giovedì 19 maggio 2011

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sabato 14 maggio 2011

INTERVISTA ON.LE SISTI (PDL) SU ELEZIONI AMMINISTRATIVE

INTERVISTA SENATORE DI GIOVAN PAOLO (PD) SU ELEZIONI AMMINISTRATIVE

QUESTO OTTIMO MILAN BASTA PER LA CHAMPIONS?

Pubblicato su TS il 10 maggio 2011


Il Milan ha vinto uno scudetto meritato. La festa che andrà in scena a S.Siro in occasione della gara contro il Cagliari può essere considerata sacrosanta e ai tifosi nerazzurri dovrà unirsi l’applauso di tutti gli sportivi italiani neutrali. Non pensiamo che l’abbia vinto necessariamente la squadra più forte. L’Inter e la Roma, ad esempio, non sembravano meno attrezzate. Ma in una stagione caratterizzata da una sostanziale modestia tecnica e da un girone di andata in cui risultava molto arduo capire chi avrebbe potuto piazzare l’allungo vincente, il Milan ha dimostrato di essere la formazione più regolare. Non è mai apparsa una corazzata inattaccabile. Semmai una stabile nave da crociera che, approfittando delle falle che si aprivano nelle imbarcazioni altrui, è arrivata tranquillamente in porto accompagnata da un mare propizio.

Se ripensiamo alle valutazioni che tutti noi opinionisti abbiamo fatto nella scorsa estate, viene da pensare che il gruppo nerazzurro ha vinto perché ciascun componente ha fatto qualcosa in più di quello che ci si aspettava da lui. Ad ogni livello. Su tutti, naturalmente, la società. Pur essendo finiti i tempi in cui Silvio Berlusconi spendeva e spandeva senza limiti, quando si arriva al dunque il patron milanista allarga sempre i cordoni della borsa. Così, nelle ultime ore di mercato estivo ha staccato il solito assegno, dando il via libera a Galliani per i clamorosi acquisti di Ibrahimovic e Robinho. A gennaio la scena si è ripetuta con l’arrivo di Van Bommel. L’altro grande merito della dirigenza rossonera è stato quello di individuare, ancora una volta, un tecnico emergente che facesse al loro caso. Così è stato ingaggiato Allegri che in passato aveva sempre praticato un buon calcio e che ha superato il difficile esame del colloquio privato col Premier. Anche lui ha fatto molto di più di quanto ci si aspettasse. All’inizio dava l’impressione di poter essere stritolato dalla difficile convivenza con Berlusconi. Con Ibrahimovic, Pato e Robinho, il grande capo chiedeva espressamente di puntare su uno schieramento molto offensivo che rischiava di essere fatale ad un tecnico abituato si a praticare bel calcio, ma senza dimenticare gli equilibri. Non parliamo poi di quando si è fatto male Pirlo, il vero perno del gioco del Milan dall’arrivo di Ancelotti in poi. Un altro allenatore avrebbe potuto andare in confusione. Lui no. Al contrario, ha approfittato dell’assenza del nazionale per proporre un centrocampo con tre cursori, in modo da lasciare liberi tre posti per il reparto offensivo. In questo modo ha soddisfatto i desideri del capo e, al tempo stesso, ha garantito equilibrio alla squadra. Nasce da quella scelta la solidità e la stabilità che il Milan ha trovato e conservato poi per il resto della stagione. Questo merito è tutto di Allegri che bagna il suo ingresso nel grande calcio subito col titolo. Prodromi di una grande carriera.

