giovedì 13 marzo 2014

BRESCIA OGGI: LA LOTTA AL MATCH FIXING IN CATTEDRA ALLA CATTOLICA

La Lega di Serie B ha dichiarato guerra al «match fixing», l'alterazione dei risultati sportivi delle partite e i fenomeni criminosi che ad esse sono collegati. Il presidente Andrea Abodi (collegato via skype ma idealmente «in campo» per combattere il problema) sta lottando assieme a Trasparency International, il maggiore network mondiale anticorruzione, con la collaborazione di enti ed università che gli permettono di diffondere il suo messaggio all'Italia. Ieri il teatro dell'anti-match fixing era l'Università Cattolica di Brescia. In via Trieste la Lega di B, con Paolo Bertaccini Bonoli (Trasparency) Damiano Tommasi (Aic), Antonio Felici (giornalista France Football), Giorgio Simonelli (docente di scienze della comunicazione e dello spettacolo). La natura del problema è molteplice: culturale, economica, calcistica. «Troppe squadre, troppa disparità tecnica fra una di fascia alta ed una da zona retrocessione, troppe stagioni decise con largo anticipo, grande differenza di potere economico tra un club e l'altro - l'introduzione di Antonio Felici -. Le cause delle partite truccate nascono da lontano, ogni cinque anni il problema si ripropone ciclicamente. Ma il calcio attuale non sta facilitando la risoluzione. Eccessiva una Serie A a 20 squadre, così come una B a 22. E la Lega Pro è sbagliata fin dal nome. Il tessuto economico del Paese non sostiene una terza categoria professionistica, lo dimostrano le decine di club che saltano ogni anno. Occorre una riduazione delle società professionistiche in modo da ridistribuire risorse economiche in calo rispetto a 20 anni fa». Gran parte della responsabilità spetta ai giocatori. «Finchè ci sarà un solo calciatore interessato a variare in modo illecito il risultato di una gara il problema persisterà - dice Damiano Tommasi -. Occorre una svolta da parte nostra e di chi giudica il nostro comportamento. Cannavaro e Grava hanno rischiato 3 anni di squalifica per aver rifiutato una combine. Farina gioca in esilio volontario in Inghilterra dopo aver denunciato un episodio in Italia». Chiude Abodi: «Dobbiamo costruire un modello reputazionale credibile - spiega -. Il problema ha radici complesse, determinate da fatori culturali, domestici e internazionali. Chiunque abbia un ruolo nel sistema calcio deve fare i conti con il peso della sua responsabilità sociale».A.AR.

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