La mia intervista esclusiva al giudice Raffaele Guariniello, uscita in questi giorni sul periodico belga Sport et Vie. Il giudice si confessa senza censure sul doping, sulle inchieste da lui condotte, sulla recente deriva del calcio italiano. Il reportage è completato da due approfondimenti sull'inchiesta Sla e sul processo per doping alla Juventus.
Di seguito le immagini dell'originale uscito su Sport et Vie. A seguire la versione in italiano, completa di quelle piccole parti sacrificate per ragioni di spazio.
Non va in vacanza da trenta anni. L’ultima quando i suoi
figli erano piccoli. Dorme appena quattro ore per notte. Passa la totalità del
suo tempo negli uffici della procura di Torino. Solo una pausa, dalle 20 alle
21,30, per andare in palestra e tenersi in forma. Se pensate che alla sua età,
71 anni, faccia solo un po’ di leggero lavoro aerobico, sbagliate di grosso.
Solo attività pesante: macchine, attrezzi, muscoli. Sistematico ed implacabile,
come nel suo lavoro di magistrato. Raffaele Guariniello, originario di Salerno
da parte di padre e di madre piemontese,
da tempo ormai è diventato tra i giudici più famosi e temuti d’Italia. A
vederlo e parlarci non si direbbe. Uomo estremamente colto, dedito allo studio
oltre che al lavoro, amante della poesia e della cultura francofona. Quando i
figli erano adolescenti, passava serate intere con loro a leggere Le Monde in francese per fargli capire
gli avvenimenti internazionali. Un mite intellettuale, potrebbe sembrare.
Invece, è tra i giudici che negli ultimi anni hanno seguito con maggiore
ostinazione e preparazione alcune tra le inchieste che hanno maggiormente
colpito l’opinione pubblica italiana e internazionale.
Per anni ha condotto inchieste sulle morti sul lavoro,
sull’ambiente e sulla salute dei cittadini. Con determinazione ha perseguito
quelle aziende che, seguendo unicamente la logica del risparmio e del profitto,
hanno messo a repentaglio la salute dei cittadini. Poi, nel 1998, per lui è
arrivata una notorietà improvvisa ed inattesa. A determinarla l’apertura della
discussa inchiesta sul doping nel calcio resa possibile dalle denunce
mediatiche dell’allenatore Zdenek Zeman che avevano come principale obiettivo la Juventus e il presunto
abuso di farmaci. Il calcio in Italia, si sa, è uno sport estremamente popolare
e la Juventus
è il club col maggior numero di tifosi: 14 milioni. E’ bastato che il suo nome
venisse accostato al club bianconero per trasformarlo nel personaggio più
seguito e discusso d’Italia. Un persecutore, il nemico numero uno per i tifosi
della Juventus. Un eroe, il difensore dello sport pulito per i supporters di
tutte le altre squadre. Un esito beffardo per uno che si professa da sempre
tifoso della Juventus e che aveva Omar Sivori come idolo sportivo
dell’infanzia.
Da allora è rimasto ininterrottamente sotto la luce dei
riflettori, non solo per il processo alla Juventus. Da quelle prime indagini,
negli anni seguenti sono nati altri filoni d’inchiesta, il più importante dei
quali è quello, ancora aperto e tutto da scandagliare, del rapporto tra doping
e malattie nel mondo del calcio, prima fra tutte la
Sla. Non solo. Da quel momento è diventato
un vero e proprio punto di riferimento per tutti i cittadini che desiderano
segnalare abusi, irregolarità o addirittura crimini, in tema di sicurezza sul
lavoro. Innumerevoli sono le segnalazioni che riceve quotidianamente dalle
persone comuni che finiscono immancabilmente con l’apertura di altrettante
inchieste. Indagini che segue di persona, senza trascurare nulla, lavorando fino
a 18 ore al giorno.