Naturalmente anche la squadra nel suo complesso è andata oltre le attese. Spesso il Milan è stato percepito (a ragione) come una squadra vecchia e un po’ bollita. Valutazione smentita dai fatti. Sono tanti i giocatori che hanno sorpreso in positivo. A cominciare dal portiere Abbiati che, senza proclami, a distanza di oltre un decennio è tornato a vincere uno scudetto col Milan da protagonista. Si è rivelato il miglior portiere del nostro campionato. Molti temevano che, a causa di possibili malanni, non li avremmo visti assieme più di tanto, ma Nesta e Thiago Silva hanno costituito la miglior coppia centrale del torneo. A centrocampo si è rivelato azzeccato l’acquisto di Boateng, assai apprezzabile anche nel ruolo di trequartista. Come quello di Van Bommel, giocatore di grande rendimento. Per quanto riguarda il reparto offensivo, a nostro avviso Ibrahimovic e Pato hanno fatto il loro. Sono due fuoriclasse e anche se hanno avuto qualche problema di convivenza hanno risposto alle attese. Lo svedese poi è una specie di anatema: dove va lui si vince lo scudetto. E’ arrivato all’ottavo titolo nazionale consecutivo. Un record incredibile. Ma la vera sorpresa, a nostro avviso, è stato Robinho. Noi avevamo giudicato negativamente il suo acquisto. Ritenevamo che non fosse utile alla causa rossonera. Invece ha disputato forse la sua stagione migliore, quella più matura, da talento che sa mettersi a disposizione del collettivo. L’ultima parola la merita Seedorf. Un fuoriclasse straordinario, praticamente senza tempo. Un professionista esemplare, puntuale e preciso negli allenamenti, una regolare vita da sportivo. Accompagnato da una condizione atletica a tratti smagliante, ha regalato lampi di classe e in qualche occasione ha trascinato da solo il Milan alla vittoria. Un giocatore così ogni tifoso vorrebbe averlo nella propria squadra.

Fatti i complimenti a tutti, resta però un interrogativo. Quanto possiamo considerare attendibile il nostro campionato? Questo stesso Milan, infatti, in Europa non ha particolarmente brillato ed è stato estromesso dalla Champions dal Tottenham, non dal Barcellona o dal Manchester United. La sensazione è che questo Milan bello e regolare che ha meritatamente vinto il titolo non sia abbastanza forte per aspirare a ripetersi in Champions. Una realtà della quale la dirigenza rossonera farà bene a prendere atto quando si tratterà di studiare i miglioramenti in sede di mercato.

mercoledì 4 maggio 2011

CHAMPIONS: SEMIFINALI ANCORA TUTTE DA GODERE

Pubblicato su TS il 2 maggio 2011


Questa settimana, nel corso del week-end, molto probabilmente verrà sancita la vittoria del titolo da parte del Milan. Con otto punti a tre giornate dalla fine i rossoneri possono già festeggiare. Il maggiore motivo di interesse per la nostra serie A, dunque, è scemato. Resta ancora incerta la lotta per l’ultimo posto disponibile in Champions League e quella per non retrocedere. Tuttavia, chi volesse dedicarsi solo al calcio di altissimo livello dovrà necessariamente sintonizzarsi sulle gare di ritorno delle semifinali di Champions.

E’ vero, l’esito dei due match sembra ormai scontato. Ma è in questa competizione che si vive il grande calcio, talvolta indipendentemente dal risultato finale. Prendete Manchester United-Schalke 04. Dopo il 2-0 a favore degli inglesi nella gara di andata la qualificazione non è più in discussione. Ma volete mettere il gusto che si proverà nell’ammirare lo stadio inglese pieno e festante che applaude una squadra, quella di Ferguson, praticamente perfetta. Un organismo armonioso che, col passare degli anni e dei giocatori, si esprime sempre ai massimi livelli secondo un consolidato modello fatto di geometria lineare e velocità. E quei giocatori che da soli valgono il prezzo del biglietto. Ryan Giggs, che pur essendo stagionato resta un campione decisivo come pochi, puro esempio di bravura e professionalità. O Rooney, cui l’allenatore può chiedere indifferentemente di fare il goleador, il suggeritore oppure il terzino e lui lo fa senza fiatare. E lo fa bene. Che dire, poi, del talento infinito di Raul che, scaricato dal Real Madrid, sta dimostrando nello Schalke che quando uno ha testa e piedi il dovere suo continua sempre a farlo. Che nel suo caso sono gol e record. Che importa se già sappiamo che in finale andrà il Manchester? Per noi spettatori neutrali, conterà solo la classe che mostreranno i giocatori, la voglia di divertire e, perché no, di vincere.

