sabato 23 luglio 2011

Vacanze

Cari amici, per una decina di giorni il mio blog si fermerà perché parto per una decina di giorni di vacanze. Ci ritroveremo i primi di agosto!

INTERVISTA ALL'ON. OLIVIERO DILIBERTO (PDCI) SULLA SITUAZIONE POLITICA DOPO IL VOTO SULL'ARRESTO DI PAPA

INTERVISTA A STEFANO FOLLI (SOLE 24 ORE) SULLA SITUAZIONE POLITICA ITALIANA DOPO IL VOTO ALLA CAMERA SU PAPA

martedì 19 luglio 2011

PERCHE’ ABETE E’ PONZIO PILATO

Pubblicato su TS il 19 luglio 2011


Assieme alla consueta ricca copia di TS oggi i lettori in edicola troveranno quotidiani che, soprattutto se sportivi, conterranno commenti e giudizi sulla decisione del Consiglio federale della FIGC: lo scudetto 2006 resta all’Inter. Chiariamo. E’ una decisione si fa per dire. Il tanto contestato titolo rimane al club nerazzurro semplicemente perché, in seguito al parere legale degli avvocati Gentile, Modugno e Gallavotti, la federazione si è dichiarata non competente. Giancarlo Abete poche ore prima ha tenuto a respingere le accuse di avere assunto una posizione pilatesca. Bene, a nostro avviso si sbaglia. Non c’è personaggio della storia recente del nostro sport che più sta incarnando la figura di Ponzio Pilato. Il celebre procuratore della Giudea si “lavò le mani” per evitare problemi di ordine pubblico al governo romano della regione. Abete ha optato per la non competenza perché preoccupato soprattutto di evitare che la FIGC, in occasioni dei quasi certi gradi di giudizio non sportivo, incappi in seri guai, magari in risarcimenti milionari. Per carità, compito di un presidente della federazione è anche quello di preservarla anche in chiave giuridica. Ad Abete, però, rimproveriamo di non avere avuto come stella polare, come imperativo categorico, la giustizia. Non solo la Juventus, ma tutti gli sportivi onesti sullo scudetto del 2006 chiedevano semplicemente giustizia. A chi domandarla se non alla FIGC e ai suoi organi? Ebbene, scopriamo che la nostra federazione non ha la competenza o peggio ancora il potere di revocare un titolo perché ad assegnarlo non è lei medesima, bensì la classifica. Non siamo esperti giuristi, ma francamente una motivazione tanto demenziale non l’avevamo mai sentita. Abete sostiene che lui ha deciso per il rispetto delle regole. Ebbene, noi diciamo che se le cose stanno come lui afferma – e non abbiamo motivo per dubitarne – allora le regole sono idiote. Se una federazione non ha il potere di revocare un titolo ad un club che si è macchiato di comportamenti antisportivi e di illecito che ci sta a fare? Noi crediamo che se esiste un organo federale inquirente come Stefano Palazzi che sulla vicenda si è espresso in maniera chiara, deve esistere un altro organo federale giudicante in grado di esprimersi, nel merito, con un si o con un no. Invece ci hanno risposto: “non spetta a noidecidere”. E a chi allora? Non si sa, non si capisce. Se il Consiglio federale avesse affermato apertamente che lo scudetto doveva rimanere all’Inter, offrendo motivazioni di merito, noi magari avremmo criticato la decisione ma l’avremmo rispettata. La strada che hanno deciso di percorrere, invece, è davvero assurda.
Non è la maniera migliore per mettere fine alla vicenda Calciopoli. L’assegnazione dello scudetto del 2006, infatti, è una vicenda se vogliamo secondaria. La vera questione è che, sulla base delle intercettazioni prodotte dalla difesa di Moggi, l’Inter risulta colpevole come altri club condannati dalla giustizia sportiva, ad esempio Milan o Fiorentina. Ed è l’unico che non ha pagato e non pagherà. Ingiustizia è fatta, scrivevamo l’ultima volta. A questo punto, farà bene la Juventus se deciderà di ricorrere presso il CONI e successivamente presso la giustizia ordinaria. Abbiamo ripetuto fino alla noia che i dirigenti bianconeri con Calciopoli hanno sbagliato e giustamente pagato. Quindi nessuna riabilitazione può esserci per Moggi e compagni, né scudetti restituiti. Però su un punto Andrea Agnelli e compagni hanno ragione: se la Juventus ha pagato, devono pagare anche gli altri colpevoli. In caso contrario non si può parlare di giustizia, né si può sperare di chiudere definitivamente una delle pagine più nere del nostro calcio. Immaginiamo quali tensioni potranno riproporsi in occasione degli scontri diretti tra Juventus e Inter, magari alla prima svista arbitrale. Oppure come verranno accolti i nerazzurri negli stadi italiani dopo avere recitato per anni il ruolo di “club degli onesti”. Il calcio italiano ha perso un’altra, l’ennesima occasione, per ridarsi una dignità. Per aprire un nuovo capitolo in una fase davvero difficile per l’intero movimento. Invece dovremo convivere con i rancori, le sopraffazioni, i veleni. Ci dispiace dirlo perché abbiamo stima della persona e, per certi versi, anche del dirigente. Ma anche stavolta Abete ha dimostrato di avere troppo poco coraggio per fare il presidente in un’epoca tanto dura come quella attuale. Sarebbe l’uomo perfetto se si dovesse gestire un ordinario benessere, vista la sua capacità di non scontentare mai nessuno. Ma il calcio italiano vive momenti che necessiterebbero polso fermo e capacità decisionale. In assenza dei quali non si può che scivolare verso il basso, lentamente ma inesorabilmente.

