mercoledì 26 gennaio 2011

PER IL CAMPIONATO C’E’ ANCHE LA ROMA

Pubblicato su TS il 25 gennaio 2011


Un campionato sempre più ingarbugliato rilancia le ambizioni della Roma. I giallorossi, vittoriosi contro il Cagliari, hanno beneficiato dei passi falsi di Inter e Lazio per consolidare la loro posizione in classifica, dando un senso alla rincorsa al Milan. Davanti a loro resiste solo l’eccellente Napoli trascinato da Cavani. Quella partenopea è una formazione che sta beneficiando dell’ottimo stato di salute di tutti i suoi effettivi. Il difetto principale della rosa a disposizione di Mazzarri è la mancanza di valide alternative in panchina. In compenso, mancano seri infortuni, a dimostrazione del fatto che la squadra è ottimamente allenata e preparata. A Bari ha fatto pesare il suo maggiore tasso tecnico e la convinzione superiore. L’impressione che avevamo sul Napoli resta così confermata: una squadra che non è attrezzata per lottare per il titolo ma che può sognare a buon diritto di centrare la zona Champions. L’Inter, invece, è crollata. Dopo svariate vittorie consecutive, tra campionato e coppe, è caduta rovinosamente a Udine. Intendiamoci, perdere contro i friulani di questi tempi non è cosa così disdicevole. Giocano un ottimo calcio, pieno di ritmi e trame offensive, attaccano molto e concedono anche. Ne vengono fuori sempre gare assai spettacolari e all’insegna dell’”over”. Se i ragazzi di Guidolin hanno messo a segno ben undici reti nelle ultime tre gare, due delle quali in trasferta, qualcosa vorrà dire. Dunque, nessun dramma per l’Inter. Certo è che la fortuna che sembrava dover accompagnare costantemente l’esperienza di Leonardo in panchina, almeno in questa occasione, è sfumata. A dimostrarlo, oltre ai tre gol incassati, le squalifiche in vista per Stankovic, Cordoba e Chivu. Contro il Palermo peserà soprattutto l’assenza del serbo, vero trascinatore a Udine, soprattutto nel primo tempo. Oltre all’Inter è crollata anche la Lazio. Contro un Bologna sempre in ambasce per via di una situazione societaria che non accenna a rasserenarsi, ci si aspettava che i biancocelesti potessero fare risultato, almeno un pareggio. Invece, nonostante il vantaggio iniziale sono caduti grazie a due belle reti di Di Vaio. L’impressione è che, come era già accaduto dopo la sconfitta contro la Roma nel girone di andata, il derby perso in Coppa Italia abbia lasciato qualche scoria, soprattutto sul piano psicologico. A dimostrarlo il nervosismo di Zarate, protagonista di una rissa finale. Non va d’accordo con Reja e a lungo andare questa situazione può penalizzare la squadra che, comunque, sta sempre disputando un campionato al di sopra delle righe.

In questa situazione, come dicevamo, si rilanciano le ambizioni della Roma. I risultati recenti dimostrano che l’incredibile e masochistica sconfitta contro la Sampdoria può essere considerata un episodio. Dopo il harakiri di Genova, infatti, sono arrivati due successi importanti contro il Cesena e la Lazio in coppa. La squadra che era apparsa per lunghi tratti inaffidabile, contro il Cagliari ha sfoderato una gara fatta di concentrazione, buona organizzazione e convinzione. Per la prima volta nella stagione i ragazzi di Ranieri una volta segnato il gol, invece di rinculare in difesa, hanno cercato il raddoppio e poi la terza rete. Sorprende la particolare gestione degli attaccanti praticata dall’allenatore. All’inizio non schiera i suoi uomini più imprevedibili, Vucinic e Menez. Li tiene in panchina per poi gettarli nella mischia quando gli avversari cominciano a patire la fatica. Con questa tecnica la Roma ha steso prima il Cesena, poi la Lazio, quindi il Cagliari. Contro i sardi, oltre tutto, si sono rivisti un Mexès e un De Rossi ad altissimi livelli. Anche Totti se l’è cavata egregiamente, disputando una gara gagliarda fino al novantesimo, mostrando un’ottima condizione atletica ed una discreta lucidità. Sempre a disposizione della squadra, si è anche tolto la soddisfazione di segnare, su rigore, il gol numero 250 nella sua carriera in giallorosso. Se la Roma darà continuità a questo atteggiamento e terrà costante la convinzione nei propri mezzi, potrà giocarsela fino alla fine. Come tutti possono constatare, infatti, la sua rosa è di primissimo livello, dal momento che pochi club in Europa possono vantare un parco attaccanti superiore per qualità a quello composto da Totti, Borriello, Vucinic e Menez. Soprattutto il francese sembra aver finalmente trovato quella consapevolezza che può trasformarlo in un vero fuoriclasse. Il terzo gol da lui messo a segno a quanti di voi ha ricordato i movimenti tipici di un certo Zinedine Zidane?