Per non parlare, poi, del clasico Barcellona-Real Madrid. E’ vero, all’andata il Barça ha ipotecato la qualificazione e fatto saltare i nervi a Mourinho. Ma quando in gioco c’è il tecnico portoghese le partite non sono mai banali. Già il portoghese. In Italia era adorato e venerato, non solo dai tifosi dell’Inter. Frotte di giornalisti impazzivano per lui. Più li insultava e più gli si sottomettevano, pur di strappargli un titolo. Chi vi scrive, lo sapete, è stato tra i suoi critici più feroci. Trovava insopportabile il suo approccio manicheo, bianco o nero, o con me o contro di me, l’idea che i trofei si vincano con le astuzie della psicologia piuttosto che con la classe dei campioni e col bel gioco. Pensavamo che una volta abbandonata l’Italia avrebbe sì lasciato tante vittorie, ma anche molte macerie. Ne è una dimostrazione l’Inter di quest’anno. I suoi calciatori, soprattutto i più fedeli, spremuti e torchiati sul piano psicologico, una volta tornati alla normalità di una vita sportiva priva di continui elettroshock, si sono afflosciati come sacchi vuoti. I risultati si sono visti. Josè Mourinho, poi, è l’esatto contrario della cultura sportiva. In Spagna ha tentato di esportare il suo modello consolidato. Ma quello iberico è un paese diverso dal nostro. Lì le vittorie sono importanti, ma lo è ancora di più il bel gioco. Lì il carisma del tecnico è importante, ma lo è di più l’educazione e il rispetto del prossimo. Così quando Mourinho è andato in conferenza stampa e si è prodotto in uno dei suoi presunti colpi di genio mediatici rifiutandosi di rispondere alle domande, la quasi totalità dei giornalisti si è alzata e se n’è andata. Così si risponde alla mancanza di rispetto. E il suo Real? Una squadra ricchissima di campioni ma che bada solo a difendersi e a speculare sull’avversario. Tutto questo per cosa? Una misera Coppa del Re! Al posto della dirigenza del Real lo licenzieremmo per lasciarlo andare in altri lidi. Dove le sue qualità istrioniche contano più dell’essenza del calcio. Come è diverso l’esempio del Barcellona di Guardiola, una squadra anch’essa ricca di campioni straordinari ma che si preoccupa dal primo all’ultimo minuto di tenere palla, di attaccare, di segnare gol, montagne di gol. A volte potrà anche perdere accidentalmente, ma che sollievo regala all’anima di ogni appassionato di calcio! Con questi protagonisti, con calciatori così forti, con questi modi di intendere il calcio tanto lontani, un Barcellona-Real Madrid non sarà mai scontato e banale. Anche se all’andata è finita 2-0 per chi giocherà in casa.

Gli appassionati facciano attenzione a non perdersi nemmeno le gare di ritorno delle semifinali di Europa League. C’è da ammirare lo straordinario Porto di Vilas Boas. E’ vero, il campionato portoghese non è la Liga o la Premier e l’Europa League non è la Champions. Ma con tre o quattro campioni e un manipolo di giocatori buoni ma normali questo giovane allenatore poco più che trentenne sta incantando l’Europa. Segna gol a grappoli, cosa inconsueta per la tradizione lusitana, e dà spettacolo. Un caso da seguire da vicino. Come il fenomeno Portogallo, un paese povero in grado di piazzare tre squadre nelle semifinali di Europa League. Un paese calcisticamente emergente che dona speranza a chi come noi è alle prese con la quotidiana decadenza italica.

INTERVISTA A BOBO CRAXI SULLA QUESTIONE LIBICA

INTERVISTA AL SEN CASOLI (PDL) SULLA QUESTIONE LIBICA