venerdì 30 settembre 2011

IL MESTIERE DIFFICILE DELL’ALLENATORE

Pubblicato su TS il 27 settembre 2011



In Italia, più che in altre parti del mondo, fare l’allenatore è difficile. Vanno bene gli schemi, le filosofie di gioco, lo spettacolo e tutto il resto, ma poi se non arrivano subito i risultati sono guai. Al di là del fatto che sia un bene o un male, questa è la realtà. Due storie recenti testimoniano questo fatto. Ci riferiamo a Claudio Ranieri e Luis Enrique.
Gasperini all’Inter ha fallito. Colpa sua? Si, ma solo in parte. La dirigenza nerazzurra era stata ampiamente informata dal nuovo allenatore sul progetto tecnico-tattico che intendeva portare avanti. Eppure, si è guardata bene dal fargli una campagna acquisti in linea con le sue esigenze. Non solo. Quando si sono manifestati i primi problemi, non l’ha sostenuto abbastanza lasciandolo solo di fronte alla critica e all’irritazione dei tifosi. La fine era già scritta. Moratti si è affidato a Claudio Ranieri, egli stesso autodefinitosi un “aggiustatore”. Strano destino quello del tecnico romano. Non ha mai avuto a disposizione squadre veramente in grado di vincere scudetti e coppe. Non lo era il suo primo Valencia, quello che con ritocchi di qualità Benitez portò successivamente alla vittoria della Liga. Non lo era il primo Chelsea di Abramovich. Molti hanno ormai dimenticato che quando Ranieri arrivò a Londra la società non aveva una sterlina in cassa e solo con la cessione del club al magnate russo si cominciarono a vedere i primi campioni. E’ vero, il Chelsea vinse solo dopo l’arrivo di Mourinho, ma la campagna acquisti faraonica di cui godette il portoghese Ranieri non riuscì a sognarla nemmeno nelle sue notti più felici. Vogliamo, poi, parlare della Juventus? Arrivò a Torino, gli chiesero di tornare in Europa e lo scudetto in cinque anni. Lui centrò la Champions al primo colpo e il secondo anno lo cacciarono a calci nel sedere bollandolo come incapace. S’è visto poi la Juventus quanti scudetti ha vinto dopo di lui. Infine la Roma. D’accordo nella passata stagione Ranieri non ha fatto bene. Però l’anno prima, quando subentrò a Spalletti, la totalità dei tifosi sarebbe stata disposta ad erigergli una statua se fosse riuscito, dopo quel disastroso inizio stagione, ad arrivare quarto e centrare la Champions. Arrivò secondo, accarezzando lo scudetto, sfumato solo dopo una disgraziata partita interna contro la Sampdoria. Eppure, questo allenatore da sempre viene etichettato come perdente, scarso, incapace e chi più ne ha più ne metta. La realtà è ben diversa. Ranieri senza dubbio non è un tecnico che fa praticare alle sue squadre un gioco brillante e non è il migliore del mondo. Però è un allenatore che sa il fatto suo, che conosce assai bene i fondamentali, pratica il buon senso e sa anche lavorare sulla psicologia dei calciatori. Uno dei motivi che lo rendono bravissimo a mettere a posto squadre in difficoltà. Soprattutto se grandi. Il risultato dell’Inter a Bologna ne ha dato una fulminea dimostrazione. Magari qualcuno penserà che sia una diminutio. Io, al contrario, penso che sia una specializzazione. Rifletteteci bene. Secondo voi uno che ha allenato Napoli, Valencia, Chelsea, Atletico Madrid, Juventus, Roma e Inter può essere un allenatore scarso? I dirigenti di tutti questi club negli anni hanno tutti manifestato gravi segni di squilibrio? Andiamo!
Storia diversa quella di Luis Enrique. Per certi versi il suo percorso ha rischiato di essere simile a quello di Gasperini. E’ arrivato a Roma da perfetto sconosciuto, si dice raccomandato da Guardiola. Gli è stato affidato un progetto di ringiovanimento del club, che ha un occhio ai bilanci e che possa risultare sportivamente vincente, sia pure in prospettiva. Solo che un certo suo modo di presentarsi a Trigoria con arroganza e supponenza rispetto alle proprie idee aveva subito creato delle difficoltà. Insomma, si muoveva un po’ come un elefante in una cristalleria. Poi c’era la questione dei risultati. Fuori subito dall’Europa League, sconfitta all’esordio in casa col Cagliari, il buon pareggio a Milano con l’Inter e poi il passo falso in casa col Siena. Troppo poco per quella che s’era annunciata come una rivoluzione copernicana. Per fortuna è arrivata la vittoria di Parma che ha riportato un po’ di serenità. Soprattutto Enrique, dopo alcune evidenti sollecitazioni della società, ha ammorbidito i suoi atteggiamenti, è diventato più friendly in conferenza stampa. In un certo modo sta riuscendo a farsi perdonare anche l’inevitabile inesperienza che nessuno può avergli regalato, essendo alla stagione d’esordio come tecnico di una prima squadra. La Roma non gira ancora bene. Il possesso palla paga ancora relativamente, la squadra tira troppo poco in porta e subisce molte occasioni da gol. Eppure la piazza romana, di solito focosa ed impaziente, gli sta dando tempo. Almeno per il momento.

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