Certo è che alla Roma, così come alle altre inseguitrici, di convinzione ne servirà parecchia, dal momento che il Milan non mostra di voler mollare la presa. Trascinato dal solito gigantesco Ibrahimovic ed arricchito dal genio di Cassano, ha piegato il Cesena e conserva quattro punti di vantaggio sul Napoli e sei su Roma e Inter, ammesso che i nerazzurri battano la Fiorentina nel recupero. Sono distacchi recuperabili, essendoci anche tutti gli scontri diretti da disputare. Ma come il potere, la leadership logora soltanto chi non ce l’ha. E il Milan di oggi se la tiene stretta.

venerdì 21 gennaio 2011

INTERVISTA CON VITTORIO SGARBI (2° PARTE)

INTERVISTA A VITTORIO SGARBI (1à PARTE)

martedì 18 gennaio 2011

INTERVISTA AL DIRETTORE DEL GIORNALE ALESSANDRO SALLUSTI

INTERVISTA ON.LE OMBRETTA COLLI (PDL)

INTERVISTA ON.LE SERRACCHIANI (PD)

Presentazione a Sky TG 24 del libro "Lo sport e l'Europa. Dal conflitto al dialogo"

Et revoilà Buffon

Pubblicato su France Football il 18 gennaio 2011

Pas de strip-tease, cette fois. Dimanche, Gigi Buffon n’a pas terminé le match en sousvêtements, comme cela avait été le cas trois jours plus tôt. Mais la satisfaction était la même. Celle d’être à nouveau opérationnel. Jeudi, face à
Catania, le gardien de la Juve avait refermé une parenthèse de sept mois d’absence. Une longue inactivité due à une opération (hernie discolombaire) à son retour du Mondial 2010 et à la convalescence qui avait suivi. Buffon a d’abord
repris le collier en Coupe d’Italie, achevant le match (gagné 2-0) en jetant maillot, gants et short aux ultras turinois. «Je leur devais bien ça. Sans
leur soutien, je serais peut-être parti.» C’est vrai que tout n’a pas été facile: quelques incompréhensions avec ses dirigeants, des rumeurs de départ (MU et Man City) et les prouesses de Storari dans la cage. Dimanche, face à Bari, Buffon était titulaire au sein d’une Juve difficile vainqueur (2-1) d’une coriace lanterne
rouge grâce à des buts de Del Piero (280e but pour la Vieille Dame) et Aquilani. Deux succès en trois jours bienvenus pour «légitimer» son retour
et clouer Storari sur le banc. «Si je ne suis pas mis en concurrence avec Gigi, je préfère partir», a indiqué ce dernier. La Juve va-t-elle prendre le
risque de ne miser que sur Buffon?