INTERVISTA VITTORIO SGARBI (L'INCOMODO)

lunedì 18 luglio 2011

LE COLPE DELL’INTER I RIMPIANTI DELLA ROMA

Pubblicato il 5 luglio su www.paesesera.it


Rabbia e sdegno. Ma anche tanti, tantissimi rimpianti. A leggere le motivazioni con le quali il procuratore federale Stefano Palazzi ha accusato l’Inter, aumentano i rimpianti della Roma di Spalletti. Ora sappiamo che quella squadra meravigliosa ha vinto poco o nulla non solo per il fatto di essere femmina, bellissima ma a volte inconcludente. Ha vinto poco soprattutto perché l’onestà nel nostro paese non paga. Conta il potere. A quelli forti di una volta se ne sono aggiunti di nuovi, non meno feroci ed arroganti. Palazzi ha dato soltanto voce ad una realtà emersa in tutta la sua chiarezza quando i legali di Moggi hanno presentato al processo di Napoli le intercettazioni della cosiddetta Calciopoli 2. Conversazioni tra Paolo Bergamo e Giacinto Facchetti, oltre che tra il designatore e Massimo Moratti. Da queste si evince che anche il club nerazzurro cercava di addomesticare la classe arbitrale al fine di ottenere migliori risultati sportivi, spesso riuscendo nell’intento. Per essere chiari, l’Inter ha commesso il reato di illecito sportivo. Come la Juventus. Intendiamoci, abbiamo letto tutte le intercettazioni e riteniamo che l’Inter non abbia avuto un ruolo paragonabile a quello di Luciano Moggi, vero architrave del sistema corrotto. Tuttavia, se chi di dovere avesse tirato fuori le nuove intercettazioni nel 2006, il club di Moratti sarebbe andato a processo. Certamente non avrebbe subito lo stesso trattamento della Juventus. Ma una pena paragonabile a quella scontata da Milan, Lazio o Fiorentina certamente si. Dunque, nessuno si sarebbe sognato di assegnarle lo scudetto revocato alla Juventus. Titolo che, come abbiamo detto sin dal primo momento, non andava assegnato. Non solo. Sottoposta ad un trattamento simile agli altri club colpevoli, difficilmente l’Inter avrebbe potuto permettersi il lusso di saccheggiare la rosa della Juventus, come in realtà è accaduto. Inoltre, gravata da una penalizzazione non sarebbe riuscita a vincere a mani basse il titolo del 2006-07 ai danni della Roma. Non basta. Spazzata via la Juventus, messo il Milan all’angolo per colpa dei traffici di Meani, l’Inter si è fregiata abusivamente del titolo di club degli onesti. Grazie a questo imprimatur morale, si è ritrovata ad esercitare il ruolo di guida del calcio italiano, ricevendone in cambio indubbi vantaggi. A questo ci riferivamo quando, negli anni dei duelli tra Inter e Roma, denunciavamo la sostituzione del blocco di potere rappresentato da Moggi con un altro favorevole all’Inter. Un esempio luminoso è stato il campionato 2007-08, vinto dall’Inter soltanto grazie alla più incredibile serie di errori arbitrali a suo favore mai vista nella storia del calcio italiano. Cose che nemmeno ai tempi della Juventus di Moggi o di Boniperti erano mai accadute. Uno scudetto, quello, moralmente e tecnicamente della Roma. Certo, adesso qualche tifoso reclama l’assegnazione del titolo 2005-06 alla Roma che precedeva l’Inter in classifica. Ma a che servirebbe? Quello è un campionato che, per quanto era marcio, va gettato nel dimenticatoio e cancellato per sempre. No, il sentimento più forte per chi segue la Roma è proprio il rimpianto per qualcosa di bello che avrebbe dovuto accadere ma che, per colpa dei soliti ricchi arroganti, purtroppo non è stato.