Ma, sport a parte, il processo che lo ha visto maggiormente
protagonista e che può essere considerato la sua più grande vittoria è quello
all’acciaieria ThyssenKrupp di Torino. Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 in quello stabilimento
una fuoriuscita di olio bollente ha generato una fiamma che ha provocato la
morte di ben sette operai e il ferimento grave di numerosi altri lavoratori. In
seguito a quel tragico avvenimento Guariniello ha condotto in tempi da record
un’inchiesta durata meno di tre mesi. In seguito, il processo – cominciato nel
gennaio del 2009 – si è concluso con la condanna dei vertici della
ThussenKrupp, a conferma della correttezza delle sue tesi accusatorie.
Al di là della sua concreta attività di magistrato,
Guariniello in questi anni si è distinto anche per le sue acute riflessioni sul
mondo dello sport. Molto interessanti anche i suoi suggerimenti in relazione a
quella che dovrebbe essere l’evoluzione dei criteri di indagine di magistrati e
forze dell’ordine nell’azione repressiva dell’attività criminale legata allo
sport. Per questo motivo Sport et Vie ha deciso di incontrarlo, perché ci aiuti
a capire l’attuale deriva dello sport sia in Italia che a livello
internazionale.
Dottor Guariniello, molti
registrano una regressione del fenomeno doping nel ciclismo. Cosa ne pensa e se
ne rallegra?
“In effetti questa è la sensazione generale. In questo
senso, il caso Armstrong ne è la dimostrazione. Devo dire che per certi versi
il ciclismo è stato lo sport più colpito dal fenomeno doping ma anche quello
che ha affrontato il problema con maggiore serietà e determinazione. Anzi molti
esponenti del mondo del ciclismo si lamentano del fatto che altri sport non
sono stati sottoposti agli stessi controlli seri. Questa non può essere una giustificazione,
ma devo dire che c’è del vero in questa lamentela. Anche negli altri sport
bisognerebbe agire con la stessa determinazione”.
Cosa pensa delle
inchieste sul doping nel ciclismo?
“In assoluto sono quelle che sono riuscite ad andare più a
fondo. Nel caso del ciclismo, però, è stato assai più semplice accertare le
responsabilità perché l’utilizzo delle sostanze dopanti è più rudimentale. In
altri sport dove girano molti soldi, come ad esempio il calcio, il doping è
molto più raffinato, il suo utilizzo è più nascosto e difficile da individuare.
Per esempio, un conto è scoprire il doping nelle gare amatoriali di ciclismo,
molto più difficile scoprire quello che non va negli sport
iper-professionistici. Noi in Italia abbiamo fatto molte inchieste ma io non
sono ancora soddisfatto. Si potrebbe fare di più”.
Come ha vissuto a suo
tempo la notizia della morte di Pantani?
“Ci sono rimasto
molto male. Al pari di tutti gli appassionati di sport, avevo in mente le sue
imprese. E’ stato un dramma umano incommensurabile che mi fa dire che gli
sportivi vanno tutelati”.
Come giudica, invece,
le inchieste sul doping nel calcio?
“Difficile dire quanto doping esista nel calcio. Uno può
dirlo solo al termine di un’indagine. In questo senso, non è che se ne facciano
molte e gli elementi per giudicare sono pochi. Quello che posso dire è che il
doping è molto avanzato mentre spesso i metodi utilizzati per scoprirlo sono
antiquati. Grandi strutture sportive, con molte risorse economiche a
disposizione, sanno bene come sfuggire a questi controlli. Servirebbe
un’attività di investigazione giudiziaria molto più intensa per poter scoprire
davvero cosa accade. Serve più giustizia penale. Ricorda il caso dei laboratori
antidoping del Coni? Venivano effettuati migliaia di controlli e mai un caso di
positività. Dopo lo scoppio dello scandalo, improvvisamente si scoprirono
numerosi casi di positività al nandrolone. Poi di nuovo più niente. Segno che i
sistemi per accertare il doping non sono efficaci. ”.
Ripensando alla sua
inchiesta, cosa sappiamo della relazione tra calcio e sla?