A. F.

INTER: IL MIRACOLO LEONARDO

Pubblicato su France Football il 18 gennaio 2011

Unmiracle? Un prodige?Une voûtement? Difficile de trouver l’adjectif adéquat, mais la chose est saisissante. En l’espace de quelques semaines, unancien Rossonero est parvenuàmettrede son côté toute la communauté de l’Inter, dirigeants, joueurs et surtout supporters: Leonardo, l’homme qui a remplacé, à la veille de Noël, Rafa Benitez sur le banc des quintuples champions d’Italie en titre. Il fallait voir,
samedi soir faceàBologne (4-1), les tifosi nerazzurri scander son nom et l’applaudir, comme s’il n’avait à aucun moment été joueur, puis dirigeant et, enfin,
entraîneur de l’ennemi de toujours.
Il faut dire que «Leo» a suconvaincre tout le monde en un temps record. Comment?Endébarquant à la Pinetina, le camp d’entraînement de l’Inter, avecun
enthousiasme débordant, un sens de la communication certain et beaucoup de tact. Surtout, le Brésilien, natif de Niteroi, a obtenu des résultats immédiats. Sur les quatre rencontres de ce début 2011, «son» Inter s’est imposé à chaque fois,
battant Naples (3-1), Catane (2-1) et Bologne (4-1) enSerie A, ainsi que le
Genoa (3-2) en Coupe d’Italie. Depuis l’arrivée de MassimoMoratti à la tête
de l’Inter en 1995, un seul technicien avait débuté aussi bien sa mission
chez les Nerazzurri: Gigi Simoni en 1997-98 (l’entraîneur italien remporta
ses huit premiers matches).
Certains avanceront que Leonardo a la chance d’avoir récupérépratiquement toute la légion de blessés en dehors de Samuel (out jusqu’en juin) et Julio César. Des
pépins physiques qui avaient plombé l’Inter en automne. D’autres ajouteront que, lors duMondial des clubs de décembre, l’Inter, toujours sous la houlette de
Benitez, carburait déjà mieux qu’avant.
ETO’O:23BUTS EN 26MATCHES. Tout cela n’est pas faux, mais force est de constater que l’atmosphèren’a plus rien de comparable avec celle, très tendue, de la
«période Rafa». Car, au-delà des blessures en chaîne, l’Espagnol n’avait pas obtenu l’adhésion totale d’un groupe encore fortement marqué par JoséMourinho.
UnMourinho qui n’a jamais coupé les ponts avec ses anciens joueurs. On raconte mêmeàMilan que le «Special One» avait des Nerazzurri pratiquement tous
les jours au téléphone. Et connaissant les rapports vénéneux–qui datent de leur séjour commun en Premier League–entre les deux hommes, onpeut
facilement imaginer queMourinho n’apas été d’un franc soutienàBenitez…
Tout le contrairedeLeonardo. Avant d’engager le Brésilien,Moratti a téléphonéàMourinho et n’a obtenu que des louanges de la part du coach du Real Madrid.
Ce que le président de l’Inter ne s’est pas privéde rendrepublic. Et Leo lui-même n’apas manqué de se faire adouber par«Mou». « Jen’ai pas à combattre le
fantôme deMourinho, car ce qu’il a fait ici est énorme et son empreinte permanente»,
a-t-il intelligemment déclaré.
L’état d’esprit général a changé du tout au tout. Significatif, le rendement
d’Esteban Cambiasso, souvent boudé par Benitez, qui réalise une entame
2011 époustouflante, et surtout de Douglas Maicon. Sous la coupe de
Rafa, l’ancienMonégasque ne semblait plus que l’ombredu«TGV» de l’Inter.
Aujourd’hui, on le voitànouveau débouler à toute vitesse dans son couloir. «Pour le
Scudetto, tout est encore ouvert», ont lancé avec conviction Leonardo et le capitaine Javier Zanetti, fêté par l’Inter pour avoir égalé le recorddeBergomi de
519 rencontres de Championnat (en comptant trois matches d’appui pour les Coupes d’Europe…). Les Nerazzurri peuvent-ils encore croire au titre? Oui, si
l’on se réfère au festival du tandem d’attaque Eto’o-Milito faceàBologne, avecdeux buts et une passe décisivepour le premier, unbut et une passe décisive
pour le second. Alors que le Camerounais, 23buts cette saison, maintient sa folle allure, l’Argentin est enfin sorti de sa torpeur. Unautremiracle de Leo! ¦ ANTONIO FELICI (AVECROBERTONOTARIANNI)

