbitrale ha causato accese discussioni ma nella sostanza i rigori assegnati e quelli negati non hanno influito in maniera determinante sul risultato finale. Semplicemente alla Roma i singoli episodi hanno girato per il verso giusto, alla Lazio no. Se la sorte avesse agito diversamente la gara avrebbe potuto concludersi col risultato di parità. Ma la differenza è tutta qua: la Roma ha fatto qualcosa per vincere la partita, la Lazio avrebbe potuto al massimo pareggiarla.

Ora la Roma deve sfruttare l'effetto derby. Domani sera all'Olimpico arriva la Fiorentina. Stando alla classifica, l'avversario non fa tremare i polsi. I viola, però, sono in ripresa e, pur tra mille contraddizioni, tra rientri ed infortuni, conserva una qualità complessiva ragguardevole. Insomma, i giallorossi possono vincere ma per farlo dovranno sfoderare un'altra buona prestazione. Dovesse arrivare un risultato pieno, la Roma andrebbe ad affrontare la trasferta contro la Juventus con bel altra consapevolezza rispetto al tribolato inizio stagione. E considerando che questo è un campionato tartaruga, ogni obiettivo resterebbe alla portata.

sabato 6 novembre 2010

10 MARZO 2002: IL BUON GIORNO DI MONTELLA

Pubblicato su France Football ilo 5 novembre 2010

De ce 10 mars 2002 date la plus grosse défaite de la Lazio (1-5) dans un derby à domicile, avec celle de 1960-61 (0-4). Une rencontre que Vincenzo Montella et AlessandroNesta ne sont
pas près d’oublier.Mais pas pour les mêmes raisons. Elles sont franchement négatives pour le défenseur de la Lazio : appelé par Alberto Zaccheroni à diriger une défense improvisée et
redessinée en 5-3-2-1, Nesta semontre d’une fragilité stupéfiante, perdant tout sens de l’anticipation, face notamment à unMontella (photo) déchaîné. À 0-3 à la pause, Zaccheroni lui évitera la seconde période. «L’Aeroplanino», lui, sortira à unquart d’heure de la fin, pour une standing ovation hyper méritée: ses quatre buts de la soirée, tous splendides, sont un record absolu dans le derby romain. Une prestation d’exception qui vaudra à Montella des notes d’exception dans les quotidiens italiens: 10 sur 10 pour le Corriere dello Sport, Tuttosport et Il Messaggero, 9,5 pour la Gazzetta dello Sport. Chapeau!

LA CHIAVE TATTICA: HERNANES CONTRO DE ROSSI

Pubblicato su France Football il 5 novembre 2010

Hernanes, c’est la très bonne pioche de l’intersaison pour la Lazio. 13,5M€ (versés au SaoPaulo FC) que Claudio Lotito, le patron biancocelesto, ne regrette en aucun cas d’avoir déboursés.
Un temps courtisé par le Milan AC et le Real, le Brésilien apporte un plus indéniable dans la manoeuvre laziale : excellente technique des deux pieds, vision de jeu limpide, mais aussi une
grande discipline tactique, font de ce joueur polyvalent de vingtcinq ans la grande sensation de ce premier quart de Championnat. Le derby pourrait signifier une sorte de consécration pour lui.
Si, toutefois, Daniele De Rossi ne lui gâche pas la vie. Capitaine de la Roma en l’absence de Totti, l’international italien est le poumon de l’équipe et son régulateur. S’il diminue le rayon
d’action de Hernanes, DeRossi couperaZarate,Mauri et Floccardi d’une bonne partie des ballons offensifs. Ce qui, dans un match qui s’annonce tendu et tactique, pourrait se révéler décisif. Comme les tirs à longue distance du champion du monde 2006 qu’est De Rossi. Contenir, puis frapper: un vaste programme !