“Penso che ne sappiamo ancora troppo poco. Sarebbe
estremamente utile sapere che relazione esista tra calcio e Sla anche in altri
paesi. Servirebbe che indagini simili alla nostra venissero fatte altrove. Balgio,
Francia, Inghilterra, Spagna e così via. Ma pare che nessuno in questi paesi
indaghi in questa direzione. Purtroppo le organizzazioni internazionali non
prendono iniziative. Ho più volte segnalato il problema a Fifa e Uefa ma senza
troppi risultati. Ho notato una notevole resistenza. Molti pensano che si
voglia criminalizzare il calcio. Ma non è questo. Si tratta di un fenomeno
epidemiologico e per questo va indagato. Nel calcio, poi, esiste quello che io
definisco “doping scientifico”. Nel senso che non si utilizzano semplicemente i
farmaci inseriti nella lista di quelli proibiti. Al contrario, sono così
intelligenti e raffinati da utilizzare solo farmaci autorizzati ma che usati
opportunamente consentono di ottenere lo stesso effetto del doping. Per individuare
queste pratiche e per valutare l’impatto sulla salute degli atleti, ancora una
volta, servono metodi di indagine diversi, più sofisticati”.
Cosa pensa
dell’atteggiamento generalmente infastidito che hanno i protagonisti del mondo
del calcio nei confronti di questo tema?
“Penso che sia normale. Prenda il caso dell’Ilva di Taranto.
Tutti gli studi dimostrano che la presenza di quella fabbrica ha una ricaduta
molto grave sulla salute degli abitanti di quella città. Eppure i lavoratori
manifestano e protestano contro la sua chiusura, vogliono mantenere il posto di
lavoro. Nello sport siamo ad un livello molto diverso. Ma anche i calciatori
tengono molto al loro lavoro, alla visibilità, al successo, ai soldi. Quindi
reagiscono male a queste indagini e collaborano poco. Non li giustifico però li
capisco”.
Su quali inchieste
sta lavorando attualmente?
“Stiamo conducendo alcune inchieste sul ciclismo amatoriale
e sul fenomeno del body building. Poi altre indagini sulle quali ho l’obbligo
della riservatezza”.
Ha mai subìto delle
pressioni? Se si quali?
“In Italia per fortuna esiste la completa autonomia del
pubblico ministero rispetto al potere politico. Quindi è difficile che la sua
attività sia ostacolata. In questo senso, sono andato avanti liberamente per la
mia strada. Certo è che il potere politico, se vuole, può renderti la vita
difficile”.
Cosa servirebbe a
livello internazionale per combattere efficacemente il doping?
“Una nuova organizzazione giudiziaria a livello europeo. Non
so quanto lo sanno, ma i trattati europei prevedono la creazione del pubblico
ministero europeo. La verità è che è impossibile combattere il doping in un
solo paese. I criminali superano agevolmente i confini nazionali, i magistrati
no. Da troppi paesi non arrivano risposte. Servono nuove forme di indagine e
nuovi metodi. Anche perché continuando così rischiamo di colpire sempre il
singolo atleta e mai le organizzazioni che ci sono dietro”.
Cosa pensa del
fenomeno degli scandali legati alle scommesse sportive?
“Per me è difficile giudicare. Ci sono delle indagini in
corso ed è necessario attendere per esprimere un parere. Posso dire che il
calcio è un mondo molto sensibile ed esposto a fenomeni criminali. Le autorità
sportive e giudiziarie dovrebbero agire con maggiore energia. Va anche detto,
però, che a livello internazionale l’Italia è visto come un paese
all’avanguardia su questo terreno. All’estero si fa molto meno”.
Cosa pensa della
dichiarazione di Sandro Donati secondo la quale esiste un legame tra le mafie e
l’industria dello sport? Alcuni sostengono che voglia distruggere lo sport?
“Stiamo parlando di un grande esperto. Il legame di cui
parla va esplorato e studiato con molta serietà. In ogni caso stimo al punto
Donati che stiamo organizzando dei corsi di formazione per magistrati in tema
di doping. Sono tanti i colleghi che si stanno interessando a questi temi”.