IL SEGRETO DELL’INTER TARGATA LEONARDO

Pubblicato su TS il 18 gennaio 2011


Quattro vittorie su quattro gare. Cinque su cinque se si conta anche quella di Coppa Italia. Fiducia totale da parte dell’ambiente e giocatori entusiasti e motivati come nella migliore stagione di Josè Mourinho. Questo, in sintesi, il miracolo di Leonardo, l’uomo che ha preso il posto di Benitez sulla panchina dell’Inter. La differenza di atmosfera rispetto a poche settimane fa è troppo eclatante perché non ci si debba interrogare sul segreto di Leonardo. Tanto per cominciare occorrerebbe spiegare come mai un uomo di calcio che aveva legato in maniera così stretta il suo nome e la carriera al Milan abbia potuto passare, nel giro di pochi mesi, all’Inter senza scatenare la rivolta dei tifosi rossoneri. Leo, in fondo, del Milan è stato prima apprezzato calciatore, poi abile dirigente, quindi tecnico intelligente e pieno di idee innovative. Eppure, nonostante fosse una mezza bandiera rossonera, ha sempre raccolto un consenso unanime. Simpatico, spigliato, intelligente, rapidissimo ad apprendere le lingue, risulta costantemente gradito anche a chi non tifa per il Milan. In particolare, è sempre piaciuto a Massimo Moratti che, dentro di se, si era sempre detto che un uomo così all’Inter prima o poi l’avrebbe voluto. Detto fatto. Con Leonardo libero, appena si è presentata l’occasione l’ha subito messo sotto contratto. Le parole di ringraziamento e di apprezzamento per i tifosi e per i dirigenti del Milan pronunciate dal brasiliano hanno fatto sì che l’ambiente milanista accettasse senza protestare il “tradimento”.

Ecco, sta proprio nella capacità di intuire quali sono le parole giuste da pronunciare al momento opportuno il più grande segreto di Leonardo. Prima di accettare l’offerta di Moratti ha studiato a fondo la crisi nerazzurra ed ha capito una cosa condivisa anche da una parte della critica. Al di là del problema infortuni, Benitez non ha legato con i giocatori che lo hanno rigettato, un po’ come quando si trapianta ad un uomo il cuore di un altro animale. La squadra era ancora troppo legata a Mourinho e ai successi della sua gestione per trovare un feeling con un allenatore che, soprattutto negli ultimi anni, è stato tra quelli che hanno detestato di più il portoghese. Non solo. Lo Special One, nonostante sia passato al Real Madrid, ha continuato a sentire al telefono molti giocatori dell’Inter e in quelle occasioni non sono certo mancati i commenti e le battute su Benitez. Insomma, se la squadra non ha giocato contro Benitez poco ci manca. Leonardo è perfettamente consapevole di tutto questo e con l’intelligenza e il savoir faire di chi sa stare al mondo ha trovato modi e tempi per parlare con le persone giuste. Prima di accettare l’offerta di Moratti ha telefonato proprio a Mourinho per consultarsi ed ottenere da lui una sorta di lasciapassare. L’ha anche dichiarato pubblicamente, facendo capire a tutto il popolo nerazzurro che la sua venuta alla Pinetina aveva ricevuto l’imprimatur del portoghese. Il quale, curiosamente, si va configurando, anche per le ripetute dichiarazioni d’amore nei confronti della sua ex squadra, come una sorta di supervisore esterno del club di Moratti. Fatto sta che è come se Leonardo si fosse presentato ai giocatori interisti dicendo “mi manda Mourinho”. Questo gli ha spalancato le porte dello spogliatoio guadagnandogli la totale fiducia dei giocatori.

