Pubblicato su TS il 26 luglio 2011
L’Uruguay è il più incredibile e splendido mistero del calcio di tutti i tempi. Come faccia un paese che ha più o meno gli stessi abitanti di Roma a far parte del gotha del calcio mondiale è difficile da spiegare. Come faccia a mettere in campo sempre squadre nazionali dignitose, a volte anche molto competitive, lo sa solo il cielo. Eppure grazie all’indiscutibile successo sul Paraguay ha portato a casa l’ennesima Copa America, la quindicesima. Nessuna nazionale sudamericana ha saputo fare meglio. Non il Brasile, nemmeno l’Argentina ferma a quattordici titoli. Senza contare due titoli mondiali, altrettante olimpiadi e un quarto posto al Mondiale sudafricano che abbiamo ancora tutti sotto gli occhi. In genere si parla troppo poco di una scuola calcistica in grado di dimostrarsi vincente praticamente da quando il calcio si è imposto a livello internazionale. Qualche cenno storico. Nel corso degli anni ’20 l’Uruguay non aveva rivali. Vinse le Olimpiadi nel 1924 e nel 1928 e si impose nella prima edizione del Mondiale, quello del 1930. Dopo un periodo di appannamento, nel 1950 la sua vittoria più prestigiosa: il Mondiale del 1950 strappato sul suo terreno al favoritissimo Brasile. Di quella squadra faceva parte un sublime Schiaffino che avrebbe poi calcato a lungo i palcoscenici calcistici italiani. Ma anche Ghiggia che nobilitò la maglia della Roma. Nel frattempo la “celeste” mieteva Copa America a ripetizione. Dopo un ventennio di declino, negli anni ’80 la ripresa con una storica vittoria della Copa ai danni del Brasile nel 1983. Era la generazione di Francescoli. Nel 2006 la nazionale venne affidata per la seconda volta a Oscar Tabarez dopo la mancata qualificazione al Mondiale tedesco. In quattro anni di lavoro proficuo il “professore” ha messo in piedi una squadra di tutto rispetto, basata soprattutto sulle qualità del reparto offensivo che ha potuto contare su due straordinari Suarez e Forlan e su un’ottima organizzazione tattica. Così in Sudafrica è arrivato un quarto posto ma l’Uruguay avrebbe meritato almeno la finale. Ora l’ennesimo successo nella Copa America, ancora una volta bagnato dalle prodezze dei due gioielli dell’attacco.
Per quello che s’è visto in questa scadente edizione della competizione sudamericana, l’esito finale è sacrosanto. Mancate clamorosamente Argentina e Brasile, ci sono state due rivelazioni, Peru e Venezuela che giustamente si sono giocate il terzo posto. Ma ad avere la qualità necessaria per arrivare in finale e vincere era solo l’Uruguay. Non crediamo che meriti particolari plausi, invece, il Paraguay che ha raggiunto la finale all’insegna dell’anticalcio. L’unica strategia di questa nazionale, peraltro bene organizzata sul piano difensivo, è stata quella di cercare costantemente di tenere lo 0-0 fino al termine dei tempi regolamentari, per poi giocarsi tutto ai rigori. Nella stessa fase a gironi non è riuscita mai a vincere, conseguendo tre pareggi. Non s’era mai vista una squadra capace di arrivare in finale senza vincere. Sarebbe stato ingiusto se i paraguayani fossero riusciti ad alzare la coppa applicando lo stesso metodo. Per una volta gli dei del calcio hanno fatto le cose per bene. Quando la gara si è indirizzata su binari più favorevoli alla tecnica per il malcapitato Paraguay non c’è stato niente da fare. Già nel primo tempo la faccenda era chiusa. Il 3-0 finale, poi, non ammette alcuna discussione.
E’ stata naturalmente la vittoria di Suarez, attaccante che nell’Ajax ha mostrato tutto il suo valore, prima di diventare uno dei pezzi forti del mercato internazionale. Ed è stata anche la vittoria del grande Forlan. Dopo avere disputato un grande Mondiale l’anno scorso (fu eletto miglior calciatore del torneo), era reduce da una stagione deludente con la maglia dell’Atletico Madrid e in questa edizione della Copa America non era mai riuscito ad andare in gol. S’è sbloccato proprio in finale come accade ai grandi. La sua doppietta resterà nella storia. Ma la vittoria chiaramente è anche dello stesso Tabarez che, diciamo la verità, negli altri reparti non si ritrova dei fenomeni eppure è riuscito a costruire una squadra in grado di giocarsela alla pari con tutti. Il suo Uruguay ha dato, indirettamente, una vera lezione alle presuntuose favorite della vigilia. Un’Argentina assolutamente incapace di valorizzare l’enorme potenziale tecnico a propria disposizione. E un Brasile i cui giovani talenti sono sempre troppo celebrati in rapporto alle prestazioni, non sempre all’altezza della situazione. Le due big del Sudamerica dovranno sudare per presentarsi degnamente al prossimo Mondiale. Soprattutto il Brasile che reciterà il ruolo di padrone di casa e non potrà permettersi una mesta figura come quella rimediata di fronte al modesto Paraguay.
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