Pubblicato su www.paesesera.it il 21 settembre 2011
Il progetto tecnico della nuova Roma prosegue tra luci e ombre. Alcune cose sembravano molto chiare sin dall’inizio. Per esempio che per applicare concretamente una nuova filosofia calcistica, con relativa nuova organizzazione di gioco, serviva tempo. E così sta accadendo. Per fortuna, a partire dall’attenuazione della polemica sul caso Totti, l’intero ambiente giallorosso s’è stretto compatto attorno a Luis Enrique, lasciando ad una parte della critica il compito, peraltro doveroso, di mettere in evidenza le cose che non vanno. A S.Siro contro l’Inter la Roma ha fatto registrare indubbiamente dei progressi. Benché l’avversario fosse a pezzi, non si va in quello stadio a fare la partita per almeno ottanta minuti, costringendolo a difendersi come fosse una provinciale, se non si possiede personalità. Il possesso palla, poi, di per se funziona anche. Solo che non si traduce ancora nella produzione di un sufficiente numero di chiare situazioni da rete. La Roma segna poco non tanto perché gli attaccanti sono appannati e sbagliano gol semplici. Il gol non arriva perché raramente le punte vengono messe nella condizione di battere a rete. Molti hanno fatto notare, ed io tra questi, che i giocatori a volte sembrano più preoccupati di applicare in campo gli insegnamenti tattici di Luis Enrique che di inseguire il gol. Non si spiega altrimenti la tendenza di qualche giocatore, una volta arrivato a ridosso dell’area avversaria, a tornare indietro e ricominciare l’azione invece di cercare l’ultimo passaggio. L’unico a farlo è sempre e comunque Totti il quale, da parte sua, nonostante si applichi con impegno per eseguire in campo la lezione del tecnico, a me sembra ancora piuttosto spaesato. In attesa che l’organizzazione del gioco produca, oltre al possesso palla, anche i gol, credo sia un delitto allontanare progressivamente il capitano dall’area avversaria. Fino a prova contrario resta lui il giocatore della Roma che “vede” di più la porta. Vederlo giocare, come contro l’Inter, sulla linea del centrocampo suona strano e controproducente. In fondo in quella zona del campo non dovrebbero mancare elementi in grado di costruire gioco, Pizarro e Pjanic su tutti. Tuttavia, una cosa è certa: prima o poi il gioco di Luis Enrique qualcosa di concreto lo produrrà. Però occorre sbrigarsi. Prima del derby il calendario offre alla Roma una serie di avversari nettamente inferiori che vanno battuti. Altrimenti a forza di aspettare le altre potrebbero scappare e la stagione sfuggire di mano.
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