Il film Viva Zapatero
della Guzzanti mostra come l’organizzazione di un Mondiale possa essere
l’occasione per sprecare denaro pubblico. L’eurodeputata tedesca Rebeccas Harms
ha parlato dell’Europeo in Ucraina come la più grande truffa della storia. Che
ne pensa?
“Non conosco precisamente questa materia. Ma questo tipo di
rischio esiste e dunque il fenomeno va studiato e anche indagato seriamente sul
piano giudiziario”.
Da anni associazioni
come Codacons chiedono una moratoria per il Giro d’Italia. In occasione di
Scommessopoli il premier Monti è arrivato a chiedere l’interruzione temporanea
dell’attività calcistica. Cosa pensa di queste proposte? Possono essere efficaci?
“No. Amo troppo lo sport per pensare che fermarlo possa
essere una misura efficace. Al contrario, dobbiamo lasciare che lo sport segua
la sua attività e al tempo stesso dobbiamo lavorare perché torni sulla strada
giusta. Non va assolutamente fermato. La stessa frase del premier Monti va
letta come una provocazione che aveva lo scopo di favorire la soluzione dei
problemi”.
Doping, gare
truccate, scommesse. Cosa prevede per il futuro? Come intervenire?
“Il calcio ed altri sport muovono tanti interessi economici
che qualche volta sono in contrasto con quelli sportivi. Questo però non
significa che lo sport sia necessariamente un fenomeno criminale. Dobbiamo
combattere le degenerazioni e salvare lo sport. Con nuove organizzazioni
giudiziarie e nuovi metodi di indagine possiamo riuscirci”.
Sentendola parlare
pare di capire che lei sia un appassionato di sport.
“Si lo sono. Da ragazzo praticavo molto il calcio. Adesso
vado regolarmente in palestra”.
Ha una squadra del
cuore?
“Si. Per quanto possa sembrare strano, sono tifoso della
Juventus. Soprattutto da ragazzo andavo sempre allo stadio non perdevo una
partita”.
INCHIESTA
SULLA SLA
Uno dei più importanti contributi del giudice Guariniello è
stato senza dubbio la lunga inchiesta, ancora aperta, sulla relazione tra
calcio e Sla. Si tratta di un filone specifico della più vasta inchiesta sul
doping. Gli esperti da lui interpellati alla fine degli anni ’90 esaminarono 24
mila calciatori italiani ed esteri, individuando 270 casi di morti sospette.
Sulla base delle percentuali di decessi causati dal morbo di Gehrig nella
popolazione normale, ci si sarebbe aspettati un risultato di 0,3 casi sul
totale. Invece risultarono 13 morti. Una percentuale oltre quaranta volte
superiore al normale. Negli anni seguenti, in seguito ad ulteriori indagini,
Guariniello è riuscito ad accertare numerosi altri casi di calciatori o ex
calciatori affetti da Sla, per un totale di quasi sessanta unità.
Le indagini di Guariniello hanno contribuito a una prima
profonda riflessione sulle cause del morbo. In un primo momento sembrava che la
particolare incidenza registrata nel mondo del calcio dipendesse esclusivamente
dalle caratteristiche particolari di questo sport che porta gli atleti a subire
costantemente ripetuti microtraumi da contrasto. Alla lunga, però, questa
spiegazione si è rivelata debole. Sulla base degli interrogatori effettuati, è
emerso come in tutti i casi analizzati non abbiano avuto un ruolo secondario le
infiltrazioni intramuscolari effettuate, soprattutto negli anni ‘70, senza
valutare gli effetti collaterali di lungo periodo. Nel 2004 uno studio della
Commissione scientifica del Coni ha affermato che esiste una connessione
diretta tra l’uso di particolari sostanze e la
Sla. Va detto, però, che questa ipotesi non
ha trovato conferme certe.
