Pubblicato il 14 giugno 2011 su TS
Col passare dei giorni i contorni dell’ultimo incredibile scandalo del calcio scommesse sembrano farsi più chiari. Ci riferiamo soprattutto al coinvolgimento della Serie A, che è poi l’aspetto che a tutti sta maggiormente a cuore. Gli interrogatori dei maggiori accusati (il portiere Paoloni, il commercialista Pirani e il tabaccaio Erodiani) sembrano smentire o quanto meno ridimensionare l’estensione della rete di gare truccate alla massima divisione. Giorno dopo giorno i tanto sbandierati nomi spuntati nelle indiscrezioni della stampa, De Rossi, Totti, Vieri e Sartor, si sono rivelati uno dopo l’altro delle incredibili bufale. Lo stesso Paoloni ha confessato che, al fine di raccogliere puntate su determinate partite - finalizzate al rientro dai notevoli debiti che aveva contratto scommettendo su risultati poi non verificatisi - ha cominciato a millantare contatti con importanti formazioni di serie A che non aveva. Emblematico il caso dell’attaccante del Lecce Corvia, tirato in ballo, come gli altri, ingiustamente. Addirittura Paoloni utilizzava il proprio profilo Skype per spacciarsi per Corvia, onde dimostrare l’attendibilità delle “dritte” sui risultati finali di certe partite. Vedremo alla fine cosa resterà nella rete degli investigatori. Può darsi che qualche partita di rilievo sia stata aggiustata, ma nel complesso l’impressione è che il gruppo di scommettitori avesse la reale capacità di influire e truccare soltanto gare di B e Lega Pro. E’ su quei campionati che probabilmente si concentrerà la maggior parte delle prove che inquirenti eventualmente saranno in grado di raccogliere. Ad alimentare le polemiche resta la dichiarazione del pm Di Martino che ha affermato di aver maturato l’impressione che più di una gara del massimo campionato sia stata condizionata dall’accordo tra i club. Cosa che, se vogliamo, va oltre la questione delle scommesse. Tuttavia, lo stesso Di Martino ha ammesso che la sua impressione, almeno per il momento, non è corroborata dai fatti. Non a caso la sua uscita ha suscitato reazioni negative da parte dei vertici del mondo del calcio nonché la reprimenda di quelli dell’associazione nazionale magistrati. Tutti hanno rimproverato a Di Martino il fatto di aver dato in pasto alla stampa sensazioni e non fatti concreti. Naturalmente restano ancora da chiarire molte cose, soprattutto le posizioni di alcuni famosi personaggi coinvolti, in primis Beppe Signori e a seguire Cristiano Doni e Stefano Bettarini.
Le ultime risultanze inducono ad un paio di riflessioni. La prima è sul ruolo dell’informazione. Ci chiediamo quanto abbia giovato al pubblico e alla credibilità della nostra professione il fatto di tirare in ballo, senza le opportune verifiche, personaggi famosi rivelatisi poi totalmente estranei ai fatti. Ormai la smania della ricerca dello scoop è arrivata a livelli parossistici, tali da mettere a serio rischio l’esistenza stessa delle inchieste giudiziarie. Non è difficile immaginare, infatti, come il fatto di coinvolgere nello scandalo nomi eccellenti possa creare una confusione tale da non consentire più di chiarire la reale portata dei fatti. Il tutto a vantaggio degli stessi imputati. Non accadde così anche con Calciopoli? Nel 2006 i magistrati napoletani erano sul punto di raccogliere le prove schiaccianti relative al cosiddetto sistema Moggi. Improvvisamente, però, fu reso noto l’intero corpo delle intercettazioni su cui si basava l’inchiesta. In questo modo i personaggi interessati ebbero modo di scoprire anzitempo di essere sottoposti ad indagine e di provvedere ad approntare immediatamente una strategia difensiva. Al contrario, il compito dei magistrati diventò più arduo, come del resto si è avuto modo di verificare nelle ricostruzioni accusatorie del processo napoletano. Per carità, chi fa il giornalista, indipendentemente da come la pensi, quando ha una notizia la deve pubblicare. Tuttavia, deontologia professionale impone la verifica delle informazioni. Quando questo non si fa si corre sempre il rischio di andare incontro a clamorosi infortuni, come è accaduto in questi giorni anche a colleghi molto esperti e stimabili.
Registriamo con piacere che finalmente la FIGC e il CONI hanno cominciato a muoversi, di concerto col governo. Sono nate due strutture operative, la UISS (Unità investigativa sulle scommesse sportive) e il GISS (Gruppo investigativo specializzato in scommesse), che avranno il compito di monitorare le situazioni sospette e di intervenire. Non sappiamo che tipo di efficacia potranno avere questi nuovi strumenti. Intanto, però, qualcosa si comincia a fare. La domanda rimane la stessa: poiché le anomalie relative alle gare di certi campionati erano note da tempo, perché si è aspettato tanto per intervenire? Ancora. In queste ore si parla tanto di inasprimento delle pene per i calciatori che scommettono. Si parla di radiazione automatica. Occorreva aspettare questo ennesimo scandalo per scegliere pene così severe? Tutto quello che era già successo dal 1980 in poi non aveva insegnato niente? Speriamo che questa ennesima brutta figura sia davvero l’occasione buona per fare un po’ di pulizia nel calcio italiano.
Ciao Antonio,
RispondiEliminail problema a parer mio del giornalismo "moderno", è la mancanza della verifica delle informazioni, sintomo di poca professionalità a scapito del giungere prima sulla notizia; non importa se vera, basta che sia verosimile (vedi Ansa ed il fondo Aabar nell'acquisto della AsRoma.