Pubblicato su TS il 3 febbraio 2011
Per giudicare la disgraziata stagione sin qui disputata dalla Juventus occorre partire dai dati. I bianconeri sono fuori dall’Europa League (nemmeno una vittoria nel proprio girone), dalla Coppa Italia (dominati in casa dalla Roma) e solo settimi in campionato. Il Milan capolista è ormai a dodici punti, la zona Champions a tre punti, che diventeranno cinque o sei se Inter e Roma dovessero vincere, una o entrambe, i rispettivi recuperi. Diciamolo senza peli sulla lingua: un disastro.
Le difficoltà partono da lontano. Naturalmente la causa numero uno del ridimensionamento juventino è stata Calciopoli e gli sciagurati dirigenti che l’hanno resa possibile. Certo oggi i palazzi del potere calcistico non hanno più uno o anche due occhi di riguardo per la Juventus, ma per questa realtà i tifosi onesti e sportivi farebbero bene a non provare rimpianti. Il fatto grave è che il patrimonio di relazioni e rapporti di mercato, qualche volta non troppo limpido, portato in dote a suo tempo da Luciano Moggi non è più nelle disponibilità della Vecchia Signora. Lo scandalo, poi, ha sensibilmente ridotto quell’appeal che la società torinese aveva sempre esercitato nei confronti dei giocatori. In questo periodo, come raccontano le cronache del calcio mercato, portare un campione alla Juve è diventata impresa ardua. Sovente anche mezzi giocatori arrivano a preferire piazze clamorosamente inferiori sul piano della popolarità e del prestigio. In questo senso serviranno degli anni prima che la maglia a strisce bianche e nere possa ritrovare il fascino di un tempo. Per la verità c’è stato un uomo, un tecnico, al quale l’impresa di far rinascere la Juventus sembrava potesse riuscire: Claudio Ranieri. Dopo l’anno di purgatorio in serie B, archiviato con successo per merito di Didier Deschamp, all’allenatore romano era stato affidato un progetto quinquennale che al suo termine avrebbe dovuto portare la Juventus al titolo. Alla prima stagione un terzo posto e alla seconda un secondo non gli hanno evitato l’onta dell’esonero a poche giornate dalla fine, fortemente voluto da alcuni giocatori e avallato dai dirigenti, Blanc in testa. A nostro avviso va ricercato proprio lì il peccato originale della nuova Juventus. L’aver bruscamente interrotto quel programma ha condotto la squadra e la società verso mari in tempesta. Certamente John Elkann aveva ben altro cui pensare e Blanc è un dirigente non particolarmente esperto di calcio. Ma in fondo la loro gestione non era stata malvagia, considerando la materia prima a disposizione. Così, dopo poche stagioni si è ritenuto di dare vita ad una nuova svolta targata Andrea Agnelli. Considerando che quest’ultimo è figlio di Umberto e Elkann il nipote prediletto di Gianni Agnelli, si è assistito ad una sorta di riedizione del passaggio dalla Juventus targata Avvocato/Boniperti a quella di Umberto Agnelli. Ad Andrea riconosciamo il merito di aver in parte ricucito un rapporto con la tifoseria diventato molto difficile. Un po’ grazie al nome che porta, un po’ perché ha lisciato il pelo ai supporter più accesi reclamando la restituzione degli scudetti revocati. Un altro risultato che certamente centrerà è la realizzazione dello stadio che darà una solidità patrimoniale al club e nuove fonti di introiti. Sul piano tecnico, però, le cose sono andate male.
Se, almeno sulla carta, ottima è stata la decisione di affidarsi ad un dirigente capace e di lungo corso come Marotta, non si può dire lo stesso dell’ingaggio di Luigi Delneri. Per carità, il tecnico di Aquileia è molto bravo. Ma nella sua carriera almeno in due occasioni, Roma e Porto, ha dimostrato di soffrire le piazze importanti. La campagna acquisti, poi, è stata discutibile. Il colpo più importante è stato quello di Krasic, molto buono anche l’ingaggio di Aquilani e Quagliarella. Per il resto meglio stendere un velo pietoso. Lo staff dirigenziale non è riuscito a migliorare in maniera decisiva la qualità della difesa. Inoltre, non è possibile che, infortunatosi Quagliarella, il peso dell’attacco debba ancora gravare su Alex Del Piero, con Iaquinta e Amauri a fare da spettatori. Per non parlare dei penosi tentativi del mercato di riparazione. Che senso ha liberarsi di un attaccante anziano ma affidabile come Trezeguet per ritrovarsi col vecchio ed acciaccato Luca Toni? Detto dei clamorosi rifiuti come quello di Borriello in estate, vogliamo parlare poi dei calciatori contattati nelle ultime settimane? Accostare certi nomi alla Juventus è semplicemente una bestemmia. La responsabilità non è solo di Marotta. Se l’Inter ha preso Pazzini e Ranocchia, se il Milan ha ingaggiato Cassano e la Juventus nessuno non è solo colpa sua. Andrea Agnelli ha stretto i cordoni della borsa, anche perché il deficit di bilancio viaggia rapido verso i cinquanta milioni di euro. Insomma, altre possibilità di spesa rispetto alle dirette concorrenti per il titolo. Che poi chi l’ha detto che la Juventus poteva aspirare a vincere lo scudetto? La scorsa estate, in fase di pronostici, ci eravamo espressi in maniera chiara: questa Juventus al massimo può arrivare quarta, essendo nettamente inferiore alle milanesi e alla Roma. Considerando gli infortuni e l’eccellente stagione di cui si stanno rendendo protagoniste Napoli e Lazio, anche quell’obiettivo rischia di apparire oggi una chimera. Un brutto colpo per l’ambizioso progetto dell’ultimo rampollo degli Agnelli.
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