martedì 12 luglio 2011

PRESCRIZIONE INTER INGIUSTIZIA E’ FATTA

Pubblicato su TS il 12 luglio 2011


Sulla vicenda di Calciopoli 2 e su cosa fare con lo scudetto del 2006 abbiamo sempre avuto idee molto chiare. Quel titolo non andava assegnato, occorreva revocarlo definitivamente e metterci sopra una pietra tombale. Quanto alle intercettazioni che hanno coinvolto Moratti e Facchetti con Bergamo, abbiamo sempre sostenuto che se ci fossero stati altri club coinvolti nello scandalo, questi andavano puniti esattamente come gli altri. A leggere il documento approntato dal procuratore federale Stefano Palazzi, che farà da base giuridica alle decisioni del Consiglio federale del prossimo 18 luglio, viene da dire che ingiustizia è fatta. Palazzi, infatti, ha sostenuto chiaramente che l’Inter ha commesso il reato di illecito sportivo ma non è perseguibile per avvenuta prescrizione. In parole povere, faceva parte del gruppo dei club colpevoli ma non pagherà.
Palazzi ha messo nero su bianco una realtà emersa in tutta la sua chiarezza quando i legali di Moggi hanno presentato al processo di Napoli le intercettazioni della cosiddetta Calciopoli 2. Conversazioni tra Paolo Bergamo e Giacinto Facchetti, oltre che tra il designatore e Massimo Moratti. Da queste si evince che anche il club nerazzurro cercava di addomesticare la classe arbitrale al fine di ottenere migliori risultati sportivi, spesso riuscendo nell’intento. Per essere chiari, l’Inter ha commesso il reato di illecito sportivo. Come la Juventus. Attenzione, abbiamo letto tutte le intercettazioni e riteniamo che l’Inter non abbia avuto un ruolo paragonabile a quello di Luciano Moggi, vero architrave del sistema corrotto. Tuttavia, se chi di dovere avesse tirato fuori le nuove intercettazioni nel 2006, il club di Moratti sarebbe andato a processo. Certamente non avrebbe subito lo stesso trattamento della Juventus. Secondo una proiezione più che ragionevole, sarebbe andata incontro ad una pena un po’ superiore a quella toccata al Milan. A quel punto a nessuno sarebbe venuto in mente di assegnarle lo scudetto revocato alla Juventus. Non solo. Sottoposta ad un trattamento simile agli altri club colpevoli, difficilmente l’Inter avrebbe potuto permettersi il lusso di saccheggiare la rosa della Juventus, come in realtà è accaduto. Inoltre, gravata da una forte penalizzazione, non avrebbe vinto a mani basse il titolo del 2006-07 ai danni della Roma. Non basta. Spazzata via la Juventus, messo il Milan all’angolo per colpa dei traffici di Meani, l’Inter si è fregiata abusivamente del titolo di club degli onesti. Grazie a questa presunta superiorità morale, si è ritrovata ad esercitare il ruolo di guida del calcio italiano, ricevendone in cambio indubbi vantaggi. I lettori ricorderanno i nostri interventi appassionati su TS negli anni dei duelli tra Inter e Roma. Allora denunciavamo la sostituzione del blocco di potere rappresentato da Moggi con un altro favorevole all’Inter. Ne scaturì, tra le altre cose, il campionato 2007-08, vinto dall’Inter soltanto grazie alla più incredibile serie di errori arbitrali a suo favore mai vista nella storia del calcio italiano.
La dura relazione di Palazzi ci dà qualche speranza per quel che concerne la revoca dello scudetto del 2006. Non crediamo che il Consiglio federale avrà il coraggio di confermare l’attribuzione all’Inter dopo che sono emerse responsabilità tanto gravi da parte dei nerazzurri. Non lascia speranze, invece, sull’avere giustizia. I tifosi della Juventus sbagliano quando sostengono che i comportamenti di Moggi erano censurabili ma erano i comportamenti di tutti e chiedono l’assoluzione del loro club. Moggi ha commesso reati sportivi gravissimi ed è stato giustamente radiato e la Juventus giustamente punita. Hanno ragione, invece, quando lamentano il fatto che l’Inter l’ha fatta franca. E’ vero. Alla fine di questa brutta storia al massimo il club di Moratti avrà uno scudetto in meno. Ma sarà sfuggito ad ogni punizione e i vantaggi goduti nell’era post Calciopoli passeranno in cavalleria. A meno che…
Massimo Moratti ha reagito malissimo alla relazione di Palazzi. Ha ribadito, non si capisce su quali basi, la superiorità morale dell’Inter. E’ davvero convinto che l’Inter non abbia commesso nessuna scorrettezza e che tutto quello che la sua squadra ha avuto negli ultimi anni sia perfettamente legittimo e meritato? Bene, rinunci – come tra le righe lo ha invitato a fare lo stesso Palazzi – alla prescrizione e consenta agli organi di giustizia federale di processare l’Inter, esattamente come è accaduto a Juventus, Milan, Fiorentina e Lazio. Se i suoi comportamenti e quelli della dirigenza nerazzurra sono stati corretti ne uscirà definitivamente legittimato. Ma se non è intenzionato a fare questo passo, almeno la smetta di dare arroganti lezioni di morale, come è accaduto nei giorni scorsi nella querelle con la Gazzetta dello Sport. Rinunci alla prescrizione. Altrimenti accetti l’idea di essere considerato un furbo colto con le mani nel sacco. Esattamente come tutti gli altri.