Che i giocatori lo amino lo dimostra soprattutto un fatto. Quando c’era Benitez i giocatori apparivano svogliati, molli, senza quella sana rabbia agonistica che consente di vincere le partite anche quando si gioca male. Arrivato Leonardo, d’incanto i giocatori hanno ricominciato a correre, a pressare, a sfoderare furore agonistico, a mostrare una gioia che era letteralmente scomparsa nel corso della precedente gestione. Volete una prova? Nessun calciatore nerazzurro è mai accorso ad abbracciare Benitez dopo aver segnato un gol. Persino Eto’o, che pure era un punto di riferimento per il tecnico spagnolo, non lo amava. Con Leonardo altra storia. Appena l’Inter ha realizzato il primo gol con lui in panchina sono tutti corsi ad abbracciarlo, quasi fosse il loro tecnico da anni. Scene che si ripetono ormai da cinque partite. Oltre alla fiducia e disponibilità totale da parte dei giocatori Leonardo sta sfruttando il rientro di numerosi infortunati, la cui assenza aveva intralciato il lavoro di Benitez. Lo spagnolo in alcune occasioni è stato costretto a schierare parecchi giovani, tra cui un Coutinho bravo ma ancora acerbo. Il brasiliano, invece, a parte Samuel ha ritrovato tutti gli infortunati cronici recuperando un potenziale enorme. Inoltre molti giocatori che con Benitez sembravano quasi scomparsi, sono risorti. Ad esempio Maicon che con l’arrivo di Leonardo sta tornando ai rendimenti della passata stagione. Oppure Cambiasso che lo spagnolo aveva un po’ messo da parte e che invece con Leonardo è tornato ad essere leader indiscusso della squadra, come dimostra la doppietta decisiva nella complicata trasferta vinta a Catania.

Leonardo, insomma, appare oggi un uomo e un tecnico perfetto. Ineccepibile nelle sue performance mediatiche, mai una parola fuori posto, abile in campo a sfruttare anche il lavoro dei suoi più esperti collaboratori, in questo caso Giuseppe Baresi. Anche fortunato, il che non guasta. Con questi presupposti lo scudetto per l’Inter è ancora un’impresa possibile. In fondo, con due gare da recuperare contro Cesena e Fiorentina, l’Inter è virtualmente al secondo posto, alle spalle del Milan. Con un derby ancora da giocare. La partita, dunque, è ancora aperta.

