mercoledì 5 gennaio 2011

DAL MONDIALE DI BEARZOT UNO SLANCIO PER L’INTERO PAESE

Pubblicato su TS il 4 gennaio 2011



Non avendo potuto ricordarlo a caldo a causa della pausa natalizia, voglio dedicare il primo pensiero del 2011 ad un grande italiano che non c’è più: Enzo Bearzot. Da quando, ormai più di venti anni fa, l’amore per il calcio si è trasformato in attività professionale la mia passione calcistica non si concentra più su questa o quella squadra di club. Gli unici momenti in cui libero volentieri il tifo sono quelli legati alla Nazionale. Tuttavia, non tutti i momenti felici vissuti assieme alla squadra azzurra mi hanno regalato le stesse emozioni. Molti di voi saranno d’accordo sul fatto che il coinvolgimento emotivo che la passione calcistica genera quando si è ragazzini difficilmente si ripete da adulti. E’ un modo per dire che la mia Nazionale più amata resterà per sempre quella di Enzo Bearzot.

Il giorno successivo alla scomparsa del nostro mitico CT, LA7 ha mandato in onda la versione integrale della telecronaca di Nando Martellini della finale di Spagna ’82. Negli anni avrò visto quella partita almeno un centinaio di volte. Era da molto tempo, però, che non mi capitava più di riviverla dal primo all’ultimo minuto. Al fischio finale, quando l’arbitro Coelho si è abbassato e ha abbrancato il pallone soffiandolo ai giocatori e decretando il trionfo azzurro, ho riprovato le stesse identiche emozioni di allora. Quando Martellini ha proclamato per tre volte “Campioni del Mondo” mi sono commosso, come immancabilmente accade tutte le volte che mi capita di rivedere quelle immagini: l’incredibile sfogo di Tardelli dopo il secondo gol, le funamboliche giocate di Bruno Conti, Bearzot portato in trionfo, il Presidente più amato dagli italiani e dai bambini, Sandro Pertini, esultante in barba ad ogni protocollo, che urla “non ci prendono più, non ci prendono più”. Rivedere per intero quelle immagini mi ha fatto uno strano effetto. Mi è sembrato un po’ come quando ci si ritrova dopo molti anni con alcuni parenti stretti con i quali, per una serie di ragioni, non ci si vede da tempo. Allora si vanno a rispolverare le fotografie, i vecchi video amatoriali girati un po’ alla buona. I giocatori dell’Italia come gente di famiglia, vecchi zii che si rivedono di tanto in tanto. Tutti raccolti, nell’occasione, per commemorare quello che a noi ragazzi di allora somigliava tanto al nostro: Enzo Bearzot.

Ripercorrendo le immagini di quell’Italia-Germania mi è venuto in mente che la prima Nazionale di cui ho piena contezza è quella di Argentina ’78. Avevo dieci anni allora e conservo nitide nella mente le immagini più significative di quel Mondiale. Non ricordo di avere mai visto una Nazionale bella come quella. Tecnica, rapida, organizzata, fresca. Non vinse ma l’avrebbe meritato. Il miracolo avvenne in Spagna. Nonostante la nostra squadra avesse fatto male nelle qualificazioni e nelle amichevoli, Bearzot andò avanti imperterrito per la sua strada. Lui era fatto così. Credeva nel gruppo, prima ancora che nelle qualità tecniche dei singoli giocatori. Prendete Paolo Rossi. Allora nessuno avrebbe scommesso una lira sulla sua rinascita. Figuriamoci dopo le prime tre gare della fase a gironi, in cui l’attaccante juventino era un fantasma e non stava in piedi. I fatti hanno dato ragione al CT: la sua cocciutaggine produsse la rinascita di Pablito che con i suoi gol ci fece vincere il Mondiale. Questo approccio non fu sempre indolore. Per difendere il suo gruppo Bearzot non esitò a favorire la pattuglia dei giocatori della Juventus, consentendo solo a pochi selezionati “estranei” un inserimento virtuoso: Bruno Conti, Antognoni, Graziani, Oriali e pochi altri. La costruzione del gruppo fece anche delle vittime. Alcuni calciatori di indubbio valore furono ingiustamente ignorati perché considerati non funzionali al progetto. Clamorosi i casi di Roberto Pruzzo, il bomber della Roma capocannoniere della serie A, e di Evaristo Beccalossi, talentuoso ed incompreso regista interista. Prima di loro un altro bomber, Pulici, artefice dei successi del Torino targato anni ’70, fu colpevolmente ignorato. Ma Bearzot aveva il coraggio delle scelte ed assumeva sempre su di se la responsabilità. Decideva e quando sbagliava si presentava alla critica a testa alta per pagare il suo conto. Sempre così, duro e puro, sempre onesto fino all’ultimo giorno. Soprattutto un grande padre per tutti i suoi giocatori. Nel corso degli anni ho avuto l’occasione di parlare di lui con molti dei suoi ragazzi: Zoff, Conti, Graziani, persino il povero Scirea poco prima che morisse. Tutti hanno sempre disegnato lo stesso ritratto: un grande padre, pronto a rimbrottarti se lo meritavi ma anche a buttarsi nel fuoco per difenderti. Per questo motivo, i suoi ragazzi gli dettero molto. Il patto sancito nello spogliatoio nelle ore precedenti Italia-Argentina, sfociato nel celebre silenzio stampa, fu alla base di quelle partite meravigliose grazie alle quali gli azzurri si laurearono Campioni del Mondo.
D’accordo, abbiamo vinto il Mondiale anche nel 2006. Io credo, però, che Spagna ’82 resti per sempre il Mondiale italiano per eccellenza. Un momento insuperabile. L’Italia provava faticosamente ad uscire dagli anni di piombo e il nostro calcio dallo scandalo del calcio scommesse, il più clamoroso visto fino ad allora. Dopo la vittoria dei ragazzi di Bearzot nulla fu più come prima. Era dai tempi euforici degli anni ’60 che il paese non ritrovava un motivo così serio per credere nuovamente in se stesso. Si proiettò con ottimismo verso i brillanti anni ’80. Partì da Spagna ’82 anche la rinascita del calcio italiano che dalla metà degli anni ’80 fino ad almeno la metà dei ’90 era destinato ad assumere la leadership a livello internazionale. Germania 2006 è stata una storia diversa. Un momento di isolata felicità, una mera boccata di ossigeno per un paese e un sistema calcio ora come allora continuano a vivere momenti di grande difficoltà. Anche per queste ragioni Spagna ’82 resterà per sempre il mio Mondiale, Enzo Bearzot per sempre il mio CT.

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