mercoledì 13 ottobre 2010

ITALIA-SERBIA: A MARASSI UN ATTO POLITICO

La sospensione di Italia-Serbia ieri sera a Marassi è stato un chiaro atto politico che col calcio c'entra poco o nulla. Mescolati tra i normali tifosi serbi c'era un nutrito gruppo di estremisti di destra, razzisti e neonazisti, che da tempo sta combattendo una guerra contro il governo del proprio paese, reo di inseguire politiche moderate finalizzate ad agganciare il paese balcanico al treno dell'Unione Europea. Come hanno ammesso importanti esponenti politici locali, il loro obiettivo è utilizzare qualunque strumento, anche la propria nazionale, pur di destabilizzare la situazione politica serba e riportare indietro questo disgraziato paese. Sono gli stessi che a suo tempo furono reclutati tra i più scalmanati esponenti della tifoseria di Stella Rossa e Partizan da signori della guerra come la Tigre Arkan in occasione della sanguinosa guerra civile che ha martoriato la Jugoslavia. Quanto è andato in scena a Marassi altro non è che l'ennesimo caso di utilizzo della passione sportiva a biechi fini politici.
Solo il sangue freddo manifestato dalle forze dell'ordine italiane ha permesso che la serata si concludesse soltanto con la sospensione della partita, senza apprezzabili conseguenze per l'incolumità degli spettatori. Sulla condotta delle autorità italiane e serbe e della stessa UEFA, invece, c'è molto da dire. La teppaglia guidata dal signore incappucciato in stile black-block, infatti, si era già resa protagonista di una pesante contestazione, al limite dell'aggressione fisica, nei confronti dei giocatori serbi nelle ore successive alla clamorosa sconfitta interna contro l'Estonia. Inoltre, gli stessi personaggi hanno creato forti problemi di ordine pubblico in occasione del primo Gay Pride svoltosi a Belgrado. Non ci voleva un indovino per concludere che avrebbero approfittato di Italia-Serbia per far sentire nuovamente la loro presenza. D'altra parte, nel pomeriggio se n'era avuto un sentore concreto nelle strade di Genova, in alcuni casi devastate dal loro passaggio. Una semplice regola di buon senso avrebbe docuto suggerire alle autorità di polizia dei due paesi e ai rappresentanti dell'UEFA di impedire l'accesso nello stadio ai tifosi serbi. In alternativa, il loro ingresso avrebbe dovuto essere sottoposto a rigidi controlli. Invece nello stadio è entrato di tutto e i risultati si sono visti.
Ora è praticamente certo che l'Italia vincerà la gara a tavolino. E anche probabile che la Serbia vada incontro ad una esclusione dalla competizione europea. Detto questo, mi auguro che il governo del calcio europeo non calchi eccessivamente la mano nei confronti della squadra e della federazione serba che, in questa vicenda, recita il ruolo di vittima. La cancellazione della squadra dal consesso internazionale e l'indebolimento del governo nazionale è esattamente l'obiettivo della teppaglia che ha agito a Marassi. Serve una sanzione giusta che, al tempo stesso, non impedisca alla Serbia di perdere il treno dell'Europa. Ne va della stabilità dei Balcani e, di conseguenza, dell'Europa intera.

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