martedì 5 luglio 2011

TRA ARGENTINA E BRASILE PUO’ GODERE L’URUGUAY

Pubblicato su TS il 5 luglio 2011


Le vicende del calcio mercato estivo quest’anno si intrecciano con un’edizione molto attesa della Copa America. Al di là dei contenuti specifici, si tratta di una vetrina eccezionale in cui il Sudamerica mette in mostra il meglio della propria produzione. Il torneo, quindi, assume un’importanza notevole per quasi tutti i club europei più importanti che si apprestano a fare acquisti oltre oceano. Sul piano tecnico e storico si tratta di una edizione assai interessante della Copa. Intanto perché una delle due nazionali che guidano l’albo d’oro con quattordici vittorie a testa, Argentina e Uruguay, hanno la possibilità di acciuffare il primato solitario. In questo senso è particolarmente attesa l’Argentina che gioca in casa e non vince questa coppa dal moltissimi anni. Quanto al Brasile, dominatore assoluto di quasi tutte le ultime edizioni, continua il tentativo di rimonta nella graduatoria, essendo in colpevole ritardo dopo aver snobbato la competizione per troppi anni.

Nel girone A non è stato positivo l’esordio dei padroni di casa. Contro la modesta Bolivia gli argentini si aspettavano una vittoria limpida che, al contrario non è arrivata. Il tecnico Batista ha puntato inizialmente sul trio d’attacco Lavezzi, Messi, Tevez. Hanno deluso tutti. Non è un caso se il risultato è stato recuperato nella ripresa con l’innesto di Aguero e Di Maria. Il primo, in particolare, è stato autore di un gol davvero spettacolare. Al di là delle scelte tattiche di Batista, destinate comunque a far discutere, resta insoluto il dilemma Messi. Il giocatore più forte del mondo, capace di giocate addirittura inverosimili per la loro bellezza ed efficacia quando indossa la maglia del Barcellona, in nazionale non brilla quasi mai. Intendiamoci, anche contro la Bolivia la squadra si rianimava solo quando lui toccava la palla. Tuttavia, la mancanza di un’organizzazione di gioco perfetta, come quella del Barça, non lo mette in condizione di dare il meglio. Si sente sempre più spesso paragonare Messi a Maradona. Sul piano squisitamente tecnico e delle giocate il paragone ci sta tutto. Su un punto la Pulce è ancora molto lontana dal Pibe de Oro. Anche quando era affiancato da compagni di squadra non eccezionali, in nazionale Maradona era capace di vincere le partite da solo. In questo senso, il Mondiale del 1986 resta impareggiabile. Ma c’è di più. Aveva carisma, esercitava al punto la leadership da farsi trascinatore unico dei suoi. Messi questa qualità non ce l’ha. Sarà per il fatto di non essere cresciuto calcisticamente in Argentina ma nelle giovanili del Barcellona, sarà solo per un fatto caratteriale, resta il fatto che stenta a proporsi come capo carismatico della sua nazionale. E’ per questi motivi che quando indossa quella maglia appare solo un lontano parente del fuoriclasse che apprezziamo in Europa. Nel girone dell’Argentina, a parte la Bolivia che con questo pareggio può sperare nel miracolo qualificazione, da seguire la Colombia che vanta qualche giocatore di ottimo livello. Su tutti il Falcao del Porto fresco vincitore dell’Europa League, oltre agli “italiani” Zapata, Armero, Zuniga, Yepes e Cuadrado.