mercoledì 12 gennaio 2011

PER IL TITOLO C’E’ ANCHE IL NAPOLI

Articolo pubblicato su TS l'11 gennaio 2011


La serie A di quest’anno continua a meritarsi l’appellativo di “campionato tartaruga”. Al punto che quando si parla di corsa scudetto si rischia di fare una battuta. Tre squadre - Milan, Inter e Roma – avrebbero le qualità tecniche per ammazzarlo ma per una serie di ragioni vanno al rallentatore. Il Milan resiste in testa, rimane la squadra più regolare, ma fatica molto a liberare la propria corsa. In questa situazione anche i club di seconda fascia hanno piena legittimità a manifestare le proprie ambizioni.
Su tutte questa settimana mettiamo il Napoli. Dopo essere stato piegato dall’Inter nel giorno della Befana, ha reagito immediatamente schiantando la Juventus nel posticipo di domenica sera. La superiorità della squadra di Mazzarri è stata impressionante. Certo, l’avversario ha fatto di tutto per facilitarle il compito. I partenopei, però, ci hanno messo molto del loro sfoderando una prestazione fatta di corsa, grinta, determinazione, ma anche ottima qualità di gioco. E’ piaciuta, in particolare, la manovra d’attacco con la sua capacità di sfruttare le fasce per poi stringere verso il centro quando necessario. Soprattutto ha entusiasmato Cavani. Non erano in tanti a credere che questo giocatore avrebbe fatto faville a Napoli. In primis Zamparini che ha deciso di liberarsene e che oggi probabilmente sta cominciando a mangiarsi le mani. Già al Mondiale sudafricano Cavani col suo Uruguay ha dimostrato di essere calciatore offensivo completo, capace di suggerire ai compagni e al tempo stesso di concludere. Grande tecnica unita alla praticità. Davvero una scoperta per una squadra, come quella di Mazzarri, da sempre alla ricerca di un uomo di classe che potesse trasformare in oro l’enorme lavoro dei suoi uomini di fatica. Il tecnico toscano naturalmente predica prudenza. Fa bene perché ci sono squadre più attrezzate per l’obiettivo scudetto. Intanto però il Napoli è secondo e può coltivare la speranza di centrare la qualificazione in Champions, un traguardo inaspettato e prestigioso per una piazza come quella napoletana. Un’enorme soddisfazione anche per Aurelio De Laurentiis che è riuscito a costruire una squadra di vertice con un monte ingaggi relativamente modesto. Nell’anticipo di sabato pomeriggio contro la Fiorentina il sogno continua.
La partita del San Paolo ha avuto anche un protagonista in negativo: la Juventus. Ai bianconeri le vacanze natalizie sono andate di traverso. Nel breve volgere di quattro giorni hanno preso l’imbarcata casalinga contro il Parma e sono naufragati a Napoli. Sinceramente non ci aspettavamo questo crollo. Il grave infortunio di Quagliarella e le follie di Felipe Melo non spiegano tutto. Dopo una fase di inizio stagione, per così dire, sperimentale, Delneri aveva trovato la quadratura del cerchio. La squadra, pur avendo alcune evidenti lacune nel pacchetto arretrato e in attacco, aveva trovato un suo assetto e continuità di risultati. Questo doppio crollo, quindi, sorprende. Quando era sul punto di spiccare il volo e partire all’inseguimento del Milan la Juventus è inciampata e caduta rovinosamente. Dopo l’arrivo di Luca Toni si parla di nuovi interventi sul mercato. Vedremo. L’impressione è che Marotta al momento lavori più sull’emergenza che alla costruzione di una squadra all’altezza delle smisurate ambizioni della tifoseria bianconera.
Qualche preoccupazione comincia ad averla anche il Milan. Nelle ultime tre gare ha raccolto quattro punti e se la fortuna non gli avesse dato una mano avrebbero potuto essere appena due. A Cagliari ha vinto immeritatamente e contro l’Udinese è stato costretto ad inseguire il risultato per ben tre volte. Alla fine le castagne dal fuoco le ha tolte il solito Ibrahimovic, ma quanta paura! La sensazione è che la qualità principale dei rossoneri sia la continuità ma che manchi loro quella forza collettiva in grado di difendere la leadership con sicurezza. Questa situazione rilancia le ambizioni dell’Inter che, zitta zitta, si sta rifacendo sotto. Leonardo ha restituito all’ambiente e alla squadra grande entusiasmo, infilando già due vittorie di fila. Dovessero arrivare altrettanti successi nei due recuperi che restano a disposizione, i campioni d’Italia si ritroverebbero ad appena cinque lunghezze dai cugini. Insomma, rivincere il titolo è possibile. Oltre tutto, nell’anticipo di sabato affronteranno a San Siro il Bologna. Un’occasione molto ghiotta.
Chi, a dispetto della classifica, farebbe bene a mettere una pietra sopra alle massime ambizioni è la Roma. L’intero girone di andata ha dimostrato che, nonostante un potenziale tecnico enorme, la squadra è troppo inaffidabile per sperare di spuntarla. Una volta vanno bene i singoli ma pecca il collettivo, un’altra se la cava la squadra ma è il singolo a mancare clamorosamente. Come è successo a Genova con l’incredibile prestazione di Juan autore, in pratica, delle due reti della Samp. Questo fa sì che, a dispetto di un attacco funambolico, le partite della Roma siano sempre in bilico, anche quando il vantaggio sembrerebbe rassicurante. Non ricordiamo nella storia del nostro campionato una squadra così schizofrenica che sia poi risultata vincente.

