martedì 23 agosto 2011

TORTI E RAGIONI DEI CALCIATORI

Pubblicato su TS il 23 agosto 2011


Le settimane che hanno preceduto questa vigilia di inizio stagione hanno visto come protagonisti, tra gli altri, i calciatori. Purtroppo non sempre in termini positivi.
La prima questione cui corre l'obbligo fare cenno è quella relativa alla sentenza di appello pronunciata nei giorni scorsi dalla Corte di Giustizia Federale, in relazione all'ennesimo scandalo scommesse che ha colpito il calcio italiano. Per quanto su questa rubrica di commenti avessimo a suo tempo ridimensionato la portata dello scandalo, limitato ad alcuni nomi eccellenti e ai campionati di B e Lega Pro, Gli esiti sono comunque stati tali da suscitare un certo interesse. Naturalmente il caso più eclatante è quello di Giuseppe Signori che è stato riconosciuto colpevole ed è stato colpito dalla radiazione. E' andata male anche a Cristiano Doni che, ormai trentottenne, si vede gravato da una squalifica di tre anni e sei mesi che mette fine alla sua carriera. La radiazione è arrivata pure per il portiere Marco Paoloni, il grande protagonista dello scandalo, e per Massimo Erodiani, una delle altre pedine chiave. Si sono avuti effetti non trascurabili anche per quanto riguarda i club e i campionati. Nel prossimo torneo di serie A l'Atalanta partirà con una penalizzazione di sei punti che indubbiamente avvantaggerà le dirette concorrenti in zona retrocessione. Nel campionato di B Crotone e Juve Stabia partiranno con un punto in meno. Assai più pesante la situazione dell'Ascoli, gravato da sette punti di penalità. In Lega Pro se la Seconda divisione resta immune, in Prima sono parecchie le squadre penalizzate: Taranto (-1), Viareggio (-1), Reggiana (-2), Benevento (-6), Piacenza (-4), Cremonese (-6). Nel complesso si può dire che la sentenza è stata sufficientemente dura, dunque giusta. Ci auguriamo che questi provvedimenti facciano passare la voglia ai calciatori di fare stupidaggini.
La seconda questione è quella che ha riguardato la minaccia dell’associazione calciatori di far slittare l’inizio del campionato a causa del mancato rinnovo del contratto collettivo. Anche su questo argomento mi sono espresso in passato e non possi far altro che ribadire la mia posizione. Il metodo di protesta scelto (o minacciato) dai calciatori è semplicemente irritante. Non è facile far digerire alla gente comune, in primis agli appassionati di calcio, l’idea che una categoria che gode di mille privilegi e di retribuzioni astronomiche possa scioperare. Il metodo, dunque, è sbagliato. Tuttavia, nel merito secondo me i calciatori hanno ragione. Le loro non sono rivendicazioni di carattere economico. Chiedono semplicemente che le società non possano decidere in maniera unilaterale di mettere un calciatore fuori rosa perché non serve più, facendolo allenare a parte e privandolo delle stesse possibilità di lavoro garantite agli altri compagni. Se i presidenti gonfiano le rose fino a 35 elementi o sottoscrivono contratti faraonici a calciatori che poi non rispondono alle aspettative possono solo recriminare sulla propria incapacità manageriale. Sono altri i provvedimenti che devono adottare per garantire una sana gestione delle loro società. L’abbiamo ripetuto fino alla noia: equilibrio di bilancio, stadi nuovi e di proprietà, sviluppo di sponsorizzazioni e merchandising. Oltre tutto, a suo tempo, grazie anche alla difficile mediazione di Abete, calciatori e club avevano trovato già un accordo che ora i presidenti rifiutano di sottoscrivere. I calciatori devono stare attenti, però. Imparino ad evitare sparate mediatiche tipo la minaccia di sciopero. Strategie che rischiano di farli passare dalla ragione al torto.
Ne hanno avuto una riprova con la polemica strumentale sulla supertassa per i ricchi. L’associazione calciatori non aveva fatto nessuna polemica o dichiarazione a proposito dell’imposizione che, secondo i provvedimenti del governo, dovrebbe gravare su chi guadagna cifre elevate. Eppure in seguito ad una dichiarazione di Galliani s’è scatenato il caos, alimentato soprattutto dal ministro Calderoli. La questione è se le tasse supplementari debbano pagarle i giocatori o le società. Damiano Tommasi ha fatto bene a ricordare che da qualche anno i contratti dei calciatori vengono stabiliti sulla base della retribuzione netta. Prima non era così. Tant’è vero che quando il governo Prodi impose la famosa tassa per entrare nell’euro i calciatori pagarono senza fiatare perché i loro contratti si basavano sul lordo. Per evitare polemiche inutili faccio una proposta molto semplice. Torniamo al passato e calcoliamo i contratti sul lordo anziché sul netto. Esattamente come avviane in tanti altri paesi europei. A quel punto sarà compito dei calciatori e dei loro commercialisti preoccuparsi delle tasse da pagare. Perché una cosa è certa. Se il governo imporrà la supertassa non saranno le società a dover pagare ma i calciatori. Come avviene a tutti i comuni mortali.

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