L'INVERNO DELLA ROMA

Pubblicato su France Football il 5 novembre 2010

ÀTrigoria, QG de la Roma, on doit maudire les ordinateurs de la Ligue. Ce derby programmé au bout de la semaine de To ussaint ne se présente pas sous les meilleurs auspices :dix points de retardsur la Lazio –énorme àcestade de la compétition –etFrancesco Totti absent pour cause de suspension, autant de raisons pour les Giallorossi de redouter cette 155e confrontation officielle entreles deux clubs.Lederbyromain arrive-t-il trop tôt ou trop tard?Il yaunmois et demi, la Roma semblait disposer de la niaque nécessaire: n’avait-elle pas battu l’Inter (1-0) au terme
d’un match plein ?Sauf que,cejour-là, les Romains s’étaient imposés dans le temps additionnel et qu’en neuf journées ils ont été incapables de remporter deux rencontres de ra ng.Enclair,les joueurs de Claudio Ranieri se seraient bien passés de ce derby! Un état d’esprit maussade qui tranche avec l’ambiance euphorique de la fin août. Au bouclage du mercato d’été, alors que Marco Borriello venait de débarquer, ils étaient nombreux à parler ouvertement de
Scudetto: cette Roma, qui avait inquiété l’Inter jusqu’au dernier souffle pour le titre
2009-10, venait de récupérer définitivement Burdisso et d’enrôler l’un des meilleurs
attaquants italiens…
Pour certains, les joueurs souffrent aujourd’hui des incertitudes sur l’avenir du
club: la famille Sensi doit vendre la Roma et aucun acquéreur sérieux ne s’estmanifesté.
Mais l’essentiel est ailleurs. Au-delà de la baisse de rendement de plusieurs cadres
(Totti in primis), la Roma est en fait victime de sa propre... campagne de recrutement.
Ranieri souhaitait le transfert définitif de Nicolas Burdisso (le défenseur argentin avait
été prêté par l’Inter) et prendre un attaquant disposé à jouer les jokers de luxe.
Une double requête exaucée puisque la Roma déboursait, d’une part,8M€pour
Burdisso et, de l’autre, recrutait le Brésilien Adriano. Sauf que ce dernier, arrivé en
mauvaise condition physique, a souvent fréquenté l’infirmerie. Du coup, les Romains
n’ont pas laissé passer l’occasion de prendre Borriello. Petit hic : Borriello n’est pas venu
pour débuter les matches du banc de touche.
Ranieri a dûpasser au 4-4-2, ce qui a ébranlé les équilibres d’une équipe habituée au
4-2-3-1. Paradoxalement, l’absence de Totti va peut-être aider le coach de la Roma. Sans
son capitaine, Ranieri pourra revenir à son vieux schéma, relancer Ménez et Vucinic
en «trequartisti» (neuf et demi) latéraux, là où leurs démarrages peuvent faire très
mal. Pourvu que ça marche, prient les tifosi de la Roma : en cas de défaite dans le derby,
les Giallorossi se retrouveraient à treize points de la Lazio. Une honte!

LA LAZIO RIBALTA I RUOLI

Pubblicato su France Football il 5 novembre 2010

Par superstition ou par prudence, ne vous attendez pas à des propos triomphalistes du côté de la Lazio. Edy Reja, l’entraîneur biancoceleste, continue même de répéter que «l’objectif premier reste lemaintien et que, dans cette optique, laLazio a encore besoin d’une petite vingtaine de points». Et de rappeler que ses joueurs doivent encore affronter deux des quatre premiers
au classement, l’Inter à l’Olimpico, le 3 décembre, et la JuveàTurin, le 12 décembre. Pourtant, la Lazio s’est rarement présentée à un derby de Rome dans une telle position de force. Leader
surprise, elle avance à un rythme record (22points en9matches), supérieur même à celui des formations laziales championnes dans le passé, tant en 1973-74 (13 points, mais 18 en comptant la victoire à trois points) qu’en 1999-2000 (21 points).
Dimanche après-midi, les Biancocelesti vont affronter la Roma après cinq victoires d’affilée. Ce qui impressionne le plus dans cette équipe, c’est son une défaite sur le terrain de la Sampdoria
(0-2) lors de la 1re journée, laLazio a réalisé un sans-faute : sept victoires pour un nul, à la
maison face au Milan (1-1). Loin de ses bases, l’excellentMuslera, le gardien uruguayen,
ne prend plus de buts depuis 341 minutes.
Il y a de quoi rester admiratif, surtout si l’on se remémore que la défense était, voici quelques mois, présentée comme un point faible…Pour être honnête, c’est toute la Lazio qui était décrite comme faiblarde.
Début février 2010, le club romain était carrément relégable au terme de la 23e journée. Le coach de l’époque, Davide Ballardini, fut alors débarqué et remplacé par Edy Reja. Une excellente décision du président Lotito: en 15matches, l’extechnicien de Naples et de
l’Hajduk Split a engrangé 24 points et assuré tranquillement le maintien en SerieA. L’équipe qui brille aujourd’hui n’est pas foncièrement différente de celle de la dernièrepartie de l’exercice 2009-10. Un seul départ de poids à signaler, celui de Kolarov. L’arrivée du Brésilien Hernanes ainsi que le retour en grâce de Ledesma ont fait un bien énorme aux Biancocelesti. Qualité de jeu,
contrôle du ballon, mobilité et rigueur défensive sont les armes de cette équipe.
Sans oublier une exemplaire solidarité et un vrai sens du groupe. Il est très significatif que
la star Zarate (joueur le plus cher acheté par Lotito: 22M€) se sacrifie comme latéral
offensif dans le 4-2-3-1 deReja. Tout le monde défend et tout le monde attaque à laLazio: huit buteurs différents ont trouvé le chemin des filets depuis le début de la saison! Vucomme ça, la Roma fait moins peur…