martedì 11 gennaio 2011

MESSI PALLONE D'ORO GRAZIE AI CT E AI CAPITANI

La conferma di Lionel Messi vincitore del Pallone d'Oro ha suscitato una notevole sorpresa. Tutti erano convinti, infatti, che l'ambito premio fosse una storia tra i due protagonisti del successo spagnolo al Mondiale, Xavi e Iniesta, compagni di squadra nel Barcellona dell'argentino. Non è andata così. L'analisi del voto dimostra come questo successo a sorpresa sia la conseguenza diretta dell'unificazione del Pallone d'Oro di France Football col FIFA World Player. Com'è noto, fino alla passata stagione il FIFA World Player veniva assegnato da una giuria composta dai CT e dai capitani delle nazionali affiliate alla FIFA. Il Pallone d'Oro, invece, da quando è stato ideato da France Football oltre cinquanta anni fa, è sempre stato assegnato da una giuria di giornalisti. Con la fusione dei due premi sono state fuse anche le giurie. Ma con una particolarità. Le due tipologie di giurati non hanno lo stesso peso. Coloro che un tempo assegnavano solo il FIFA World Player, infatti, ammontano a 272 (136 CT ed altrettanti capitani). I giornalisti, invece, appena 154. Questa differenza ha avuto un peso determinante nella votazione. Stando alle sole preferenze espresse dai colleghi, infatti, il vincitore risulterebbe Iniesta (313 voti), seguito da Xavi (248) e solo dopo da Messi (176). Dunque se il premio fosse stato ancora assegnato esclusivamente da France Football Iniesta avrebbe ottenuto quasi il doppio dei voti di Messi. Se il fuoriclasse argentino è riuscito ad imporsi in maniera netta è solo perché i CT e i capitani delle nazionali hanno votato in massa per lui, penalizzando oltremodo i due protagonisti del mondiale sudafricano. Questa votazione dimostra quanto siano diverse le sensibilità e le valutazioni dei protagonisti sul campo rispetto a quelle della critica. Calciatori e tecnici, evidentemente, hanno preferito premiare il talento puro, indipendentemente dal palmarès stagionale. I giornalisti, invece, hanno proposto una valutazione più complessa che tenesse conto di tutti i fattori. E' una realtà di cui occorrerà tenere conto negli anni a venire in sede di pronostico relativo a questo ambito e popolare premio.

mercoledì 5 gennaio 2011

DAL MONDIALE DI BEARZOT UNO SLANCIO PER L’INTERO PAESE

Pubblicato su TS il 4 gennaio 2011



Non avendo potuto ricordarlo a caldo a causa della pausa natalizia, voglio dedicare il primo pensiero del 2011 ad un grande italiano che non c’è più: Enzo Bearzot. Da quando, ormai più di venti anni fa, l’amore per il calcio si è trasformato in attività professionale la mia passione calcistica non si concentra più su questa o quella squadra di club. Gli unici momenti in cui libero volentieri il tifo sono quelli legati alla Nazionale. Tuttavia, non tutti i momenti felici vissuti assieme alla squadra azzurra mi hanno regalato le stesse emozioni. Molti di voi saranno d’accordo sul fatto che il coinvolgimento emotivo che la passione calcistica genera quando si è ragazzini difficilmente si ripete da adulti. E’ un modo per dire che la mia Nazionale più amata resterà per sempre quella di Enzo Bearzot.

Il giorno successivo alla scomparsa del nostro mitico CT, LA7 ha mandato in onda la versione integrale della telecronaca di Nando Martellini della finale di Spagna ’82. Negli anni avrò visto quella partita almeno un centinaio di volte. Era da molto tempo, però, che non mi capitava più di riviverla dal primo all’ultimo minuto. Al fischio finale, quando l’arbitro Coelho si è abbassato e ha abbrancato il pallone soffiandolo ai giocatori e decretando il trionfo azzurro, ho riprovato le stesse identiche emozioni di allora. Quando Martellini ha proclamato per tre volte “Campioni del Mondo” mi sono commosso, come immancabilmente accade tutte le volte che mi capita di rivedere quelle immagini: l’incredibile sfogo di Tardelli dopo il secondo gol, le funamboliche giocate di Bruno Conti, Bearzot portato in trionfo, il Presidente più amato dagli italiani e dai bambini, Sandro Pertini, esultante in barba ad ogni protocollo, che urla “non ci prendono più, non ci prendono più”. Rivedere per intero quelle immagini mi ha fatto uno strano effetto. Mi è sembrato un po’ come quando ci si ritrova dopo molti anni con alcuni parenti stretti con i quali, per una serie di ragioni, non ci si vede da tempo. Allora si vanno a rispolverare le fotografie, i vecchi video amatoriali girati un po’ alla buona. I giocatori dell’Italia come gente di famiglia, vecchi zii che si rivedono di tanto in tanto. Tutti raccolti, nell’occasione, per commemorare quello che a noi ragazzi di allora somigliava tanto al nostro: Enzo Bearzot.