Le morti sospette nel calcio non riguardano solo la Sla ma altre malattie tra cui
quelle cardiache, renali e la leucemia. In questi casi il sospetto di un legame
diretto tra l’uso di sostanze proibite e le morti di ex atleti ancora nel pieno
degli anni è fortissimo. Clamoroso il caso della Fiorentina degli anni ‘70, una
squadra che sembra stata vittima di una maledizione, visto che di quei
giocatori ben pochi sono i sopravvissuti.
Negli ultimi anni l’inchiesta di Guariniello ha consentito
di individuare un ulteriore possibile causa della Sla: l’uso di pesticidi e
fertilizzanti utilizzati per il prato dei campi di calcio. Questa ipotesi
troverebbe conferma in una scoperta molto interessante. Il magistrato torinese,
infatti, nel 2011 ha
accertato 123 casi di Sla tra i contadini, categoria di lavoratori che ha fatto
registrare una percentuale di ammalati simile a quella dei calciatori e che normalmente
è esposta allo stesso tipo di sostanze tossiche. Come lo stesso Guariniello ha
dichiarato, è necessario indagare ancora. L’inchiesta va avanti.
PROCESSO
DOPING ALLA JUVENTUS
L’inchiesta di Raffaele Guariniello che ha creato più
scalpore e polemiche è stata quella sul doping nel calcio, sfociata poi nel
processo alla Juventus. Tutto cominciò con un’intervista dell’allenatore
dell’AS Roma Zdenek Zeman che il 13 agosto 1998 in un’intervista tuonò
“fuori il calcio dalle farmacie”. L’allenatore ebbe il coraggio di denunciare
pubblicamente un fenomeno di cui nel mondo del calcio parlavano in molti ma solo
in privato: l’abuso di farmaci. L’attenzione si concentrò immediatamente sulla
Juventus, soprattutto perché Zeman nella sua intervista aveva fatto riferimento
all’insolita crescita muscolare di giocatori come Vialli e Del Piero. Inoltre,
destò qualche sospetto la presenza nello staff bianconero di due collaboratori,
l’olandese Kraajienhof e lo spagnolo Llaich, in passato associati, secondo la
testimonianza dell’esperto Sandro Donati, a pratiche di doping. Sulla base di questi
ed altri elementi, Guariniello, che da anni si occupava di inchieste sulla
salute e la sicurezza dei cittadini, cominciò ad indagare.
Nel maggio del 2000, dopo quasi due anni di indagini,
Guariniello chiuse l’inchiesta. Di lì a poco scattò l’avviso di garanzia per
Antonio Giraudo, amministratore delegato del club, e per Riccardo Agricola,
capo dello staff medico. L’accusa più importante fu la frode sportiva. A questa
se ne aggiunsero altre quattro: violazione della legge 626 sulla salute dei lavoratori,
somministrazione di farmaci pericolosi, infrazioni alla legge anti-Aids
relativa ai test effettuati dai calciatori, ricettazione collegata all’abuso di
farmaci fuorilegge. Secondo Guariniello, ai giocatori venivano somministrati
medicinali per scopi diversi da quelli previsti dal Ministero della sanità.
Successivamente si utilizzavano ulteriori farmaci per ridurre gli effetti
collaterali dei primi e prevenire le eventuali intossicazioni.
Al termine del processo la sentenza: condanna di un anno e
dieci mesi per il medico Agricola, assoluzione per Giraudo. Il processo di
appello ribaltò la sentenza di primo grado proclamando tutti innocenti. Nel
terzo grado di giudizio, infine, la Cassazione confermò la prima sentenza, dunque la
condanna per il medico Agricola.
L’inchiesta di Guariniello coinvolse anche l’altro club
cittadino, il Torino. L’ex presidente Massimo Vidulich, l’ex amministratore
delegato Davide Palazzetti e il medico sociale Roberto Campini, dovettero
subire un processo con capi d’imputazione simili. Palazzetti fu condannato a
sei mesi di reclusione, assolti gli altri.
Nessun commento:
Posta un commento