Non è stato felice nemmeno l’inizio del Brasile nel girone B. Contro un Venezuela abile a proporre una gara difensiva, la nazionale verdeoro ha steccato. Il trio offensivo Pato, Neymar, Robinho ha mostrato polveri bagnate. Solo qualche lampo per il quotatissimo Neymar, anche se il più pericoloso è apparso Pato che ha colpito una traversa. Questo Brasile, che appare tutto proiettato nella ricerca del gruppo migliore per il mondiale casalingo del 2014, non convince del tutto. Sembra non esserci la giusta coesione tra il gruppo degli anziani affermati (Julio Cesar, Maicon, Daniel Alves, Lucio, Thiago Silva, Robinho) e la cosiddetta “generazione 90”, ossia i giovanissimi talenti emergenti (Neymar e Lucas su tutti). Per Menezes il lavoro non sarà facile. A questo punto anche la qualificazione è tutta da guadagnare. Il Paraguay, infatti, appare formazione ben solida, priva magari di fuoriclasse assoluti, ma dotata di una buona organizzazione di gioco. Lo stesso Ecuador potrebbe trovare nuovi stimoli dopo aver fallito la qualificazione all’ultimo mondiale.

Nel girone C segnaliamo sempre volentieri l’Uruguay di Oscar Washington Tabarez. Reduce da un mondiale sudafricano eccezionale, in cui forse avrebbe meritato di giocarsi la finale, la Celeste ha tutte le carte in regola per disputare una grande Copa America. Forlan, dopo un campionato deludente con l’Atletico Madrid, avrà voglia di rifarsi, mentre scalpitano Cavani e Suarez, attaccanti in fortissima ascesa. Il resto dei reparti forse non è irresistibile, ma il vecchio Tabarez sa come fare calcio presentando una nazionale degna di questo nome. Come faccia, poi, un paese con nemmeno tre milioni e mezzo di abitanti a sfornare squadre sempre così competitive a livello di nazionali, rimane un mistero imperscrutabile. Anche per questo, l’Uruguay resta la nostra out-sider preferita per la vittoria finale. Molto interessante sarà seguire anche il Cile, ricco di talenti emersi nella nostra serie A. Su tutti Alexis Sanchez

IL MIO LIBRO "LO SPORT E L'EUROPA" VINCE LA MENZIONE PARTICOLARE AI PREMI CONI 2011!!

CONI: I vincitori del XLV Concorso Letterario

La Commissione Giudicatrice per il XLV Concorso Letterario indetto dal CONI si è riunita questa mattina al Foro Italico. La Commissione, presieduta dal Prof. Walter Pedullà e composta da Valerio Bianchini, Giorgio Cristallini, Piero Mei, Giancarlo Padovan, Paola Pigni e Roberto Rosseti, dopo aver esaminato e discusso le opere presentate, ha assegnato all'unanimità i seguenti premi:

Sezione Narrativa

1° Premio a Emilio Marrese per "Rosa di Fuoco" (Pendragon)

2° Premio a Pier Bergonzi per "L'ultimo gregario" (Rizzoli)

Segnalazioni particolari a Carlo Annese per "I diavoli di Zonderwater" (Sperling & Kupfer) e a Giuliano Pavone per "L'eroe dei due mari" (Marsilio Ed.)

Sezione Saggistica

1° Premio a Franco Esposito e a Marco Lobasso per "I giganti del mare" (Guida)

2° Premio a Federico Jaselli Meazza e Marco Pedrazzini per "Il mio nome è Giuseppe Meazza" (ExCogita)

Segnalazioni particolari a Sergio Taccone per "Un biscione piccolo piccolo" (Limina) e a Stefano Borgonovo e ad Alessandro Alciato per "Attaccante nato" (Rizzoli)

Sezione Tecnica

1° Premio a Linus per "Parli sempre di corsa" (Mondadori)

2° Premio ad Antonio Paoli e a Marco Neri per "Principi di metodologia del fitness" (Elika)
Segnalazioni particolari a Marco Impiglia per "L'Olimpiade dal volto umano" (Libreria Sportiva Eraclea) e ad Antonio Felici per "Lo Sport e l'Europa" (Iacobelli).

Roma, 4 luglio 2011