mercoledì 3 novembre 2010

RISCHIO IN CHAMPIONS PER ROMA E MILAN

Pubblicato da TS il 2 novembre 2010

Le nostre squadre non arrivano all’appuntamento di Champions nel migliore dei modi. Prendete il Milan. Dopo la netta sconfitta patita al Santiago Bernabeu stranamente non era squillato nessun campanello d’allarme. Molti pensavano che a Madrid, contro una squadra di campioni come quella di Mourinho, si poteva perdere senza che questo costituisse scandalo. In realtà qualcosa di particolare in quella circostanza doveva essere accaduto se persino Adriano Galliani, amministratore delegato del Milan, ha dichiarato a fine partita di avere temuto una sconfitta per 0-5. Nell’occasione, infatti, il Milan è stato letteralmente sopraffatto dall’avversario. Circostanza singolare per un club tradizionalmente abituato ad imporre agli altri il proprio gioco, non a subirlo. Tuttavia, la successiva convincente vittoria in campionato contro il Napoli in trasferta aveva fatto rientrare le preoccupazioni. Così, la battuta d’arresto patita sabato sera a S.Siro contro una Juventus ben organizzata ha lasciato tutti di sorpresa.

Nell’occasione il tecnico Allegri, impegnato nella difficile impresa di trovare un’impostazione tattica che consenta a tutte le stelle rossonere di giocare, ha rispolverato il vecchio modulo utilizzato da Carlo Ancelotti. Quattro difensori, due attaccanti e quattro centrocampisti disposti secondo la figura geometrica del rombo: Pirlo vertice basso a fare il play-maker, Gattuso e Boateng centrali a contenere e Robinho vertice alto a sostenere le punte. Per almeno venti minuti l’antico schema, disegnato da Ancelotti su Pirlo e Kakà, ha funzionato. Il Milan ha sciorinato un gioco divertente ed ha comandato la partita. Dopo il gol della Juventus, però, tutto è svanito di colpo. La squadra ha perso sicurezza, il gioco non si è più sviluppato con regolarità e disinvoltura, tutti gli uomini di qualità della squadra hanno cominciato a soffrire il pressing e il gioco energico degli avversari.