Ripercorrendo le immagini di quell’Italia-Germania mi è venuto in mente che la prima Nazionale di cui ho piena contezza è quella di Argentina ’78. Avevo dieci anni allora e conservo nitide nella mente le immagini più significative di quel Mondiale. Non ricordo di avere mai visto una Nazionale bella come quella. Tecnica, rapida, organizzata, fresca. Non vinse ma l’avrebbe meritato. Il miracolo avvenne in Spagna. Nonostante la nostra squadra avesse fatto male nelle qualificazioni e nelle amichevoli, Bearzot andò avanti imperterrito per la sua strada. Lui era fatto così. Credeva nel gruppo, prima ancora che nelle qualità tecniche dei singoli giocatori. Prendete Paolo Rossi. Allora nessuno avrebbe scommesso una lira sulla sua rinascita. Figuriamoci dopo le prime tre gare della fase a gironi, in cui l’attaccante juventino era un fantasma e non stava in piedi. I fatti hanno dato ragione al CT: la sua cocciutaggine produsse la rinascita di Pablito che con i suoi gol ci fece vincere il Mondiale. Questo approccio non fu sempre indolore. Per difendere il suo gruppo Bearzot non esitò a favorire la pattuglia dei giocatori della Juventus, consentendo solo a pochi selezionati “estranei” un inserimento virtuoso: Bruno Conti, Antognoni, Graziani, Oriali e pochi altri. La costruzione del gruppo fece anche delle vittime. Alcuni calciatori di indubbio valore furono ingiustamente ignorati perché considerati non funzionali al progetto. Clamorosi i casi di Roberto Pruzzo, il bomber della Roma capocannoniere della serie A, e di Evaristo Beccalossi, talentuoso ed incompreso regista interista. Prima di loro un altro bomber, Pulici, artefice dei successi del Torino targato anni ’70, fu colpevolmente ignorato. Ma Bearzot aveva il coraggio delle scelte ed assumeva sempre su di se la responsabilità. Decideva e quando sbagliava si presentava alla critica a testa alta per pagare il suo conto. Sempre così, duro e puro, sempre onesto fino all’ultimo giorno. Soprattutto un grande padre per tutti i suoi giocatori. Nel corso degli anni ho avuto l’occasione di parlare di lui con molti dei suoi ragazzi: Zoff, Conti, Graziani, persino il povero Scirea poco prima che morisse. Tutti hanno sempre disegnato lo stesso ritratto: un grande padre, pronto a rimbrottarti se lo meritavi ma anche a buttarsi nel fuoco per difenderti. Per questo motivo, i suoi ragazzi gli dettero molto. Il patto sancito nello spogliatoio nelle ore precedenti Italia-Argentina, sfociato nel celebre silenzio stampa, fu alla base di quelle partite meravigliose grazie alle quali gli azzurri si laurearono Campioni del Mondo.
D’accordo, abbiamo vinto il Mondiale anche nel 2006. Io credo, però, che Spagna ’82 resti per sempre il Mondiale italiano per eccellenza. Un momento insuperabile. L’Italia provava faticosamente ad uscire dagli anni di piombo e il nostro calcio dallo scandalo del calcio scommesse, il più clamoroso visto fino ad allora. Dopo la vittoria dei ragazzi di Bearzot nulla fu più come prima. Era dai tempi euforici degli anni ’60 che il paese non ritrovava un motivo così serio per credere nuovamente in se stesso. Si proiettò con ottimismo verso i brillanti anni ’80. Partì da Spagna ’82 anche la rinascita del calcio italiano che dalla metà degli anni ’80 fino ad almeno la metà dei ’90 era destinato ad assumere la leadership a livello internazionale. Germania 2006 è stata una storia diversa. Un momento di isolata felicità, una mera boccata di ossigeno per un paese e un sistema calcio ora come allora continuano a vivere momenti di grande difficoltà. Anche per queste ragioni Spagna ’82 resterà per sempre il mio Mondiale, Enzo Bearzot per sempre il mio CT.