Quanto accaduto sabato sera sta ad indicare che il Milan ha un vizio antico ed uno nuovo di zecca. Quello antico: quando la squadra viene aggredita con velocità e determinazione, soprattutto a centrocampo, fatica a trovare il bandolo della matassa. Questo è un difetto tipico delle formazioni ricche di talento. Anche ai tempi di Ancelotti talvolta accadeva. Il vizio recente, invece, è la mancanza di fiducia nelle proprie possibilità che affiora talvolta. Tecnico e giocatori sono consapevoli di lavorare ad un nuovo ed ambizioso progetto tattico ma hanno bisogno di tempo per rodarlo e per convincersi che può portare al successo. Accade così che quando il Milan concede all’avversario il predominio non riesca poi a riprendere in mano le redini della partita e perde il filo. Non si spiega altrimenti, ad esempio, la prestazione di un talento indiscutibile come Pato, irresistibile nella prima mezzora di gioco, impreciso e balbettante nel resto del match. Non è un caso se l’altra sconfitta stagionale dei rossoneri in campionato sia arrivata a Cesena, contro una squadra che nell’occasione li ha ubriacati con corsa e pressing ininterrotti per tutti i novanta minuti. Con queste difficoltà l’appuntamento di S.Siro contro il Real Madrid si annuncia assai insidioso. Il Real di Mourinho, infatti, non solo è ben messo in campo e corre, ma dispone anche di talenti purissimi come quello di Cristiano Ronaldo in grado di distruggere le difese di qualunque avversario. Il Milan è avvisato.

La Roma, da parte sua, a Basilea è attesa da una gara da dentro o fuori. Dovesse uscire sconfitta la qualificazione agli ottavi si allontanerebbe terribilmente. Serve una vittoria, c’è poco da fare. Indubbiamente il 2-0 sul Lecce dovrebbe aver rinfrancato l’ambiente. Sabato pomeriggio s’è vista una squadra finalmente in grado di creare, come in passato, occasioni a grappoli. Peccato che un po’ la sfortuna (troppi legni) un po’ la bulimia di Vucinic, che s’è divorato una mezza dozzina di gol, abbiano impedito la goleada. Tuttavia, non bisogna dimenticare che al modesto Lecce in formato trasferta sono state concesse diverse nitide palle-gol. Insomma, i tre punti sono arrivati ma Ranieri deve lavorare ancora molto. Poi c’è il caso Totti. Il capitano ha avuto una comprensibile, anche se eccessiva, reazione nervosa ad una espulsione demenziale. Salterà il derby. Non è detto che sia un male. Potrà sfogare tutta la sua rabbia in Champions, lasciando spazio in campionato a chi sente meno di lui l’impegno stracittadino. Un problema in meno per Ranieri. Comunque sia, a Basilea occorre sfoderare una prestazione con i fiocchi. Sarà soprattutto la fase difensiva sotto osservazione. In campo internazionale se si lasciano così tante occasioni agli avversari si paga sempre dazio.

Stando ai risultati è l’Inter l’italiana che affronta l’impegno di Champions con maggiore serenità. Oltre tutto, la gara di andata contro il Tottenham ha dimostrato che se i ragazzi di Benitez sapranno rimanere concentrati la vittoria non è certo un miraggio. Occhio però. A Genova i campioni d’Europa hanno vinto soprattutto grazie ad una papera del portiere e si sono limitati a difendere quel gol regalato e poco più. A Londra servirà ben altro. Ma Benitez è tecnico accorto ed esperto e ne è perfettamente consapevole.

martedì 2 novembre 2010

TOTTI: HA VINTO IL BUON SENSO

Una giornata di squalifica e 20 mila euro di multa. Questa la decisione del giudice sportivo nei confronti di Francesco Totti in seguito agli avvenimenti di Roma-Lecce. Una decisione che salutiamo positivamente e che dimostra come, nell'occasione, la giustizia sportiva si sia fatta ispirare dal buon senso. Nessuno può negare che l'espulsione patita sabato pomeriggio, infatti, sia stata totalmente ingiusta, una vera e proprio invenzione di Gervasoni. Il fatto di saltare il derby, come conseguenza automatica del rosso, appare punizione già eccessiva per chi non aveva commesso nulla. Resta la multa di 20 mila euro che si giustifica con la reazione isterica avuta dal capitano al rientro negli spogliatoi.

La blanda punizione inflitta a Totti può essere letta anche in un altro modo. Il giudice sportivo ha ammesso implicitamente che contro il capitano era stato commesso un errore e si è voluto evitare di commetterne un secondo. In questi casi, infatti, lasciando un momento da parte la giustezza o meno del cartellino rosso, le giornate di squalifica, considerando anche il ruolo di capitano, avrebbero dovuto essere tre, come minimo due. Si è voluto, insomma, evitare al giocatore, oltre al danno, anche la beffa.